Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Fabrizio Cicero – La penultima verità
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Rassegna Osare Perdere
a cura di Gino D’Ugo
Testo di Nicoletta Provenzano
La Penultima verità di Fabrizio Cicero è un incontro con una natura immaginata in un futuro distopico, una evocazione bloccata in corso di caricamento, un ricordo di una terra ormai inospitale, affidato e ricreato da una macchina, che fatica a profilarsi nella completa esattezza.
Un perduto stato naturale si evidenzia nel mito remoto, quasi incomprensibile, riproposto come lontana eco di un regno rimpianto e rinnegato.
Oltre un penultimo inganno emerge alla scena una traccia simulacrale, rielaborazione di forme naturali generatrici di ombre e luci, nel corpo del fogliame, che si fanno narrazione di una verità da rintracciare dentro il segno, nei fitti chiaroscuri che conformano la vegetazione in penetrali boschivi.
L’artista nella permeabilità della carta traccia a carboncino una flora rarefatta rappresentata nel bianco e nero dei suoi scorci riposti, affidandosi al gesto lento e ripetuto della mano che definisce ogni forma, in pieni ombrosi e vuoti di luce, concedendo tempo, andando a ritroso dal fondo e arrivando al primo piano, agendo in successive e continue sovrapposizioni.
Dalla materialità penetrante e vivida del disegno, Fabrizio Cicero affida alla gomma elettrica la ricreazione di un’apparizione luminosa, all’interno del disegno stesso, come proiezione video in stop-motion del cerchio di buffering, che al contempo cristallizza e anima l’immagine in un movimento circolare costante, mentre una vibrazione acustica, apprensiva ed esasperata, è prolungata e incessantemente ripetuta come alterazione alienante e dissonante.
Un interrotto viaggio in una selva misterica ed enigmatica si delinea come irraggiungibile ricongiungimento con la realtà nel suo grado di naturalezza e veridicità, proiettandosi nell’aspettativa di un risolutivo apparire, di un compimento che superi la distanza, mentre il circolo di luce ipnotizza il fluire del tempo in uno statico e continuo presente, immutabile e impossibile da carpire.
Un intrico di rami inaccessibile è teatro di una natura fissata in una entità duale tra un tempo che richiama una dimensione perduta e l’attesa di un disvelamento, che sfuma e si ottenebra nell’andamento reiterato all’infinito del buffering e nel suono ossessivo e fluttuante che l’accompagna.
Movimento instancabile e imperturbabile immobilità generano una sospensione magnetica e incantatrice, perpetuamente ricreata nella porzione fantastica racchiusa nel contenitore espositivo, finestra in cui lo sguardo scorge un angolo visuale insondabile, dove la natura è anelato immaginario edenico, ma anche paesaggio oscuro e insidioso, che cela ambiguità e pericoli, e insieme essenza alterata dall’ars umana nel tentativo vano di discernerne, ghermirne e riprodurne la potenza.
La Penultima verità si nasconde e soggiace oltre il rigoglio vegetale, oltre l’arresto del tempo dell’esplorazione, oltre il complesso timbrico e ancora al di là del velo nebuloso dell’apparire, o ancora si evidenzia nell’ulteriore barriera che la preclude, nelle sue tante e possibili configurazioni.
a cura di Gino D’Ugo
Testo di Nicoletta Provenzano
La Penultima verità di Fabrizio Cicero è un incontro con una natura immaginata in un futuro distopico, una evocazione bloccata in corso di caricamento, un ricordo di una terra ormai inospitale, affidato e ricreato da una macchina, che fatica a profilarsi nella completa esattezza.
Un perduto stato naturale si evidenzia nel mito remoto, quasi incomprensibile, riproposto come lontana eco di un regno rimpianto e rinnegato.
Oltre un penultimo inganno emerge alla scena una traccia simulacrale, rielaborazione di forme naturali generatrici di ombre e luci, nel corpo del fogliame, che si fanno narrazione di una verità da rintracciare dentro il segno, nei fitti chiaroscuri che conformano la vegetazione in penetrali boschivi.
L’artista nella permeabilità della carta traccia a carboncino una flora rarefatta rappresentata nel bianco e nero dei suoi scorci riposti, affidandosi al gesto lento e ripetuto della mano che definisce ogni forma, in pieni ombrosi e vuoti di luce, concedendo tempo, andando a ritroso dal fondo e arrivando al primo piano, agendo in successive e continue sovrapposizioni.
Dalla materialità penetrante e vivida del disegno, Fabrizio Cicero affida alla gomma elettrica la ricreazione di un’apparizione luminosa, all’interno del disegno stesso, come proiezione video in stop-motion del cerchio di buffering, che al contempo cristallizza e anima l’immagine in un movimento circolare costante, mentre una vibrazione acustica, apprensiva ed esasperata, è prolungata e incessantemente ripetuta come alterazione alienante e dissonante.
Un interrotto viaggio in una selva misterica ed enigmatica si delinea come irraggiungibile ricongiungimento con la realtà nel suo grado di naturalezza e veridicità, proiettandosi nell’aspettativa di un risolutivo apparire, di un compimento che superi la distanza, mentre il circolo di luce ipnotizza il fluire del tempo in uno statico e continuo presente, immutabile e impossibile da carpire.
Un intrico di rami inaccessibile è teatro di una natura fissata in una entità duale tra un tempo che richiama una dimensione perduta e l’attesa di un disvelamento, che sfuma e si ottenebra nell’andamento reiterato all’infinito del buffering e nel suono ossessivo e fluttuante che l’accompagna.
Movimento instancabile e imperturbabile immobilità generano una sospensione magnetica e incantatrice, perpetuamente ricreata nella porzione fantastica racchiusa nel contenitore espositivo, finestra in cui lo sguardo scorge un angolo visuale insondabile, dove la natura è anelato immaginario edenico, ma anche paesaggio oscuro e insidioso, che cela ambiguità e pericoli, e insieme essenza alterata dall’ars umana nel tentativo vano di discernerne, ghermirne e riprodurne la potenza.
La Penultima verità si nasconde e soggiace oltre il rigoglio vegetale, oltre l’arresto del tempo dell’esplorazione, oltre il complesso timbrico e ancora al di là del velo nebuloso dell’apparire, o ancora si evidenzia nell’ulteriore barriera che la preclude, nelle sue tante e possibili configurazioni.
12
giugno 2021
Fabrizio Cicero – La penultima verità
Dal 12 al 25 giugno 2021
arte contemporanea
Location
SPAZIO FOURTEEN ARTELLARO
Lerici, Piazza E. Figoli, 14, (La Spezia)
Lerici, Piazza E. Figoli, 14, (La Spezia)
Orario di apertura
da lunedì a domenica 10-24
Vernissage
25 Giugno 2021, 19.00
Sito web
Ufficio stampa
Fourteen ArTellaro
Autore
Curatore
Autore testo critico
Progetto grafico