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Erik Ortelli / Mauro Martini
Inaugurazione delle installazioni dei due artisti.
Comunicato stampa
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Li presenta un anno fa un’amica comune. Due artisti, due storie, due approcci creativi che insieme catturano la materia e la sublimano in luce. Mauro Martini ed Erik Ferrari Ortelli, la casualità d’un incrocio che non è forza centrifuga, ma tensione a potenziare l’opera e scoprirne nuovi accessi. E’ così che Martini invita Ortelli a partecipare al suo vernissage con opere proprie: “Un gesto di rara generosità per un artista-conferma Ortelli-Da qui la collaborazione: ciascuno mette le sue idee e cresce nel confronto con materiali differenti”. Comincia dipingendo con la luce alcune opere di Martini, poi l’intesa potente e naturalissima che li porta a produrre insieme l’allestimento. Creatività esplosiva e creatività concreta e progettuale, Martini e Ortelli, l’anima bifronte, la materia decantata fino all’innocenza e la luce perenne nel valore assoluto.
Mauro Martini
Arriva dalle conflittualità, schemi e luoghi comuni di quel mondo borghese che lo cresciuto. Il padre titolare di una ditta di import-export e lui che ci finisce dentro a produrre sopra le righe in lettura trasversale. Ha le intuizioni giuste per vendere, idee buttate lì che crescono come funghi. E progetti, in divenire, a volare alto. Non gli basta, cambia marcia e crea giocattoli: suo è il brevetto del calcio biliardo. Non basta ancora, dopo gli anni dedicati alla famiglia e all’urgenza del quotidiano, asseconda quel bisogno assoluto di creare.
Autodidatta, dipinge con l’immediatezza di un istinto primordiale che s’addolcisce nei fermo-immagine rubati alla vita. Un lavoro febbrile che esplode nel suo studio umbro di Narni: un muro incrostato diventa la magnifica ossessione di Martini, che resta inchiodato lì per sei mesi e lo riproduce nelle sue linee da interpretarsi.
Un’operazione che ha la premessa nel continuo fotografare pareti incrostate di chiese umbre: “Per anni avevo progettato l’astratto in assoluto e quei muri diventavano un pretesto formidabile. Ne proiettavo le diapositive per individuarne le linee cancellate dal tempo. Ne rigalleggiava la loro storia che prendeva corpo in quel preciso contesto sacro.”
Eclettico, Martini si libera da ogni inquadramento riduttivo e segue un percorso dove il flusso della sperimentazione e la creatività si confrontano materiali e oggetti di scarto già usati dalle avanguardie d’inizio ‘900, dai futuristi, da Ricasso e Duchamp. Non violenta la materia,ma ne esalta il valore estetico e formale
Dal 1980 Martini sviluppa l’ attività artistica su un duplice percorso: intercettare con le sue performance il grande pubblico della strada e sviluppare tecniche che non le limitino l’espressione.
Emblematica l’esperienza a Tunisi, 1989-90: “Fui invitato con altri artisti dal Ministro della cultura. Giravamo le piazze e facevamo dipingere i ragazzi. Nessuno che disegnasse un cammello, solo volti del Presidente sovrastati dalla mezzaluna”.
A Siviglia, “avevamo a disposizione uno splendido patio dove realizzare le nostre opere e la sera eravamo ospiti della rete nazionale. Alla partenza abbiano regalato tutto alla città che con quei pezzi s’è allestita un piccolo museo d’arte contemporanea”.
Durante il soggiorno a Parigi, invece, per la settimana della cultura, con belgi, francesi, italiani, tunisini e caraibici, è andato in giro a dipingere con colori atossici sui volti delle persone che incontrava. “Dal Presidente Chirac, alla partenza, ho ricevuto una medaglia-riconoscimento per le idee, e tutt’ora amici francesi mi chiedono consigli su allestimenti originali”. Ha tenuto corsi di creatività all’Istituto Trucco, “abbiamo realizzato un cartone animato e costruito 20 metri di città con le carte del computer”, e fa spesso il consulente d’azienda.
Nessun argine alla sua tensione creativa che prende per i boschi dell’anima e schizza dipinti nelle pause. Immagazzina immagini e le scarica a memoria.
Tracce della performance di Siviglia sono apparse sulla tela due anni dopo.
Poi le improvvisazioni che interrompono il pensiero quotidiano e trasferiscono l’attenzione sullo spazio che lo circonda, “come la barca di 35 metri allestita in Salta delle Battistine.” Estrema semplicità della realizzazione che arriva da una conoscenza intima della materia, dalla trasformazione immediata che non trascende negli artifizi della realizzazione. “Mi piace dipingere sui muri e ne ho ricostruiti a decine con i mattoni finti dei fiorai”.
La casa-galleria di Via Zara sintetizza l’ eclettismo esplosivo che s’anima nei girotondi delle lattine in omaggio a Matisse, nelle elaborazioni della rete a creare sagome umane o figure buffe e spaventose: “Puoi srotolare una bobina di rete e lavorarla per centinaia di metri”.
Sta qui la forza di un work in progress costante che si misura e sfida la materia alla ricerca del moto perpetuo e di opere che vivano giorno e notte. Ecco il Terminal computer, installazioni con l’hardware dimesso dei computer , schede madri e parti metalliche a proiettare con i led di Ortelli una Manhattan esponenziale. Restano le ultime sperimentazioni pittoriche, colori che una luce speciale illumini anche la notte. Arte-metafora di se stessa e della vita: un diario dell’arte moderna e contemporanea, idee balenate, flussi operativi e irrigidimenti di fronte all’irrefrenabilità del progetto.
Erik Ferrari Ortelli
Nella vita cura la grafica artistica progettuale per lo Studio di Architettura Morasso, ma la sua storia d’artista arriva da lontano, decanta e matura nei labirinti a latere di un vissuto non comune. Zii scultori, fin da bambino ha bazzicato laboratori, ha respirato e annusato materia in divenire. Gioca con plastilina e pennelli, mescola, schizza, sbozza. Nessuno studio specifico, solo una tendenza naturale che si esprime con facilità e ha l’urgenza di farlo.
La vita lo porta in Africa Orientale dove resta fino al 1986, lavora prima nel settore edile poi nel turismo, organizzando safari e villaggi turistico. Sedici anni di forme e colori che s’incollano agli occhi, un materiale eterogeneo che lo scava come un fiume carsico.
Poi l’altro lungo soggiorno negli Emirati Arabi, a Dubai. E’ qui che nei sette anni di permanenza libera l’anima e raccoglie le intuizioni. Apre un laboratorio artistico di luce e comincia a realizzare sculture usando sorgenti luminose all’avanguardia come led e fibre ottiche.
“Gli Emirati Arabi apprezzano e mi consentono di creare facilmente installazioni luminose”. Il designer appassionato di fotografia e affascinato dalla luce allestisce per la Municipalità di Dubai sculture luminose e “percorsi magici” per gli annuali Shopping Festival e ha “acceso il Bustan Palace Hotel a Muskat, Sultanato dell’Oman.
Tornato a Genova, per lo Studio Morasso, fra il 2000 e il 2004, realizza gli arredi luminosi per il Mazda Palace e il Multiplex, per l’Università di Genova, l’Ospedale San Martino e la Baglietto di Varazze.
Tra il 93 e il 2003 ha ideato “lampade di compagnia” pubblicate dalla rivista “Abitare”.
Dal ’99 concentra il suo interesse espressivo sulla pittura. Sceglie l’acquarello che gli consente di rappresentare momenti e aspetti sensibili del paesaggio, soprattutto marine, nella consapevolezza kleeiana che il quadro non deve deificare la realtà, ma il suo divenire.
Disegna il mare sopra e sotto, lo appassiona la natura e il dipingere en plan air. Nessun mimetismo realistico, solo limpide e filtrate suggestioni individuando in colore e luce i registri formali che fanno la cultura figurativa.
Ma continua ad evolvere i suoi progetti di sculture luminose. Il led come tramite della sua arte lo affascina da subito. Impara a conoscerlo quando non era ancora sul mercato: “I miei primi led li ho avuti da industrie dell’ex Berlino Est che li producevano per l’esercito sovietico. Mi consentivano di disporre di una sorgente luminosa da inserire nei materiali occupando pochissimo spazio. Senza contare che sono luce fredda, hanno un consumo irrisorio e permettono alle mie opere di restare accese dal giorno in cui nascono”.
Ortelli ha esposto in prestigiose collettive, ma la sua prima personale è stata nel 2003 all’Associazione Culturale Satura, e in seguito a Noli.
Tra le realizzazioni recenti ci sono gli arredi, con duecentoquaranta opere, dell’Hotel San Biagio a Genova, della sede di Telecittà e degli Uffici Coopsette Srl, sempre a Genova.
Lo scorso anno l’incontro con Martini e le creazioni a quattro mani: “Ho cominciato a dipingere con la luce le sue opere, da lì a produrre insieme il passo è stato breve.” Alla prorompente creatività di Martini si abbina la conoscenza tecnica: “Le nostre opere sono cresciute con l’apporto reciproco. C’è la ricerca sul materiale capace di emettere e riflettere luce, gliene propongo di nuovi e lui li assembla”. L’esigenza del creare materializzata tra mani e testa.
Giovedì 8 novembre, ore 19, Casa Galleria di via Zara 23/1, vernissage delle installazioni Night&Day di Mauro Martini e Erik Ferrari Ortelli. Orari di visita solo su prenotazione ai numeri 335-6827149 329-9373311.
Mauro Martini
Arriva dalle conflittualità, schemi e luoghi comuni di quel mondo borghese che lo cresciuto. Il padre titolare di una ditta di import-export e lui che ci finisce dentro a produrre sopra le righe in lettura trasversale. Ha le intuizioni giuste per vendere, idee buttate lì che crescono come funghi. E progetti, in divenire, a volare alto. Non gli basta, cambia marcia e crea giocattoli: suo è il brevetto del calcio biliardo. Non basta ancora, dopo gli anni dedicati alla famiglia e all’urgenza del quotidiano, asseconda quel bisogno assoluto di creare.
Autodidatta, dipinge con l’immediatezza di un istinto primordiale che s’addolcisce nei fermo-immagine rubati alla vita. Un lavoro febbrile che esplode nel suo studio umbro di Narni: un muro incrostato diventa la magnifica ossessione di Martini, che resta inchiodato lì per sei mesi e lo riproduce nelle sue linee da interpretarsi.
Un’operazione che ha la premessa nel continuo fotografare pareti incrostate di chiese umbre: “Per anni avevo progettato l’astratto in assoluto e quei muri diventavano un pretesto formidabile. Ne proiettavo le diapositive per individuarne le linee cancellate dal tempo. Ne rigalleggiava la loro storia che prendeva corpo in quel preciso contesto sacro.”
Eclettico, Martini si libera da ogni inquadramento riduttivo e segue un percorso dove il flusso della sperimentazione e la creatività si confrontano materiali e oggetti di scarto già usati dalle avanguardie d’inizio ‘900, dai futuristi, da Ricasso e Duchamp. Non violenta la materia,ma ne esalta il valore estetico e formale
Dal 1980 Martini sviluppa l’ attività artistica su un duplice percorso: intercettare con le sue performance il grande pubblico della strada e sviluppare tecniche che non le limitino l’espressione.
Emblematica l’esperienza a Tunisi, 1989-90: “Fui invitato con altri artisti dal Ministro della cultura. Giravamo le piazze e facevamo dipingere i ragazzi. Nessuno che disegnasse un cammello, solo volti del Presidente sovrastati dalla mezzaluna”.
A Siviglia, “avevamo a disposizione uno splendido patio dove realizzare le nostre opere e la sera eravamo ospiti della rete nazionale. Alla partenza abbiano regalato tutto alla città che con quei pezzi s’è allestita un piccolo museo d’arte contemporanea”.
Durante il soggiorno a Parigi, invece, per la settimana della cultura, con belgi, francesi, italiani, tunisini e caraibici, è andato in giro a dipingere con colori atossici sui volti delle persone che incontrava. “Dal Presidente Chirac, alla partenza, ho ricevuto una medaglia-riconoscimento per le idee, e tutt’ora amici francesi mi chiedono consigli su allestimenti originali”. Ha tenuto corsi di creatività all’Istituto Trucco, “abbiamo realizzato un cartone animato e costruito 20 metri di città con le carte del computer”, e fa spesso il consulente d’azienda.
Nessun argine alla sua tensione creativa che prende per i boschi dell’anima e schizza dipinti nelle pause. Immagazzina immagini e le scarica a memoria.
Tracce della performance di Siviglia sono apparse sulla tela due anni dopo.
Poi le improvvisazioni che interrompono il pensiero quotidiano e trasferiscono l’attenzione sullo spazio che lo circonda, “come la barca di 35 metri allestita in Salta delle Battistine.” Estrema semplicità della realizzazione che arriva da una conoscenza intima della materia, dalla trasformazione immediata che non trascende negli artifizi della realizzazione. “Mi piace dipingere sui muri e ne ho ricostruiti a decine con i mattoni finti dei fiorai”.
La casa-galleria di Via Zara sintetizza l’ eclettismo esplosivo che s’anima nei girotondi delle lattine in omaggio a Matisse, nelle elaborazioni della rete a creare sagome umane o figure buffe e spaventose: “Puoi srotolare una bobina di rete e lavorarla per centinaia di metri”.
Sta qui la forza di un work in progress costante che si misura e sfida la materia alla ricerca del moto perpetuo e di opere che vivano giorno e notte. Ecco il Terminal computer, installazioni con l’hardware dimesso dei computer , schede madri e parti metalliche a proiettare con i led di Ortelli una Manhattan esponenziale. Restano le ultime sperimentazioni pittoriche, colori che una luce speciale illumini anche la notte. Arte-metafora di se stessa e della vita: un diario dell’arte moderna e contemporanea, idee balenate, flussi operativi e irrigidimenti di fronte all’irrefrenabilità del progetto.
Erik Ferrari Ortelli
Nella vita cura la grafica artistica progettuale per lo Studio di Architettura Morasso, ma la sua storia d’artista arriva da lontano, decanta e matura nei labirinti a latere di un vissuto non comune. Zii scultori, fin da bambino ha bazzicato laboratori, ha respirato e annusato materia in divenire. Gioca con plastilina e pennelli, mescola, schizza, sbozza. Nessuno studio specifico, solo una tendenza naturale che si esprime con facilità e ha l’urgenza di farlo.
La vita lo porta in Africa Orientale dove resta fino al 1986, lavora prima nel settore edile poi nel turismo, organizzando safari e villaggi turistico. Sedici anni di forme e colori che s’incollano agli occhi, un materiale eterogeneo che lo scava come un fiume carsico.
Poi l’altro lungo soggiorno negli Emirati Arabi, a Dubai. E’ qui che nei sette anni di permanenza libera l’anima e raccoglie le intuizioni. Apre un laboratorio artistico di luce e comincia a realizzare sculture usando sorgenti luminose all’avanguardia come led e fibre ottiche.
“Gli Emirati Arabi apprezzano e mi consentono di creare facilmente installazioni luminose”. Il designer appassionato di fotografia e affascinato dalla luce allestisce per la Municipalità di Dubai sculture luminose e “percorsi magici” per gli annuali Shopping Festival e ha “acceso il Bustan Palace Hotel a Muskat, Sultanato dell’Oman.
Tornato a Genova, per lo Studio Morasso, fra il 2000 e il 2004, realizza gli arredi luminosi per il Mazda Palace e il Multiplex, per l’Università di Genova, l’Ospedale San Martino e la Baglietto di Varazze.
Tra il 93 e il 2003 ha ideato “lampade di compagnia” pubblicate dalla rivista “Abitare”.
Dal ’99 concentra il suo interesse espressivo sulla pittura. Sceglie l’acquarello che gli consente di rappresentare momenti e aspetti sensibili del paesaggio, soprattutto marine, nella consapevolezza kleeiana che il quadro non deve deificare la realtà, ma il suo divenire.
Disegna il mare sopra e sotto, lo appassiona la natura e il dipingere en plan air. Nessun mimetismo realistico, solo limpide e filtrate suggestioni individuando in colore e luce i registri formali che fanno la cultura figurativa.
Ma continua ad evolvere i suoi progetti di sculture luminose. Il led come tramite della sua arte lo affascina da subito. Impara a conoscerlo quando non era ancora sul mercato: “I miei primi led li ho avuti da industrie dell’ex Berlino Est che li producevano per l’esercito sovietico. Mi consentivano di disporre di una sorgente luminosa da inserire nei materiali occupando pochissimo spazio. Senza contare che sono luce fredda, hanno un consumo irrisorio e permettono alle mie opere di restare accese dal giorno in cui nascono”.
Ortelli ha esposto in prestigiose collettive, ma la sua prima personale è stata nel 2003 all’Associazione Culturale Satura, e in seguito a Noli.
Tra le realizzazioni recenti ci sono gli arredi, con duecentoquaranta opere, dell’Hotel San Biagio a Genova, della sede di Telecittà e degli Uffici Coopsette Srl, sempre a Genova.
Lo scorso anno l’incontro con Martini e le creazioni a quattro mani: “Ho cominciato a dipingere con la luce le sue opere, da lì a produrre insieme il passo è stato breve.” Alla prorompente creatività di Martini si abbina la conoscenza tecnica: “Le nostre opere sono cresciute con l’apporto reciproco. C’è la ricerca sul materiale capace di emettere e riflettere luce, gliene propongo di nuovi e lui li assembla”. L’esigenza del creare materializzata tra mani e testa.
Giovedì 8 novembre, ore 19, Casa Galleria di via Zara 23/1, vernissage delle installazioni Night&Day di Mauro Martini e Erik Ferrari Ortelli. Orari di visita solo su prenotazione ai numeri 335-6827149 329-9373311.
08
novembre 2007
Erik Ortelli / Mauro Martini
Dall'otto al 15 novembre 2007
arte contemporanea
presentazione
presentazione
Location
CASA GALLERIA
Genova, Via Zara, 23/1, (Genova)
Genova, Via Zara, 23/1, (Genova)
Orario di apertura
su prenotazione telefonica: tel. 3356827149 oppure 3299373311
Vernissage
8 Novembre 2007, ore 19
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