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Fabrizio Ajello – Et in Arcadia Ego: necropoli di sale
L’artista palermitano Fabrizio Ajello ha elaborato uno spazio fisico e allo stesso astratto attraverso la riflessione sul concetto di tomba-tumulo, inteso nel suo significato bivalente di luogo di sepoltura e di “non luogo” della memoria
Comunicato stampa
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In occasione dell’apertura della settimana dedicata alla cultura (2 - 9 Aprile 2006), il Museo Nazionale Archeologico Cerite di Cerveteri ospiterà “Et in Arcadia Ego: necropoli di sale di Fabrizio Ajello” , un progetto espositivo curato da Susanna Horvatovicova e realizzato dall’artista Fabrizio Ajello, in collaborazione con la Soprintendenza archeologica per l’Etruria Meridionale.
La manifestazione artistica si inaugurerà domenica 2 Aprile nel Museo Nazionale Archeologico Cerite, ricavato nel Castello Ruspoli a Cerveteri, in piazza S. Maria 1, durante l’orario di apertura del museo.
“Et in Arcadia Ego: necropoli di sale di Fabrizio Ajello” è un’iniziativa culturale ideata appositamente per il “site-specific” dello spazio museale di Cerveteri.
L’artista palermitano Fabrizio Ajello ha elaborato uno spazio fisico e allo stesso astratto attraverso la riflessione sul concetto di tomba-tumulo, inteso nel suo significato bivalente di luogo di sepoltura e di “non luogo” della memoria.
La scultura di Fabrizio Ajello rappresenta un atto provocatorio, spiazzante e propiziatorio che carica di valenze simboliche l’ambiente espositivo.
L’artista ha riprodotto in miniatura, con pochi tratti minimali, una necropoli etrusca, in cui ha inserito una serie di oggetti simbolici, teschi d’oro incisi, ossa levigate e dipinte, vasellame, che richiamano alla mente i siti archeologici etruschi e romani, che si stendono ai piedi di Cerveteri e nel territorio circostante.
Forma e materia riportano l’evanescenza del gesto effimero, alludono alla caducità della vita e alla ripetitività del rito. La forma circolare e protettiva della scultura, che ricorda le stanze interne dei tumuli etruschi, è contraddetta dal materiale friabile e sottile che sfuma la concretezza dei contorni e produce un’insolita luminosità: l’opera è stata concepita interamente di sale, un minerale insostituibile per l’uomo, che mantiene in sé delle proprietà intrinseche dalla forte valenza simbolica.
La sottile sostanza simile ad una polvere bianca diventa materia significante e forma pura allo stesso tempo, in modo non dissimile dagli oggetti realizzati con il polline dei fiori dall’artista tedesco Wolfgang Laib. La composizione di Ajello entra in dialogo con lo spazio museale, sfrutta in maniera mirata le proprietà e la stessa essenza del sale, allunde attraverso il minerale ad antiche usanze, alla lavorazione e alla conservazione dei cibi e alla mummificazione dei corpi umani ed animali.
Il contrasto visivo tra la candida necropoli di sale ed il museo induce a catalizzare l’attenzione dello spettatore e a mettere in discussione la normale fruizione culturale e didattica degli oggetti conservati; permette di guardare sotto una diversa luce i resti di una civiltà mai dimenticata né perduta, come quella etrusca.
Il progetto espositivo “Et in Arcadia Ego” si pone in una zona franca, tra lo scorrere del tempo e la fissità dell’idea della morte. Diventa la citazione di una memoria che continua a ripetersi: richiama alla mente l’usanza etrusca di seppellire i morti in tumuli insieme ai loro oggetti quotidiani.
La necropoli di Fabrizio Ajello è una dimensione prettamente mentale che concentra in sé diversi rimandi alla storia e alla storia dell’arte antica e moderna: può ricordare la tradizionale raffigurazione della tomba degli avi italici, la citazione di vecchie leggende medievali, come la storia dei tre vivi e dei tre morti, può rappresentare un richiamo all’iconografia moderna del buon pastore che medita sulla vanità delle passioni umane di fronte alla tomba di un defunto magistralmente dipinta da Guercino o da Poussin.
Fabrizio Ajello mette in scena la sua personale versione di un santuario immaginario, crea un proprio “non luogo” archetipale, una nuova Arcadia, la terra lontana, identificata da Teocrito con una regione greca che, nel corso dei secoli, ha continuato a vivere nell’immaginario di grandi scrittori come Plinio, Virgilio, Ovidio, Dante Alighieri, Boccaccio e Petrarca, Sannazaro, Guarini, Tasso...
La necropoli di sale di Ajello è dunque il “non luogo”, uno spazio di meditazione, una versione personale dell’Arcadia. L’opera è collocata fuori e allo stesso tempo dentro il tempo storico, poiché sfugge alla temporalità della storia ma ne fa anche parte, restituendo all’oggetto conservato una perenne “contemporaneità”
Nel “Il tempo ritrovato” lo scrittore francese Marcel Proust ha messo in evidenza in maniera geniale la capacità umana di trovare nella memoria la via per l’eternità, di fermare il tempo e di ricordurlo ad un presente circolare attraverso la narrazione dei ricordi inaspettati, frammentari e fugaci dei protagonisti del romanzo. In maniera analoga, l’installazione di sale di Ajello riporta nel presente la concezione di un tempo circolare: ricompone simbolicamente un rituale, connota e valorizza gli oggetti etruschi, non riducendoli in termini puramente materiali.
Tomba, tumulo, ossa e sale, residui di vite passate e di culture ancora vive sono dunque custodite nel santuario immaginario di Fabrizio Ajello. Ogni oggetto contenuto indica diversi percorsi mentali, mette in relazione lo spazio museale con una riflessione più ampia, con la memoria viva di un’esperienza ancora presente e non conclusa che, attraverso la fruizione dello spettatore, si carica di nuovi valori apotropaici, magico-rituali e universali.
La manifestazione artistica si inaugurerà domenica 2 Aprile nel Museo Nazionale Archeologico Cerite, ricavato nel Castello Ruspoli a Cerveteri, in piazza S. Maria 1, durante l’orario di apertura del museo.
“Et in Arcadia Ego: necropoli di sale di Fabrizio Ajello” è un’iniziativa culturale ideata appositamente per il “site-specific” dello spazio museale di Cerveteri.
L’artista palermitano Fabrizio Ajello ha elaborato uno spazio fisico e allo stesso astratto attraverso la riflessione sul concetto di tomba-tumulo, inteso nel suo significato bivalente di luogo di sepoltura e di “non luogo” della memoria.
La scultura di Fabrizio Ajello rappresenta un atto provocatorio, spiazzante e propiziatorio che carica di valenze simboliche l’ambiente espositivo.
L’artista ha riprodotto in miniatura, con pochi tratti minimali, una necropoli etrusca, in cui ha inserito una serie di oggetti simbolici, teschi d’oro incisi, ossa levigate e dipinte, vasellame, che richiamano alla mente i siti archeologici etruschi e romani, che si stendono ai piedi di Cerveteri e nel territorio circostante.
Forma e materia riportano l’evanescenza del gesto effimero, alludono alla caducità della vita e alla ripetitività del rito. La forma circolare e protettiva della scultura, che ricorda le stanze interne dei tumuli etruschi, è contraddetta dal materiale friabile e sottile che sfuma la concretezza dei contorni e produce un’insolita luminosità: l’opera è stata concepita interamente di sale, un minerale insostituibile per l’uomo, che mantiene in sé delle proprietà intrinseche dalla forte valenza simbolica.
La sottile sostanza simile ad una polvere bianca diventa materia significante e forma pura allo stesso tempo, in modo non dissimile dagli oggetti realizzati con il polline dei fiori dall’artista tedesco Wolfgang Laib. La composizione di Ajello entra in dialogo con lo spazio museale, sfrutta in maniera mirata le proprietà e la stessa essenza del sale, allunde attraverso il minerale ad antiche usanze, alla lavorazione e alla conservazione dei cibi e alla mummificazione dei corpi umani ed animali.
Il contrasto visivo tra la candida necropoli di sale ed il museo induce a catalizzare l’attenzione dello spettatore e a mettere in discussione la normale fruizione culturale e didattica degli oggetti conservati; permette di guardare sotto una diversa luce i resti di una civiltà mai dimenticata né perduta, come quella etrusca.
Il progetto espositivo “Et in Arcadia Ego” si pone in una zona franca, tra lo scorrere del tempo e la fissità dell’idea della morte. Diventa la citazione di una memoria che continua a ripetersi: richiama alla mente l’usanza etrusca di seppellire i morti in tumuli insieme ai loro oggetti quotidiani.
La necropoli di Fabrizio Ajello è una dimensione prettamente mentale che concentra in sé diversi rimandi alla storia e alla storia dell’arte antica e moderna: può ricordare la tradizionale raffigurazione della tomba degli avi italici, la citazione di vecchie leggende medievali, come la storia dei tre vivi e dei tre morti, può rappresentare un richiamo all’iconografia moderna del buon pastore che medita sulla vanità delle passioni umane di fronte alla tomba di un defunto magistralmente dipinta da Guercino o da Poussin.
Fabrizio Ajello mette in scena la sua personale versione di un santuario immaginario, crea un proprio “non luogo” archetipale, una nuova Arcadia, la terra lontana, identificata da Teocrito con una regione greca che, nel corso dei secoli, ha continuato a vivere nell’immaginario di grandi scrittori come Plinio, Virgilio, Ovidio, Dante Alighieri, Boccaccio e Petrarca, Sannazaro, Guarini, Tasso...
La necropoli di sale di Ajello è dunque il “non luogo”, uno spazio di meditazione, una versione personale dell’Arcadia. L’opera è collocata fuori e allo stesso tempo dentro il tempo storico, poiché sfugge alla temporalità della storia ma ne fa anche parte, restituendo all’oggetto conservato una perenne “contemporaneità”
Nel “Il tempo ritrovato” lo scrittore francese Marcel Proust ha messo in evidenza in maniera geniale la capacità umana di trovare nella memoria la via per l’eternità, di fermare il tempo e di ricordurlo ad un presente circolare attraverso la narrazione dei ricordi inaspettati, frammentari e fugaci dei protagonisti del romanzo. In maniera analoga, l’installazione di sale di Ajello riporta nel presente la concezione di un tempo circolare: ricompone simbolicamente un rituale, connota e valorizza gli oggetti etruschi, non riducendoli in termini puramente materiali.
Tomba, tumulo, ossa e sale, residui di vite passate e di culture ancora vive sono dunque custodite nel santuario immaginario di Fabrizio Ajello. Ogni oggetto contenuto indica diversi percorsi mentali, mette in relazione lo spazio museale con una riflessione più ampia, con la memoria viva di un’esperienza ancora presente e non conclusa che, attraverso la fruizione dello spettatore, si carica di nuovi valori apotropaici, magico-rituali e universali.
02
aprile 2006
Fabrizio Ajello – Et in Arcadia Ego: necropoli di sale
Dal 02 al 09 aprile 2006
arte contemporanea
Location
MUSEO NAZIONALE ARCHEOLOGICO CERITE
Cerveteri, Piazza Santa Maria, 1, (Roma)
Cerveteri, Piazza Santa Maria, 1, (Roma)
Orario di apertura
9:00/14:00 e 16:00/19:00. Chiuso il Lunedì
Autore
Curatore