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Fabio Pasotti – Monologo
Mostra di esordio di un giovane artista pordenonese
Comunicato stampa
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MONOLOGO
Come teorizza Kandinsky “L’opera d’arte è formata di due elementi: interno ed esterno.
L’elemento interno, considerato in sé rappresenta l’emozione dell’anima dell’artista”: è il suo contenuto.
Tale contenuto, determinato dalla “vibrazione dell’anima” costituisce la sostanza dell’opera, che richiede una forma materiale di espressione.
“L’opera è quindi la fusione inscindibile dell’elemento interno e dell’elemento esterno, contenuto e forma.
La scelta della forma viene quindi determinata dalla necessità interna, che è l’unica legge invariabile dell’arte.”
Le opere di Fabio Pasotti traducono in figurazioni gli stati emozionali di particolari momenti, anche i titoli espressi con le cifre delle date riconducono a determinati periodi e definite esperienze emozionali ben presenti all’artista. Riproducono nella figurazione pittorica ciò che lo sguardo interno “vede” o “sente”: il segno, la forma e il colore traducono un’entità psichica, una misteriosa “vibrazione dell’anima”; aspirano a rendere visibile l’invisibile, che certamente qui è inteso nel suo valore strettamente individuale.
Partendo da uno stato d’animo, l’artista costruisce una mappa mentale che diviene tangibile sulla tela attraverso l’accostamento di elementi geometrici ed accordi cromatici, i quali definiscono una vera e propria mappa spaziale, le cui singole parti funzionano organicamente nella loro totalità.
Alla ricerca del raggiungimento di un equilibrio perfetto, Fabio Pasotti gioca con le linee verticali, orizzontali, ma soprattutto con le diagonali, inserisce quadrilateri, figure circolari come anelli di una catena, triangoli, a volte chiudendone il perimetro, più spesso lasciando le forme aperte a possibili espansioni o sconfinamenti, che ne dilatano la percezione spaziale.
L’equilibrio della struttura compositiva si evidenzia nell’armonioso rapporto tra la pulizia delle forme geometriche e l’accordo delle cromie stese in campiture uniformi, quasi fosse il risultato dell’applicazione di principi matematici.
La costruzione risponde ad un preciso ordine logico, ad una griglia strutturale e geometrica, sebbene nell’atto creativo dell’artista sia subordinata all’immediatezza dell’emozione.
Le interrelazioni tra segni neri, figure geometriche e campi cromatici si combinano riempiendo tutto lo spazio disponibile, in modo tale da far scomparire lo sfondo, nella ricerca di un’articolazione spaziale fatta di intersecazioni o accostamenti di piani, livelli sovrapposti, congiunzioni e disgiunzioni di linee curve e segmenti che potrebbero replicarsi all’infinito oltre i confini imposti dalle misure del supporto.
Le diagonali, presenti in quasi tutte le tele, conferiscono dinamismo alle composizioni o spezzando la staticità delle linee verticali e orizzontali o provocando un’accelerazione del movimento lento delle linee curve, in un altro caso attirando lo sguardo verso il centro del quadro, che sembra arretrare mosso da una misteriosa forza centripeta e, come in un buco nero, pare inglobare la materia.
Le marcate linee nere divengono vettori dinamici percorrendo i quali lo spettatore si muove attraverso il quadro con un ritmo ora lento e rilassato, come nell’opera con la spirale spezzettata su campo verde e la curva che segue dilatata da bolle; ora repentino come nello slancio di un meccanismo a molla; ora discontinuo quasi fosse irto di ostacoli e di mutamenti di direzione; ora lineare.
La tavolozza dei colori è ridotta, arriva al massimo a cinque o sei per ogni quadro, sono colori schietti, senza sfumature, distribuiti a larghi tratti entro sagome ben definite.
La prevalente presenza del grigio nelle diverse tonalità conferisce un effetto di immobilità alla superficie a cui si contrappone la forza dinamica del rosso, utilizzato però con moderazione.
Nelle ultime opere la ricerca dell’artista pare rivolgersi ad esprimere il necessario, con una tensione maggiormente rivolta alla sintesi.
Ne sono espressione i grossi tratti lineari di colore nero, che alludono a segni archetipi, immagini primordiali fortemente icastiche.
Paola Voncini
Fabio Pasotti nasce a Pordenone nel 1974. Attualmente vive e lavora a Cordenons (PN).
Sin dall’infanzia ha respirato in famiglia un clima artistico, grazie alla passione e all’attività creativa del padre, sviluppando una certa sensibilità verso le arti visive. Nonostante ciò decide di intraprendere studi tecnici diplomandosi geometra.
Continua a frequentare gli ambienti artistici e coltiva in particolare l’interesse per la fotografia, interesse che lo porta nel 2007 e nel 2009 a presentare alcune installazioni. Due anni fa nasce prepotente il desiderio di percorrere la strada della pittura, dapprima con lavori sperimentali di piccolo formato, in seguito avvicinandosi alle modalità espressive dell’astrattismo.
Come teorizza Kandinsky “L’opera d’arte è formata di due elementi: interno ed esterno.
L’elemento interno, considerato in sé rappresenta l’emozione dell’anima dell’artista”: è il suo contenuto.
Tale contenuto, determinato dalla “vibrazione dell’anima” costituisce la sostanza dell’opera, che richiede una forma materiale di espressione.
“L’opera è quindi la fusione inscindibile dell’elemento interno e dell’elemento esterno, contenuto e forma.
La scelta della forma viene quindi determinata dalla necessità interna, che è l’unica legge invariabile dell’arte.”
Le opere di Fabio Pasotti traducono in figurazioni gli stati emozionali di particolari momenti, anche i titoli espressi con le cifre delle date riconducono a determinati periodi e definite esperienze emozionali ben presenti all’artista. Riproducono nella figurazione pittorica ciò che lo sguardo interno “vede” o “sente”: il segno, la forma e il colore traducono un’entità psichica, una misteriosa “vibrazione dell’anima”; aspirano a rendere visibile l’invisibile, che certamente qui è inteso nel suo valore strettamente individuale.
Partendo da uno stato d’animo, l’artista costruisce una mappa mentale che diviene tangibile sulla tela attraverso l’accostamento di elementi geometrici ed accordi cromatici, i quali definiscono una vera e propria mappa spaziale, le cui singole parti funzionano organicamente nella loro totalità.
Alla ricerca del raggiungimento di un equilibrio perfetto, Fabio Pasotti gioca con le linee verticali, orizzontali, ma soprattutto con le diagonali, inserisce quadrilateri, figure circolari come anelli di una catena, triangoli, a volte chiudendone il perimetro, più spesso lasciando le forme aperte a possibili espansioni o sconfinamenti, che ne dilatano la percezione spaziale.
L’equilibrio della struttura compositiva si evidenzia nell’armonioso rapporto tra la pulizia delle forme geometriche e l’accordo delle cromie stese in campiture uniformi, quasi fosse il risultato dell’applicazione di principi matematici.
La costruzione risponde ad un preciso ordine logico, ad una griglia strutturale e geometrica, sebbene nell’atto creativo dell’artista sia subordinata all’immediatezza dell’emozione.
Le interrelazioni tra segni neri, figure geometriche e campi cromatici si combinano riempiendo tutto lo spazio disponibile, in modo tale da far scomparire lo sfondo, nella ricerca di un’articolazione spaziale fatta di intersecazioni o accostamenti di piani, livelli sovrapposti, congiunzioni e disgiunzioni di linee curve e segmenti che potrebbero replicarsi all’infinito oltre i confini imposti dalle misure del supporto.
Le diagonali, presenti in quasi tutte le tele, conferiscono dinamismo alle composizioni o spezzando la staticità delle linee verticali e orizzontali o provocando un’accelerazione del movimento lento delle linee curve, in un altro caso attirando lo sguardo verso il centro del quadro, che sembra arretrare mosso da una misteriosa forza centripeta e, come in un buco nero, pare inglobare la materia.
Le marcate linee nere divengono vettori dinamici percorrendo i quali lo spettatore si muove attraverso il quadro con un ritmo ora lento e rilassato, come nell’opera con la spirale spezzettata su campo verde e la curva che segue dilatata da bolle; ora repentino come nello slancio di un meccanismo a molla; ora discontinuo quasi fosse irto di ostacoli e di mutamenti di direzione; ora lineare.
La tavolozza dei colori è ridotta, arriva al massimo a cinque o sei per ogni quadro, sono colori schietti, senza sfumature, distribuiti a larghi tratti entro sagome ben definite.
La prevalente presenza del grigio nelle diverse tonalità conferisce un effetto di immobilità alla superficie a cui si contrappone la forza dinamica del rosso, utilizzato però con moderazione.
Nelle ultime opere la ricerca dell’artista pare rivolgersi ad esprimere il necessario, con una tensione maggiormente rivolta alla sintesi.
Ne sono espressione i grossi tratti lineari di colore nero, che alludono a segni archetipi, immagini primordiali fortemente icastiche.
Paola Voncini
Fabio Pasotti nasce a Pordenone nel 1974. Attualmente vive e lavora a Cordenons (PN).
Sin dall’infanzia ha respirato in famiglia un clima artistico, grazie alla passione e all’attività creativa del padre, sviluppando una certa sensibilità verso le arti visive. Nonostante ciò decide di intraprendere studi tecnici diplomandosi geometra.
Continua a frequentare gli ambienti artistici e coltiva in particolare l’interesse per la fotografia, interesse che lo porta nel 2007 e nel 2009 a presentare alcune installazioni. Due anni fa nasce prepotente il desiderio di percorrere la strada della pittura, dapprima con lavori sperimentali di piccolo formato, in seguito avvicinandosi alle modalità espressive dell’astrattismo.
10
gennaio 2012
Fabio Pasotti – Monologo
Dal 10 al 26 gennaio 2012
arte contemporanea
Location
LA ROGGIA
Pordenone, Viale Trieste, 19, (Pordenone)
Pordenone, Viale Trieste, 19, (Pordenone)
Orario di apertura
Da martedì a sabato ore 16 - 19
Vernissage
10 Gennaio 2012, ore 18,30
Autore
Curatore