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Enrico Mitrovich – W.Y.S.I.W.Y.G.
W.Y.S.I.W.Y.G. (What You See Is What You Get) è il titolo della mostra, l’acrostico in inglese di “ciò che vedi è quello che ottieni”, come recita la promessa delle stampanti che dovrebbero rendere esattamente ciò che appare al video del computer
Comunicato stampa
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W.Y.S.I.W.Y.G. (What You See Is What You Get) è il titolo della mostra, l’acrostico in inglese di “ciò che vedi è quello che ottieni”, come recita la promessa delle stampanti che dovrebbero rendere esattamente ciò che appare al video del computer. La dichiarazione di poetica di Enrico Mitrovich, pittore, net artista e video maker, è una sigla del linguaggio informatico perché è proprio di questo campo multimediatico procedere per approcci diretti e visivi con il fruitore, come nella rappresentazione dei videogames, in cui non è necessario conosce i segreti di funzionamento del software per poterne prendere possesso. Così dovrebbe essere secondo lui il primo rapporto con l’arte contemporanea: visivo e fagocitante, per appropriarsi della sua essenza senza allontanare chi guarda, per riavvicinarsene come a un linguaggio attuale.
L’ispirazione dell’arte di Mitrovich è un neopop elettrificato, anche barocco e sensuoso, ironico e malinconico, all’occorrenza giocoso, contaminato da colori fluo, neon e lisergici tra memoria degli anni Settanta e frattali, ma sempre colto e cleptomane nei confronti degli imput visuali contemporanei. Pur abilissimo manipolatore digitale, egli riconduce il suo lavoro alla technè del mestiere, e porta le sue immagini elettroniche anche in pittura, per ripristinare le formule di legittimità del fare arte oggi perché un dipinto infine è prima di tutto “ciò che vedi”, la sua iconografia immediata.
Elementi fondanti nelle opere di Mitrovich sono il richiamo al tema dell’obsolescenza, di cui il campo informatico offre un campionario visionario e immediato, la velocità che da assioma futurista diviene futuribile e il senso di precarietà biologico. La riproposizione in medium artistici inconsueti di still da videogiochi e l’uso di icone massmediatiche rielaborate e mixate recitano una riflessione sul memento mori e sul rapporto che intratteniamo con lo strumento computer. La frequentazione con i mezzi digitali crea rapidità, in noi e nel modo con cui cambiano e si susseguono i programmi, come in accelerazioni forzate delle foto pioneristiche di rappresentazione del moto di Muybridge e Marey, così l’uso della pittura per raccontare il linguaggio del software e il creare immagini oniriche rivisitate è una maniera di raccontare la realtà come da sempre si è tentato di farlo: in modo perfettibile e soggettivo. Compaiono per questo loghi, citazioni colte dalla storia dell’arte (da Pisanello a De Chirico, da Bacon ai graffitisti ai poeti visivi) e una riappropriazione della realtà con voluti “mezzi scarsi”, segni rudimentali, come limiti tecnici rupestri nell’evoluzione dei programmi per elaboratore.
La processuralità di Enrico Mitrovich fa rivivere la complessità del reale: se il mondo nella sua interezza non è rappresentabile, allora tanto vale isolare degli elementi per ricrearlo, come il software che cerca di rappresentare la realtà artificiale e attraverso i videogiochi inventa realtà fittizie che parlano però delle nostre aspirazioni e dei nostri desideri, mettono in moto desideri di supremazia e rivincita. Così il richiamo ossessivo e affettuoso al Pac-man, l’ “uomo-testina” nel cui ciclo biologico sono gli elementi canonici della nostra realtà: la circolarità dell’azione tracciata dal labirinto, le due uniche mosse possibili (attacco e fuga), varchi misteriosi di buio elettronico dove non di sa che cosa succeda, il dietro le quinte in cui c’è nascosta la possibilità dell’infinito, perché il Pac-man divora o viene divorato ma si innamora, ed è un meccanismo diabolico.
Il “preparato visivo” di Enrico Mitrovich è un realismo pittorico mistificato discepolo di quell’E-spressionismo citato da Nicholas Negroponte, direttore Media Lab del Massachussetts Institute, come uno dei mezzi artistici vivificatori della vita d’oggi e di domani quando “più in là nel tempo, gli schermi dei computer verranno venduti a litri e dipinti sulle pareti. I CD-Rom saranno commestibili e gli elaboratori paralleli potranno essere applicati come le lozioni abbronzanti” e potremo addirittura vivere nei nostri computer.
In mostra saranno la serie in lastre di alluminio in saldatura non supportata Battle Zone e Missile Command, ispirate a videogiochi degli anni Ottanta, dipinti, fotografie, tecniche miste su carta, grafiche ed elaborazioni digitali, come Enter-Exit, basate su opere icone della storia dell’arte. Appositamente per l’esposizione sono state create l’opera al neon W.Y.S.I..Y.G., stampe su carta da lastre di alluminio e il video Slide Show, con musiche originali di Giovanni Sarani.
L’ispirazione dell’arte di Mitrovich è un neopop elettrificato, anche barocco e sensuoso, ironico e malinconico, all’occorrenza giocoso, contaminato da colori fluo, neon e lisergici tra memoria degli anni Settanta e frattali, ma sempre colto e cleptomane nei confronti degli imput visuali contemporanei. Pur abilissimo manipolatore digitale, egli riconduce il suo lavoro alla technè del mestiere, e porta le sue immagini elettroniche anche in pittura, per ripristinare le formule di legittimità del fare arte oggi perché un dipinto infine è prima di tutto “ciò che vedi”, la sua iconografia immediata.
Elementi fondanti nelle opere di Mitrovich sono il richiamo al tema dell’obsolescenza, di cui il campo informatico offre un campionario visionario e immediato, la velocità che da assioma futurista diviene futuribile e il senso di precarietà biologico. La riproposizione in medium artistici inconsueti di still da videogiochi e l’uso di icone massmediatiche rielaborate e mixate recitano una riflessione sul memento mori e sul rapporto che intratteniamo con lo strumento computer. La frequentazione con i mezzi digitali crea rapidità, in noi e nel modo con cui cambiano e si susseguono i programmi, come in accelerazioni forzate delle foto pioneristiche di rappresentazione del moto di Muybridge e Marey, così l’uso della pittura per raccontare il linguaggio del software e il creare immagini oniriche rivisitate è una maniera di raccontare la realtà come da sempre si è tentato di farlo: in modo perfettibile e soggettivo. Compaiono per questo loghi, citazioni colte dalla storia dell’arte (da Pisanello a De Chirico, da Bacon ai graffitisti ai poeti visivi) e una riappropriazione della realtà con voluti “mezzi scarsi”, segni rudimentali, come limiti tecnici rupestri nell’evoluzione dei programmi per elaboratore.
La processuralità di Enrico Mitrovich fa rivivere la complessità del reale: se il mondo nella sua interezza non è rappresentabile, allora tanto vale isolare degli elementi per ricrearlo, come il software che cerca di rappresentare la realtà artificiale e attraverso i videogiochi inventa realtà fittizie che parlano però delle nostre aspirazioni e dei nostri desideri, mettono in moto desideri di supremazia e rivincita. Così il richiamo ossessivo e affettuoso al Pac-man, l’ “uomo-testina” nel cui ciclo biologico sono gli elementi canonici della nostra realtà: la circolarità dell’azione tracciata dal labirinto, le due uniche mosse possibili (attacco e fuga), varchi misteriosi di buio elettronico dove non di sa che cosa succeda, il dietro le quinte in cui c’è nascosta la possibilità dell’infinito, perché il Pac-man divora o viene divorato ma si innamora, ed è un meccanismo diabolico.
Il “preparato visivo” di Enrico Mitrovich è un realismo pittorico mistificato discepolo di quell’E-spressionismo citato da Nicholas Negroponte, direttore Media Lab del Massachussetts Institute, come uno dei mezzi artistici vivificatori della vita d’oggi e di domani quando “più in là nel tempo, gli schermi dei computer verranno venduti a litri e dipinti sulle pareti. I CD-Rom saranno commestibili e gli elaboratori paralleli potranno essere applicati come le lozioni abbronzanti” e potremo addirittura vivere nei nostri computer.
In mostra saranno la serie in lastre di alluminio in saldatura non supportata Battle Zone e Missile Command, ispirate a videogiochi degli anni Ottanta, dipinti, fotografie, tecniche miste su carta, grafiche ed elaborazioni digitali, come Enter-Exit, basate su opere icone della storia dell’arte. Appositamente per l’esposizione sono state create l’opera al neon W.Y.S.I..Y.G., stampe su carta da lastre di alluminio e il video Slide Show, con musiche originali di Giovanni Sarani.
07
dicembre 2003
Enrico Mitrovich – W.Y.S.I.W.Y.G.
Dal 07 dicembre 2003 al 18 gennaio 2004
giovane arte
Location
TEATRO COMUNALE VERDI
Lonigo, Piazza Giacomo Matteotti, 1, (Vicenza)
Lonigo, Piazza Giacomo Matteotti, 1, (Vicenza)
Orario di apertura
sabato e domenica 17.00 19.00
nei giorni di spettacolo 18.00 20
Vernissage
7 Dicembre 2003, ore 18