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Essentia
La mostra, promossa dal comune di Tarcento, vuole porre in evidenza le categorie più significative che sottostanno alle ricerche e ai contenuti di ciascuno, per scoprire, infine, la “verità comune” che unisce ogni percorso artistico nelle forme della poesia e propone le opere di 4 artisti contemporanei: Silvia Braida (Installazione), Ugo Gangheri (Pittura su sacco), Gigi Murello (Pittura), Eleonora Oleotto (Fotografia).
Comunicato stampa
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Essentia è l’elemento aggiunto da Aristotele ai quattro tradizionali: la terra, l’acqua, l’aria e il fuoco. Ebbe fin dalle origini una posizione di preminenza rispetto agli altri in quanto principio più profondo di ogni realtà, costituente universale e motivo specifico dell’individualità.
Queste caratteristiche determinano il significato comune di quint-Essentia, che dà il titolo all’esposizione delle opere d’arte contemporanea di Silvia Braida, Ugo Gangheri, Gigi Murello, Eleonora Oleotto.
Il concept della Mostra vuole porre in evidenza le categorie più significative che sottostanno alle ricerche e ai contenuti di ciascuno, per scoprire, infine, la “verità comune” che unisce ogni percorso artistico nelle forme della poesia.
Per Silvia Braida ogni opera “è e non può non essere” la relazione consapevole con la propria creatività, che spesso si declina nella presenza/assenza di alcune figure significative, di alcuni elementi simbolici, di alcune trame e materie che necessitano della distanza per farsi presenze nella visione.
Antiche scatole di legno sono chiamate a contenere queste testimonianze date per sovrapposizione di oggetti, idee ed immagini, oltre le sapienti velature e alcune cuciture fragili.
Diversi tipi di stampa vengono utilizzati: dalla tradizionale incisione, alla callitipia e ad altre tecniche sperimentali che costantemente l’artista modifica e personalizza. Cassetti/scultura costituiscono l’archivio di istanti esistenziali che si ripresentano, per dire ancora e ancora qual è il senso e la ragione dell’esistenza umana. Nelle materialità femminili essa è luogo della vita che apre al superamento del presente e che, dalla radice, offre ali e scrive versi. Le composizioni meditate di questi archivi mobili acquistano carattere installativo in cui ciascuna opera, pur mantenendo intatta la propria individualità, potenzia il peso poetico nel dialogo corale d’insieme.
Cecelia Ahern ricorda a Ugo Gangheri che è necessario scartare cose per trovare la materia che meglio si presta al proprio sentire. La trama di vecchi sacchi industriali, sottoposta a detessitura, gli consente di sconfinare oltre il visibile. Trafori e composizioni sapienti dichiarano quanto l’Oltre e l’Alto rappresentino i suoi punti di ri-ferimento.
Lo sguardo si eleva nella sacralità delle forme e nelle ferite orizzontali suturate. La carica simbolica di antichi dei primordiali, nell’immobilità rituale, annuncia valori inalienabili.
La bellezza di certe tinte inedite, in dialogo con la ruvida evidenza della materia trova, nel contrasto e nell’opposizione, le vie dell’armonia, del dialogo poetico che sempre rinnova la lettura. Il risultato, astratto e figurativo, è leggibile e oscuro allo stesso tempo; è la conseguenza di un processo costruttivo elaborato, la cui percezione che ne consegue è sempre lenta. Nelle opere si annida una morfologia invisibile che è la parte integrante più significativa del lavoro.
Essa va pazientemente cercata. Trovarla è emozione pura, canto opaco di luce palpitante.
L’ Essentia di Gigi Murello è difficilmente distinguibile dall'accidentalità che caratterizza ogni sua ricerca. Tutto è rivelazione ed epifania.
Ogni soggetto si fa “verso poetico” ed è subito protagonista. Ogni tempo distilla un concentrato di verità materica che lo interessa.
La sua è arte irriverente, costruita attraverso un meccanismo complesso che procede per aggiunte e sottrazioni.
Per questo le opere di Gigi Murello non sono immediatamente decrittabili.
L’accumulo non coinvolge solo il colore, i segni e le forme ma anche l’assemblaggio di luoghi distanti, ricoperti da strati enigmatici, in un ambiente astratto. Non possiamo leggerlo semplicemente osservando la sua superficie. Gli elementi sedimentati e solo parzialmente affioranti rivelano il caos primordiale, contrassegnato da micro rilievi che si muovono, quasi ritmicamente, creando dal nulla percettibili screziature, calligrafie ignote. L’artista agisce in maniera erratica, imprevedibile, priva di impianto programmatico compositivo. Esso va precisandosi via via, in itinere, con il convergere della grammatica formale su verità altrimenti occulte. La matrice intuitiva ed emozionale rappresenta l’ultimo effetto del magma interiore che si placa e si espone.
L’Installazione di Eleonora Oleotto si annida entro il nitore e la pulizia formale di un ottagono, in cui dialogano sette opere fotografiche tra tessuti, parole e anche musiche, magistralmente composte da Claudio Pacagnan per il progetto. Lo spazio dell’opera suggerisce l’idea di un potenziale utero/mondo. Sigillate in questa realtà le facoltà poetiche dialogano corpo a corpo, se così si può dire.
La scala cromatica è parte integrante fondamentale. Tinte tenui e toni delicati accentuano gli effetti di trasparenza ombrosa e connessione, che testimoniano il desiderio di rappresentare l’energia essenziale del luogo. Esso attutisce la temperie emotiva del processo creativo.
La necessaria relazione con una natura-paterna, che si eleva nel tronco condividendone il vissuto, innesca il gioco sottile e seduttivo che irretisce l’osservatore. Egli penetra all’interno dell’Installazione come all’interno della poetica latente dell’artista.
Essa è una. Ci rivelano le parole.
Essa è molteplice nelle diverse sintesi. Ci rivelano le immagini fluttuanti.
La drammaturgia compenetra l’artista e la natura nelle loro diverse forme e rivela la vicenda annunciata: l’essenziale appartenenza dell’uomo contemporaneo alla Natura/Cultura dell’oggi.
Le parti del corpo, le mani, il busto, le braccia si dissolvono e si frammentano nei rami, nella corteccia, nelle gocce di pece, nei verdi dei licheni, ripristinando l’incontro esistenziale, fecondando il vuoto. Tra l’uno e l’altra si è consumato l’evento, si è prodotto un linguaggio possibile, qualcosa di così inafferrabile da resistere a ogni forma di silenzio e alla troppa luce.
Queste caratteristiche determinano il significato comune di quint-Essentia, che dà il titolo all’esposizione delle opere d’arte contemporanea di Silvia Braida, Ugo Gangheri, Gigi Murello, Eleonora Oleotto.
Il concept della Mostra vuole porre in evidenza le categorie più significative che sottostanno alle ricerche e ai contenuti di ciascuno, per scoprire, infine, la “verità comune” che unisce ogni percorso artistico nelle forme della poesia.
Per Silvia Braida ogni opera “è e non può non essere” la relazione consapevole con la propria creatività, che spesso si declina nella presenza/assenza di alcune figure significative, di alcuni elementi simbolici, di alcune trame e materie che necessitano della distanza per farsi presenze nella visione.
Antiche scatole di legno sono chiamate a contenere queste testimonianze date per sovrapposizione di oggetti, idee ed immagini, oltre le sapienti velature e alcune cuciture fragili.
Diversi tipi di stampa vengono utilizzati: dalla tradizionale incisione, alla callitipia e ad altre tecniche sperimentali che costantemente l’artista modifica e personalizza. Cassetti/scultura costituiscono l’archivio di istanti esistenziali che si ripresentano, per dire ancora e ancora qual è il senso e la ragione dell’esistenza umana. Nelle materialità femminili essa è luogo della vita che apre al superamento del presente e che, dalla radice, offre ali e scrive versi. Le composizioni meditate di questi archivi mobili acquistano carattere installativo in cui ciascuna opera, pur mantenendo intatta la propria individualità, potenzia il peso poetico nel dialogo corale d’insieme.
Cecelia Ahern ricorda a Ugo Gangheri che è necessario scartare cose per trovare la materia che meglio si presta al proprio sentire. La trama di vecchi sacchi industriali, sottoposta a detessitura, gli consente di sconfinare oltre il visibile. Trafori e composizioni sapienti dichiarano quanto l’Oltre e l’Alto rappresentino i suoi punti di ri-ferimento.
Lo sguardo si eleva nella sacralità delle forme e nelle ferite orizzontali suturate. La carica simbolica di antichi dei primordiali, nell’immobilità rituale, annuncia valori inalienabili.
La bellezza di certe tinte inedite, in dialogo con la ruvida evidenza della materia trova, nel contrasto e nell’opposizione, le vie dell’armonia, del dialogo poetico che sempre rinnova la lettura. Il risultato, astratto e figurativo, è leggibile e oscuro allo stesso tempo; è la conseguenza di un processo costruttivo elaborato, la cui percezione che ne consegue è sempre lenta. Nelle opere si annida una morfologia invisibile che è la parte integrante più significativa del lavoro.
Essa va pazientemente cercata. Trovarla è emozione pura, canto opaco di luce palpitante.
L’ Essentia di Gigi Murello è difficilmente distinguibile dall'accidentalità che caratterizza ogni sua ricerca. Tutto è rivelazione ed epifania.
Ogni soggetto si fa “verso poetico” ed è subito protagonista. Ogni tempo distilla un concentrato di verità materica che lo interessa.
La sua è arte irriverente, costruita attraverso un meccanismo complesso che procede per aggiunte e sottrazioni.
Per questo le opere di Gigi Murello non sono immediatamente decrittabili.
L’accumulo non coinvolge solo il colore, i segni e le forme ma anche l’assemblaggio di luoghi distanti, ricoperti da strati enigmatici, in un ambiente astratto. Non possiamo leggerlo semplicemente osservando la sua superficie. Gli elementi sedimentati e solo parzialmente affioranti rivelano il caos primordiale, contrassegnato da micro rilievi che si muovono, quasi ritmicamente, creando dal nulla percettibili screziature, calligrafie ignote. L’artista agisce in maniera erratica, imprevedibile, priva di impianto programmatico compositivo. Esso va precisandosi via via, in itinere, con il convergere della grammatica formale su verità altrimenti occulte. La matrice intuitiva ed emozionale rappresenta l’ultimo effetto del magma interiore che si placa e si espone.
L’Installazione di Eleonora Oleotto si annida entro il nitore e la pulizia formale di un ottagono, in cui dialogano sette opere fotografiche tra tessuti, parole e anche musiche, magistralmente composte da Claudio Pacagnan per il progetto. Lo spazio dell’opera suggerisce l’idea di un potenziale utero/mondo. Sigillate in questa realtà le facoltà poetiche dialogano corpo a corpo, se così si può dire.
La scala cromatica è parte integrante fondamentale. Tinte tenui e toni delicati accentuano gli effetti di trasparenza ombrosa e connessione, che testimoniano il desiderio di rappresentare l’energia essenziale del luogo. Esso attutisce la temperie emotiva del processo creativo.
La necessaria relazione con una natura-paterna, che si eleva nel tronco condividendone il vissuto, innesca il gioco sottile e seduttivo che irretisce l’osservatore. Egli penetra all’interno dell’Installazione come all’interno della poetica latente dell’artista.
Essa è una. Ci rivelano le parole.
Essa è molteplice nelle diverse sintesi. Ci rivelano le immagini fluttuanti.
La drammaturgia compenetra l’artista e la natura nelle loro diverse forme e rivela la vicenda annunciata: l’essenziale appartenenza dell’uomo contemporaneo alla Natura/Cultura dell’oggi.
Le parti del corpo, le mani, il busto, le braccia si dissolvono e si frammentano nei rami, nella corteccia, nelle gocce di pece, nei verdi dei licheni, ripristinando l’incontro esistenziale, fecondando il vuoto. Tra l’uno e l’altra si è consumato l’evento, si è prodotto un linguaggio possibile, qualcosa di così inafferrabile da resistere a ogni forma di silenzio e alla troppa luce.
21
ottobre 2017
Essentia
Dal 21 ottobre al 19 novembre 2017
arte contemporanea
Location
PALAZZO FRANGIPANE
Tarcento, Via Cornelio Frangipane, (Udine)
Tarcento, Via Cornelio Frangipane, (Udine)
Orario di apertura
Sabato/Domenica 10.00 - 12.30 15,30 - 18.30
Vernissage
21 Ottobre 2017, h 18
Autore
Curatore