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Fabio Zonta – Palingenesi
Le immagini di Zonta indagano il pensiero atomistico nella sua accezione squisitamente estetica, concentrandosi sulla ripresa ravvicinata degli elementi naturali che sembrano rappresentare al meglio il continuo esaurirsi e rigenerarsi della vita nei processi riproduttivi.
Comunicato stampa
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PALINGENESI | Fabio Zonta
La carriera pluridecennale di Fabio Zonta lo vede impegnato come fotografo di architetture e oggetti di design, oltre che nella documentazione del lavoro di artisti italiani e stranieri, fino ad approdare negli ultimi anni ad una personale ricerca sul tema dell’atomismo Democriteo. Le immagini di Zonta indagano il pensiero atomistico nella sua accezione squisitamente estetica, concentrandosi sulla ripresa ravvicinata degli elementi naturali che sembrano rappresentare al meglio il continuo esaurirsi e rigenerarsi della vita nei processi riproduttivi.
“Cactus”, “Paeoniae” e “Chrysantema” sono i titoli eloquenti delle serie di fotografie dedicate ai fiori omonimi, tutti immortalati nel fugace istante che separa la massima fioritura dal successivo appassimento, mentre in “Levità” fanno la loro comparsa i soffioni, ancor più effimeri nella loro inconsistenza. Le immagini più cupe di “Disgregazione”, infine, si addentrano nella ruvidità delle radici, sostegno primigenio al processo filogenetico dell’organismo vegetale, e nella fragilità rugosa delle foglie ormai appassite.
Zonta rappresenta i suoi soggetti con la precisione scientifica della proiezione ortogonale, alternando sequenze di sguardi zenitali ad altre di viste laterali, che predispongono gli elementi naturali all’analisi rigorosa da parte di uno sguardo che s’interroga sui processi della natura.
L’oggetto si colloca sempre in posizione di primissimo piano rispetto all’obiettivo, che nel singolo istante dello scatto ne restituisce l’infinita complessità costitutiva con una definizione cristallina.
Il fotografo, quindi, compie essenzialmente un’operazione di attenta osservazione che gli permette di cogliere l’attimo, l’hic et nunc del passaggio di testimone nella perenne staffetta tra la vita che sfiorisce e quella che sboccerà dai suoi semi.
D’altra parte, Zonta non si limita alla riproduzione realistica di questo momento cruciale; al contrario, non appena riesce ad impossessarsene, subito lo sottopone ad un processo di astrazione e de-realizzazione, con il candore dello sfondo bianco o con il nero che sembra imporre una distanza incolmabile tra l’oggetto ripreso nell’attimo e gli altri infiniti momenti della sua vita naturale.
Le rotondità spinose dei cactus e le curve morbide dei petali di peonia si appiattiscono sui fondali monocromi e gli strati di cui si compone l’oggetto convivono simultaneamente sullo stesso piano, con la messa a fuoco generalmente uniforme che impedisce di stabilire una gerarchia spaziale tra di essi. Di conseguenza lo spettatore, che pure percepisce intensamente la consistenza solida del fiore e della radice, ne coglie immediatamente anche la riduzione a pura bidimensionalità. Così, a partire dall’osservazione compiuta dal fotografo, che ha sottratto alla linea temporale il singolo istante da sottoporre ad indagine, la natura si amplifica nella sua rappresentazione “a schermo”.
Nei termini in cui ne parla Jean Baudrillard, l’occhio umano che visualizza uno schermo modifica il paradigma della sua sensibilità e compie un’operazione che non è più di osservazione, bensì di esplorazione. Lo sguardo circola secondo una traiettoria spezzata e con moto incessante, decodifica la complessità dell’immagine e relaziona le singole parti con il tutto.
Se è vero che questa modalità di analisi visuale è resa possibile unicamente dalla completa sottrazione dell’oggetto a qualsiasi relazione temporale o spaziale estrinseca, allora la comprensione a cui si potrà pervenire non è quella dell’intero ciclo vitale del fiore ma solo di un suo frammento.La natura, sembra volerci dire Zonta, non si offre alla nostra comprensione nella totalità dei suoi processi ma anzi si rifiuta di farsi decifrare se non nell’attimo dichiaratamente caduco dello scatto. Un attimo che pure è ricco di allusioni e di rimandi, un presente istantaneo che si nutre del rapporto dinamico tra passato e futuro.
Ecco che, nelle parole di Cesare Cunaccia, le fotografie di Zonta diventano “crittogrammi, al contempo intrisi di memoria ed emozione ma pieni di fervore futuro”.
(Alessandro Benetti, ©Areaarte 2012)
Fabio Zonta è nato a Bassano del Grappa nel 1958. Nel 1977 si trasferisce a Milano, dove lavora alla Publifoto di Alfredo Pratelli, all’interno della prestigiosa agenzia è assistente di Alfa Castaldi e, in seguito, di Chistopher Broadbent.
Dal 1980 al 1982 è assistente di Davide Mosconi con il quale costituisce in seguito un forte sodalizio. Parallelamente continuano, dal 1980, le collaborazioni con alcune riviste di Design e Architettura, le sue foto sono pubblicate con regolarità su : Abitare, Domus, Gran-Bazaar, Ottagono, Modo e Interni.Fotografa per importanti studi di architettura tra cui: Cini Boeri, Matteo Thun, Sottsass-Associati, Antonio Zanuso. Fotografa per la vetreria Venini di Venezia.
Documenta per cataloghi e mostre l’opera di vari artisti italiani e stranieri tra cui Renata Bonfanti, Laura Diaz de Santillana, Philip Tsiaras, Lee Babel, Stefania Lucchetta, Candido Fior, Alessandro Diaz de Santillana.
Dal 2003, anno della prima mostra personale, si dedica principalmente alla sua ricerca sulla “Natura Morta”. Ha esposto a “Paris-Photo”, Art-Miami, Ginevra, Londra, Roma, Firenze, Milano, Torino e Genova.
Ha all’attivo numerose pubblicazioni e le sue immagini sono presenti in prestigiose collezioni italiane e straniere. E’ rappresentato da “Grimaldi-Gavin Gallery” di Londra e da “Galleria Antonia Jannone” di Milano.
Vive e lavora a Bassano del Grappa e Milano.
La carriera pluridecennale di Fabio Zonta lo vede impegnato come fotografo di architetture e oggetti di design, oltre che nella documentazione del lavoro di artisti italiani e stranieri, fino ad approdare negli ultimi anni ad una personale ricerca sul tema dell’atomismo Democriteo. Le immagini di Zonta indagano il pensiero atomistico nella sua accezione squisitamente estetica, concentrandosi sulla ripresa ravvicinata degli elementi naturali che sembrano rappresentare al meglio il continuo esaurirsi e rigenerarsi della vita nei processi riproduttivi.
“Cactus”, “Paeoniae” e “Chrysantema” sono i titoli eloquenti delle serie di fotografie dedicate ai fiori omonimi, tutti immortalati nel fugace istante che separa la massima fioritura dal successivo appassimento, mentre in “Levità” fanno la loro comparsa i soffioni, ancor più effimeri nella loro inconsistenza. Le immagini più cupe di “Disgregazione”, infine, si addentrano nella ruvidità delle radici, sostegno primigenio al processo filogenetico dell’organismo vegetale, e nella fragilità rugosa delle foglie ormai appassite.
Zonta rappresenta i suoi soggetti con la precisione scientifica della proiezione ortogonale, alternando sequenze di sguardi zenitali ad altre di viste laterali, che predispongono gli elementi naturali all’analisi rigorosa da parte di uno sguardo che s’interroga sui processi della natura.
L’oggetto si colloca sempre in posizione di primissimo piano rispetto all’obiettivo, che nel singolo istante dello scatto ne restituisce l’infinita complessità costitutiva con una definizione cristallina.
Il fotografo, quindi, compie essenzialmente un’operazione di attenta osservazione che gli permette di cogliere l’attimo, l’hic et nunc del passaggio di testimone nella perenne staffetta tra la vita che sfiorisce e quella che sboccerà dai suoi semi.
D’altra parte, Zonta non si limita alla riproduzione realistica di questo momento cruciale; al contrario, non appena riesce ad impossessarsene, subito lo sottopone ad un processo di astrazione e de-realizzazione, con il candore dello sfondo bianco o con il nero che sembra imporre una distanza incolmabile tra l’oggetto ripreso nell’attimo e gli altri infiniti momenti della sua vita naturale.
Le rotondità spinose dei cactus e le curve morbide dei petali di peonia si appiattiscono sui fondali monocromi e gli strati di cui si compone l’oggetto convivono simultaneamente sullo stesso piano, con la messa a fuoco generalmente uniforme che impedisce di stabilire una gerarchia spaziale tra di essi. Di conseguenza lo spettatore, che pure percepisce intensamente la consistenza solida del fiore e della radice, ne coglie immediatamente anche la riduzione a pura bidimensionalità. Così, a partire dall’osservazione compiuta dal fotografo, che ha sottratto alla linea temporale il singolo istante da sottoporre ad indagine, la natura si amplifica nella sua rappresentazione “a schermo”.
Nei termini in cui ne parla Jean Baudrillard, l’occhio umano che visualizza uno schermo modifica il paradigma della sua sensibilità e compie un’operazione che non è più di osservazione, bensì di esplorazione. Lo sguardo circola secondo una traiettoria spezzata e con moto incessante, decodifica la complessità dell’immagine e relaziona le singole parti con il tutto.
Se è vero che questa modalità di analisi visuale è resa possibile unicamente dalla completa sottrazione dell’oggetto a qualsiasi relazione temporale o spaziale estrinseca, allora la comprensione a cui si potrà pervenire non è quella dell’intero ciclo vitale del fiore ma solo di un suo frammento.La natura, sembra volerci dire Zonta, non si offre alla nostra comprensione nella totalità dei suoi processi ma anzi si rifiuta di farsi decifrare se non nell’attimo dichiaratamente caduco dello scatto. Un attimo che pure è ricco di allusioni e di rimandi, un presente istantaneo che si nutre del rapporto dinamico tra passato e futuro.
Ecco che, nelle parole di Cesare Cunaccia, le fotografie di Zonta diventano “crittogrammi, al contempo intrisi di memoria ed emozione ma pieni di fervore futuro”.
(Alessandro Benetti, ©Areaarte 2012)
Fabio Zonta è nato a Bassano del Grappa nel 1958. Nel 1977 si trasferisce a Milano, dove lavora alla Publifoto di Alfredo Pratelli, all’interno della prestigiosa agenzia è assistente di Alfa Castaldi e, in seguito, di Chistopher Broadbent.
Dal 1980 al 1982 è assistente di Davide Mosconi con il quale costituisce in seguito un forte sodalizio. Parallelamente continuano, dal 1980, le collaborazioni con alcune riviste di Design e Architettura, le sue foto sono pubblicate con regolarità su : Abitare, Domus, Gran-Bazaar, Ottagono, Modo e Interni.Fotografa per importanti studi di architettura tra cui: Cini Boeri, Matteo Thun, Sottsass-Associati, Antonio Zanuso. Fotografa per la vetreria Venini di Venezia.
Documenta per cataloghi e mostre l’opera di vari artisti italiani e stranieri tra cui Renata Bonfanti, Laura Diaz de Santillana, Philip Tsiaras, Lee Babel, Stefania Lucchetta, Candido Fior, Alessandro Diaz de Santillana.
Dal 2003, anno della prima mostra personale, si dedica principalmente alla sua ricerca sulla “Natura Morta”. Ha esposto a “Paris-Photo”, Art-Miami, Ginevra, Londra, Roma, Firenze, Milano, Torino e Genova.
Ha all’attivo numerose pubblicazioni e le sue immagini sono presenti in prestigiose collezioni italiane e straniere. E’ rappresentato da “Grimaldi-Gavin Gallery” di Londra e da “Galleria Antonia Jannone” di Milano.
Vive e lavora a Bassano del Grappa e Milano.
18
giugno 2016
Fabio Zonta – Palingenesi
Dal 18 giugno al 09 settembre 2016
fotografia
Location
KUNSTRAUM CAFE MITTERHOFER
San Candido, Via Peter Paul Rainer, 4, (Bolzano)
San Candido, Via Peter Paul Rainer, 4, (Bolzano)
Orario di apertura
luglio e agosto: da lunedì a domenica ore 7-23
giugno e settembre: da lunedì a sabato ore 7-23
Vernissage
18 Giugno 2016, ore 19.00
Autore