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Fabio Boni – Dentro le case con le persone
In occasione del Festivalfilosofia 2009 sulla “comunità”, i Magazzini Criminali presentano il loro progetto “Dentro le case con le persone”, realizzato col fotografo Fabio Boni e curato da Luiza Samanda Turbini
Comunicato stampa
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DENTRO LE CASE CON LE PERSONE
Facciamo una foto. Una foto di noi. Ma perché proprio adesso?Cosa significa questa foto, ora? Cosa rappresenta della nostra identità? L’identità ha a che fare con ciò che non muta. Ma solo in apparenza. In realtà noi siamo in cambiamento costante. E allora che cosa vorremmo fermare, di noi? Cosa vorremmo sottrarre alla durata, e fare durare per sempre? Vediamo. Qual è la nostra cosa più preziosa? La nostra bellezza? Lo splendore della nostra vita? La famiglia? I momenti sacralizzati dalla gioia, i viaggi, le più buffe parentesi? Oppure chi non c’è più? I nostri morti, che hanno il potere di risponderci attraverso le fotografie. Eppure le foto, quelle degli altri, da sole non parlano, non significano nulla. Sono solo un volto, un paesaggio, una bambina sorridente, un anziano con l’aria di chi la sa lunga. Le immagini sono solo le porte dietro a cui stanno le storie di chi le ha conservate. Dentro le case con le persone è un’operazione artistica. Un’operazione artistica eversiva. L’arte è uno dei pochi scudi che ci rimane contro la rottura che c’è fra l’uomo contemporaneo, lui stesso e il mondo. Quella separazione simboleggiata dalla barra che sta fra le coppie antitetiche, che è sempre la barra del Potere. Noi facciamo cadere quella che separa pubblico e privato. Andiamo dentro le case e invitiamo gli abitanti a mostrarci le loro foto. Scattiamo una foto degli inquilini dentro al loro ambiente, creiamo un ponte fra le immagini del passato e il presente. Nel frattempo visitiamo il loro spazio privato. Grazie a Dentro le case con le persone noi trasformiamo persone comuni in stelle del cinema. Facciamo un’ora di reality vero, senza pause pubblicitarie. Per opporci al monopolio di Mtv, che va in visita a casa di Mariah Carey , per vedere la sua palestra, il canapè del suo cane, e la sua collezione di scarpe. Le case sono regni, universi personalizzati, in cui l’anima degli abitanti si riverbera nello
spazio chiuso. Noi andiamo a vedere le persone della nostra comunità dentro le loro abitazioni. Come viaggiatori in visita in un paese sconosciuto, proviamo l’esperienza dello straniamento, che ci porta a vedere cose che gli abitanti non vedono. E poi con un altro tocco magico, trasformiamo in opere d’arte delle foto amatoriali. Con il semplice gesto di apporvi gli estremi di autore, anno, misure, e di inserirle dentro ad una galleria di arte contemporanea. Una seconda vita da opere d’arte. Lo facciamo per far cadere un’altra barra di separazione, quella che divide arte e vita.
Fabio Boni è un fotografo della scuola ontologica. Quella scuola che non indaga le facoltà visionarie del mezzo fotografico, ma la sua capacità di replicare e documentare il reale. Fabio Boni non userà mai la fotografia per creare nuovi mondi, ma per indagare ciò che possiamo vedere nel nostro. Soprattutto ciò che di solito non viene mostrato. Le zone tabù del visibile. Quelle che pochi hanno voglia di guardare, mentre gli altri preferiscono far finta che non esistano. Fabio Boni fotografa uomini e donne vecchissimi di stanza in una casa di riposo, piccoli profughi sahrawi nel deserto, profughi bosniaci e kossovari nel campo di Vidonci. L’entourage del circo Togni. I nuovi metallari al concerto dei Korn. Le bionde della Festa dell’Unità. Le diverse generazioni di un piccolo paese vicino alla riviera. Con un’attenzione particolare per l’interazione fra l’uomo e il suo ambiente. Fabio Boni usa l’arte come strumento di indagine sul reale, come vettore di movimento, come “pretesto” per entrare nelle periferie del mondo. Ci sono sempre degli intermediari che lo accompagnano, dalle infermiere della casa di riposo, ai galleristi dei Magazzini Criminali, agli operatori delle associazioni umanitarie in Algeria e nei Balcani. Per comporre un discorso artistico aperto, coinvolgente, corale. Le fotografie di Fabio Boni ci parlano in ideogrammi composti da occhiate, postura, segni del corpo. Ma la loro peculiarità è lo sguardo in macchina, tipico del ritratto. Lo sguardo in macchina fa passare qualcosa che nessuno riesce a controllare, né il soggetto, né il fotografo, né lo spettatore. L’immagine viene perforata, e lo show si interrompe per fare posto alla vita.
Luiza Samanda Turrini
Facciamo una foto. Una foto di noi. Ma perché proprio adesso?Cosa significa questa foto, ora? Cosa rappresenta della nostra identità? L’identità ha a che fare con ciò che non muta. Ma solo in apparenza. In realtà noi siamo in cambiamento costante. E allora che cosa vorremmo fermare, di noi? Cosa vorremmo sottrarre alla durata, e fare durare per sempre? Vediamo. Qual è la nostra cosa più preziosa? La nostra bellezza? Lo splendore della nostra vita? La famiglia? I momenti sacralizzati dalla gioia, i viaggi, le più buffe parentesi? Oppure chi non c’è più? I nostri morti, che hanno il potere di risponderci attraverso le fotografie. Eppure le foto, quelle degli altri, da sole non parlano, non significano nulla. Sono solo un volto, un paesaggio, una bambina sorridente, un anziano con l’aria di chi la sa lunga. Le immagini sono solo le porte dietro a cui stanno le storie di chi le ha conservate. Dentro le case con le persone è un’operazione artistica. Un’operazione artistica eversiva. L’arte è uno dei pochi scudi che ci rimane contro la rottura che c’è fra l’uomo contemporaneo, lui stesso e il mondo. Quella separazione simboleggiata dalla barra che sta fra le coppie antitetiche, che è sempre la barra del Potere. Noi facciamo cadere quella che separa pubblico e privato. Andiamo dentro le case e invitiamo gli abitanti a mostrarci le loro foto. Scattiamo una foto degli inquilini dentro al loro ambiente, creiamo un ponte fra le immagini del passato e il presente. Nel frattempo visitiamo il loro spazio privato. Grazie a Dentro le case con le persone noi trasformiamo persone comuni in stelle del cinema. Facciamo un’ora di reality vero, senza pause pubblicitarie. Per opporci al monopolio di Mtv, che va in visita a casa di Mariah Carey , per vedere la sua palestra, il canapè del suo cane, e la sua collezione di scarpe. Le case sono regni, universi personalizzati, in cui l’anima degli abitanti si riverbera nello
spazio chiuso. Noi andiamo a vedere le persone della nostra comunità dentro le loro abitazioni. Come viaggiatori in visita in un paese sconosciuto, proviamo l’esperienza dello straniamento, che ci porta a vedere cose che gli abitanti non vedono. E poi con un altro tocco magico, trasformiamo in opere d’arte delle foto amatoriali. Con il semplice gesto di apporvi gli estremi di autore, anno, misure, e di inserirle dentro ad una galleria di arte contemporanea. Una seconda vita da opere d’arte. Lo facciamo per far cadere un’altra barra di separazione, quella che divide arte e vita.
Fabio Boni è un fotografo della scuola ontologica. Quella scuola che non indaga le facoltà visionarie del mezzo fotografico, ma la sua capacità di replicare e documentare il reale. Fabio Boni non userà mai la fotografia per creare nuovi mondi, ma per indagare ciò che possiamo vedere nel nostro. Soprattutto ciò che di solito non viene mostrato. Le zone tabù del visibile. Quelle che pochi hanno voglia di guardare, mentre gli altri preferiscono far finta che non esistano. Fabio Boni fotografa uomini e donne vecchissimi di stanza in una casa di riposo, piccoli profughi sahrawi nel deserto, profughi bosniaci e kossovari nel campo di Vidonci. L’entourage del circo Togni. I nuovi metallari al concerto dei Korn. Le bionde della Festa dell’Unità. Le diverse generazioni di un piccolo paese vicino alla riviera. Con un’attenzione particolare per l’interazione fra l’uomo e il suo ambiente. Fabio Boni usa l’arte come strumento di indagine sul reale, come vettore di movimento, come “pretesto” per entrare nelle periferie del mondo. Ci sono sempre degli intermediari che lo accompagnano, dalle infermiere della casa di riposo, ai galleristi dei Magazzini Criminali, agli operatori delle associazioni umanitarie in Algeria e nei Balcani. Per comporre un discorso artistico aperto, coinvolgente, corale. Le fotografie di Fabio Boni ci parlano in ideogrammi composti da occhiate, postura, segni del corpo. Ma la loro peculiarità è lo sguardo in macchina, tipico del ritratto. Lo sguardo in macchina fa passare qualcosa che nessuno riesce a controllare, né il soggetto, né il fotografo, né lo spettatore. L’immagine viene perforata, e lo show si interrompe per fare posto alla vita.
Luiza Samanda Turrini
18
settembre 2009
Fabio Boni – Dentro le case con le persone
Dal 18 settembre al 04 ottobre 2009
fotografia
Location
MAGAZZINI CRIMINALI
Sassuolo, Piazzale Domenico Gazzadi, 4, (Modena)
Sassuolo, Piazzale Domenico Gazzadi, 4, (Modena)
Orario di apertura
Durante il Festivalfilosofia
18-19-20 settembre dalle 9 alle 23
Fino al 4 0ttobre
Sabato e domenica dalle 16 alle 19
per appuntamento
Vernissage
18 Settembre 2009, ore 18
Sito web
www.festivalfilosofia.it
Ufficio stampa
ALIAS
Autore
Curatore