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Enio D’Incecco – Pittura come meditazione
mostra personale
Comunicato stampa
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Sempre di ottimo livello le mostre che il Mediamuseum di Pescara, sotto la direzione e la consulenza del prof. Gianfranco Zazzeroni vengono proposte mensilmente, ma quella che si inaugurerà il prossimo 16 ottobre ha una valenza tutta particolare: infatti verranno esposte per la prima volta nel capoluogo adriatico opere di uno dei numerosi protagonisti della cosiddetta Scuola Artistica Pescarese che nel dopoguerra operò attorno alla figura carismatica di Giuseppe Misticoni, ovvero di Enio D’Incecco. Per nostri lettori diamo subito qualche notizia di questo gruppo di artisti per lo più di indirizzo aniconico che per importanza storica è paragonabile, per citare qualche esempio, all’Ultimo Naturalismo bolognese di Francesco Arcangeli, al Gruppo spoletino dei vari De Gregorio, Marignoli, Raspi, o al Gruppo Boccioni di Macerata.
Misticoni seppe radunare nel liceo artistico di Pescara da lui fondato un corpo docente di straordinaria eccellenza: basti pensare a Giuseppe Di Prinzio, Giovanni Melarangelo, Nicola Febo, Giovanni Pittoni, Elio Di Blasio, Ferdinando Gammelli, Arduino Napoleone, tutti pittori inizialmente figurativi, ai quali successivamente si aggiungeranno artisti del valore di Angelo Colangelo, Franco Summa, Alfredo Del Greco, Albano Paolinelli, Sandro Visca, Ettore Spalletti, artista oggi di fama internazionale che proprio nel liceo pescarese ebbe a formarsi, Enio D’Incecco ed altri. Io sono stato e rimango tuttora dell’avviso che ben si addice a questa nutrita pattuglia di artisti il privilegio di essere definita Scuola Artistica Pescarese, una terminologia che mi sono adoperato per promuovere. Comunque per meglio approfondirne le esaltanti vicende storiche di essa si consiglia lo studio puntuale di Antonio Zimarino: Vicende, testimonianze e contesto di una esperienza italiana Liceo Artistico G. Misticoni 1947-1998, Pescara, Provincia di Pescara, 2004.
Tornando alla mostra del D’Incecco che avrà per titolo “Enio D’Incecco, pittura come meditazione”, va subito detto che si tratta di una silloge di opere a partire dalla metà degli anni cinquanta quando l’artista, come tanti suoi colleghi, praticava un iconismo naturalistico, per arrivare alla produzione recente estremamente lirica e spiritualistica nella sua modularità astratta. Del primo periodo si vedano le stupende opere “L’uomo e il gatto”, “Marina di notte”, “Termoli marina”, ove il rapporto dialogico con la realtà esterna mai avviene con intento reportagistico, essendo egli convinto che dei due interlocutori il ruolo di prima donna spetta al soggetto che quella realtà contempla, ammira, legge, interpreta. Ecco, appunto, D’Incecco propone la sua interpretazione della natura: percorsa da un flusso vitalistico, in preda talora alla bizzarria del caso, energetica al limite della proliferazione anarchica dei segni.
ENIO D’INCECCO
È noto come nella storia del pensiero umano sia stato constatato che l’uomo è in grado di sviluppare due tipi di conoscenza, ovvero quella razionale molto praticata nella filosofia occidentale e quella intuitiva più consona alla civiltà orientale. Già in questa prima fase del suo lavoro l’artista, mostrando una fortissima simpatia per la visione mistica delle cose, si concentra sull’unità e l’interdipendenza degli aspetti fenomenici al centro dei quali è situato l’uomo che dovrà trascendere vuoi il pensiero intellettuale che la percezione sensoriale per giungere a quell’esperienza che i buddisti chiamano “conoscenza assoluta”.
Che la chiave di lettura esistenziale dell’opera di Enio D’Incecco, soprattutto nella seconda fase quando egli si lascia coinvolgere dal verbo informale, sia la più appropriata è evidente, alla luce anche della filosofia zen che il maestro fa sua e che potrebbe sintetizzarsi nella massima di Lao Tsu: “Non uscendo dalla porta si conosce il mondo. Non guardando dalla finestra si scorge la via del cielo.”
D’Incecco a livello pittorico e grafico esemplifica tale massima attraverso l’ormai famoso modulo che prende talora le fattezze di un ottovolante, spesso ricorrente nelle sue opere nelle quali peraltro le superfici granulose e materiche fatte talora di sabbie e vinavil offrono persino una lettura tattile del quadro. Determinante in lui il segno che nel suo snello procedere sulla superficie e nelle sue dinamiche evoluzioni si intreccia più e più volte con se stesso quasi per approdare ad uno scandaglio del proprio io: è come se un flusso magnetico percorresse gli spazi della coscienza alla ricerca di una perentoria purificazione.
Tornando al modulo di cui sopra, va evidenziato come nel suo andirivieni frenetico e incessante che non nasconde appieno ambizioni di riferimenti al dinamismo futurista, siano sottintesi due elementi, quello del rischio e quello dell’organicità ciclica Per ben comprenderla valenza lirica e drammatica di tale modulo ci vengono in soccorso riferimenti culturali. Chi non ricorda uno dei più suggestivi vertici del pensiero platonico allorché si parla di “Kalos o kindynos” ovvero di un pericolo bello da correre? I mistici, gli eremiti potrebbero ben testimoniare con la loro esperienza questa specificità paragonabile proprio alle vertigini che si provano viaggiando a velocità folle sull’ottovolante.
È sottintesa poi sempre nell’intreccio dinamico dell’ottovolante il concetto di reiterazione del percorso ermeneutico del proprio io, o se si vuole della ciclicità dello scandaglio interiore; qui diviene ovvia la citazione dei corsi e ricorsi storici vichiani, da intendere però in chiave evoluzionistica di progresso. Del resto la meditazione, lo scandaglio interiore rappresenta un vero itinerario della mente verso l’assoluto alla luce del quale si comprende il nulla e il tutto.
Ecco ora una breve scheda biografica dell’artista
Enio D’Incecco è nato a Pescara nel 1937. Inizia la sua carriera artistica di docente e pittore negli anni ’50-’60 quando entra a insegnare nel Liceo Artistico della sua città divenendo, come si è detto, autorevole protagonista della Scuola Artistica pescarese. Sarà poi docente in Licei Artistici e Istituti d’Arte di Porto S. Giorgio, Roma, Fano, Fabriano e infine preside al Liceo Artistico di Lovere. Visto il periodo storico del secolo scorso nel quale si trovò ad operare, la sua ricerca pittorica non poteva non riservare grande attenzione alla poetica informale, sebbene coniugata in modo del tutto singolare, poiché vivificata dal pensiero zen e da ricerche sull’ambiguità tridimensionale. La sua attività espositiva vanta numerose personali come quella tenuta alla Taverna Ducale di Popoli nel 2005. Memorabile anche quella organizzata ad Arcevia, cittadina marchigiana nella quale ha risieduto per diversi anni insieme allo scultore Edgardo Mannucci, nel 1992, e curata da Mariano Apa.
Per quanto concerne le rassegne che lo hanno visto protagonista, si ricordano i Premi Michetti, Modigliani, S. Marino, Spoleto, Marche, Salvi, Termoli, Teramo, Vasto, Frattamaggiore, Avezzano, Sulmona, Villa S. Giovanni, e così via. Nel 2003 ha iniziato a lavorare sul progetto d’istituire il Museo Edgardo Mannucci in Arcevia, realtà che poi si concretizzata. Nel 2005 è tra gli espositori presso la Galleria Civica di Termoli alla mostra “Le due rive”. Sue opere sono state acquisite dalla Pinacoteca Francescana di Falconara Marittima, dal Museo Internazionale di MAIL ART dell’Aquila presso il Palazzetto dei Nobili, dalle Pinacoteche civiche di Termoli, Pianella e Prata d’Ansidonia. Delle numerose affermazioni, vanno ricordati il III Premio ex aequo alla IV Biennale dell’Aquila nel 1963 e il Premio Fondazione Michetti nel 1959. Numerosi studiosi e colleghi si sono interessati alla sua pittura. Tra questi: Francesco Arcangeli, Alberto Burri, Duilio Morosini, Arturo Bovio, Antonio Bandera, Germano Celant, Aleardo Rubini, Franco e Gabriele Simongini, Elverio Maurizi, Nerio Rosa, Benito Sablone, Leo Strozzieri, Annamaria Cirillo, Giammario Sgattoni.
Misticoni seppe radunare nel liceo artistico di Pescara da lui fondato un corpo docente di straordinaria eccellenza: basti pensare a Giuseppe Di Prinzio, Giovanni Melarangelo, Nicola Febo, Giovanni Pittoni, Elio Di Blasio, Ferdinando Gammelli, Arduino Napoleone, tutti pittori inizialmente figurativi, ai quali successivamente si aggiungeranno artisti del valore di Angelo Colangelo, Franco Summa, Alfredo Del Greco, Albano Paolinelli, Sandro Visca, Ettore Spalletti, artista oggi di fama internazionale che proprio nel liceo pescarese ebbe a formarsi, Enio D’Incecco ed altri. Io sono stato e rimango tuttora dell’avviso che ben si addice a questa nutrita pattuglia di artisti il privilegio di essere definita Scuola Artistica Pescarese, una terminologia che mi sono adoperato per promuovere. Comunque per meglio approfondirne le esaltanti vicende storiche di essa si consiglia lo studio puntuale di Antonio Zimarino: Vicende, testimonianze e contesto di una esperienza italiana Liceo Artistico G. Misticoni 1947-1998, Pescara, Provincia di Pescara, 2004.
Tornando alla mostra del D’Incecco che avrà per titolo “Enio D’Incecco, pittura come meditazione”, va subito detto che si tratta di una silloge di opere a partire dalla metà degli anni cinquanta quando l’artista, come tanti suoi colleghi, praticava un iconismo naturalistico, per arrivare alla produzione recente estremamente lirica e spiritualistica nella sua modularità astratta. Del primo periodo si vedano le stupende opere “L’uomo e il gatto”, “Marina di notte”, “Termoli marina”, ove il rapporto dialogico con la realtà esterna mai avviene con intento reportagistico, essendo egli convinto che dei due interlocutori il ruolo di prima donna spetta al soggetto che quella realtà contempla, ammira, legge, interpreta. Ecco, appunto, D’Incecco propone la sua interpretazione della natura: percorsa da un flusso vitalistico, in preda talora alla bizzarria del caso, energetica al limite della proliferazione anarchica dei segni.
ENIO D’INCECCO
È noto come nella storia del pensiero umano sia stato constatato che l’uomo è in grado di sviluppare due tipi di conoscenza, ovvero quella razionale molto praticata nella filosofia occidentale e quella intuitiva più consona alla civiltà orientale. Già in questa prima fase del suo lavoro l’artista, mostrando una fortissima simpatia per la visione mistica delle cose, si concentra sull’unità e l’interdipendenza degli aspetti fenomenici al centro dei quali è situato l’uomo che dovrà trascendere vuoi il pensiero intellettuale che la percezione sensoriale per giungere a quell’esperienza che i buddisti chiamano “conoscenza assoluta”.
Che la chiave di lettura esistenziale dell’opera di Enio D’Incecco, soprattutto nella seconda fase quando egli si lascia coinvolgere dal verbo informale, sia la più appropriata è evidente, alla luce anche della filosofia zen che il maestro fa sua e che potrebbe sintetizzarsi nella massima di Lao Tsu: “Non uscendo dalla porta si conosce il mondo. Non guardando dalla finestra si scorge la via del cielo.”
D’Incecco a livello pittorico e grafico esemplifica tale massima attraverso l’ormai famoso modulo che prende talora le fattezze di un ottovolante, spesso ricorrente nelle sue opere nelle quali peraltro le superfici granulose e materiche fatte talora di sabbie e vinavil offrono persino una lettura tattile del quadro. Determinante in lui il segno che nel suo snello procedere sulla superficie e nelle sue dinamiche evoluzioni si intreccia più e più volte con se stesso quasi per approdare ad uno scandaglio del proprio io: è come se un flusso magnetico percorresse gli spazi della coscienza alla ricerca di una perentoria purificazione.
Tornando al modulo di cui sopra, va evidenziato come nel suo andirivieni frenetico e incessante che non nasconde appieno ambizioni di riferimenti al dinamismo futurista, siano sottintesi due elementi, quello del rischio e quello dell’organicità ciclica Per ben comprenderla valenza lirica e drammatica di tale modulo ci vengono in soccorso riferimenti culturali. Chi non ricorda uno dei più suggestivi vertici del pensiero platonico allorché si parla di “Kalos o kindynos” ovvero di un pericolo bello da correre? I mistici, gli eremiti potrebbero ben testimoniare con la loro esperienza questa specificità paragonabile proprio alle vertigini che si provano viaggiando a velocità folle sull’ottovolante.
È sottintesa poi sempre nell’intreccio dinamico dell’ottovolante il concetto di reiterazione del percorso ermeneutico del proprio io, o se si vuole della ciclicità dello scandaglio interiore; qui diviene ovvia la citazione dei corsi e ricorsi storici vichiani, da intendere però in chiave evoluzionistica di progresso. Del resto la meditazione, lo scandaglio interiore rappresenta un vero itinerario della mente verso l’assoluto alla luce del quale si comprende il nulla e il tutto.
Ecco ora una breve scheda biografica dell’artista
Enio D’Incecco è nato a Pescara nel 1937. Inizia la sua carriera artistica di docente e pittore negli anni ’50-’60 quando entra a insegnare nel Liceo Artistico della sua città divenendo, come si è detto, autorevole protagonista della Scuola Artistica pescarese. Sarà poi docente in Licei Artistici e Istituti d’Arte di Porto S. Giorgio, Roma, Fano, Fabriano e infine preside al Liceo Artistico di Lovere. Visto il periodo storico del secolo scorso nel quale si trovò ad operare, la sua ricerca pittorica non poteva non riservare grande attenzione alla poetica informale, sebbene coniugata in modo del tutto singolare, poiché vivificata dal pensiero zen e da ricerche sull’ambiguità tridimensionale. La sua attività espositiva vanta numerose personali come quella tenuta alla Taverna Ducale di Popoli nel 2005. Memorabile anche quella organizzata ad Arcevia, cittadina marchigiana nella quale ha risieduto per diversi anni insieme allo scultore Edgardo Mannucci, nel 1992, e curata da Mariano Apa.
Per quanto concerne le rassegne che lo hanno visto protagonista, si ricordano i Premi Michetti, Modigliani, S. Marino, Spoleto, Marche, Salvi, Termoli, Teramo, Vasto, Frattamaggiore, Avezzano, Sulmona, Villa S. Giovanni, e così via. Nel 2003 ha iniziato a lavorare sul progetto d’istituire il Museo Edgardo Mannucci in Arcevia, realtà che poi si concretizzata. Nel 2005 è tra gli espositori presso la Galleria Civica di Termoli alla mostra “Le due rive”. Sue opere sono state acquisite dalla Pinacoteca Francescana di Falconara Marittima, dal Museo Internazionale di MAIL ART dell’Aquila presso il Palazzetto dei Nobili, dalle Pinacoteche civiche di Termoli, Pianella e Prata d’Ansidonia. Delle numerose affermazioni, vanno ricordati il III Premio ex aequo alla IV Biennale dell’Aquila nel 1963 e il Premio Fondazione Michetti nel 1959. Numerosi studiosi e colleghi si sono interessati alla sua pittura. Tra questi: Francesco Arcangeli, Alberto Burri, Duilio Morosini, Arturo Bovio, Antonio Bandera, Germano Celant, Aleardo Rubini, Franco e Gabriele Simongini, Elverio Maurizi, Nerio Rosa, Benito Sablone, Leo Strozzieri, Annamaria Cirillo, Giammario Sgattoni.
16
ottobre 2010
Enio D’Incecco – Pittura come meditazione
Dal 16 al 29 ottobre 2010
arte contemporanea
Location
MEDIAMUSEUM
Pescara, Piazza Emilio Alessandrini, 34, (Pescara)
Pescara, Piazza Emilio Alessandrini, 34, (Pescara)
Orario di apertura
dal lunedì al sabato in orario: 10.00/13.00, 16.00/20.00.
Vernissage
16 Ottobre 2010, Ore 18
Autore
Curatore