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Enzo Cursaro – Attica
Curata da Massimo Bignardi, la mostra propone dipinti e carte realizzati dall’artista in questi ultimi anni, dai quali si evince un marcato interesse per il segno come cifra espressiva che trova, l’intreccio, una trama narrativa carica di riferimenti attinti alla sfera antropologica. In gioco v’è la cifra della sua identità esistenziale, del suo legame con i luoghi natii, con Paestum e il suo mistero
Comunicato stampa
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Attica è innanzitutto il panorama che si apre ai suoi occhi quando, dall’alto del suo studio, spaziano sulla distesa della piana che accoglie la città magnogreca spingendosi verso ovest, fino a traguardare Capri. Attica come ricongiungimento con le proprie origini, con la memoria, con la vitalità del primo incontro con il segno.
«Sin dai lavori eseguiti negli anni ottanta, quando l’ho conosciuto – rileva Bignardi – Cursaro ha esibito un segno che scava in profondità, nella materia del colore, al suo interno, fino ad assorbire, è quanto osservavo in quegli anni, le irregolarità e la porosità del fondo, della trama della tela che l’artista avvertiva come muro, un effettivo campo d’esistenza. Pratica che oggi trova in questi ultimi lavori, penso soprattutto alla serie degli ‘Scudi’: si tratta di grandi dischi di acciaio che l’artista ha recuperato da un vecchio frantoio: dischi usati per pressare i fiscoli, anch’essi dischi con un foro centrale, un tempo di corda oggi di nylon, sui quali viene stesa la pasta d’olive. Cursaro li ha recuperati, puliti senza, però, annullare i segni del lavoro, dello sforzo, della corrosione che il tempo ha inciso sul metallo. Con abrasivi è intervenuto speculando su questi segni, insistendo sulla traccia lasciata dal tempo, suggerendo analogismi con il vasto sussidiario dell’iconografia dell’antica Paestum. Torna ad insistere sulla memoria che il segno (essentia) trasferisce alla vita della contemporaneità, all’esistenza».
ENZO CURSARO nasce a Paestum nel 1953; segue i corsi di pittura del maestro Domenico Spinosa presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli ove si diploma nel 1978. Da tale ambito si sviluppa il suo interesse verso composizioni astratto-informale, che riprenderà, in seguito, negli anni novanta. Nella seconda metà degli anni settanta, appena uscito dall’Accademia delle Belle Arti, inizia il suo rapporto con la storica Galleria d’Arte San Carlo diretta da Raffaele Formisano, entrando così a far parte attiva di un gruppo di artisti appartenenti all’area del Mezzogiorno.
La collaborazione con la galleria San Carlo gli permise di aderire a diverse rassegne espositive: dall’ExpoArte di Bari, già dal 1983 alla Biennale d’Arte di La Spezia; nel 1984 è presente con il gruppo di artisti della galleria napoletana in una collettiva allestita alla Galleria d’Arte Moderna di Loiano (BO). Per circa trenta anni (1983-2012), ha vissuto stabilmente a Verona, dove ha insegnato storia dell’arte e discipline pittoriche presso le scuole statali. Dalla metà degli anni ottanta apre a mostre allestite in ambito europeo; nel 1985 espone in Spagna, nel 1989 è in Francia; nel 1990 in Germania alla Schlossgalerie di Norimberga. Nel 1996 la Galleria La Città di Verona, lo presenta con una sua personale all’Arte Expo di Frankfurt, ove espone il ciclo “Pietre Pittoriche”. Una parte rappresentativa di queste opere sono state pubblicate in un catalogo edito Arte&Arte con testi del critico Michael Haggerty e del critico Luigi Serravalli. È nel settembre del 1998 che l’artista tiene la mostra personale “Memoria, Forma-Spazio”, allestita nelle stanze di Isabella d’Este oggi Museo di Palazzo Ducale di Mantova.
Prende sempre più vigore ed efficacia una sequenza di opere che, per stile e cromia, si sviluppa, sostiene Gillo Dorfles, «in una potenzialità che attinge la propria potenza, proprio dalla assenza cromatica». Il colore nero bituminoso combinato con ampie superfici terrose sono sostanza e carattere conferito a tutto il ciclo pittorico 1998-2011. Un personalissimo dialogo tra la tattilità della materia e il pensiero meditativo, definito dall’artista «un dialogo tra me stesso e le forme delle cose».
Tornato a risiedere a Paestum: nel 2016 è presente nella citata mostra “Sancta Venera. Arte contemporanea e archeologia industriale a Paestum”, un progetto ideato dall’artista Sergio Vecchio, promosso da Gabriel Zuchtriegel direttore del Parco Archeologico di Paestum e curato dal critico d’arte Massimo Bignardi. L’intervento è stato uno straordinario processo di rigenerazione di differenti luoghi: il sito archeologico di Santa Venera sepolto ancora e in parte sotto ex fabbrica della Cirio. L’artista ha lavorato sul tema delle ‘Amphores’, l’ultimo elemento simbolico tradotto da Cursaro con una vibrante scrittura segnica: forme di anfore volutamente piene di luce e di colori brillanti dalle forme tondeggianti se pur svuotate del loro peso e contenuto per lasciare solo la texture del segno a riferire sulla loro gradevole presenza-essenza mai del tutto compiuta; come il divenire del tempo. Nell’estate del 2019 si tiene al FRaC Baronissi una significativa mostra sulle opere realizzate nei primi due decenni del Duemila.
Attica è innanzitutto il panorama che si apre ai suoi occhi quando, dall’alto del suo studio, spaziano sulla distesa della piana che accoglie la città magnogreca spingendosi verso ovest, fino a traguardare Capri. Attica come ricongiungimento con le proprie origini, con la memoria, con la vitalità del primo incontro con il segno.
«Sin dai lavori eseguiti negli anni ottanta, quando l’ho conosciuto – rileva Bignardi – Cursaro ha esibito un segno che scava in profondità, nella materia del colore, al suo interno, fino ad assorbire, è quanto osservavo in quegli anni, le irregolarità e la porosità del fondo, della trama della tela che l’artista avvertiva come muro, un effettivo campo d’esistenza. Pratica che oggi trova in questi ultimi lavori, penso soprattutto alla serie degli ‘Scudi’: si tratta di grandi dischi di acciaio che l’artista ha recuperato da un vecchio frantoio: dischi usati per pressare i fiscoli, anch’essi dischi con un foro centrale, un tempo di corda oggi di nylon, sui quali viene stesa la pasta d’olive. Cursaro li ha recuperati, puliti senza, però, annullare i segni del lavoro, dello sforzo, della corrosione che il tempo ha inciso sul metallo. Con abrasivi è intervenuto speculando su questi segni, insistendo sulla traccia lasciata dal tempo, suggerendo analogismi con il vasto sussidiario dell’iconografia dell’antica Paestum. Torna ad insistere sulla memoria che il segno (essentia) trasferisce alla vita della contemporaneità, all’esistenza».
ENZO CURSARO nasce a Paestum nel 1953; segue i corsi di pittura del maestro Domenico Spinosa presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli ove si diploma nel 1978. Da tale ambito si sviluppa il suo interesse verso composizioni astratto-informale, che riprenderà, in seguito, negli anni novanta. Nella seconda metà degli anni settanta, appena uscito dall’Accademia delle Belle Arti, inizia il suo rapporto con la storica Galleria d’Arte San Carlo diretta da Raffaele Formisano, entrando così a far parte attiva di un gruppo di artisti appartenenti all’area del Mezzogiorno.
La collaborazione con la galleria San Carlo gli permise di aderire a diverse rassegne espositive: dall’ExpoArte di Bari, già dal 1983 alla Biennale d’Arte di La Spezia; nel 1984 è presente con il gruppo di artisti della galleria napoletana in una collettiva allestita alla Galleria d’Arte Moderna di Loiano (BO). Per circa trenta anni (1983-2012), ha vissuto stabilmente a Verona, dove ha insegnato storia dell’arte e discipline pittoriche presso le scuole statali. Dalla metà degli anni ottanta apre a mostre allestite in ambito europeo; nel 1985 espone in Spagna, nel 1989 è in Francia; nel 1990 in Germania alla Schlossgalerie di Norimberga. Nel 1996 la Galleria La Città di Verona, lo presenta con una sua personale all’Arte Expo di Frankfurt, ove espone il ciclo “Pietre Pittoriche”. Una parte rappresentativa di queste opere sono state pubblicate in un catalogo edito Arte&Arte con testi del critico Michael Haggerty e del critico Luigi Serravalli. È nel settembre del 1998 che l’artista tiene la mostra personale “Memoria, Forma-Spazio”, allestita nelle stanze di Isabella d’Este oggi Museo di Palazzo Ducale di Mantova.
Prende sempre più vigore ed efficacia una sequenza di opere che, per stile e cromia, si sviluppa, sostiene Gillo Dorfles, «in una potenzialità che attinge la propria potenza, proprio dalla assenza cromatica». Il colore nero bituminoso combinato con ampie superfici terrose sono sostanza e carattere conferito a tutto il ciclo pittorico 1998-2011. Un personalissimo dialogo tra la tattilità della materia e il pensiero meditativo, definito dall’artista «un dialogo tra me stesso e le forme delle cose».
Tornato a risiedere a Paestum: nel 2016 è presente nella citata mostra “Sancta Venera. Arte contemporanea e archeologia industriale a Paestum”, un progetto ideato dall’artista Sergio Vecchio, promosso da Gabriel Zuchtriegel direttore del Parco Archeologico di Paestum e curato dal critico d’arte Massimo Bignardi. L’intervento è stato uno straordinario processo di rigenerazione di differenti luoghi: il sito archeologico di Santa Venera sepolto ancora e in parte sotto ex fabbrica della Cirio. L’artista ha lavorato sul tema delle ‘Amphores’, l’ultimo elemento simbolico tradotto da Cursaro con una vibrante scrittura segnica: forme di anfore volutamente piene di luce e di colori brillanti dalle forme tondeggianti se pur svuotate del loro peso e contenuto per lasciare solo la texture del segno a riferire sulla loro gradevole presenza-essenza mai del tutto compiuta; come il divenire del tempo. Nell’estate del 2019 si tiene al FRaC Baronissi una significativa mostra sulle opere realizzate nei primi due decenni del Duemila.
04
marzo 2020
Enzo Cursaro – Attica
Dal 04 al 28 marzo 2020
arte contemporanea
Location
CENTRO LUIGI DI SARRO
Roma, Via Paolo Emilio, 28, (Roma)
Roma, Via Paolo Emilio, 28, (Roma)
Orario di apertura
dal martedì al sabato ore 16-19
Vernissage
4 Marzo 2020, ore 17
Autore
Curatore