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Enrico Manelli / Luigi Ottani – Ritratti improbabili
Oltre la galleria, MiES in estemporanea presenta una doppia personale, fotografia e pittura, in occasione di RITRATTI IMPROBABILI è stato fatto un passo ulteriore nella “urbanizzazione” dei soggetti ritratti ricercando e scegliendo quale supporto per la stampa un materiale povero, riciclabile.
Comunicato stampa
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L’opera d’arte agisce sui modi della conoscenza e della comunicazione. Per questo è forte la volontà di analisi del pittore, dello scultore e del fotografo, nel momento in cui essi indagano la figura umana, con un bisogno conoscitivo che passa attraverso possibilità di focalizzazioni e travisamenti dell’immagine. L’arte acquista valore di esperienza e di scoperta, con una meditazione sull’avventura dell’uomo, con il quale Enrico Manelli con i suoi dipinti, Luigi Ottani con le sue fotografie e Jacopo Manelli con i suoi disegni sanno stabilire un incontro straordinario. E la mostra, allestita negli spazi di via Degli Adelardi 1, grazie ad un progetto della Galleria Mies diretta da Marco Nardini, diventa quasi cammino temporale di vicende umane alla luce di tematiche diverse, sviluppate e affrontate dai tre artisti. Nel raffrontare le loro opere si riscontra un nucleo invariabile, il ritratto, ma le differenze non sono che sorprendenti.
Dispiegano veli di mistero i ritratti di Enrico Manelli. L’artista li chiama “ritratti improbabili”, in quanto i volti di gente di teatro (da chi sta dietro le quinte ai protagonisti della scena che hanno lavorato con lui), che egli richiama alla memoria, hanno perduto la connotazione di identificazione certa. Non perché egli non ricordi più le loro caratteristiche fisionomiche, ma per il fatto che considera la pittura come fenomeno di assidua invenzione che può accrescere il fascino di quei personaggi. E’ come trasferirli in un universo vivo dell’immaginario, in cui essi assumono un’elevazione, una nuova dimensione. Nel valicare i confini della consuetudine figurativa l’artista crea un linguaggio capace di esprimere la vita totale dell’anima. Di quelle creature la memoria accoglie, nei segni delle mutazioni, apparizioni arcane, pur trovando radici nell’esperienza concreta. La rievocazione si connota di segretezze in una manifestazione linguistica che è sospensione di senso. E l’arte, come edificio immenso del ricordo che si fa creazione, diventa superiore alla vita.
Vive nell’amore per il rispetto delle diverse esistenze la fotografia (in mostra riproduzioni su cartone da imballaggio) di Luigi Ottani con una meditazione su episodi di singolare quotidianità. Gli attori di una compagnia teatrale diventano artisti di strada, che egli coglie nel momento di una performance a Parma nei pressi della stazione ferroviaria, trovando una cifra personalissima di narrazione. Ne fa emergere la loro mestizia, una certa tristezza, un sentimento di solitudine. Un’amorevole ricognizione che è trama di corrispondenze con la semplicità e l’innocenza di esperienze che portano i diversi pesronaggi, le cui azioni in pubblico serbano il sentimento dell’indicibilità dei gesti, un candore e fervore quasi infantile. La fotografia, che mette in luce relazioni tra persone, artisti e luoghi in cui essi operano, pare serbare un’immagine di purezza, anche per l’essenzialità del contrasto tra bianco e nero che Ottani le conferisce. Ed è il fascino della rappresentazione, ma anche della narrazione, a scoprirsi dolcemente poesia, per quei momenti di meraviglia, di intrigante curiosità, di unicità e diversità, cui Luigi ha potuto assistere e consegnare alla macchina fotografica.
Ritratti radicati nella varia umanità sono quelli che Jacopo Manelli affida alla sua matita e che si trovano, in fotocopie, sul pavimento dello spazio espositivo e che il visitatore può prendere e portare via. Figure di cui il giovane artista dilata la presenza reale, con digressioni, azzardi di linguaggio e di stile. E proprio dal dispiegarsi dell’energia interna dei segni, del loro combinarsi in modo trasgressivo, risulta la forza e la capacità di esistenza dell’immagine. Jacopo si fa “timido osservatore” per penetrare tra figure di una umanità, così straordinariamente colorita e diversa, con un sicuro gesto grafico che è tutt’uno con l’idea di una forma intensamente espressiva, in grado di mettere a nudo difetti dei suoi personaggi. E’ forte la tensione iconografica con elementi di estrema deformazione che diventano stimoli pungenti per “ritratti” di esuberanza grottesca. Da riconoscere all’artista la rapidità di visione del profondo indagatore che lo induce ad impiegare dettagli anche minimi, tagli di immagini, per “modellare” le sue figure con una forza inventiva che suscita ilarità. Il segno si invera in quelle sconvolte esistenze, anche come una sorta di radiografia interiore di ogni creatura che suscita ironia, forse sarcasmo, offrendo agli altri una dimensione quasi pietosa di sé.
Michele Fuoco
RITRATTI IMPROBABILI
Enrico Manelli-Luigi Ottani 2009
Evento collaterale
TIMIDO OSSERVATORE
Jacopo manelli
Dispiegano veli di mistero i ritratti di Enrico Manelli. L’artista li chiama “ritratti improbabili”, in quanto i volti di gente di teatro (da chi sta dietro le quinte ai protagonisti della scena che hanno lavorato con lui), che egli richiama alla memoria, hanno perduto la connotazione di identificazione certa. Non perché egli non ricordi più le loro caratteristiche fisionomiche, ma per il fatto che considera la pittura come fenomeno di assidua invenzione che può accrescere il fascino di quei personaggi. E’ come trasferirli in un universo vivo dell’immaginario, in cui essi assumono un’elevazione, una nuova dimensione. Nel valicare i confini della consuetudine figurativa l’artista crea un linguaggio capace di esprimere la vita totale dell’anima. Di quelle creature la memoria accoglie, nei segni delle mutazioni, apparizioni arcane, pur trovando radici nell’esperienza concreta. La rievocazione si connota di segretezze in una manifestazione linguistica che è sospensione di senso. E l’arte, come edificio immenso del ricordo che si fa creazione, diventa superiore alla vita.
Vive nell’amore per il rispetto delle diverse esistenze la fotografia (in mostra riproduzioni su cartone da imballaggio) di Luigi Ottani con una meditazione su episodi di singolare quotidianità. Gli attori di una compagnia teatrale diventano artisti di strada, che egli coglie nel momento di una performance a Parma nei pressi della stazione ferroviaria, trovando una cifra personalissima di narrazione. Ne fa emergere la loro mestizia, una certa tristezza, un sentimento di solitudine. Un’amorevole ricognizione che è trama di corrispondenze con la semplicità e l’innocenza di esperienze che portano i diversi pesronaggi, le cui azioni in pubblico serbano il sentimento dell’indicibilità dei gesti, un candore e fervore quasi infantile. La fotografia, che mette in luce relazioni tra persone, artisti e luoghi in cui essi operano, pare serbare un’immagine di purezza, anche per l’essenzialità del contrasto tra bianco e nero che Ottani le conferisce. Ed è il fascino della rappresentazione, ma anche della narrazione, a scoprirsi dolcemente poesia, per quei momenti di meraviglia, di intrigante curiosità, di unicità e diversità, cui Luigi ha potuto assistere e consegnare alla macchina fotografica.
Ritratti radicati nella varia umanità sono quelli che Jacopo Manelli affida alla sua matita e che si trovano, in fotocopie, sul pavimento dello spazio espositivo e che il visitatore può prendere e portare via. Figure di cui il giovane artista dilata la presenza reale, con digressioni, azzardi di linguaggio e di stile. E proprio dal dispiegarsi dell’energia interna dei segni, del loro combinarsi in modo trasgressivo, risulta la forza e la capacità di esistenza dell’immagine. Jacopo si fa “timido osservatore” per penetrare tra figure di una umanità, così straordinariamente colorita e diversa, con un sicuro gesto grafico che è tutt’uno con l’idea di una forma intensamente espressiva, in grado di mettere a nudo difetti dei suoi personaggi. E’ forte la tensione iconografica con elementi di estrema deformazione che diventano stimoli pungenti per “ritratti” di esuberanza grottesca. Da riconoscere all’artista la rapidità di visione del profondo indagatore che lo induce ad impiegare dettagli anche minimi, tagli di immagini, per “modellare” le sue figure con una forza inventiva che suscita ilarità. Il segno si invera in quelle sconvolte esistenze, anche come una sorta di radiografia interiore di ogni creatura che suscita ironia, forse sarcasmo, offrendo agli altri una dimensione quasi pietosa di sé.
Michele Fuoco
RITRATTI IMPROBABILI
Enrico Manelli-Luigi Ottani 2009
Evento collaterale
TIMIDO OSSERVATORE
Jacopo manelli
03
ottobre 2009
Enrico Manelli / Luigi Ottani – Ritratti improbabili
Dal 03 all'undici ottobre 2009
fotografia
arte contemporanea
arte contemporanea
Location
GALLERIA MIES
Modena, Piazzetta Dei Servi, 44/a, (Modena)
Modena, Piazzetta Dei Servi, 44/a, (Modena)
Orario di apertura
lun.-mer.-ven.-sab.- ore 10-13 e 16-20
dom. su appuntamento
Vernissage
3 Ottobre 2009, ore 19,00
Autore
Curatore