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Enrico David / Goshka Macuga / Paloma Varga Weisz – Al dio ortopedico
Galleria Gentili (Firenze) presenta “Al dio ortopedico”, mostra collettiva a cura di Rita Selvaggio. La mostra riflette sui possibili collegamenti tra la produzione artistica di de Chirico, ispirata dalla città di Firenze,e le più recenti ricerche di Enrico David, Goshka Macuga e Paloma Varga Weisz
Comunicato stampa
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Al dio ortopedico è una collettiva che propone i lavori di Enrico David (1966), Goshka Macuga (1967) e Paloma Varga Weisz (1966). In una sorta di artificio teatrale e con “un’apparente normalità delle cose rappresentate”, come se facessero parte della realtà quotidiana, la mostra si propone di delineare un discorso sul paesaggio interiore. Il titolo prende in prestito quello di un articolo pubblicato su “Il Tempo” del 22 febbraio 1919, scritto da un Roberto Longhi (1980-1979) allora solo diciannovenne, per la prima personale romana di Giorgio de Chirico presso la Casa d’Arte di Anton Giulio Bragaglia. “…Ivi l’homo orthopedicus sgrana con voce di carrucola una sua parte impossibile alle statue diseredate della Grecia antica…” recita il testo. Doveva essere una perfida stroncatura, per i tempi modernissima, del marionettismo di de Chirico, questione che aveva molto eccitato la fantasia linguistica del giovane studioso. Nel corso della storia si è poi rivelata essere una delle letture più perspicaci della metafisica.
Giorgio de Chirico aveva maturato una particolare concezione del mondo attraverso la lettura di Nietzsche, Schopenhauer ed Eraclito e questo suo legame con la filosofia si traduce in un’espressione fortemente connessa a una condizione esistenziale. L’artista sarà infatti definito nel 1928 da Jean Cocteau come un “dépaysagiste”, ossia un artista di spaesamenti e non di paesaggi.
Firenze: de Chirico vi si trasferisce nel 1910 per circa un anno e sarà questa città, con la sua struttura urbana, a esercitare una profonda influenza sul suo immaginario. È qui che mette a punto i temi di misteriosa magia poetica: visioni architettoniche, piazze d’Italia, statue solitarie, inquietanti manichini. È a Firenze che nascono dipinti come L’enigma di un pomeriggio d’autunno, L’enigma dell’oracolo, L’enigma dell’ora, Ritratto del fratello, tutti del 1910. Come scrive lo stesso de Chirico, il suo periodo Böckliniano era terminato. Incomincia a dipingere soggetti in cui cerca di tradurre i sentimenti potenti e misteriosi scoperti nei libri di Nietzsche: la malinconia delle belle giornate d’autunno, il pomeriggio nelle città italiane. L’enigma di un pomeriggio d’autunno, considerato il suo primo dipinto metafisico, nasce da una visione avuta proprio in Piazza Santa Croce a Firenze. Siamo in autunno, soffia una brezza leggera e le prime foglie giallastre coprono lo spiazzo; seduto su una panchina, l’artista contempla l’enorme statua di Dante Alighieri. Le lunghe ombre proiettate dal monumento, segno di un’immagine traslata dalla realtà, gli suscitano il dubbio che la realtà stessa non sia altro che l’ombra di qualcosa di più profondo.
L’enigma delle immagini, la sospensione del tempo, il mistero e lo spaesamento, l’apparenza di una realtà altra percepita in un mondo di silenzio: la mostra raccoglie sembianti umani privi di identità, muti e inespressivi sotto cieli tesi e caliginosi. La costellazione di busti di filosofi e pensatori di Goshka Macuga è l’emblema di un’immaginazione del mondo post-umano. In differenti materiali, questi si articolano nel percorso espositivo assecondando un silenzioso dialogo spaziale. Fanno parte del corpo di lavori intitolato International Institute of Intellectual Co-operation e, in sostanza, simbolizzano il concetto del libero scambio delle idee. Le opere in mostra di Enrico David ribadiscono ancora una volta uno sguardo multiforme e decentrato, dissettivo e disgregante, dove tutto significa incessantemente e più volte. Sempre alle prese con l’inoggettivabile, con un’inevitabile pulsione che perennemente configura spazi di dissenso. Lazlo’s Dream (2018) e Multiface (2018) di Paloma Varga Weisz fanno parte di una recente serie di sculture in legno di tiglio che, oltre a rimandare alle origini della pratica dell’artista, quella dell’intaglio del legno in Baviera alla fine degli anni ’80, riflettono un’iconografia personale e stratificata, surreale, mitologica e modernista.
Siamo in Autunno, quando il sole incomincia a essere più basso e le ombre si allungano a dismisura. Nella luce tagliente del primo pomeriggio, il senso del reale sembra sfuggire alla stabilità e alle certezze di una rappresentazione oggettiva dell’esistenza.
Giorgio de Chirico aveva maturato una particolare concezione del mondo attraverso la lettura di Nietzsche, Schopenhauer ed Eraclito e questo suo legame con la filosofia si traduce in un’espressione fortemente connessa a una condizione esistenziale. L’artista sarà infatti definito nel 1928 da Jean Cocteau come un “dépaysagiste”, ossia un artista di spaesamenti e non di paesaggi.
Firenze: de Chirico vi si trasferisce nel 1910 per circa un anno e sarà questa città, con la sua struttura urbana, a esercitare una profonda influenza sul suo immaginario. È qui che mette a punto i temi di misteriosa magia poetica: visioni architettoniche, piazze d’Italia, statue solitarie, inquietanti manichini. È a Firenze che nascono dipinti come L’enigma di un pomeriggio d’autunno, L’enigma dell’oracolo, L’enigma dell’ora, Ritratto del fratello, tutti del 1910. Come scrive lo stesso de Chirico, il suo periodo Böckliniano era terminato. Incomincia a dipingere soggetti in cui cerca di tradurre i sentimenti potenti e misteriosi scoperti nei libri di Nietzsche: la malinconia delle belle giornate d’autunno, il pomeriggio nelle città italiane. L’enigma di un pomeriggio d’autunno, considerato il suo primo dipinto metafisico, nasce da una visione avuta proprio in Piazza Santa Croce a Firenze. Siamo in autunno, soffia una brezza leggera e le prime foglie giallastre coprono lo spiazzo; seduto su una panchina, l’artista contempla l’enorme statua di Dante Alighieri. Le lunghe ombre proiettate dal monumento, segno di un’immagine traslata dalla realtà, gli suscitano il dubbio che la realtà stessa non sia altro che l’ombra di qualcosa di più profondo.
L’enigma delle immagini, la sospensione del tempo, il mistero e lo spaesamento, l’apparenza di una realtà altra percepita in un mondo di silenzio: la mostra raccoglie sembianti umani privi di identità, muti e inespressivi sotto cieli tesi e caliginosi. La costellazione di busti di filosofi e pensatori di Goshka Macuga è l’emblema di un’immaginazione del mondo post-umano. In differenti materiali, questi si articolano nel percorso espositivo assecondando un silenzioso dialogo spaziale. Fanno parte del corpo di lavori intitolato International Institute of Intellectual Co-operation e, in sostanza, simbolizzano il concetto del libero scambio delle idee. Le opere in mostra di Enrico David ribadiscono ancora una volta uno sguardo multiforme e decentrato, dissettivo e disgregante, dove tutto significa incessantemente e più volte. Sempre alle prese con l’inoggettivabile, con un’inevitabile pulsione che perennemente configura spazi di dissenso. Lazlo’s Dream (2018) e Multiface (2018) di Paloma Varga Weisz fanno parte di una recente serie di sculture in legno di tiglio che, oltre a rimandare alle origini della pratica dell’artista, quella dell’intaglio del legno in Baviera alla fine degli anni ’80, riflettono un’iconografia personale e stratificata, surreale, mitologica e modernista.
Siamo in Autunno, quando il sole incomincia a essere più basso e le ombre si allungano a dismisura. Nella luce tagliente del primo pomeriggio, il senso del reale sembra sfuggire alla stabilità e alle certezze di una rappresentazione oggettiva dell’esistenza.
27
ottobre 2018
Enrico David / Goshka Macuga / Paloma Varga Weisz – Al dio ortopedico
Dal 27 ottobre 2018 al 06 gennaio 2019
arte contemporanea
Location
GALLERIA GENTILI
Firenze, Borgo Pinti, 80r, (Firenze)
Firenze, Borgo Pinti, 80r, (Firenze)
Orario di apertura
da martedì a sabato ore 10-13 e 15-19
Vernissage
27 Ottobre 2018, ore 18.30
Autore
Curatore