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Ettore Moschetti – Rumore silente
Quelli dipinti da Moschetti sono luoghi in bilico tra il delirio metropolitano e il monumentale silenzio di un tempio classico, tra New York e Spaccanapoli, perduti tra la realtà quotidiana e i miti antichi, luoghi nei quali il Minotauro dialoga con uno scugnizzo in motorino.
Comunicato stampa
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Un rumore di fondo che finisce con il diventare uniforme più del silenzio: il rumore assordante della
metropoli, con le sue voci, i suoi frastuoni, il clacson delle auto e il rombo delle moto. Una città che ha il
suono, il profumo e i colori di Napoli, luogo d’origine dell’artista, ma che finisce con il diventare archetipo
della vita urbana in qualsiasi parte del mondo: un dinamico coacervo di esistenze, una straordinaria
mescolanza di individualità che formano una massa, una Babele multiforme e in costante mutamento.
Quelli dipinti da Moschetti sono luoghi in bilico tra il delirio metropolitano e il monumentale silenzio di
un tempio classico, tra New York e Spaccanapoli, perduti tra la realtà quotidiana e i miti antichi, luoghi nei
quali il Minotauro dialoga con uno scugnizzo in motorino.
Le opere di Ettore Moschetti sono figlie dell’affascinante incontro tra classicità e modernità, tra il
maestoso respiro dell’antico e il dinamico frastuono del presente. Profonda è l’impronta della sua origine
partenopea, profondo il segno lasciato nella sua visione pittorica dallo studio della storia dell’arte e
dell’archeologia. Profondi ma non asfissianti, non vincolanti: l’arte di Moschetti sa essere contemporanea,
smarcandosi dai confini, suggerendo costanti riferimenti visivi senza mai restarne vittima. In un dialogo
intenso e contradditorio con le forme della classicità, con la sperimentazione e la volontà di
destrutturazione di molto Novecento (Picasso su tutti), con una certa estetica perduta tra espressionismo e
raffinatezze secessioniste e con la figurazione transavanguardista, lo stile di Moschetti trova una propria
personalità inconfondibile, che passa sia dalle scelte linguistiche che da quelle tecniche e iconografiche.
(…)
Il tema iconografico ha, senza dubbio, un ruolo fondamentale nell’opera di Moschetti: l’uomo ne è assoluto
protagonista, anche quando raccontato attraverso l’immaginario mitologico. L’uomo, l’umanità tutta, la
società umana, la sua storia e il suo quotidiano rappresentano il nodo focale della produzione dell’artista,
tutta giocata sulla narrazione, sulla contaminazione di piani spazio-temporali, sulla sovrapposizione di
passato e presente, eterno e contingente. Un racconto che affonda le proprie radici nelle origini della cultura
mediterranea per giungere fino all’attualità, fino al nostro oggi, un oggi che Moschetti pare voler elevare al
ruolo di archetipo, eternandolo alla stregua di un mito.
Per scrivere le sue pagine di vita Moschetti non si dà confini tecnici e linguistici; ogni strumento, ogni
mezzo è funzionale all’espressione del suo sentire.
(…)
La pittura di Moschetti è, per citare di nuovo le parole dell’artista, “una regione di frontiera, un posto senza
leggi, di confine, dove regna sovrana l’incertezza e la provvisorietà”. Un’incertezza e provvisorietà che, sia
chiaro, l’artista gestisce con mano sicura, da artista di lungo corso, abituato a esprimersi con i mezzi più
diversi con la sapienza di chi intende ancora l’arte come prodotto “delle mani”, oltre che dell’intelletto:
perché Moschetti è e resta innanzi tutto un pittore e uno scultore nel senso più tradizionale dei termini.
Nel caos controllato dell’opera di Moschetti l’esistenza quotidiana scorre sovrapponendosi all’atemporalità
del mito classico, in un universo visivo fortemente sinestetico, nel quale convivono il silenzio di un caldo
pomeriggio estivo e il fragore di una strada del centro, il segno irriverente di un writer su un muro di città e
la metopa di un tempio antico, un cane randagio che corre per strada e un supereroe pronto a difendere la
metropoli.
(dal testo in catalogo di Simona Bartolena)
metropoli, con le sue voci, i suoi frastuoni, il clacson delle auto e il rombo delle moto. Una città che ha il
suono, il profumo e i colori di Napoli, luogo d’origine dell’artista, ma che finisce con il diventare archetipo
della vita urbana in qualsiasi parte del mondo: un dinamico coacervo di esistenze, una straordinaria
mescolanza di individualità che formano una massa, una Babele multiforme e in costante mutamento.
Quelli dipinti da Moschetti sono luoghi in bilico tra il delirio metropolitano e il monumentale silenzio di
un tempio classico, tra New York e Spaccanapoli, perduti tra la realtà quotidiana e i miti antichi, luoghi nei
quali il Minotauro dialoga con uno scugnizzo in motorino.
Le opere di Ettore Moschetti sono figlie dell’affascinante incontro tra classicità e modernità, tra il
maestoso respiro dell’antico e il dinamico frastuono del presente. Profonda è l’impronta della sua origine
partenopea, profondo il segno lasciato nella sua visione pittorica dallo studio della storia dell’arte e
dell’archeologia. Profondi ma non asfissianti, non vincolanti: l’arte di Moschetti sa essere contemporanea,
smarcandosi dai confini, suggerendo costanti riferimenti visivi senza mai restarne vittima. In un dialogo
intenso e contradditorio con le forme della classicità, con la sperimentazione e la volontà di
destrutturazione di molto Novecento (Picasso su tutti), con una certa estetica perduta tra espressionismo e
raffinatezze secessioniste e con la figurazione transavanguardista, lo stile di Moschetti trova una propria
personalità inconfondibile, che passa sia dalle scelte linguistiche che da quelle tecniche e iconografiche.
(…)
Il tema iconografico ha, senza dubbio, un ruolo fondamentale nell’opera di Moschetti: l’uomo ne è assoluto
protagonista, anche quando raccontato attraverso l’immaginario mitologico. L’uomo, l’umanità tutta, la
società umana, la sua storia e il suo quotidiano rappresentano il nodo focale della produzione dell’artista,
tutta giocata sulla narrazione, sulla contaminazione di piani spazio-temporali, sulla sovrapposizione di
passato e presente, eterno e contingente. Un racconto che affonda le proprie radici nelle origini della cultura
mediterranea per giungere fino all’attualità, fino al nostro oggi, un oggi che Moschetti pare voler elevare al
ruolo di archetipo, eternandolo alla stregua di un mito.
Per scrivere le sue pagine di vita Moschetti non si dà confini tecnici e linguistici; ogni strumento, ogni
mezzo è funzionale all’espressione del suo sentire.
(…)
La pittura di Moschetti è, per citare di nuovo le parole dell’artista, “una regione di frontiera, un posto senza
leggi, di confine, dove regna sovrana l’incertezza e la provvisorietà”. Un’incertezza e provvisorietà che, sia
chiaro, l’artista gestisce con mano sicura, da artista di lungo corso, abituato a esprimersi con i mezzi più
diversi con la sapienza di chi intende ancora l’arte come prodotto “delle mani”, oltre che dell’intelletto:
perché Moschetti è e resta innanzi tutto un pittore e uno scultore nel senso più tradizionale dei termini.
Nel caos controllato dell’opera di Moschetti l’esistenza quotidiana scorre sovrapponendosi all’atemporalità
del mito classico, in un universo visivo fortemente sinestetico, nel quale convivono il silenzio di un caldo
pomeriggio estivo e il fragore di una strada del centro, il segno irriverente di un writer su un muro di città e
la metopa di un tempio antico, un cane randagio che corre per strada e un supereroe pronto a difendere la
metropoli.
(dal testo in catalogo di Simona Bartolena)
11
marzo 2018
Ettore Moschetti – Rumore silente
Dall'undici marzo all'otto aprile 2018
arte contemporanea
Location
HEART SPAZIO VIVO
Vimercate, Via Trezzo, (Monza E Brianza)
Vimercate, Via Trezzo, (Monza E Brianza)
Orario di apertura
sabato e domenica dalle 16.00 alle 19.00
e in occasione degli eventi in calendario
Vernissage
11 Marzo 2018, h 18.00
Autore
Curatore