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Ezia Mitolo – Mi muovo immobile
Un progetto installativo in progress.
Realizzato in cera, materiale d’elezione per l’artista, lo schermo mostra e divora video-immagini e lentamente cambia forma, sciogliendosi all’effetto del calore.
Comunicato stampa
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MI MUOVO IMMOBILE è un progetto installativo in progress, predisposto alla rappresentazione di immagini dai contenuti sempre rinnovabili. La sintassi dell’esposizione prevede uno schermo “vivo” che accoglie e restituisce racconti legati alla realtà che, così, guadagna spazi vasti di fantasia. Realizzato in cera, materiale d’elezione per l’artista, lo schermo mostra e divora video-immagini e lentamente cambia forma, sciogliendosi all’effetto del calore.
SBUFFI, TRAPPOLE E FONTANE è un video del 2015 prodotto per essere espressamente fruito sullo schermo che piange lacrime di cera, raccolte poi in una vasca ai piedi dell’installazione. Denso di significanze, esplora paesaggi legati alla città di Taranto e le sue dolorose contraddizioni, rappresentando atmosfere interiori all’artista che assurgono a metafore universali.
Il lavoro di Ezia Mitolo è un colloquio tra la scultura e la proiezione che si compie se ci si sofferma lenti a guardarsi dentro, e attorno. Nella città intendo, a cui si rivolge. Ospitato in un luogo votato all’interiorità, si rende veicolo di una pulizia di primavera, di una rinascita nuda, sfrondata delle banalità delle circostanze.
Si tratta di autoritratti dell’anima in cui a ben guardare è possibile rispecchiarsi. «Siamo tutti uomini nudi di fronte ai sentimenti». Lei, infatti, ascolta la necessità di modellare una condizione fisica ed emotiva e ne descrive i passaggi ciclici, quelli obbligati dalle scelte personali, tanto quelli imposti coattamente da forze esterne. Riesce a sciogliere i pensieri coercizzanti, inscatolati nella forma dello schermo, rendendoli liquidi, per farli scivolare e ricomporli nuovamente. Cera, una volta! Questa morfologia si apre sì alla versatilità dell’interpretazione, ma per l’artista, eccelsa narratrice, lancia messaggi di chiara limpidezza. Un richiamo alla salvezza medicale come dopo un’anestesia, cha passa attraverso gli sbuffi di quando ci si sente ingabbiati in un dove nullificante. In costante relazione con il proprio itinerario ideale, Ezia Mitolo si pone di fronte all’anatomia cittadina restituendole sollievo, con il rilucere della freschezza pulita e il fluire energico di emozioni rinnovate. Una convalescenza nella quale si ricompone la lacerazione e le relative deformazioni che comporta il dolore. Insieme alla cera scorre tutto ciò che è stato; quanto deve cambiare, deve prima de-cadere, sciogliersi. Nel senso etimologico di prendere distacco, e poi metaforico di liberarsi, redimersi, non in ultimo, soddisfare. Raccogliendo dunque le lacrime della scultura, si passa dalla liquefazione alla generazione di nuovi liquidi che fluiscono come un’onda che sembra sempre nuova a chi la guarda. L’estetica sbiancata delle video-narrazioni, dona uniformità cromatica a una molteplicità di forme. Il calore delle immagini disegna uno scenario torbido «dolente, tremante, ardente [...] e il cuore domanda ‘cos’è che manca?’», come in una convivenza forzata con il fumo che la città respira, in bilico sull’acqua. Il tempo fermo dell’abitudine, delle parole “fumose” e dei desideri soffocati, poi però prende ritmo dalla necessità culturale che si infiamma nell’aria appannata, mentre il cuore che prima suda si eleva palpitante; un’ascensione vigorosa, spinta dal basso
come per l’acqua fresca che ricircola in una fontana zampillante. Quella di Ezia Mitolo è un’appassionata, costante riscrittura dell’interiorità, combattuta tra basso/alto, caldo/fresco, fisso/in movimento.
«Il finale è che non finisce». Un oroscopo positivo di una lunga giornata dal valore paradigmatico di condizione che costringe ad andare, volgersi altrove, cercare per poi tornare... cercare ancora. Una cerimonia in nome della vita del corpo, strumento di cultura in movimento.
(Cristina Principale)
SBUFFI, TRAPPOLE E FONTANE è un video del 2015 prodotto per essere espressamente fruito sullo schermo che piange lacrime di cera, raccolte poi in una vasca ai piedi dell’installazione. Denso di significanze, esplora paesaggi legati alla città di Taranto e le sue dolorose contraddizioni, rappresentando atmosfere interiori all’artista che assurgono a metafore universali.
Il lavoro di Ezia Mitolo è un colloquio tra la scultura e la proiezione che si compie se ci si sofferma lenti a guardarsi dentro, e attorno. Nella città intendo, a cui si rivolge. Ospitato in un luogo votato all’interiorità, si rende veicolo di una pulizia di primavera, di una rinascita nuda, sfrondata delle banalità delle circostanze.
Si tratta di autoritratti dell’anima in cui a ben guardare è possibile rispecchiarsi. «Siamo tutti uomini nudi di fronte ai sentimenti». Lei, infatti, ascolta la necessità di modellare una condizione fisica ed emotiva e ne descrive i passaggi ciclici, quelli obbligati dalle scelte personali, tanto quelli imposti coattamente da forze esterne. Riesce a sciogliere i pensieri coercizzanti, inscatolati nella forma dello schermo, rendendoli liquidi, per farli scivolare e ricomporli nuovamente. Cera, una volta! Questa morfologia si apre sì alla versatilità dell’interpretazione, ma per l’artista, eccelsa narratrice, lancia messaggi di chiara limpidezza. Un richiamo alla salvezza medicale come dopo un’anestesia, cha passa attraverso gli sbuffi di quando ci si sente ingabbiati in un dove nullificante. In costante relazione con il proprio itinerario ideale, Ezia Mitolo si pone di fronte all’anatomia cittadina restituendole sollievo, con il rilucere della freschezza pulita e il fluire energico di emozioni rinnovate. Una convalescenza nella quale si ricompone la lacerazione e le relative deformazioni che comporta il dolore. Insieme alla cera scorre tutto ciò che è stato; quanto deve cambiare, deve prima de-cadere, sciogliersi. Nel senso etimologico di prendere distacco, e poi metaforico di liberarsi, redimersi, non in ultimo, soddisfare. Raccogliendo dunque le lacrime della scultura, si passa dalla liquefazione alla generazione di nuovi liquidi che fluiscono come un’onda che sembra sempre nuova a chi la guarda. L’estetica sbiancata delle video-narrazioni, dona uniformità cromatica a una molteplicità di forme. Il calore delle immagini disegna uno scenario torbido «dolente, tremante, ardente [...] e il cuore domanda ‘cos’è che manca?’», come in una convivenza forzata con il fumo che la città respira, in bilico sull’acqua. Il tempo fermo dell’abitudine, delle parole “fumose” e dei desideri soffocati, poi però prende ritmo dalla necessità culturale che si infiamma nell’aria appannata, mentre il cuore che prima suda si eleva palpitante; un’ascensione vigorosa, spinta dal basso
come per l’acqua fresca che ricircola in una fontana zampillante. Quella di Ezia Mitolo è un’appassionata, costante riscrittura dell’interiorità, combattuta tra basso/alto, caldo/fresco, fisso/in movimento.
«Il finale è che non finisce». Un oroscopo positivo di una lunga giornata dal valore paradigmatico di condizione che costringe ad andare, volgersi altrove, cercare per poi tornare... cercare ancora. Una cerimonia in nome della vita del corpo, strumento di cultura in movimento.
(Cristina Principale)
27
maggio 2016
Ezia Mitolo – Mi muovo immobile
27 maggio 2016
arte contemporanea
Location
GIGI RIGLIACO GALLERY
Galatina, Via Adige, 32, (Lecce)
Galatina, Via Adige, 32, (Lecce)
Vernissage
27 Maggio 2016, ore 21.30
Autore
Curatore