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Estetica_tecnologica
L’intento è quello di analizzare il rapporto fra estetica e tecnologia che ha attraversato tutta la storia dell’arte negli ultimi due secoli, il confronto fra l’aspetto tecnico e quello immaginativo dell’arte, fra l’ideale della forma e la necessità della struttura, l’unicità del modello e la sua riproducibilità tecnica.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Sabato 28 marzo 2009 la Galleria Colossi Arte Contemporanea rinnova l'appuntamento annuale con il suo pubblico, inaugurando la grande esposizione ESTETICA_TECNOLOGICA presso la splendida cornice di Villa Mazzotti, ampio spazio pubblico alle porte di Brescia che ad ogni primavera il Comune di Chiari apre all'arte contemporanea.
Fin dal titolo della mostra, dedicata all'opera di quattro artisti di fama internazionale – Franco Angeloni, Eros Bonamini, Maurizio Galimberti e Adolfo Lugli – l'intento è quello di analizzare il rapporto fra estetica e tecnologia che ha attraversato tutta la storia dell'arte negli ultimi due secoli, il confronto fra l'aspetto tecnico e quello immaginativo dell'arte, fra l'ideale della forma e la necessità della struttura, l'unicità del modello e la sua riproducibilità tecnica.
Cosa accade quando, con l'avanzare dei processi scientifici e tecnici, l'arte stringe patti col demone tecnologico, accogliendo le sue lusinghe meccaniche, travestendosi con le sue maschere elettroniche, parlando i suoi linguaggi telematici? E di conseguenza anche le nostre facoltà immaginative, il nostro senso estetico, sempre più spesso accolgono e necessitano di protesi tecnologiche, prolungamenti elettronici per leggere il mondo e l'arte che nella realtà nasce, agisce e s'immerge, anche quando pare rifiutarla?
Il problema scoppiò negli anni Sessanta e proseguì nel decennio successivo, coinvolgendo critici, filosofi e storici, pubblico e artisti. C'è stato chi ha parlato di morte dell'arte, evidenziando il pericolo dell'assorbimento onnivoro della creazione artistica da parte della tecnica. C'è stato chi ha provato ad evidenziare i volti tecnologici di una nuova estetica.
L'estetica è tecnologica. O meglio, estetica_tecnologica, lasciando, grazie al segno grafico fra i due termini, l'ipotesi di un legame o forse di un conflitto mai completamente sedato e fino ad oggi fertile e forse salvifico, grazie al quale possiamo dire che l'arte, oggi, è ancora tale, grazie ad una libertà d'azione ed interpretazione della tecnologia conquistata a dura forza a partire dalle avanguardie storiche, passata attraverso Spazialismo e Movimento Nucleare, rafforzatasi con Situazionismo e Nouveau Réalisme, verificata nella Pop Art, agita nell'Arte Povera, declamata dalla Poesia Tecnologica, sperimentata con la Mec Art, progettata dalle utopie della contro-architettura tecnomorfa e radicale che intrecciarono con l'arte legami e scambi profondi...
É questa libertà l'eredità che, fra la metà degli anni Settanta e gli albori degli anni Novanta, custodiscono e rielaborano attraverso la loro ricerca Eros Bonamini, Adolfo Lugli, Maurizio Galimberti, Franco Angeloni: quattro artisti che, attraverso scelte espressive coerenti e lucidamente definite, hanno saputo portare avanti, fino ad oggi, l'affascinante nodo creativo fra estetica e tecnologia, arte e tecnica, a partire da una meditazione sul tempo del fare e sul significato della visione che, grazie ai cortocircuiti nati dal confronto delle loro opere, emerge e si inabissa senza soluzione di continuità, ma offrendo inediti spunti per un'analisi mai definitiva.
Nasce come procedimento e verifica l'opera di Eros Bonamini, artista concettuale veronese che, a partire dagli anni Settanta, avvia una riflessione sul concetto del tempo individuale e collettivo, il tempo del fare e del meditare, attraverso uno sforzo costante di analisi che si traduce in una ricerca di materiali ed in una sperimentazione tecnica mai fini a se stesse. Le sue opere, "Cronografie", sono scritture del tempo nello spazio fisico del supporto, cicatrici di un sofferto calcolo oggettivo attraverso il quale fissare la soggettività della percezione; la tecnologia si fa mezzo d'analisi per un risultato estetico che non può essere determinato a priori, ma risultante da un processo lento come il farsi di una lingua.
Il senso del processo, inteso come stratificazione di segni e significati, è alla base anche della ricerca artistica di Adolfo Lugli, destinata a sfociare in ben altra direzione formale ed estetica.
Avviata nel pieno degli anni Settanta, la ricerca di Lugli è testimonianza originale di quella crisi dei modelli che ha caratterizzato l'arte contemporanea di quel decennio, portando gli artisti ad
intraprendere nuove strade di ricerca e ad elaborare una visione estetica destinata ad approdare fino alle attuali generazioni. La scelta dell'artista modenese è racchiusa e verificata nel prelievo dalla storia dell'arte, vista come fucina di icone e messaggi da riattivare attraverso la collaborazione fra sistema culturale e sistema produttivo. Dunque le potenzialità insite nei materiali e negli strumenti della tecnologia sono già di per sè estetiche, il lavoro dell'artista è teso nel cercarne le giuste interazioni e i fertili equilibri. Il tempo si frammenta, s'insinua e scompare nell'opera di Maurizio Galimberti. Nel fotografo comasco le ricerche sul medium creativo per eccellenza destinato alla riproducibilità tecnica dell'arte, la fotografia, approdano alla scelta consapevole della polaroid. Arma a doppio taglio, divisa fra l'immediatezza del tempo dello scatto e dello sviluppo, l'unicità e l'irripetibilità del risultato, la polaroid nelle mani di Galimberti traduce lo scatto in ready made, per cui il soggetto scelto viene restituito alla sua idea, acquisisce una nuova potenzialità, rivendica il suo diritto alla metamorfosi della visione. Fra estetica e tecnologia, i "Ready Made" di Galimberti sono le creature di un mondo individuale dove l'artista è demiurgo, e insieme vittima, delle cose, esperimenti in vitro di una salvifica, diversa percezione del suo esserci.
Infine con Franco Angeloni, di origine romana ma d'adozione mondiale, in nome di quel nomadismo culturale che caratterizza le più attente generazioni artistiche attuali, la questione si traduce in una pluralità di linguaggi e forme espressivi destinati a rivendicare il valore dell'arte come medium simbolico contro la sua mercificazione nell'economia globale. Da queste premesse nasce il "Super Genetic Market", visualizzazione – sempre meno – paradossale delle attuali sperimentazioni e speculazioni genetiche. Incapsulati in eleganti giare di vetro, corredati di etichetta, i prodotti del "Super Genetic Market" sono i geni dell'identità, della sessualità, della personalità, delle fattezze dell'umanità, messi in vendita dall'artista sottoforma di soft drinks, di bevande energetiche da pagare alla cassa della biotecnologia.
Una critica sarcastica al futuro del mondo e l'approdo estremo del concetto di serialità e riproducibilità dell'opera d'arte, destinati a mettere in crisi non più, o meglio non solo, l'estetica dell'opera, ma il senso etico dell'uomo, attraverso l'esasperazione di una tecnologia che ancora oggi necessita dell'arte. E viceversa.
La mostra, nata da un progetto di Daniele e Antonella Colossi in collaborazione con Ilaria Bignotti per i testi critici in catalogo, presenta dunque un tema di grande attualità e di sicuro successo di pubblico e di critica. Un tema ad hoc anche per la sede espositiva di Villa Mazzotti che, per la sua storia ed i suoi ambienti, permetterà di suggerire inedite relazioni estetiche ed ulteriori livelli di lettura alle opere esposte e selezionate dalla Galleria Colossi Arte Contemporanea, una delle gallerie più attente alla ricerca storico-artistica, come dimostra ogni sua mostra, sempre d’alto livello scientifico oltrechè di grande impatto culturale.
Fin dal titolo della mostra, dedicata all'opera di quattro artisti di fama internazionale – Franco Angeloni, Eros Bonamini, Maurizio Galimberti e Adolfo Lugli – l'intento è quello di analizzare il rapporto fra estetica e tecnologia che ha attraversato tutta la storia dell'arte negli ultimi due secoli, il confronto fra l'aspetto tecnico e quello immaginativo dell'arte, fra l'ideale della forma e la necessità della struttura, l'unicità del modello e la sua riproducibilità tecnica.
Cosa accade quando, con l'avanzare dei processi scientifici e tecnici, l'arte stringe patti col demone tecnologico, accogliendo le sue lusinghe meccaniche, travestendosi con le sue maschere elettroniche, parlando i suoi linguaggi telematici? E di conseguenza anche le nostre facoltà immaginative, il nostro senso estetico, sempre più spesso accolgono e necessitano di protesi tecnologiche, prolungamenti elettronici per leggere il mondo e l'arte che nella realtà nasce, agisce e s'immerge, anche quando pare rifiutarla?
Il problema scoppiò negli anni Sessanta e proseguì nel decennio successivo, coinvolgendo critici, filosofi e storici, pubblico e artisti. C'è stato chi ha parlato di morte dell'arte, evidenziando il pericolo dell'assorbimento onnivoro della creazione artistica da parte della tecnica. C'è stato chi ha provato ad evidenziare i volti tecnologici di una nuova estetica.
L'estetica è tecnologica. O meglio, estetica_tecnologica, lasciando, grazie al segno grafico fra i due termini, l'ipotesi di un legame o forse di un conflitto mai completamente sedato e fino ad oggi fertile e forse salvifico, grazie al quale possiamo dire che l'arte, oggi, è ancora tale, grazie ad una libertà d'azione ed interpretazione della tecnologia conquistata a dura forza a partire dalle avanguardie storiche, passata attraverso Spazialismo e Movimento Nucleare, rafforzatasi con Situazionismo e Nouveau Réalisme, verificata nella Pop Art, agita nell'Arte Povera, declamata dalla Poesia Tecnologica, sperimentata con la Mec Art, progettata dalle utopie della contro-architettura tecnomorfa e radicale che intrecciarono con l'arte legami e scambi profondi...
É questa libertà l'eredità che, fra la metà degli anni Settanta e gli albori degli anni Novanta, custodiscono e rielaborano attraverso la loro ricerca Eros Bonamini, Adolfo Lugli, Maurizio Galimberti, Franco Angeloni: quattro artisti che, attraverso scelte espressive coerenti e lucidamente definite, hanno saputo portare avanti, fino ad oggi, l'affascinante nodo creativo fra estetica e tecnologia, arte e tecnica, a partire da una meditazione sul tempo del fare e sul significato della visione che, grazie ai cortocircuiti nati dal confronto delle loro opere, emerge e si inabissa senza soluzione di continuità, ma offrendo inediti spunti per un'analisi mai definitiva.
Nasce come procedimento e verifica l'opera di Eros Bonamini, artista concettuale veronese che, a partire dagli anni Settanta, avvia una riflessione sul concetto del tempo individuale e collettivo, il tempo del fare e del meditare, attraverso uno sforzo costante di analisi che si traduce in una ricerca di materiali ed in una sperimentazione tecnica mai fini a se stesse. Le sue opere, "Cronografie", sono scritture del tempo nello spazio fisico del supporto, cicatrici di un sofferto calcolo oggettivo attraverso il quale fissare la soggettività della percezione; la tecnologia si fa mezzo d'analisi per un risultato estetico che non può essere determinato a priori, ma risultante da un processo lento come il farsi di una lingua.
Il senso del processo, inteso come stratificazione di segni e significati, è alla base anche della ricerca artistica di Adolfo Lugli, destinata a sfociare in ben altra direzione formale ed estetica.
Avviata nel pieno degli anni Settanta, la ricerca di Lugli è testimonianza originale di quella crisi dei modelli che ha caratterizzato l'arte contemporanea di quel decennio, portando gli artisti ad
intraprendere nuove strade di ricerca e ad elaborare una visione estetica destinata ad approdare fino alle attuali generazioni. La scelta dell'artista modenese è racchiusa e verificata nel prelievo dalla storia dell'arte, vista come fucina di icone e messaggi da riattivare attraverso la collaborazione fra sistema culturale e sistema produttivo. Dunque le potenzialità insite nei materiali e negli strumenti della tecnologia sono già di per sè estetiche, il lavoro dell'artista è teso nel cercarne le giuste interazioni e i fertili equilibri. Il tempo si frammenta, s'insinua e scompare nell'opera di Maurizio Galimberti. Nel fotografo comasco le ricerche sul medium creativo per eccellenza destinato alla riproducibilità tecnica dell'arte, la fotografia, approdano alla scelta consapevole della polaroid. Arma a doppio taglio, divisa fra l'immediatezza del tempo dello scatto e dello sviluppo, l'unicità e l'irripetibilità del risultato, la polaroid nelle mani di Galimberti traduce lo scatto in ready made, per cui il soggetto scelto viene restituito alla sua idea, acquisisce una nuova potenzialità, rivendica il suo diritto alla metamorfosi della visione. Fra estetica e tecnologia, i "Ready Made" di Galimberti sono le creature di un mondo individuale dove l'artista è demiurgo, e insieme vittima, delle cose, esperimenti in vitro di una salvifica, diversa percezione del suo esserci.
Infine con Franco Angeloni, di origine romana ma d'adozione mondiale, in nome di quel nomadismo culturale che caratterizza le più attente generazioni artistiche attuali, la questione si traduce in una pluralità di linguaggi e forme espressivi destinati a rivendicare il valore dell'arte come medium simbolico contro la sua mercificazione nell'economia globale. Da queste premesse nasce il "Super Genetic Market", visualizzazione – sempre meno – paradossale delle attuali sperimentazioni e speculazioni genetiche. Incapsulati in eleganti giare di vetro, corredati di etichetta, i prodotti del "Super Genetic Market" sono i geni dell'identità, della sessualità, della personalità, delle fattezze dell'umanità, messi in vendita dall'artista sottoforma di soft drinks, di bevande energetiche da pagare alla cassa della biotecnologia.
Una critica sarcastica al futuro del mondo e l'approdo estremo del concetto di serialità e riproducibilità dell'opera d'arte, destinati a mettere in crisi non più, o meglio non solo, l'estetica dell'opera, ma il senso etico dell'uomo, attraverso l'esasperazione di una tecnologia che ancora oggi necessita dell'arte. E viceversa.
La mostra, nata da un progetto di Daniele e Antonella Colossi in collaborazione con Ilaria Bignotti per i testi critici in catalogo, presenta dunque un tema di grande attualità e di sicuro successo di pubblico e di critica. Un tema ad hoc anche per la sede espositiva di Villa Mazzotti che, per la sua storia ed i suoi ambienti, permetterà di suggerire inedite relazioni estetiche ed ulteriori livelli di lettura alle opere esposte e selezionate dalla Galleria Colossi Arte Contemporanea, una delle gallerie più attente alla ricerca storico-artistica, come dimostra ogni sua mostra, sempre d’alto livello scientifico oltrechè di grande impatto culturale.
28
marzo 2009
Estetica_tecnologica
Dal 28 marzo al 30 aprile 2009
arte contemporanea
Location
VILLA MAZZOTTI
Chiari, Viale Giuseppe Mazzini, (Brescia)
Chiari, Viale Giuseppe Mazzini, (Brescia)
Orario di apertura
Da mercoledì a venerdì: h. 15-19;
Sabato, Domenica e festivi: 10-12 e 15-19. Lunedì e martedì chiuso.
Vernissage
28 Marzo 2009, ore 16.30
Autore
Curatore