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Fabio Marazzi – Proposte per una collezione
Mostra personale del fotografo Fabio Marazzi con le nuove opere realizzate nel 2007
Comunicato stampa
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Mostra personale del fotografo Fabio Marazzi con le nuove opere realizzate nel 2007.
Fabio Marazzi continua la sua particolare ricerca che utilizza il concetto dell’esposizione multipla su pellicola per superare i limiti espressivi convenzionali del mezzo fotografico. Le stampe sono realizzate su carta di cotone o su tela.
Fabio Marazzi approda alla Campioli, come consuetudine, ad inaugurare la nuova stagione di mostre della Galleria peraltro ampiamente annunciato in occasione della mostra “Prove generali” tenutasi nel maggio scorso. Si tratta di una ventina di fotografie uniche nella tecnica, nella stampa e nei contenuti. Alcune di grandi dimensioni la fanno da padrone nella sala della Campioli. Maurice Bignami con il titolo “L’uomo che piegava la luce con le mani” ha così commentato le opere di Marazzi. La nobile arte della prestigiazione, dell’illusione, dell’inganno. Qualcosa più della magia, dell’alchimia e della metamorfosi. E’ un gioco di incredibilew fascino quello che Fabio Marazzi ci propone, fatto di continue cadute, di vuoti, di vortici. E’ un precipitare incessante, fino alla sospensione della ricerca e del vano ragionare.
Da alcuni anni, Fabio Marazzi compone le sue opere privilegiando le esposizioni multiple, forma espressiva altamente sintetica, del tutto legata alla pellicola, alla chimica, totalmente estranea all’era del computer. Esposizione multipla: più scatti sovrapposti. Qui, si va ben oltre, fino a cinquanta scatti sul medesimo fotogramma. Siamo nel campo della forzatura estrema dei limiti naturali del mezzo, essendo la fotografia la ripresa di un punto dello spazio in un attimo di tempo. Così, nella ripresa multipla portata all’eccesso, spazio e tempo si fanno concetti pienamente arbitrari, in alcuni momenti persino inconsistenti.
Fabio Marazzi è un uomo che piega la luce con le mani. Manualità, bottega. Un lavorare quasi attinente al mestiere dello scultore, alla tecnica del vasaio. Dopo aver sperimentato l’uso di mascherature – ottenendo, a suo avviso, risultati eccessivamente macchinosi , troppo rigidi e schematici, con una sovrabbondanza di confini – ha optato per un uso diretto delle mani, preventivamente inguantate di nero. E’ una vera e propria manipolazione della realtà attraverso il camuffamento ripetuto dell’obiettivo ottico, un’estrazione a mano dal vero di alcuni particolari decontestualizzati, catapultati poi in un ambito nuovo: l’immagine che nasce.
Ma prima che un’immagine nasca , è necessario che vi sia una visualizzazione mentale del panorama da raggiungere; una visualizzazione, peraltro, anch’essa concepita come un work in progress. Nel pieno del controllo, nel punto massimo dell’esercizio circense, s’apre una finestra di vulnerabilità. D’altra parte, è un aspetto peculiare della pellicola che, prima dello sviluppo, non si veda un accidenti. Ed è un rischio e una complessità soggetti a una crescita esponenziale, legata com’è al numero degli scatti. Uno, due, tre…e il risultato si lascia contaminare dai processi casuali, dagli schemi probabilistici.
Il rapporto che intercorre tra aleatorietà e controllo del risultato è un elemento precipuo, fondante l’intero progetto. Occorre un grande rispetto della composizione visualizzata nella mente – meta verso la quale tendere e sorgente cui attingere – ma bisogna anche lasciare andare, offrire l’occasione perché si origini un elemento puramente imprevedibile, incidentale, capace di forzare i confini che le mani non hanno saputo confondere. Quando si dà equilibrio tra controllo e improvvisazione, l’immagine si può dire riuscita, e capita come nel tai Ji Tu, la rappresentazione dinamica del Yin e Yang, con gli opposti in perenne mutamento, che diminuiscono e crescono e hanno radice l’uno nell’altro. E’ previsto nel piano di lavoro che l’autore riconosca l’immagine finale come sua, e nel contempo come un oggetto estraneo, con una propria, del tutto personale, dimensione. Il manipolatore si lascia manipolare.
Producendo incongruenze prospettiche e dimensionali, inganni dell’occhio, danzando sul sottile crinale che separa lo stato di veglia dal sogno, l’autore apre nuvi varchi sulla post-realtà, oltre l’immaginazione del progetto iniziale, e il ripetersi di immagini, di segni, di simboli, come boe risalenti dall’inconscio, , costringe l’osservatore a fare i conti con se stesso. Piegando la luce con le mani, Fabio Marazzi medita e ci fa meditare, ed è forse questo il suo vero e unico scopo: meditazione in immagine, provocazione fantastica, purificazione del mentale. A ben guardare le fotografie di Fabio Marazzi, ci si accorge che il suo è in verità un meraviglioso, stupefacente gioco di prestigio e che egli ci consente per davvero una formidabile opportunità: fare anche per un solo istante, dentro di noi, nel cuore e nell’animo, la pace.
Fabio Marazzi continua la sua particolare ricerca che utilizza il concetto dell’esposizione multipla su pellicola per superare i limiti espressivi convenzionali del mezzo fotografico. Le stampe sono realizzate su carta di cotone o su tela.
Fabio Marazzi approda alla Campioli, come consuetudine, ad inaugurare la nuova stagione di mostre della Galleria peraltro ampiamente annunciato in occasione della mostra “Prove generali” tenutasi nel maggio scorso. Si tratta di una ventina di fotografie uniche nella tecnica, nella stampa e nei contenuti. Alcune di grandi dimensioni la fanno da padrone nella sala della Campioli. Maurice Bignami con il titolo “L’uomo che piegava la luce con le mani” ha così commentato le opere di Marazzi. La nobile arte della prestigiazione, dell’illusione, dell’inganno. Qualcosa più della magia, dell’alchimia e della metamorfosi. E’ un gioco di incredibilew fascino quello che Fabio Marazzi ci propone, fatto di continue cadute, di vuoti, di vortici. E’ un precipitare incessante, fino alla sospensione della ricerca e del vano ragionare.
Da alcuni anni, Fabio Marazzi compone le sue opere privilegiando le esposizioni multiple, forma espressiva altamente sintetica, del tutto legata alla pellicola, alla chimica, totalmente estranea all’era del computer. Esposizione multipla: più scatti sovrapposti. Qui, si va ben oltre, fino a cinquanta scatti sul medesimo fotogramma. Siamo nel campo della forzatura estrema dei limiti naturali del mezzo, essendo la fotografia la ripresa di un punto dello spazio in un attimo di tempo. Così, nella ripresa multipla portata all’eccesso, spazio e tempo si fanno concetti pienamente arbitrari, in alcuni momenti persino inconsistenti.
Fabio Marazzi è un uomo che piega la luce con le mani. Manualità, bottega. Un lavorare quasi attinente al mestiere dello scultore, alla tecnica del vasaio. Dopo aver sperimentato l’uso di mascherature – ottenendo, a suo avviso, risultati eccessivamente macchinosi , troppo rigidi e schematici, con una sovrabbondanza di confini – ha optato per un uso diretto delle mani, preventivamente inguantate di nero. E’ una vera e propria manipolazione della realtà attraverso il camuffamento ripetuto dell’obiettivo ottico, un’estrazione a mano dal vero di alcuni particolari decontestualizzati, catapultati poi in un ambito nuovo: l’immagine che nasce.
Ma prima che un’immagine nasca , è necessario che vi sia una visualizzazione mentale del panorama da raggiungere; una visualizzazione, peraltro, anch’essa concepita come un work in progress. Nel pieno del controllo, nel punto massimo dell’esercizio circense, s’apre una finestra di vulnerabilità. D’altra parte, è un aspetto peculiare della pellicola che, prima dello sviluppo, non si veda un accidenti. Ed è un rischio e una complessità soggetti a una crescita esponenziale, legata com’è al numero degli scatti. Uno, due, tre…e il risultato si lascia contaminare dai processi casuali, dagli schemi probabilistici.
Il rapporto che intercorre tra aleatorietà e controllo del risultato è un elemento precipuo, fondante l’intero progetto. Occorre un grande rispetto della composizione visualizzata nella mente – meta verso la quale tendere e sorgente cui attingere – ma bisogna anche lasciare andare, offrire l’occasione perché si origini un elemento puramente imprevedibile, incidentale, capace di forzare i confini che le mani non hanno saputo confondere. Quando si dà equilibrio tra controllo e improvvisazione, l’immagine si può dire riuscita, e capita come nel tai Ji Tu, la rappresentazione dinamica del Yin e Yang, con gli opposti in perenne mutamento, che diminuiscono e crescono e hanno radice l’uno nell’altro. E’ previsto nel piano di lavoro che l’autore riconosca l’immagine finale come sua, e nel contempo come un oggetto estraneo, con una propria, del tutto personale, dimensione. Il manipolatore si lascia manipolare.
Producendo incongruenze prospettiche e dimensionali, inganni dell’occhio, danzando sul sottile crinale che separa lo stato di veglia dal sogno, l’autore apre nuvi varchi sulla post-realtà, oltre l’immaginazione del progetto iniziale, e il ripetersi di immagini, di segni, di simboli, come boe risalenti dall’inconscio, , costringe l’osservatore a fare i conti con se stesso. Piegando la luce con le mani, Fabio Marazzi medita e ci fa meditare, ed è forse questo il suo vero e unico scopo: meditazione in immagine, provocazione fantastica, purificazione del mentale. A ben guardare le fotografie di Fabio Marazzi, ci si accorge che il suo è in verità un meraviglioso, stupefacente gioco di prestigio e che egli ci consente per davvero una formidabile opportunità: fare anche per un solo istante, dentro di noi, nel cuore e nell’animo, la pace.
06
ottobre 2007
Fabio Marazzi – Proposte per una collezione
Dal 06 ottobre al 30 novembre 2007
fotografia
Location
GRAFICA CAMPIOLI
Monterotondo, Via Vincenzo Bellini, 46, (Roma)
Monterotondo, Via Vincenzo Bellini, 46, (Roma)
Orario di apertura
domenica e lunedì esclusi
Vernissage
6 Ottobre 2007, ore 18
Autore