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Enrico Grasso – La vita altrove
mostra personale
Comunicato stampa
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Ogni opera d’arte racconta una storia, o più di una, che spesso sono una tesi volta ad invogliare lo spettatore o visitatore ad un’immedesimazione, o ad un gioco di specchi e riflessi, in cui possa trovare il filo di Arianna che lo conduca per mano fuori dal caotico labirinto del reale che lo circonda. La pittura di Grasso affronta il circostante con una soluzione estremamente interessante ed efficace, in cui risulta esplicita la sua posizione sul mondo e la società odierna e la conseguente suggestione a tesi suggerita allo spettatore (oserei dire compagno, dato che Grasso lo pone in una posizione differente dal normale fruitore di pittura, in cui si assiste agli eventi come a teatro, mentre nella sua pittura si crea immediata un gioco di complicità tra pittore e visitatore).
Nel tempo dei media, della ipertrofia dell’informazione, dell’ultima notizia, Grasso decide che per l’uomo normale, quindi per ciascuno di noi, quello che è fondamentale non è il”fatto”, “l’evento” bensì il dettaglio, l’allure di un ricordo che si crea nella memoria ed inizia a fare parte del nostro patrimonio, della nostra esperienza. Grasso fermando l’esterno della situazione lascia al visitatore la libertà di “sentire” o immaginare l’evento, e l’immaginazione è cinetica, quindi in movimento.
La storia è sempre fuori campo, quindi non ha inizio né fine, è un evento suggerito senza nessuna forma d’imposizione, infatti ciascuno può costruire dal dettaglio raccolto e documentato da Grasso, la storia che maggiormente gli appartiene, in pieno rispetto dell’individualità di ciascuno.
La sua pittura ha un debito con la cultura Pop di natura specificatamente formale; infatti la Pop Art rappresentava un momento di grande comunicazione e meditazione collettiva e sociale, mood e ricerca che odiernamente risulterebbero antistoriche, se non attraverso un’alchimia dell’individuo dato che quello che rappresentava l’elemento iconico della società dei consumi si è trasformato nella pittura di Grasso nell’invisibile, nel minuscolo ipertrofico, della vita comune, ed effettivamente ora è l’essere umano un bene di consumo; lo stesso corpo, smembrato, sezionato, studiato a brani diventa l’equivalente di una scatola di zuppa, o dell’orecchio di un topo da cartoon. Ed in questo che la pittura dell’artista , che ad una lettura superficiale potrebbe fermarsi alle assonanze estetico formali, ad una seconda, e più attenta, risulta una pittura dai contenuti politici e sociali molto forti strettamente attualizzati e non banali.
La luce vivida che investe le tele risulta la personificazione di un sogno, e come dice lo stesso autore è il vivido ricordo di un’epoca sociale, storica e politica. Un’epoca in cui l’autore-uomo faceva parte di un tutto, e adesso la sua appartenenza non può che essere all’impalpabile, all’individuale.
La tavolozza piena e variegata, spazia dai toni freddi a quelli caldi, infrangendo qualsiasi regola, per fortuna, sulla costruzione visiva del sogno e dei ricordi, viene stesa con meticolosità, avanzando per velatura che conquistano il territorio del colore nella sua pienezza di essenza simbolica e narratrice. La stesura che risulta piatta e non materica, la scelta del colore pieno e solare, l’uso della luce avvolgente e dichiarante, racconta la grande influenza che Grasso ha con la cultura pittorica e narrativa del Sudamerica, da Botero a Rivera, da Sepùlveda a Màrquez, che per l’autore rappresenta un laddove l’uomo è ancora tale, benché immerso nelle asperità di Paesi straziati.
Grasso crea quello che vorrebbe vedere prima che l’oscurantismo catodico fagociti ogni cosa, cercando di essere il monocolo in un regno di orbi.
Agata Chiusano
Nel tempo dei media, della ipertrofia dell’informazione, dell’ultima notizia, Grasso decide che per l’uomo normale, quindi per ciascuno di noi, quello che è fondamentale non è il”fatto”, “l’evento” bensì il dettaglio, l’allure di un ricordo che si crea nella memoria ed inizia a fare parte del nostro patrimonio, della nostra esperienza. Grasso fermando l’esterno della situazione lascia al visitatore la libertà di “sentire” o immaginare l’evento, e l’immaginazione è cinetica, quindi in movimento.
La storia è sempre fuori campo, quindi non ha inizio né fine, è un evento suggerito senza nessuna forma d’imposizione, infatti ciascuno può costruire dal dettaglio raccolto e documentato da Grasso, la storia che maggiormente gli appartiene, in pieno rispetto dell’individualità di ciascuno.
La sua pittura ha un debito con la cultura Pop di natura specificatamente formale; infatti la Pop Art rappresentava un momento di grande comunicazione e meditazione collettiva e sociale, mood e ricerca che odiernamente risulterebbero antistoriche, se non attraverso un’alchimia dell’individuo dato che quello che rappresentava l’elemento iconico della società dei consumi si è trasformato nella pittura di Grasso nell’invisibile, nel minuscolo ipertrofico, della vita comune, ed effettivamente ora è l’essere umano un bene di consumo; lo stesso corpo, smembrato, sezionato, studiato a brani diventa l’equivalente di una scatola di zuppa, o dell’orecchio di un topo da cartoon. Ed in questo che la pittura dell’artista , che ad una lettura superficiale potrebbe fermarsi alle assonanze estetico formali, ad una seconda, e più attenta, risulta una pittura dai contenuti politici e sociali molto forti strettamente attualizzati e non banali.
La luce vivida che investe le tele risulta la personificazione di un sogno, e come dice lo stesso autore è il vivido ricordo di un’epoca sociale, storica e politica. Un’epoca in cui l’autore-uomo faceva parte di un tutto, e adesso la sua appartenenza non può che essere all’impalpabile, all’individuale.
La tavolozza piena e variegata, spazia dai toni freddi a quelli caldi, infrangendo qualsiasi regola, per fortuna, sulla costruzione visiva del sogno e dei ricordi, viene stesa con meticolosità, avanzando per velatura che conquistano il territorio del colore nella sua pienezza di essenza simbolica e narratrice. La stesura che risulta piatta e non materica, la scelta del colore pieno e solare, l’uso della luce avvolgente e dichiarante, racconta la grande influenza che Grasso ha con la cultura pittorica e narrativa del Sudamerica, da Botero a Rivera, da Sepùlveda a Màrquez, che per l’autore rappresenta un laddove l’uomo è ancora tale, benché immerso nelle asperità di Paesi straziati.
Grasso crea quello che vorrebbe vedere prima che l’oscurantismo catodico fagociti ogni cosa, cercando di essere il monocolo in un regno di orbi.
Agata Chiusano
02
ottobre 2010
Enrico Grasso – La vita altrove
Dal 02 ottobre al 07 novembre 2010
arte contemporanea
Location
IL CHIODO DI SERMONETA
Sermoneta, Piazza Del Popolo, 13, (Latina)
Sermoneta, Piazza Del Popolo, 13, (Latina)
Orario di apertura
ore 17,00-21,00
Vernissage
2 Ottobre 2010, ore 19.30
Autore
Curatore