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Eterocromie
Le eterocromie sono gli spazi cromatici del bambino, i suoi sogni ad occhi aperti. E i tre artisti ritornano dunque a sognare, a leggere nelle visioni oniriche una soluzione visiva in grado di riformulare la società e di depurarla dalle brutture e dalle oscenità quotidiane
Comunicato stampa
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Eterocromie è un appuntamento con l’arte contemporanea, con i flussi cromatici del presente e con gli spazi della quotidianità. Proposta dall’Associazione Aequamente di Atripalda e patrocinata da una schiera di enti comunali, provinciali e regionali (Soprintendenza B.A.P.P.S.A.E. di Salerno ed Avellino, Regione Campania, Provincia di Avellino, Comune di Atripalda, Proloco di Atripalda, Accademia delle Belle Arti Napoli) Eterocromie, dimensioni cromatiche assolutamente altre, è una mostra – a cura di Antonello Tolve – che nasce dall’esigenza di combinare sotto uno stesso cielo estetico artisti di varia estrazione e natura. Paola De Gregorio, Pino de Silva, Costabile Guariglia: sono loro i tre “protagonisti” che rappresentano, da angolazioni estetiche decisamente differenti, alcuni dei territori eterocromatici dell’arte. Artisti che, attraverso la deformazione e l’alterazione cromatica del corpo, rettificano e ridefiniscono la realtà.
Scompaginando la dizione estetica della realtà quotidiana, i tre artisti in mostra stabiliscono un punto di transizione – volontaria o involontaria – da un gusto simbolico subumano ad un sapore artistico di chiara impostazione tecnologica in cui decadono e si metamorfosano, attraverso un principio di continuité, tutti i vecchi statuti formali. Sotto il segno dell’eterocromia, Paola De Gegorio, Pino de Silva e Costabile Guariglia sottolineano il momento trasformazionale del reale in disegno fantastico; in assunzione sostanziale della giurisdizione immaginifica, propria di ogni singolo artista, svincolata dai flussi esterni, dai luoghi di scorrimento ai quali si collazionano e si contrappongono, massicciamente, altri luoghi: «luoghi che», fa ricordare Foucault, «si oppongono a tutti gli altri e sono destinati a cancellarli, a compensarli, a neutralizzarli o a purificarli».
Le eterocromie sono contro-cromie raffiguranti il maquillage artistico che ricostruisce la realtà fornendo uno spazio altro dalla vita: e pur riconoscendo nel quotidiano l’incipit, il primus movens dal quale trarre le mosse, ogni operazione artistica si presenta come magia eterotopica ed eterocromatica.
Producendo una eterotopia i tre artisti – suggerisce Tolve – non creano uno spazio utopico – l’utopia, si sa, è qualcosa di irrealizzabile perché è l’annullamento totale del topos – piuttosto un luogo diverso (attraverso il quale si sganciano anche dal loro corpo, spietata topia) che è rintracciato in località abituali, quelle della vita quotidiana in cui l’uomo nel pensier si finge.
Le eterocromie sono dunque gli spazi cromatici del bambino, i suoi sogni ad occhi aperti. E questi artisti ritornano dunque a sognare, a leggere nelle visioni oniriche una soluzione visiva in grado di riformulare la società e di depurarla dalle brutture e dalle oscenità quotidiane. Sono artisti che rientrano, in egual misura, ma da punti di vista strettamente differenti, tra le linee di un impegno sociale. Sono artisti che ristabiliscono un legame con i giardini chiari dell’infanzia, con i luoghi “propri” dei quali si riappropriano per conquistare nuovamente un imprescindibile intervallo visivo; luoghi incontaminati e, nel contempo, – paradossalmente – contaminati dalla riflessione artistica e dall’elaborazione tecnica del loro prodotto.
Gli artisti vagano ora negli spazi civici cercando dei controspazi; spazi dei quali riappropriarsi per poter realizzare la propria fantasia. E la controspazialità prodotta da questi tre artisti, che si misurano con le nuove tecnologie o con procedimenti sperimentali legati al primo Novecento, avverte una trasformazione epocale. Fora il dato di fatto per mostrare nuove possibilità in cui tutto è possibile, ma sempre tramite un processo di camaleontismo interiore che agisce sul tessuto originario per proporre un nuovo sistema formale che trattiene, in un gioco di occultamenti e chiarificazioni psichiche, labili tracce del mondo originario. Un mondo filtrato dalla storia individuale dell’artista, dalla sua atavica curiosità e dalla sua luciferina volontà rigeneratrice».
Scompaginando la dizione estetica della realtà quotidiana, i tre artisti in mostra stabiliscono un punto di transizione – volontaria o involontaria – da un gusto simbolico subumano ad un sapore artistico di chiara impostazione tecnologica in cui decadono e si metamorfosano, attraverso un principio di continuité, tutti i vecchi statuti formali. Sotto il segno dell’eterocromia, Paola De Gegorio, Pino de Silva e Costabile Guariglia sottolineano il momento trasformazionale del reale in disegno fantastico; in assunzione sostanziale della giurisdizione immaginifica, propria di ogni singolo artista, svincolata dai flussi esterni, dai luoghi di scorrimento ai quali si collazionano e si contrappongono, massicciamente, altri luoghi: «luoghi che», fa ricordare Foucault, «si oppongono a tutti gli altri e sono destinati a cancellarli, a compensarli, a neutralizzarli o a purificarli».
Le eterocromie sono contro-cromie raffiguranti il maquillage artistico che ricostruisce la realtà fornendo uno spazio altro dalla vita: e pur riconoscendo nel quotidiano l’incipit, il primus movens dal quale trarre le mosse, ogni operazione artistica si presenta come magia eterotopica ed eterocromatica.
Producendo una eterotopia i tre artisti – suggerisce Tolve – non creano uno spazio utopico – l’utopia, si sa, è qualcosa di irrealizzabile perché è l’annullamento totale del topos – piuttosto un luogo diverso (attraverso il quale si sganciano anche dal loro corpo, spietata topia) che è rintracciato in località abituali, quelle della vita quotidiana in cui l’uomo nel pensier si finge.
Le eterocromie sono dunque gli spazi cromatici del bambino, i suoi sogni ad occhi aperti. E questi artisti ritornano dunque a sognare, a leggere nelle visioni oniriche una soluzione visiva in grado di riformulare la società e di depurarla dalle brutture e dalle oscenità quotidiane. Sono artisti che rientrano, in egual misura, ma da punti di vista strettamente differenti, tra le linee di un impegno sociale. Sono artisti che ristabiliscono un legame con i giardini chiari dell’infanzia, con i luoghi “propri” dei quali si riappropriano per conquistare nuovamente un imprescindibile intervallo visivo; luoghi incontaminati e, nel contempo, – paradossalmente – contaminati dalla riflessione artistica e dall’elaborazione tecnica del loro prodotto.
Gli artisti vagano ora negli spazi civici cercando dei controspazi; spazi dei quali riappropriarsi per poter realizzare la propria fantasia. E la controspazialità prodotta da questi tre artisti, che si misurano con le nuove tecnologie o con procedimenti sperimentali legati al primo Novecento, avverte una trasformazione epocale. Fora il dato di fatto per mostrare nuove possibilità in cui tutto è possibile, ma sempre tramite un processo di camaleontismo interiore che agisce sul tessuto originario per proporre un nuovo sistema formale che trattiene, in un gioco di occultamenti e chiarificazioni psichiche, labili tracce del mondo originario. Un mondo filtrato dalla storia individuale dell’artista, dalla sua atavica curiosità e dalla sua luciferina volontà rigeneratrice».
03
maggio 2008
Eterocromie
Dal 03 maggio al 03 giugno 2008
arte contemporanea
Location
EX DOGANA DEI GRANI
Atripalda, Piazza Umberto I, (Avellino)
Atripalda, Piazza Umberto I, (Avellino)
Autore
Curatore