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Enzo Marino – Graffi sull’Eden
Marino sa bene che il graffito oggi non è più riposto negli anfratti rituali, l’artista è consapevole che non è più una presenza parietale “segreta” sacralizzata nel buio di una grotta. Il graffito è da tempo uscito fuori dalla caverna.
Comunicato stampa
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Il libro della mostra contiene una presentazione del prof. Paolo De Luca, direttore dell’Orto Botanico - Università degli Studi di Napoli Federico II, un’introduzione alle opere del prof. Luigi Caramiello docente di Sociologia dell’Arte Università degli Studi di Napoli Federico II, e immagini
d’interazione tra le Graffisculture, l’Eden e la botanica.
“...per lunghi anni, la sua attenzione prioritaria si é rivolta al senso, mentre l’immagine é puramente un veicolo, un medium di trasmissione di un discorso, di un valore, di un concetto. Ed ecco che, d’un tratto, Marino si accorge del segno, scopre, persino con stupore, vorrei dire infantile, una dimensione creativa nella quale il suo interesse può rivolgersi finalmente, liberamente, al codice. L’attenzione al “messaggio”, naturalmente, non scompare, ma oggi sembra essere molto di più un’attrezzatura, che gli serve per interrogare ancora più a fondo il sistema della comunicazione.
E qui Enzo Marino fa una scommessa veramente coraggiosa. La tradizione classica dell’arte si è dipanata, pressoché interamente, attorno alla ricerca della strumentazione, più efficace, per rendere la percezione della consistenza, della massa, della profondità, della volumetria, sul piano, cioè, su come riuscire a dare l’impressione delle tre dimensioni, utilizzandone due. Enzo Marino tenta la sfida inversa, quella di usare la materia solida per evocare puramente un’idea che è prima di tutto segno, immagine. Insomma, utilizza un dispositivo a tre dimensioni per richiamare la realtà di una rappresentazione a cui ne basterebbero in fondo soltanto due.
Per questo, oggi, l’artista realizza manufatti e li propone come “writing”, fabbrica sculture e ce le presenta come graffiti. E’ la sua tag attuale. E’ un gioco, certo, ma può avere un profondissimo significato. Marino sa bene che il graffito oggi non è più riposto negli anfratti rituali, l’artista è consapevole che non è più una presenza parietale “segreta” sacralizzata nel buio di una grotta. Il graffito è da tempo uscito fuori dalla caverna. Si é definitivamente secolarizzato, ed oggi é pienamente dislocato sul terreno globale di un dialogo col mondo.
I “Graffi sull’Eden” sono, certamente, percorsi di un’arte “antropologica” (10), come l’avrebbe definita il compianto Josef Beuys, di un’arte, cioè, che mostra integralmente la sua cifra, la sua fibra di tela iuta “naturale”, la sua vocazione botanica, che dialoga, cioè, con le infinite manifestazioni di un’espressività biologica, che interagisce con una selvatichezza o una “coltura”, che non ha nulla da invidiare (anche perché è per molti aspetti la stessa cosa) alla “cultura”,nel senso spesso goffamente paludato che attribuiamo al concetto. Ma i graffi sull’eden sono anche le tracce che lasciamo su quell’autentico paradiso che accoglie il nostro vissuto, sull’eden della nostra contemporaneità, sul nostro mondo...” (Luigi Caramiello – dal catalogo)
d’interazione tra le Graffisculture, l’Eden e la botanica.
“...per lunghi anni, la sua attenzione prioritaria si é rivolta al senso, mentre l’immagine é puramente un veicolo, un medium di trasmissione di un discorso, di un valore, di un concetto. Ed ecco che, d’un tratto, Marino si accorge del segno, scopre, persino con stupore, vorrei dire infantile, una dimensione creativa nella quale il suo interesse può rivolgersi finalmente, liberamente, al codice. L’attenzione al “messaggio”, naturalmente, non scompare, ma oggi sembra essere molto di più un’attrezzatura, che gli serve per interrogare ancora più a fondo il sistema della comunicazione.
E qui Enzo Marino fa una scommessa veramente coraggiosa. La tradizione classica dell’arte si è dipanata, pressoché interamente, attorno alla ricerca della strumentazione, più efficace, per rendere la percezione della consistenza, della massa, della profondità, della volumetria, sul piano, cioè, su come riuscire a dare l’impressione delle tre dimensioni, utilizzandone due. Enzo Marino tenta la sfida inversa, quella di usare la materia solida per evocare puramente un’idea che è prima di tutto segno, immagine. Insomma, utilizza un dispositivo a tre dimensioni per richiamare la realtà di una rappresentazione a cui ne basterebbero in fondo soltanto due.
Per questo, oggi, l’artista realizza manufatti e li propone come “writing”, fabbrica sculture e ce le presenta come graffiti. E’ la sua tag attuale. E’ un gioco, certo, ma può avere un profondissimo significato. Marino sa bene che il graffito oggi non è più riposto negli anfratti rituali, l’artista è consapevole che non è più una presenza parietale “segreta” sacralizzata nel buio di una grotta. Il graffito è da tempo uscito fuori dalla caverna. Si é definitivamente secolarizzato, ed oggi é pienamente dislocato sul terreno globale di un dialogo col mondo.
I “Graffi sull’Eden” sono, certamente, percorsi di un’arte “antropologica” (10), come l’avrebbe definita il compianto Josef Beuys, di un’arte, cioè, che mostra integralmente la sua cifra, la sua fibra di tela iuta “naturale”, la sua vocazione botanica, che dialoga, cioè, con le infinite manifestazioni di un’espressività biologica, che interagisce con una selvatichezza o una “coltura”, che non ha nulla da invidiare (anche perché è per molti aspetti la stessa cosa) alla “cultura”,nel senso spesso goffamente paludato che attribuiamo al concetto. Ma i graffi sull’eden sono anche le tracce che lasciamo su quell’autentico paradiso che accoglie il nostro vissuto, sull’eden della nostra contemporaneità, sul nostro mondo...” (Luigi Caramiello – dal catalogo)
16
maggio 2004
Enzo Marino – Graffi sull’Eden
Dal 16 al 23 maggio 2004
arte contemporanea
Location
ORTO BOTANICO
Napoli, Via Foria, 223, (Napoli)
Napoli, Via Foria, 223, (Napoli)
Orario di apertura
ore 9 - 13
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