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Enrico Tealdi – Halos
La prima personale di Enrico Tealdi a Firenze si articola come un percorso nel paesaggio, un giardino della memoria innondato da una luce che sfoca il nitore delle immagini.
Comunicato stampa
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Il Centro di Produzione della Danza Virgilio Sieni è lieto di presentare la prima mostra personale a Firenze di Enrico Tealdi, a cura di Serena Trinchero. Con questa seconda esposizione, dopo “Ogni pensiero vola” di Marco Pace, continua nelle sale al primo piano della Palazzina dell’Indiano la digressione sul tema del paesaggio, rappresentato attraverso il mezzo pittorico, questa volta sotto il segno della memoria e della sua capacità immaginativa.
La mostra costituisce un sistema specchiante tra il paesaggio esterno, quello del Parco Monumentale delle Cascine e delle rive del fiume Arno, che entra nello spazio tramite le tante finestre che scandiscono l’architettura della Palazzina, e quello più interiore, idealizzato e sfocato rappresentato dai dipinti di Tealdi. In questa sfida giocosa tra realtà e finzione, suggestioni e richiami emerge nitida la connessione tra la luce e il ricordo.
Il titolo della mostra aiuta ad addentrarsi nei diversi rifermenti che compongono questo rapporto. Halos è un lemma articolato e di profonda connessione tra il passato e il presente, che si intreccia con vicende mitiche e misteri con cui gli uomini si sono dovuti confrontare fin dalla notte dei tempi. Se, nella sua versione greca, la parola fa riferimento a uno spazio aperto, rotondo, dove venivano eseguiti rituali vicino al tempio dell’Apollo di Delfi, non a caso dedicato al dio che rappresenta la luce vivifica del sole; in latino indica l’anello di luce che circonda gli astri. Un richiamo che vive anche nelle lingue moderne basti pensare alla parola italiana alone, che rimanda sia alla meteora ottica della luce delle stelle, che per estensione al contorno sfumato di fonti luminose fino a ciò che rimane di macchie e preesistenze; ma anche all’inglese halo, termine usato per indicare l’aureola e il chiarore che avvolge i corpi celesti.
Da questa stratificazione emergono innumerevoli significati che richiamano la capacità della luce di rivelare le cose attraverso rifrazioni e riverberi che ne contengono in sé una traccia: si pensi in particolare al significato di alone e alla sua relazione con la macchia e anche all’aureola che circonda le stelle, che ci raggiunge attraverso le immensità di viaggi misurabili in anni luce, scie di qualcosa che potrebbe essersi già spento. Non appare assurdo quindi ricordare che nuove branche scientifiche, e in particolare optogenetica, che combina tecniche ottiche e genetiche, rilevino la capacità della luce di stimolare i neuroni fino a far riemergere ricordi ritenuti ormai persi.
Ecco, dunque, che i grandi teli in cui l’artista dipinge paesaggi inondati da un bagliore accecante, tanto da esserne sfocati, così come dalla bruma, sono rappresentazioni frutto dell’alone della memoria, una traccia indefinita, un sentimento incarnato nelle cose che ci circondano e risvegliato in quest’azione di recupero immaginifico. La selezione di opere proposta in questa occasione richiama ancora una volta il tema centrale della poetica del pittore che si insinua in un tempo simbolico, una transizione verso il nuovo il cui ricordo è già inscritto nell’attimo in cui le cose prendono forma, avvolto da quella nostalgia lieve che pervade gli attimi che sappiamo rimarranno nella nostra memoria.
Enrico Tealdi nasce nel 1976 a Cuneo, dove vive e lavora. Dopo essersi diplomato in pittura, perfeziona la propria formazione attraverso diversi workshop con tutor di fama internazionale come Massimo Bartolini, Stefano Arienti, Lorenza Boisi e Tobias Rehberger. Dal 1998 inizia la sua attività espositiva in Italia e all’estero che ha portato le sue opere ad essere presenti in collezioni private. Tra le più recenti personali si ricorda: Citéra, Sociéte Interludio, Torino, a cura di Simona Squadrito (2020); Concerto per carillon, Galleria Francesca Antonini, Roma (2019); Si cercano Parole che nessuno dirà, MAR, Ravenna, a cura di Davide Caroli (2015). Il suo lavoro è rappresentato da Francesca Antonini Arte Contemporanea di Roma e Societé Inteludio di Torino.
La mostra costituisce un sistema specchiante tra il paesaggio esterno, quello del Parco Monumentale delle Cascine e delle rive del fiume Arno, che entra nello spazio tramite le tante finestre che scandiscono l’architettura della Palazzina, e quello più interiore, idealizzato e sfocato rappresentato dai dipinti di Tealdi. In questa sfida giocosa tra realtà e finzione, suggestioni e richiami emerge nitida la connessione tra la luce e il ricordo.
Il titolo della mostra aiuta ad addentrarsi nei diversi rifermenti che compongono questo rapporto. Halos è un lemma articolato e di profonda connessione tra il passato e il presente, che si intreccia con vicende mitiche e misteri con cui gli uomini si sono dovuti confrontare fin dalla notte dei tempi. Se, nella sua versione greca, la parola fa riferimento a uno spazio aperto, rotondo, dove venivano eseguiti rituali vicino al tempio dell’Apollo di Delfi, non a caso dedicato al dio che rappresenta la luce vivifica del sole; in latino indica l’anello di luce che circonda gli astri. Un richiamo che vive anche nelle lingue moderne basti pensare alla parola italiana alone, che rimanda sia alla meteora ottica della luce delle stelle, che per estensione al contorno sfumato di fonti luminose fino a ciò che rimane di macchie e preesistenze; ma anche all’inglese halo, termine usato per indicare l’aureola e il chiarore che avvolge i corpi celesti.
Da questa stratificazione emergono innumerevoli significati che richiamano la capacità della luce di rivelare le cose attraverso rifrazioni e riverberi che ne contengono in sé una traccia: si pensi in particolare al significato di alone e alla sua relazione con la macchia e anche all’aureola che circonda le stelle, che ci raggiunge attraverso le immensità di viaggi misurabili in anni luce, scie di qualcosa che potrebbe essersi già spento. Non appare assurdo quindi ricordare che nuove branche scientifiche, e in particolare optogenetica, che combina tecniche ottiche e genetiche, rilevino la capacità della luce di stimolare i neuroni fino a far riemergere ricordi ritenuti ormai persi.
Ecco, dunque, che i grandi teli in cui l’artista dipinge paesaggi inondati da un bagliore accecante, tanto da esserne sfocati, così come dalla bruma, sono rappresentazioni frutto dell’alone della memoria, una traccia indefinita, un sentimento incarnato nelle cose che ci circondano e risvegliato in quest’azione di recupero immaginifico. La selezione di opere proposta in questa occasione richiama ancora una volta il tema centrale della poetica del pittore che si insinua in un tempo simbolico, una transizione verso il nuovo il cui ricordo è già inscritto nell’attimo in cui le cose prendono forma, avvolto da quella nostalgia lieve che pervade gli attimi che sappiamo rimarranno nella nostra memoria.
Enrico Tealdi nasce nel 1976 a Cuneo, dove vive e lavora. Dopo essersi diplomato in pittura, perfeziona la propria formazione attraverso diversi workshop con tutor di fama internazionale come Massimo Bartolini, Stefano Arienti, Lorenza Boisi e Tobias Rehberger. Dal 1998 inizia la sua attività espositiva in Italia e all’estero che ha portato le sue opere ad essere presenti in collezioni private. Tra le più recenti personali si ricorda: Citéra, Sociéte Interludio, Torino, a cura di Simona Squadrito (2020); Concerto per carillon, Galleria Francesca Antonini, Roma (2019); Si cercano Parole che nessuno dirà, MAR, Ravenna, a cura di Davide Caroli (2015). Il suo lavoro è rappresentato da Francesca Antonini Arte Contemporanea di Roma e Societé Inteludio di Torino.
30
aprile 2022
Enrico Tealdi – Halos
Dal 30 aprile al 12 giugno 2022
arte contemporanea
Location
PIA | PALAZZINA INDIANO ARTE
Firenze, Piazzale dell'Indiano, (FI)
Firenze, Piazzale dell'Indiano, (FI)
Orario di apertura
lunedì – venerdì: 10.00 – 18:00
sabato: 15.00 – 18.00
domenica: 10.00 – 13.30 | 15.00 – 19.00
Vernissage
30 Aprile 2022, 15.30 - 19.30
Sito web
Autore
Curatore