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Ettore Fico – Gli anni del Mediterraneo
Saranno esposti, per la prima volta in un unico corpus,
lavori che hanno come tema predominante il Mediterraneo
e i ricorrenti viaggi dell’autore nella culla della nostra
antica civiltà.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
La Fondazione Ettore Fico, in collaborazione con la
Regione Piemonte, ha il piacere di presentare a Roma,
dopo molti anni di assenza dalla capitale, una mostra
personale dedicata al grande maestro piemontese.
Saranno esposti, per la prima volta in un unico corpus,
lavori che hanno come tema predominante il Mediterraneo
e i ricorrenti viaggi dell’autore nella culla della nostra
antica civiltà.
La vocazione mediterranea di Ettore Fico è testimoniata
da alcune serie tematiche ricorrenti all’interno della
sua immensa e variegata produzione artistica. A partire
dagli esordi, nel funesto teatro della Guerra Mondiale del
Maghreb nordafricano, il pittore comincia a dipingere con
toni terrosi e spenti una natura afosa, riarsa dal sole
cocente dell’estate. Contemporaneamente immortala in
un ciclo di ritratti i suoi commilitoni e alcuni ragazzini
autoctoni, cercando di fissare nei loro volti la stanchezza
e la malinconia di una stagione certamente non fortunata
per le sorti dell’umanità intera.
L’esperienza bellica risulterà comunque fondamentale
nell’elaborazione di una personale e meditata resa del
paesaggio, che viene esperita nella sua pienezza nel
lasso di tempo tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio
della decade successiva, allorché l’artista frequenta
assiduamente la costiera amalfitana e ne ritrae la rudezza
e le scabrosità morfologiche, non senza dimenticare di
trasporre alcuni vividi episodi di folklore locale. Inoltre,
l’artista delinea magistralmente i contorni del litorale
ligure, della Provenza e della Camargue, impiegando una
gamma coloristica più calda e suadente nel tentativo di
cogliere le atmosfere incantate dello scenario meridionale.
Nella sua palette stempera i colori accesi del sole
meridiano accecante avvicinando e contrapponendo i
toni più forti del rosso della terra, del verde degli alberi
e del blu del cielo e del mare. Tonalità care ai francesi del
‘900 che intersecavano di campiture squillanti e pure le
superfici delle tele trattate a gesso ruvido.
Matisse e Bonnard per primi, ma anche a tutta la
produzione picassiana post-cubista, la ricomposizione
dello spazio di Braque, come un certo informale alla
Mathieu o alla Vieira da Silva vengono evocati in queste
opere che, senza raggiungere mai l’aniconicità, tendono
comunque e inesorabilmente verso l’astrazione. Vietri,
Positano, San Remo, Algeri e Saint-Marie-de-la-Mer,
compongono il mosaico del peregrinare dell’artista che,
anno dopo anno, ha accumulato opere che rifulgono della
bellezza delle coste e risuonano come un canto alla vita
e alla bellezza. Ettore Fico nasce a Piatto Biellese nel 1917 e si trasferisce
a Torino nel 1933 dove si dedica fin da subito alla pittura,
grazie anche all’incontro con Luigi Serralunga che lo
spronò in tale senso avendone intuito le potenzialità
artistiche. Intrapresi gli studi presso l’Accademia Albertina
divenne ben presto pupillo del maestro e frequentò per
diversi anni il suo studio insieme ad altri giovani allievi
quali Filippo Sartorio, Mattia Moreni e Piero Martina. In
quegli anni i protagonisti della scena artistica torinese
erano Felice Casorati e i pittori del Gruppo dei Sei.
Questo fece sì che negli anni successivi si evidenziasse
nell’ambiente torinese una sorta di dualismo tra le
tendenze casoratiane (di matrice tedesca e metafisica) e
quelle del Gruppo dei Sei (di matrice francese).
Dopo la Seconda Guerra Mondiale ebbe l’opportunità di
conoscere le novità provenienti dall’Europa e di prenderne
parte costruendosi una sua personalità artistica.
Nel 1939 la sua formazione venne interrotta dal servizio
militare che lo condusse fino in Africa Settentrionale.
Nel 1943, a seguito delle sconfitte italiane, fu fatto
prigioniero e portato ad Algeri. Qui, grazie alla sensibilità
del suo comandante che ne riconobbe le doti artistiche,
ebbe il permesso di dipingere: numerosi i ritratti di
ufficiali inglesi, i paesaggi, il porto di Algeri e le sue
bellissime spiagge. Rientrato a Torino nel 1946 decise
di non frequentare gli studi dei due maestri dell’epoca,
Spazzapan e Casorati, dimostrando un grande spirito di
indipendenza. Qui cominciò un felice periodo di ricerca
e sperimentazione volto a scandagliare le svariate
potenzialità del colore. La contrapposizione tra città e
campagna, tema caro a impressionisti ed espressionisti,
approda nella sua pittura. La partecipazione alla VII
Quadriennale d’arte di Roma nel 1955 lo pone all’attenzione
del grande pubblico per l’innovazione stilistica che
emerge dalle sue opere dai tratti forti con una vivace
autonomia espressiva coloristica.
La mostra alla Galleria Fogliato di Torino nel 1957 decreta il successo di questo suo stile tutto personale.
Alla fine degli anni Cinquanta Ettore Fico ha già ottenuto
diversi riconoscimenti e, da artista affermato, si mette alla
prova e si confronta con una nuova tendenza artistica
presente in Europa e negli Stati Uniti: l’Informale.
Verso la fine degli anni Sessanta le campiture di colore
si fanno più distese e gli oggetti riprendono forma grazie
all’utilizzo di contorni netti e ai contrasti cromatici delle
superfici piane. Le forme si schematizzano, quasi in forma
geometrica neo-cubista in bilico tra Braque e Gris e la sua
ricerca si reinventa utilizzando nuovi materiali e nuove
tecniche. Nel periodo che va dal 1965 al 1975 Fico torna
al tema caro della natura morta e della rappresentazione
degli interni. In questo periodo gli oggetti del quotidiano
come la brocca e i fiori secchi assumono un carattere
enigmatico, grazie anche all’utilizzo di tonalità violente,
che evocano un senso di attesa.
La sua importante produzione coloristica, in particolar
modo quella degli anni Ottanta e Novanta, è composta
prevalentemente da quelle tematiche che diventeranno
ancora una volta simboli emblematici del suo successo:
il glicine, il giardino, gli alberi, ma anche dagli oggetti, lo
studio, le modelle e l’amatissimo cane Moretto.
Le opere degli ultimi giorni di vita testimoniano ancora
una volta la tenace ricerca e l’insoddisfatta voglia di
sperimentazione in cui un grande afflato di libertà
compositiva afferma il suo grande amore per la pittura
in generale e per il colore in particolare.
Ettore Fico muore a Torino il 28 dicembre 2004.
Negli ultimi anni gli sono state dedicate numerose
retrospettive in importanti spazi museali tra cui, la più
recente, presso il Filatoio di Caraglio nel settembre 2008.
Oggi la Fondazione Ettore Fico, fondata nel 2004, si
occupa di gestire e promuovere l’importante patrimonio
artistico che egli ci ha lasciato e, tramite l’istituzione di
un premio di pittura, di incoraggiare la ricerca artistica
delle nuove generazioni.
Regione Piemonte, ha il piacere di presentare a Roma,
dopo molti anni di assenza dalla capitale, una mostra
personale dedicata al grande maestro piemontese.
Saranno esposti, per la prima volta in un unico corpus,
lavori che hanno come tema predominante il Mediterraneo
e i ricorrenti viaggi dell’autore nella culla della nostra
antica civiltà.
La vocazione mediterranea di Ettore Fico è testimoniata
da alcune serie tematiche ricorrenti all’interno della
sua immensa e variegata produzione artistica. A partire
dagli esordi, nel funesto teatro della Guerra Mondiale del
Maghreb nordafricano, il pittore comincia a dipingere con
toni terrosi e spenti una natura afosa, riarsa dal sole
cocente dell’estate. Contemporaneamente immortala in
un ciclo di ritratti i suoi commilitoni e alcuni ragazzini
autoctoni, cercando di fissare nei loro volti la stanchezza
e la malinconia di una stagione certamente non fortunata
per le sorti dell’umanità intera.
L’esperienza bellica risulterà comunque fondamentale
nell’elaborazione di una personale e meditata resa del
paesaggio, che viene esperita nella sua pienezza nel
lasso di tempo tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio
della decade successiva, allorché l’artista frequenta
assiduamente la costiera amalfitana e ne ritrae la rudezza
e le scabrosità morfologiche, non senza dimenticare di
trasporre alcuni vividi episodi di folklore locale. Inoltre,
l’artista delinea magistralmente i contorni del litorale
ligure, della Provenza e della Camargue, impiegando una
gamma coloristica più calda e suadente nel tentativo di
cogliere le atmosfere incantate dello scenario meridionale.
Nella sua palette stempera i colori accesi del sole
meridiano accecante avvicinando e contrapponendo i
toni più forti del rosso della terra, del verde degli alberi
e del blu del cielo e del mare. Tonalità care ai francesi del
‘900 che intersecavano di campiture squillanti e pure le
superfici delle tele trattate a gesso ruvido.
Matisse e Bonnard per primi, ma anche a tutta la
produzione picassiana post-cubista, la ricomposizione
dello spazio di Braque, come un certo informale alla
Mathieu o alla Vieira da Silva vengono evocati in queste
opere che, senza raggiungere mai l’aniconicità, tendono
comunque e inesorabilmente verso l’astrazione. Vietri,
Positano, San Remo, Algeri e Saint-Marie-de-la-Mer,
compongono il mosaico del peregrinare dell’artista che,
anno dopo anno, ha accumulato opere che rifulgono della
bellezza delle coste e risuonano come un canto alla vita
e alla bellezza. Ettore Fico nasce a Piatto Biellese nel 1917 e si trasferisce
a Torino nel 1933 dove si dedica fin da subito alla pittura,
grazie anche all’incontro con Luigi Serralunga che lo
spronò in tale senso avendone intuito le potenzialità
artistiche. Intrapresi gli studi presso l’Accademia Albertina
divenne ben presto pupillo del maestro e frequentò per
diversi anni il suo studio insieme ad altri giovani allievi
quali Filippo Sartorio, Mattia Moreni e Piero Martina. In
quegli anni i protagonisti della scena artistica torinese
erano Felice Casorati e i pittori del Gruppo dei Sei.
Questo fece sì che negli anni successivi si evidenziasse
nell’ambiente torinese una sorta di dualismo tra le
tendenze casoratiane (di matrice tedesca e metafisica) e
quelle del Gruppo dei Sei (di matrice francese).
Dopo la Seconda Guerra Mondiale ebbe l’opportunità di
conoscere le novità provenienti dall’Europa e di prenderne
parte costruendosi una sua personalità artistica.
Nel 1939 la sua formazione venne interrotta dal servizio
militare che lo condusse fino in Africa Settentrionale.
Nel 1943, a seguito delle sconfitte italiane, fu fatto
prigioniero e portato ad Algeri. Qui, grazie alla sensibilità
del suo comandante che ne riconobbe le doti artistiche,
ebbe il permesso di dipingere: numerosi i ritratti di
ufficiali inglesi, i paesaggi, il porto di Algeri e le sue
bellissime spiagge. Rientrato a Torino nel 1946 decise
di non frequentare gli studi dei due maestri dell’epoca,
Spazzapan e Casorati, dimostrando un grande spirito di
indipendenza. Qui cominciò un felice periodo di ricerca
e sperimentazione volto a scandagliare le svariate
potenzialità del colore. La contrapposizione tra città e
campagna, tema caro a impressionisti ed espressionisti,
approda nella sua pittura. La partecipazione alla VII
Quadriennale d’arte di Roma nel 1955 lo pone all’attenzione
del grande pubblico per l’innovazione stilistica che
emerge dalle sue opere dai tratti forti con una vivace
autonomia espressiva coloristica.
La mostra alla Galleria Fogliato di Torino nel 1957 decreta il successo di questo suo stile tutto personale.
Alla fine degli anni Cinquanta Ettore Fico ha già ottenuto
diversi riconoscimenti e, da artista affermato, si mette alla
prova e si confronta con una nuova tendenza artistica
presente in Europa e negli Stati Uniti: l’Informale.
Verso la fine degli anni Sessanta le campiture di colore
si fanno più distese e gli oggetti riprendono forma grazie
all’utilizzo di contorni netti e ai contrasti cromatici delle
superfici piane. Le forme si schematizzano, quasi in forma
geometrica neo-cubista in bilico tra Braque e Gris e la sua
ricerca si reinventa utilizzando nuovi materiali e nuove
tecniche. Nel periodo che va dal 1965 al 1975 Fico torna
al tema caro della natura morta e della rappresentazione
degli interni. In questo periodo gli oggetti del quotidiano
come la brocca e i fiori secchi assumono un carattere
enigmatico, grazie anche all’utilizzo di tonalità violente,
che evocano un senso di attesa.
La sua importante produzione coloristica, in particolar
modo quella degli anni Ottanta e Novanta, è composta
prevalentemente da quelle tematiche che diventeranno
ancora una volta simboli emblematici del suo successo:
il glicine, il giardino, gli alberi, ma anche dagli oggetti, lo
studio, le modelle e l’amatissimo cane Moretto.
Le opere degli ultimi giorni di vita testimoniano ancora
una volta la tenace ricerca e l’insoddisfatta voglia di
sperimentazione in cui un grande afflato di libertà
compositiva afferma il suo grande amore per la pittura
in generale e per il colore in particolare.
Ettore Fico muore a Torino il 28 dicembre 2004.
Negli ultimi anni gli sono state dedicate numerose
retrospettive in importanti spazi museali tra cui, la più
recente, presso il Filatoio di Caraglio nel settembre 2008.
Oggi la Fondazione Ettore Fico, fondata nel 2004, si
occupa di gestire e promuovere l’importante patrimonio
artistico che egli ci ha lasciato e, tramite l’istituzione di
un premio di pittura, di incoraggiare la ricerca artistica
delle nuove generazioni.
24
settembre 2009
Ettore Fico – Gli anni del Mediterraneo
Dal 24 settembre al 23 ottobre 2009
arte contemporanea
Location
REGIONE PIEMONTE – EX PONTIFICIO COLLEGIO CANADESE
Roma, Via Delle Quattro Fontane, 116, (Roma)
Roma, Via Delle Quattro Fontane, 116, (Roma)
Orario di apertura
dal lunedì al venerdi dalle ore 10 alle ore 18
Vernissage
24 Settembre 2009, ore 17
Sito web
www.ettorefico.it
Ufficio stampa
TAI AGENCY
Autore
Curatore