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Fabrizio Fontana – Che il Jioko sia con te
Dopo Caleidoscopi atto II di Elia Sabato Art and Ars Gallery presenta la mostra dedicata all’artista Fabrizio Fontana. La mostra, il cui filo conduttore è il gioco raccoglie tutta la produzione dell’autore dal 2006 ad oggi. Opere grafiche, Plexibox, Video ed Installazioni.
Comunicato stampa
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CHE IL JIOKO SIA CON TE
L’occhio non vede cose, ma figure di cose che significano altre cose.
Italo Calvino
Una personale poetica dell’oggetto e il concetto ad esso correlato di durata: sono queste le parentesi tonde entro cui mi appresto a parlare dell’operazione artistica di Fabrizio Fontana, giacché altri prima di me si sono ampiamente soffermati (ne leggerete il pensiero critico più avanti) sulla matrice duchampiana, sul ready made, sull’incursione nella cultura Pop e del fumetto, certamente sottesa alla sua pratica artistica.
Quello di cui parlerò è del Jioko Fontana, un’abile operazione artistica che continuamente istituisce e rinnova un senso di confronto fra chi produce l’arte e chi ne usufruisce. Nelle sue tele, nelle sue opere grafiche, nelle installazioni come nei plexibox, forme compositive apparentemente semplici agiscono come manifestazione - immediata ed inaspettata - di appartenenza ad un’identità sociale e culturale. Nell’informalità simbolica dell’assemblaggio degli oggetti, altrimenti destinati alla dimenticanza, la costruzione di uno spazio mentale individuale e collettivo insieme, con il risultato di un’immagine orchestrata con metodo maieutico dall’artista.
Nel recupero simbolico dell’oggetto, non solo la scelta del metodo, ma soprattutto l’elaborazione di un personale linguaggio, costituito di sineddoche visive, che si propone come punto di incontro, condensazione e al contempo scollamento temporaneo con la realtà esterna. Nell’oggetto salvato dall’obsolescenza e che ha perduto la sua valenza ludica e fantastica o anche solo funzionale - sia esso un soldatino, una Barbie, una sorpresina di ovetto kinder, un Lego, una radiolina, una bambola, dischi in vinile – l’evidenza della sua potente capacità di attualizzarsi nel presente.
In ogni sua azione, Fontana sembra quasi volerci ricordare con l’audacia della sua ironia e provocazione, (anche queste carte vincenti di origine duchampiana) come si diventi facile preda del consumismo, della velocità dei tempi che divorano, annientano ogni traccia di storia e di memoria, parte costituiva e imprescindibile di ogni singolo individuo che anche sugli oggetti - in particolare gli oggetti dell’infanzia che sono disposti qui di fronte a noi e che chiedono di essere guardati e ri/conosciuti - è cresciuto, proiettando, nella durata del gioco, le proprie paure, fantasie, rabbie e desideri. Oggetti che abbiamo collezionato, custodito, mordicchiato, scambiato, mercificato, utilizzato, abbandonato e dimenticato, si ripresentano a noi nell’antica forma di puro oggetto di consumo, ma non il carico imprevisto di memoria specifica ad esso appartenente.
Biancaneve, Tex, Topolino, Superman, i Puffi, Fujiko, Mazinga Z ed altri eroi della nostra infanzia, fermi nello spazio temporale del ricordo, in nuova veste semiotica e collocati in box, scatole di legno, teche, quasi a voler ribadire un nuovo ordine di fruizione/venerazione o stabilire quanto meno suggerire che il nostro legame con loro è indissolubile ed antico (come in Pino e Maria Celeste), per diventare altro da sé, come un incontro inaspettato e fortuito di due realtà solo apparentemente simili, ma distanti sul piano della concordanza. L’unico modo per trasformare la temporalità dell’oggetto
dall’effimero provvisorio ad oggetto (ancora) significante è attraverso un processo di destrutturazione e conversione in una nuova relazione, confermando l’impiego fantastico che l’artista ne può ottenere mediante il procedimento di contaminazione. Contaminazione alla quale neanche i santi sono rimasti immuni, ma coinvolti nel personale revisionismo dell’artista: nei Santi Cosma e Damiano, oggetto di devozione popolare fino a pochi decenni fa e poi caduti anch’essi nella dimenticanza per lasciare
posto a nuovi santi più in auge, intitolati Fred & Niko ridipinti nei colori del logo Kinder e con cd come aureole, la scultura votiva ad uso domestico viene reinterpretata secondo i canoni di una nuova iconografia non irriverente né blasfema, ma contemporanea. Impossibile sottrarsi alla forza del ricordo di fronte alla serie Uhuuuu, a ricordo del fischio acuto e penetrante che accompagnava il riconoscibile monoscopio Rai di fine trasmissioni, che segnava l’avvento della televisione a colori nel nostro Paese,
intermezzo televisivo rappresentativo di un momento storico in cui gli spot pubblicitari non erano ancora la base economica fondamentale della TV.
Il “fare artistico” di Fabrizio Fontana si nutre indubitabilmente delle suggestioni derivate dall’ “anartista” Duchamp, come amava definirsi egli stesso, non solo per le caratteristiche del modus operandi, ma anche per l’importanza che egli attribuiva al linguaggio: in un gioco di continue semplici designazioni, i titoli delle opere di Fontana, Pensiero Stuprendo, Marameo, Per battere i fanti gioca coi santi, 6000sci non vale,
Redink (anagramma di Kinder), diventano firma, convalida di autenticità
del prodotto artistico, perché anche il titolo è un colore e le parole segni impalpabili, leggeri, che la catena della comunicazione può far circolare nel vuoto, esse servono ad un tempo come luogo e come tempo per gli oggetti che intitolano e che si sostituiscono alla materia.
Un atteggiamento di pacato distacco verso ogni tematica che affronta contraddistingue l’operare di Fabrizio Fontana, quasi volesse volgere verso di sé quello scherno di cui si fa autore, per restituire al visitatore la leggerezza e piacevolezza della visione di cui è sempre capace.
In occasione di questa prima rassegna dedicata a Fabrizio Fontana presso le Officine Cantelmo di Lecce, tutta la produzione che va dal 2006 ad oggi, il Jioko è il filo conduttore e interprete di una modalità espressiva che conferisce al linguaggio un significato diverso da quello letterale, o, per dirla con le parole di S. Freud
“Il contrario del gioco non è ciò che è serio, bensì ciò che è reale”.
Katia Olivieri
L’occhio non vede cose, ma figure di cose che significano altre cose.
Italo Calvino
Una personale poetica dell’oggetto e il concetto ad esso correlato di durata: sono queste le parentesi tonde entro cui mi appresto a parlare dell’operazione artistica di Fabrizio Fontana, giacché altri prima di me si sono ampiamente soffermati (ne leggerete il pensiero critico più avanti) sulla matrice duchampiana, sul ready made, sull’incursione nella cultura Pop e del fumetto, certamente sottesa alla sua pratica artistica.
Quello di cui parlerò è del Jioko Fontana, un’abile operazione artistica che continuamente istituisce e rinnova un senso di confronto fra chi produce l’arte e chi ne usufruisce. Nelle sue tele, nelle sue opere grafiche, nelle installazioni come nei plexibox, forme compositive apparentemente semplici agiscono come manifestazione - immediata ed inaspettata - di appartenenza ad un’identità sociale e culturale. Nell’informalità simbolica dell’assemblaggio degli oggetti, altrimenti destinati alla dimenticanza, la costruzione di uno spazio mentale individuale e collettivo insieme, con il risultato di un’immagine orchestrata con metodo maieutico dall’artista.
Nel recupero simbolico dell’oggetto, non solo la scelta del metodo, ma soprattutto l’elaborazione di un personale linguaggio, costituito di sineddoche visive, che si propone come punto di incontro, condensazione e al contempo scollamento temporaneo con la realtà esterna. Nell’oggetto salvato dall’obsolescenza e che ha perduto la sua valenza ludica e fantastica o anche solo funzionale - sia esso un soldatino, una Barbie, una sorpresina di ovetto kinder, un Lego, una radiolina, una bambola, dischi in vinile – l’evidenza della sua potente capacità di attualizzarsi nel presente.
In ogni sua azione, Fontana sembra quasi volerci ricordare con l’audacia della sua ironia e provocazione, (anche queste carte vincenti di origine duchampiana) come si diventi facile preda del consumismo, della velocità dei tempi che divorano, annientano ogni traccia di storia e di memoria, parte costituiva e imprescindibile di ogni singolo individuo che anche sugli oggetti - in particolare gli oggetti dell’infanzia che sono disposti qui di fronte a noi e che chiedono di essere guardati e ri/conosciuti - è cresciuto, proiettando, nella durata del gioco, le proprie paure, fantasie, rabbie e desideri. Oggetti che abbiamo collezionato, custodito, mordicchiato, scambiato, mercificato, utilizzato, abbandonato e dimenticato, si ripresentano a noi nell’antica forma di puro oggetto di consumo, ma non il carico imprevisto di memoria specifica ad esso appartenente.
Biancaneve, Tex, Topolino, Superman, i Puffi, Fujiko, Mazinga Z ed altri eroi della nostra infanzia, fermi nello spazio temporale del ricordo, in nuova veste semiotica e collocati in box, scatole di legno, teche, quasi a voler ribadire un nuovo ordine di fruizione/venerazione o stabilire quanto meno suggerire che il nostro legame con loro è indissolubile ed antico (come in Pino e Maria Celeste), per diventare altro da sé, come un incontro inaspettato e fortuito di due realtà solo apparentemente simili, ma distanti sul piano della concordanza. L’unico modo per trasformare la temporalità dell’oggetto
dall’effimero provvisorio ad oggetto (ancora) significante è attraverso un processo di destrutturazione e conversione in una nuova relazione, confermando l’impiego fantastico che l’artista ne può ottenere mediante il procedimento di contaminazione. Contaminazione alla quale neanche i santi sono rimasti immuni, ma coinvolti nel personale revisionismo dell’artista: nei Santi Cosma e Damiano, oggetto di devozione popolare fino a pochi decenni fa e poi caduti anch’essi nella dimenticanza per lasciare
posto a nuovi santi più in auge, intitolati Fred & Niko ridipinti nei colori del logo Kinder e con cd come aureole, la scultura votiva ad uso domestico viene reinterpretata secondo i canoni di una nuova iconografia non irriverente né blasfema, ma contemporanea. Impossibile sottrarsi alla forza del ricordo di fronte alla serie Uhuuuu, a ricordo del fischio acuto e penetrante che accompagnava il riconoscibile monoscopio Rai di fine trasmissioni, che segnava l’avvento della televisione a colori nel nostro Paese,
intermezzo televisivo rappresentativo di un momento storico in cui gli spot pubblicitari non erano ancora la base economica fondamentale della TV.
Il “fare artistico” di Fabrizio Fontana si nutre indubitabilmente delle suggestioni derivate dall’ “anartista” Duchamp, come amava definirsi egli stesso, non solo per le caratteristiche del modus operandi, ma anche per l’importanza che egli attribuiva al linguaggio: in un gioco di continue semplici designazioni, i titoli delle opere di Fontana, Pensiero Stuprendo, Marameo, Per battere i fanti gioca coi santi, 6000sci non vale,
Redink (anagramma di Kinder), diventano firma, convalida di autenticità
del prodotto artistico, perché anche il titolo è un colore e le parole segni impalpabili, leggeri, che la catena della comunicazione può far circolare nel vuoto, esse servono ad un tempo come luogo e come tempo per gli oggetti che intitolano e che si sostituiscono alla materia.
Un atteggiamento di pacato distacco verso ogni tematica che affronta contraddistingue l’operare di Fabrizio Fontana, quasi volesse volgere verso di sé quello scherno di cui si fa autore, per restituire al visitatore la leggerezza e piacevolezza della visione di cui è sempre capace.
In occasione di questa prima rassegna dedicata a Fabrizio Fontana presso le Officine Cantelmo di Lecce, tutta la produzione che va dal 2006 ad oggi, il Jioko è il filo conduttore e interprete di una modalità espressiva che conferisce al linguaggio un significato diverso da quello letterale, o, per dirla con le parole di S. Freud
“Il contrario del gioco non è ciò che è serio, bensì ciò che è reale”.
Katia Olivieri
28
novembre 2010
Fabrizio Fontana – Che il Jioko sia con te
Dal 28 novembre al 12 dicembre 2010
arte contemporanea
Location
OFFICINE CANTELMO
Lecce, Viale Michele De Pietro, 34, (Lecce)
Lecce, Viale Michele De Pietro, 34, (Lecce)
Orario di apertura
da lunedi a domenica 8.30-20.30 orario continuato
Vernissage
28 Novembre 2010, ore 19.00
Autore
Curatore