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Fabio Torre – Polaroiding. Un viaggio in Land 250
Per questa insolita mostra allo Studio Art 74, Fabio Torre apre uno dei suoi cassetti più segreti e più cari. Il cassetto delle polaroid, scattate a ripetizione negli anni e ammucchiate lì, a formare un qualcosa a metà tra l’album dei ricordi e la registrazione di irripetibili momenti visivi. Poche pretese di fare arte, ma poi chissà…
Comunicato stampa
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Per questa insolita mostra allo Studio Art 74, Fabio Torre apre uno dei suoi cassetti più segreti e più cari. Il cassetto delle polaroid, scattate a ripetizione negli anni e ammucchiate lì, a formare un qualcosa a metà tra l’album dei ricordi e la registrazione di irripetibili momenti visivi. Poche pretese di fare arte, ma poi chissà…
Per Fabio Torre, l’ultraquarantenne Land 250 non è certo reperto da scaffale, piuttosto una fedele compagna di vita, amatissimo complice e sismografo di emozioni che per un’elementare magia chimica regala immagini. Gli angoli dello studio, i lavori a metà, le anonime silhouette dei passanti, gli amici, gli artisti, e poi i grandi amori: Patti Smith, New York, tra le stanze del Chelsea Hotel e la gente di Christopher Street, i bar dell’ottava avenue e quel che resta della vecchia Bowery. Un mondo che è sotto gli occhi di tutti, eppure allo stesso tempo intimo e personale. Un mondo che se ne sta andando ma che ha avuto la gentilezza di fermarsi un attimo per consentire il tremulo clic del piccolo marchingegno, che speriamo non smetta di funzionare mai.
Il bianco e nero e i morbidi grigi sui cartoncini umidi hanno ispirato gli occhi di autori tra i più celebrati – dalle istantanee di Warhol alle ricercate composizioni di Mapplethorpe, alle morbide atmosfere di Patti Smith – e anticipato di mezzo secolo la rivoluzione digitale, almeno in termini di tempi di fruizione: la piccola polaroid è stata la prima a bypassare la camera oscura e a darti subito, “qui e ora”, il frutto del tuo clic, a mettere nero su bianco la luce di un’intuizione, spesso ripagando con gli interessi la fiducia riposta.
Ma quanta distanza dal digitale: la polaroid germoglia dagli occhi, forse un po’ dal cuore. Riesce a sfuggire al controllo e non crede agli errori: i suoi piccoli difetti la rendono preziosa e unica. Nasce così com’è, non si aggiusta. E’ tutto o niente.
Fabio Torre
POLAROIDING
A journey on Land 250
For this unusual solo show at Studio Art 74, Fabio Torre opens one of his most secret and beloved drawers. The polaroids drawer, repeatedly shot and piled up all through the years, halfway between the memory album and the recording of unrepeatable visual moments. Little pretension to make art, but who never knows…
For Fabio Torre, the over 40 year-old Land 250 is not an obsolete object for a shelf, but rather a life-companion, a beloved accomplice and seismograph of emotions producing pictures by simple chemical magic. The corners of the studio, the half-finished artworks, the anonymous silhouettes of people passing by, the friends, the artists, and finally the great loves: Patti Smith, New York, among the Chelsea Hotel rooms and Christopher street crowd, Eight Avenue bars and what is left of the old Bowery, a world under everybody’s sight, but still intimate and personal. A world passing over but kind enough to stop for a moment to allow the little equipment’s click, hoping it will never stop working.
The black and white and soft grays on the wet paper inspired most celebrated authors’ eyes – from Warhol’s snapshots to Mapplethorpe’s refined compositions, up to Patti Smith’s soft atmospheres – and anticipated by half a century the digital revolution, at least in terms of fruition: the little polaroid has been the very first to bypass the dark room and to give right away, “here and now”, the fruit of your click, to put down in black and white the light of an intuition, often repaying with interests the given trust.
But what a distance from digital. Polaroid springs up from eyes, a bit from the heart. It can escape control and doesn’t believe in mistakes. Its minor defects make it precious and unique. It springs up just like this, you can’t re-arrange it. It’s all or nothing.
Per Fabio Torre, l’ultraquarantenne Land 250 non è certo reperto da scaffale, piuttosto una fedele compagna di vita, amatissimo complice e sismografo di emozioni che per un’elementare magia chimica regala immagini. Gli angoli dello studio, i lavori a metà, le anonime silhouette dei passanti, gli amici, gli artisti, e poi i grandi amori: Patti Smith, New York, tra le stanze del Chelsea Hotel e la gente di Christopher Street, i bar dell’ottava avenue e quel che resta della vecchia Bowery. Un mondo che è sotto gli occhi di tutti, eppure allo stesso tempo intimo e personale. Un mondo che se ne sta andando ma che ha avuto la gentilezza di fermarsi un attimo per consentire il tremulo clic del piccolo marchingegno, che speriamo non smetta di funzionare mai.
Il bianco e nero e i morbidi grigi sui cartoncini umidi hanno ispirato gli occhi di autori tra i più celebrati – dalle istantanee di Warhol alle ricercate composizioni di Mapplethorpe, alle morbide atmosfere di Patti Smith – e anticipato di mezzo secolo la rivoluzione digitale, almeno in termini di tempi di fruizione: la piccola polaroid è stata la prima a bypassare la camera oscura e a darti subito, “qui e ora”, il frutto del tuo clic, a mettere nero su bianco la luce di un’intuizione, spesso ripagando con gli interessi la fiducia riposta.
Ma quanta distanza dal digitale: la polaroid germoglia dagli occhi, forse un po’ dal cuore. Riesce a sfuggire al controllo e non crede agli errori: i suoi piccoli difetti la rendono preziosa e unica. Nasce così com’è, non si aggiusta. E’ tutto o niente.
Fabio Torre
POLAROIDING
A journey on Land 250
For this unusual solo show at Studio Art 74, Fabio Torre opens one of his most secret and beloved drawers. The polaroids drawer, repeatedly shot and piled up all through the years, halfway between the memory album and the recording of unrepeatable visual moments. Little pretension to make art, but who never knows…
For Fabio Torre, the over 40 year-old Land 250 is not an obsolete object for a shelf, but rather a life-companion, a beloved accomplice and seismograph of emotions producing pictures by simple chemical magic. The corners of the studio, the half-finished artworks, the anonymous silhouettes of people passing by, the friends, the artists, and finally the great loves: Patti Smith, New York, among the Chelsea Hotel rooms and Christopher street crowd, Eight Avenue bars and what is left of the old Bowery, a world under everybody’s sight, but still intimate and personal. A world passing over but kind enough to stop for a moment to allow the little equipment’s click, hoping it will never stop working.
The black and white and soft grays on the wet paper inspired most celebrated authors’ eyes – from Warhol’s snapshots to Mapplethorpe’s refined compositions, up to Patti Smith’s soft atmospheres – and anticipated by half a century the digital revolution, at least in terms of fruition: the little polaroid has been the very first to bypass the dark room and to give right away, “here and now”, the fruit of your click, to put down in black and white the light of an intuition, often repaying with interests the given trust.
But what a distance from digital. Polaroid springs up from eyes, a bit from the heart. It can escape control and doesn’t believe in mistakes. Its minor defects make it precious and unique. It springs up just like this, you can’t re-arrange it. It’s all or nothing.
07
maggio 2010
Fabio Torre – Polaroiding. Un viaggio in Land 250
Dal 07 maggio al 13 giugno 2010
fotografia
Location
STUDIO ART 74
Bologna, Via Massenzio Masia, 12/b-c, (Bologna)
Bologna, Via Massenzio Masia, 12/b-c, (Bologna)
Orario di apertura
da Lunedì a Venerdì 15-19
Vernissage
7 Maggio 2010, ore 18.30
Autore