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Fabio Moro
In queste opere recenti di Moro e’ evidente un sentimento della realtà esplicitato nella espressioni dei temi che egli trasforma nei disegni
Comunicato stampa
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Nel testo che accompagna la mostra il giovane critico d'arte Alberto
Melarangelo scrive:
Osservando le carte disegnate di Fabio Moro, le sue proiezioni a matita di
figure femminili disegnate con una cura volutamente sfuggente ai canoni
della perfezione iperrealistica, appare immediatamente il senso di una
volontà dichiarante. Quella di scegliere di rappresentare l’immagine delle
fattezze umane, della presenza fisica, attraverso una distorsione di ciò che
realmente si vuole raffigurare.
Le giovani donne che Moro articola e propone sui suoi ampi fogli, mediante
il solo uso della matita, giungono alla percezione visiva quasi sdoppiate,
come filtrate da una lente non perfettamente calibrata.
Certo, una consistente abilità tecnica, sostenuta da un rigoroso ed efficace
unico tono di grigio, reso sfumato in alcuni passaggi dei disegni, consente
all’artista di sfocare le immagini che in tal modo appaiono, allo stesso
tempo, integre per la comprensione del significato reale e liquide ed
evanescenti nella dimensione estetica della visione.
In queste opere recenti di Moro e’ evidente un sentimento della realtà
esplicitato nella espressioni dei temi che egli trasforma nei disegni.
Raffigura le giovani donne del nostro presente, di questo presente
occidentale, costruito intorno ad una calcolata attenzione sulla cultura
dell’apparire, della cura della forma che nella grande maggioranza delle
giovanissime generazioni rappresenta l’unità di misura prevalente del loro
abitare il mondo.
Tale situazione è anche la manifestazione di una società che vive una crisi,
particolarmente riferibile alle difficoltà di relazione tra i contesti
sociali ed all’interno dell’ambiente giovanile. Una crisi di contenuti, un
disagio verso le prospettive che fa risaltare essenzialmente ciò che è in
superficie e mette in risalto le esteriorità e le sue forme.
Mi sembra che il realismo delle figure umane che Moro ci propone parli anche
di questo. Egli mette in scena, elabora, grazie all’uso della matita, ciò
che osserva e che tutti noi vediamo ma magari non cogliamo sino in fondo, in
riferimento alla nostra società ed al suo segmento generazionale più
giovanile.
E’ una realismo disegnato attraverso un taglio di chiara espressività, che
non contiene il messaggio della denuncia ma che appartiene alla tradizione
dell’analisi, dell’indagine approfondita e meticolosa sugli effetti che il
contesto reale genera sul corpo e sui caratteri della figura umana.
Il disegno, l’uso della matita, sono sicuramente tra gli strumenti più
efficaci per portare in opera e raffigurare le complessità interiori e
l’anima dell’uomo. Moro nel suo marcare i fogli, risente e rivisita i
modelli cruciali nell’arte contemporanea; conosce il tratto veloce e
disperato di alcune situazioni di margine di Toulouse-Lautrec.
Sente la esasperata solitudine delle donne di Schiele. Ma appartiene di più
ad una tradizione classica, non direttamente emanata dalla storia
dell’espressionismo europeo di fine ottocento e dei primi due decenni del
novecento. Il suo disegnare ha un’aspetto meno tragico, parla con un accento
certamente italiano.
Moro in queste opere ci fa dire di avere in se, rivisitandola e nel suo
aggiornamento, la lezione che vede le mosse dai disegnatori romani del
dopoguerra, soprattutto di quelli che si dissero della “Scuola del
Portonaccio”. Lì Vespignani e gli altri ebbero il loro abbrivio nel
descrivere le difficoltà di un presente desolato, legato alla ricostruzione;
qui si racconta un presente opulento ed in preda all’isolamento ove vanno
ricostruiti i legami tra gli uomini.
Melarangelo scrive:
Osservando le carte disegnate di Fabio Moro, le sue proiezioni a matita di
figure femminili disegnate con una cura volutamente sfuggente ai canoni
della perfezione iperrealistica, appare immediatamente il senso di una
volontà dichiarante. Quella di scegliere di rappresentare l’immagine delle
fattezze umane, della presenza fisica, attraverso una distorsione di ciò che
realmente si vuole raffigurare.
Le giovani donne che Moro articola e propone sui suoi ampi fogli, mediante
il solo uso della matita, giungono alla percezione visiva quasi sdoppiate,
come filtrate da una lente non perfettamente calibrata.
Certo, una consistente abilità tecnica, sostenuta da un rigoroso ed efficace
unico tono di grigio, reso sfumato in alcuni passaggi dei disegni, consente
all’artista di sfocare le immagini che in tal modo appaiono, allo stesso
tempo, integre per la comprensione del significato reale e liquide ed
evanescenti nella dimensione estetica della visione.
In queste opere recenti di Moro e’ evidente un sentimento della realtà
esplicitato nella espressioni dei temi che egli trasforma nei disegni.
Raffigura le giovani donne del nostro presente, di questo presente
occidentale, costruito intorno ad una calcolata attenzione sulla cultura
dell’apparire, della cura della forma che nella grande maggioranza delle
giovanissime generazioni rappresenta l’unità di misura prevalente del loro
abitare il mondo.
Tale situazione è anche la manifestazione di una società che vive una crisi,
particolarmente riferibile alle difficoltà di relazione tra i contesti
sociali ed all’interno dell’ambiente giovanile. Una crisi di contenuti, un
disagio verso le prospettive che fa risaltare essenzialmente ciò che è in
superficie e mette in risalto le esteriorità e le sue forme.
Mi sembra che il realismo delle figure umane che Moro ci propone parli anche
di questo. Egli mette in scena, elabora, grazie all’uso della matita, ciò
che osserva e che tutti noi vediamo ma magari non cogliamo sino in fondo, in
riferimento alla nostra società ed al suo segmento generazionale più
giovanile.
E’ una realismo disegnato attraverso un taglio di chiara espressività, che
non contiene il messaggio della denuncia ma che appartiene alla tradizione
dell’analisi, dell’indagine approfondita e meticolosa sugli effetti che il
contesto reale genera sul corpo e sui caratteri della figura umana.
Il disegno, l’uso della matita, sono sicuramente tra gli strumenti più
efficaci per portare in opera e raffigurare le complessità interiori e
l’anima dell’uomo. Moro nel suo marcare i fogli, risente e rivisita i
modelli cruciali nell’arte contemporanea; conosce il tratto veloce e
disperato di alcune situazioni di margine di Toulouse-Lautrec.
Sente la esasperata solitudine delle donne di Schiele. Ma appartiene di più
ad una tradizione classica, non direttamente emanata dalla storia
dell’espressionismo europeo di fine ottocento e dei primi due decenni del
novecento. Il suo disegnare ha un’aspetto meno tragico, parla con un accento
certamente italiano.
Moro in queste opere ci fa dire di avere in se, rivisitandola e nel suo
aggiornamento, la lezione che vede le mosse dai disegnatori romani del
dopoguerra, soprattutto di quelli che si dissero della “Scuola del
Portonaccio”. Lì Vespignani e gli altri ebbero il loro abbrivio nel
descrivere le difficoltà di un presente desolato, legato alla ricostruzione;
qui si racconta un presente opulento ed in preda all’isolamento ove vanno
ricostruiti i legami tra gli uomini.
24
marzo 2007
Fabio Moro
Dal 24 marzo al 20 maggio 2007
arte contemporanea
giovane arte
giovane arte
Location
PIZIARTE
Teramo, Viale Cavour, 39, (Teramo)
Teramo, Viale Cavour, 39, (Teramo)
Orario di apertura
dal martedì al sabato ore 10 - 13 e 16 - 20; lunedì e domenica su appuntamento
Vernissage
24 Marzo 2007, ore 18
Autore
Curatore