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Fabrizio Vatta – Figure
Stralci di universo ricomposti sulla tela con apparente casualità e deferenza, dove tutto scorre lento e inesorabile, operando una sintesi del reale che mischia vorticosamente i pigmenti e la polvere di carboncino per mettere in scena un’antologia sociale rubata alla letteratura esistenzialista del dopoguerra
Comunicato stampa
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Stralci di universo ricomposti sulla tela con apparente casualità e deferenza, dove tutto scorre lento e inesorabile, operando una
sintesi del reale che mischia vorticosamente i pigmenti e la polvere di carboncino per mettere in scena un’antologia sociale rubata alla
letteratura esistenzialista del dopoguerra; figure alla deriva, debolezze e solitudini di umanità abbozzate, epiloghi incerti e indefinibili
di personaggi colti nel mezzo di azioni stereotipate e banali, testimoniano invece l’energia creativa che pulsa nonostante tutto, oltre l’assurda accidia di esistenze immobili e ripetitive, pittoricamente delineate con parsimonia di azione e di cromia. Sottraendo toni ai colori del mondo e svuotando ogni visione della limpida artificiosità accademica, fusa nello spazio denso dell’aria vitale emerge
sempre, centrale e predominante, la figura, punto di partenza e di arrivo di questa esperienza artistica che ricerca spunti veristi anche
quando sembra cedere all’astratto.
Figure in cerca di approdo, prigioniere di fitte trame psicologiche, rasentano solitudini estreme in questi palcoscenici realisti e tragici
in cui la decostruzione del mondo concorre alla costruzione dell’incertezza, offrendosi inermi agli sguardi, in attesa di un giudizio che
sembra piombare implacabile su volti e su corpi scherniti dalla luce - radente nei primi e primissimi piani – e stagliati sui campi lunghi
delle diagonali che, per contrapposizione, avvicinano l’illogico al concreto eliminando le distorsioni percettive.
I ricercati tagli fotografici delle composizioni conferiscono immediata credibilità e drammaticità a queste immagini che comunque non cessano di alludere al fantastico e all’onirico; il colore forma e deforma, individua e cancella. In questo binomio realizzativo disegnare una traccia per poi occultarla trasmette l’essenza sfaccet-
tata della vita: assorbire un dato reale, una suggestione fisica per poi esploderla nella materia che ne amplifica esponenzialmente il
sentimento di base, ammantando ogni angolo della sfera visibile della sua essenza con pasta cromatica fluida e dinamica, scrive
la teologia di un mondo occulto in divenire in cui esserci, figurare, rappresenta la sola antitesi al nichilismo. L’evidente debito della
pittura di Francis Bacon si traduce così nell’ossessione alla vita in virtù della quale solo noi, figure umane calate in un contesto
disumano, diveniamo i soggetti delle nostre ossessioni, personaggi dalle pelli vibratili, straziati non nella carne ma al di là di essa, fuori o dentro, nei drammi della psiche celati da stati di calma apparente che l’artista non può osteggiare ma solo estremizzare con strati di
colore spessi e violenti e con direttive centrifughe. Conducendo al limite la tensione fino al punto in cui emerge il tormento e la pulsione sfiora la tragedia vengono così bandite
spirituali evanescenze allusive in virtù della concretezza terribile e vera di mondi in disfacimento nei quali ogni visione è impasto
magmatico, ogni microcosmo frazione del tutto, ogni sentimento forza creatrice che nella poetica pittorica di Fabrizio Vatta si rifiuta
di giacere inespressa.
testo critico di Gaetano Salerno
critico d’arte e direttore di Segnoperenne.it
Fabrizio Vatta
Inizia la sua ricerca artistica alla fine degli anni ’70 sotto la guida del Maestro Luigi Tito. Studia la pittura di Tintoretto, Rembrandt,
Goya, che diventa il punto di riferimento del lavoro di quegli anni.
Nel 1979 si diploma in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Venezia con Emilio Vedova.
Attualmente insegna Arte e Immagine nella Scuola Secondaria. Dagli anni ’90 abbandonati i modelli stilistici precedenti adotta un linguaggio di matrice neo-espressionista difficilmente etichettabile perché rifugge da mode e stili precisi, collocandosi a metà strada tra la grande tradizione pittorica del passato e le istanze pressanti e contraddittorie che caratterizzano il nostro tempo.
È presente a sette edizioni della Collettiva annuale presso la Fondazione Bevilacqua La Masa a Venezia vincendo due volte il premio acquisto.
Ha allestito numerose mostre personali in varie città d’Italia e partecipato a concorsi e rassegne a Venezia, Verona, Mantova, Vi-
cenza, Trieste, Bergamo, Bologna, Roma. Nel 1986, su invito del Comune di Venezia,espone a Sidney in Australia.
sintesi del reale che mischia vorticosamente i pigmenti e la polvere di carboncino per mettere in scena un’antologia sociale rubata alla
letteratura esistenzialista del dopoguerra; figure alla deriva, debolezze e solitudini di umanità abbozzate, epiloghi incerti e indefinibili
di personaggi colti nel mezzo di azioni stereotipate e banali, testimoniano invece l’energia creativa che pulsa nonostante tutto, oltre l’assurda accidia di esistenze immobili e ripetitive, pittoricamente delineate con parsimonia di azione e di cromia. Sottraendo toni ai colori del mondo e svuotando ogni visione della limpida artificiosità accademica, fusa nello spazio denso dell’aria vitale emerge
sempre, centrale e predominante, la figura, punto di partenza e di arrivo di questa esperienza artistica che ricerca spunti veristi anche
quando sembra cedere all’astratto.
Figure in cerca di approdo, prigioniere di fitte trame psicologiche, rasentano solitudini estreme in questi palcoscenici realisti e tragici
in cui la decostruzione del mondo concorre alla costruzione dell’incertezza, offrendosi inermi agli sguardi, in attesa di un giudizio che
sembra piombare implacabile su volti e su corpi scherniti dalla luce - radente nei primi e primissimi piani – e stagliati sui campi lunghi
delle diagonali che, per contrapposizione, avvicinano l’illogico al concreto eliminando le distorsioni percettive.
I ricercati tagli fotografici delle composizioni conferiscono immediata credibilità e drammaticità a queste immagini che comunque non cessano di alludere al fantastico e all’onirico; il colore forma e deforma, individua e cancella. In questo binomio realizzativo disegnare una traccia per poi occultarla trasmette l’essenza sfaccet-
tata della vita: assorbire un dato reale, una suggestione fisica per poi esploderla nella materia che ne amplifica esponenzialmente il
sentimento di base, ammantando ogni angolo della sfera visibile della sua essenza con pasta cromatica fluida e dinamica, scrive
la teologia di un mondo occulto in divenire in cui esserci, figurare, rappresenta la sola antitesi al nichilismo. L’evidente debito della
pittura di Francis Bacon si traduce così nell’ossessione alla vita in virtù della quale solo noi, figure umane calate in un contesto
disumano, diveniamo i soggetti delle nostre ossessioni, personaggi dalle pelli vibratili, straziati non nella carne ma al di là di essa, fuori o dentro, nei drammi della psiche celati da stati di calma apparente che l’artista non può osteggiare ma solo estremizzare con strati di
colore spessi e violenti e con direttive centrifughe. Conducendo al limite la tensione fino al punto in cui emerge il tormento e la pulsione sfiora la tragedia vengono così bandite
spirituali evanescenze allusive in virtù della concretezza terribile e vera di mondi in disfacimento nei quali ogni visione è impasto
magmatico, ogni microcosmo frazione del tutto, ogni sentimento forza creatrice che nella poetica pittorica di Fabrizio Vatta si rifiuta
di giacere inespressa.
testo critico di Gaetano Salerno
critico d’arte e direttore di Segnoperenne.it
Fabrizio Vatta
Inizia la sua ricerca artistica alla fine degli anni ’70 sotto la guida del Maestro Luigi Tito. Studia la pittura di Tintoretto, Rembrandt,
Goya, che diventa il punto di riferimento del lavoro di quegli anni.
Nel 1979 si diploma in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Venezia con Emilio Vedova.
Attualmente insegna Arte e Immagine nella Scuola Secondaria. Dagli anni ’90 abbandonati i modelli stilistici precedenti adotta un linguaggio di matrice neo-espressionista difficilmente etichettabile perché rifugge da mode e stili precisi, collocandosi a metà strada tra la grande tradizione pittorica del passato e le istanze pressanti e contraddittorie che caratterizzano il nostro tempo.
È presente a sette edizioni della Collettiva annuale presso la Fondazione Bevilacqua La Masa a Venezia vincendo due volte il premio acquisto.
Ha allestito numerose mostre personali in varie città d’Italia e partecipato a concorsi e rassegne a Venezia, Verona, Mantova, Vi-
cenza, Trieste, Bergamo, Bologna, Roma. Nel 1986, su invito del Comune di Venezia,espone a Sidney in Australia.
18
settembre 2011
Fabrizio Vatta – Figure
Dal 18 settembre al 02 ottobre 2011
arte contemporanea
Location
GALLERIA SAN VALENTINO
Venezia, Via Francesco Carrara, 10, (Venezia)
Venezia, Via Francesco Carrara, 10, (Venezia)
Orario di apertura
Festivi: 9.30-11.30. Feriali: 16-18
Vernissage
18 Settembre 2011, ore 10.30
Sito web
www.segnoperenne.it
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