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Eugenio Gili – Voci dal silenzio …e ricordi di Petra
Analizzando la produzione pittorica di Eugenio Gili la nostra vista non solo è soggiogata dalla percezione della bellezza e della purezza della gamma cromatica tutta giocata su due tonalità
Comunicato stampa
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Larva informe che diviene libellula
barlume nella chiara nebbia
asperge una nuvola nell’infinito
volteggia incurante degli affanni dell’uomo,
si posa e si leva in volo
bilancia vivente, si ritira s’espande
confonde il senso comune.
Zufolano le onde nel cielo terso,
note nascoste di musica lieve,
spandono pennellate che turbano il tempo
si squarcia il velo e appare meraviglia
un segno, l’immagine che vuoi
un desiderio, un sorriso, un affanno,
un canto che deterge il silenzio:
ode al divino. RENATO CAVAGNERO
Analizzando la produzione pittorica di Eugenio Gili la nostra vista non solo è soggiogata dalla percezione della bellezza e della purezza della gamma cromatica tutta giocata su due tonalità; non solo è appagata da quel senso di armonia musicale che emana dalla ricerca compositiva degli equilibri delle forme e dei volùmi, ma la nostra mente viene obbligata ad operare ad un livello più elevato. Dal semplice dato fisico e sensitivo ne deriva un altro più profondo che scava dentro di noi e ne fa affiorare i misteri dell’inconscio.
Si scopre che tra le pieghe e i ritmi del disegno, tra le campiture dei colori, vive un mondo di valori per così dire più interiore e che consente di ritrovare le vibrazioni più segrete dell’anima.
Inoltre l’artista che non si accontenta di emozioni esterne, traduce la casualità del suo gesto pittorico (connotato da una sorprendente espressività), in dissolvenze e tensioni allusive che hanno l’ambiguità di una visione tridimensionale.
Ed è tutto un giocare con lo spazio e i suoi ritmi scanditi con libertà compositiva; rapide pennellate dove squilla la sinfonia degli azzurri e vibra l’eccitazione terragna dei marroni, associate alla corposa pastosità dell’ocra e alla rarefazione aerea dei blu.
L’entità non figurativa della rappresentazione si trasforma in emblematiche forze liriche ed evocative, dove il colore, lasciato libero di espandersi e di inoltrarsi nelle capillarità del substrato cartaceo, non dovendo piegarsi a seguire il tracciato di un disegno predisposto, diviene l’unico modo, incisivo e immediato per trasmettere messaggi, per delineare nuovi universi comunicativi.
È una pittura che non si muove in un ambito concreto e realistico, non si arresta nei contorni del definito e del visibile, ma si stempera nelle parvenze immateriali della astrazione dove gli accadimenti che solcano le superfici dei quadri sono geografia di mondi senza confini e senza frontiere.
Sono limpidi acquarelli sorretti da un esaltante senso del colore e da una freschezza di tocco lieve, piacevole, rapido ed essenziale: connotati da una personalissima cifra che si esprime nelle bicromie del marrone e dell’azzurro. Dall’insieme ne scaturisce, in ultima istanza, un clima di sospensione psicologica, dove appare evidente che la sua mente desidera aprirsi ad un universo di emozioni e di memorie affioranti dagli abissi dell’io.
Dunque, il pittore, che per la sua storia personale e il suo dettato professionale è necessariamente vincolato alle linee, alle geometrie, ai perimetri dello spazio fisico, e li compone in volumi architettonici, qui si libera e attraverso l’analisi della forza creatrice del colore, rivela il suo peculiare interesse per l’indagine dei richiami dello scavo interiore. Infine, l’ardimento con cui affonda lo sguardo in se stesso è vertiginoso, e senz’altro spalancherà nella sua ricerca artistica futura nuovi orizzonti di grande forza propositiva. GIOVANNI CORDERO 1994
barlume nella chiara nebbia
asperge una nuvola nell’infinito
volteggia incurante degli affanni dell’uomo,
si posa e si leva in volo
bilancia vivente, si ritira s’espande
confonde il senso comune.
Zufolano le onde nel cielo terso,
note nascoste di musica lieve,
spandono pennellate che turbano il tempo
si squarcia il velo e appare meraviglia
un segno, l’immagine che vuoi
un desiderio, un sorriso, un affanno,
un canto che deterge il silenzio:
ode al divino. RENATO CAVAGNERO
Analizzando la produzione pittorica di Eugenio Gili la nostra vista non solo è soggiogata dalla percezione della bellezza e della purezza della gamma cromatica tutta giocata su due tonalità; non solo è appagata da quel senso di armonia musicale che emana dalla ricerca compositiva degli equilibri delle forme e dei volùmi, ma la nostra mente viene obbligata ad operare ad un livello più elevato. Dal semplice dato fisico e sensitivo ne deriva un altro più profondo che scava dentro di noi e ne fa affiorare i misteri dell’inconscio.
Si scopre che tra le pieghe e i ritmi del disegno, tra le campiture dei colori, vive un mondo di valori per così dire più interiore e che consente di ritrovare le vibrazioni più segrete dell’anima.
Inoltre l’artista che non si accontenta di emozioni esterne, traduce la casualità del suo gesto pittorico (connotato da una sorprendente espressività), in dissolvenze e tensioni allusive che hanno l’ambiguità di una visione tridimensionale.
Ed è tutto un giocare con lo spazio e i suoi ritmi scanditi con libertà compositiva; rapide pennellate dove squilla la sinfonia degli azzurri e vibra l’eccitazione terragna dei marroni, associate alla corposa pastosità dell’ocra e alla rarefazione aerea dei blu.
L’entità non figurativa della rappresentazione si trasforma in emblematiche forze liriche ed evocative, dove il colore, lasciato libero di espandersi e di inoltrarsi nelle capillarità del substrato cartaceo, non dovendo piegarsi a seguire il tracciato di un disegno predisposto, diviene l’unico modo, incisivo e immediato per trasmettere messaggi, per delineare nuovi universi comunicativi.
È una pittura che non si muove in un ambito concreto e realistico, non si arresta nei contorni del definito e del visibile, ma si stempera nelle parvenze immateriali della astrazione dove gli accadimenti che solcano le superfici dei quadri sono geografia di mondi senza confini e senza frontiere.
Sono limpidi acquarelli sorretti da un esaltante senso del colore e da una freschezza di tocco lieve, piacevole, rapido ed essenziale: connotati da una personalissima cifra che si esprime nelle bicromie del marrone e dell’azzurro. Dall’insieme ne scaturisce, in ultima istanza, un clima di sospensione psicologica, dove appare evidente che la sua mente desidera aprirsi ad un universo di emozioni e di memorie affioranti dagli abissi dell’io.
Dunque, il pittore, che per la sua storia personale e il suo dettato professionale è necessariamente vincolato alle linee, alle geometrie, ai perimetri dello spazio fisico, e li compone in volumi architettonici, qui si libera e attraverso l’analisi della forza creatrice del colore, rivela il suo peculiare interesse per l’indagine dei richiami dello scavo interiore. Infine, l’ardimento con cui affonda lo sguardo in se stesso è vertiginoso, e senz’altro spalancherà nella sua ricerca artistica futura nuovi orizzonti di grande forza propositiva. GIOVANNI CORDERO 1994
08
febbraio 2008
Eugenio Gili – Voci dal silenzio …e ricordi di Petra
Dall'otto al 22 febbraio 2008
arte contemporanea
Location
MARTINARTE
Torino, Corso Siracusa, 24a, (Torino)
Torino, Corso Siracusa, 24a, (Torino)
Orario di apertura
lun 15.30 – 19.30 mar-gio 10.00 – 12.30 / 15.30 - 22.00 mer-ven 10.00 - 12.30 / 15.30 - 19.30
Vernissage
8 Febbraio 2008, ore 18.30 – 22.00
Autore