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faces:places=art:emotion
Cinque giovani artisti cercano, in un percorso che si sviluppa attraverso visi, luoghi e emozioni, la formula magica, la proporzione capace di individuare e trasmettere il valore dell’opera d’arte
Comunicato stampa
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Cinque giovani artisti cercano, in un percorso che si sviluppa attraverso visi, luoghi e emozioni, la formula magica, la proporzione capace di individuare e trasmettere il valore dell’opera d’arte.
La mostra Faces:Places=Art:Emotion, curata da Stefano Raimondi, si inaugura il 7 luglio presso il Chiostro di San Francesco di Bergamo alta. L’evento fa parte dell’ampio programma “Estate Vivi la tua Città” promosso dal Comune di Bergamo e giunto quest’anno alla sua quinta edizione
Come spiega il curatore, “Prendere a prestito il linguaggio delle proporzioni geometriche per riferirsi a una mostra d’arte non significa attribuire alla matematica la capacità di determinare l’arte. Possiamo servirci di formule matematiche per determinare il prezzo di un’opera, oppure per mettere in relazione e in proporzione gli elementi che compongono l’opera stessa. Possiamo, come ha fatto Mario Mertz utilizzando la sequenza di Fibonacci, usare i numeri come parte dell’opera. Ma l’arte, che spesso ricorre a formule matematiche come strumento del proprio farsi, è per sua stessa natura il risultato di elementi indeterminati. Incalcolabile ma decifrabile”.
Faces:Places=Art:Emotion è il risultato di questa processo, la creazione dell’opera d’arte all’interno di sguardi, nei profili di un volto o di una città. L’arte, come generatrice di emozioni, di rimandi e ricerche, può nascere dovunque, ed è in grado, da sola, di mostrare le incognite di un sistema, sia esso una proporzione o la società contemporanea in cui siamo immersi.
Sedici le opere esposte, realizzate da cinque giovani artisti nazionali che hanno saputo distinguersi per il loro uso nella tecnica pittorica e fotografica: Nicola Agazzi, Lazzaro, Margherita Martinelli, Barbara Martini, Angelo Morelli.
La mostra è corredata da un catalogo edito da Ikonos
Artisti e Testi critici:
Agazzi Nicola – Bergamo
La città è scrittura sulla sabbia, è un processo mutevole, continuo di sedimentazioni. Si concretizza per poi svanire e trasformarsi. Le città che viviamo, le loro forme, i loro spazi, sono complessi palinsesti stratificati e di deposito: è nella loro permanenza che ritroviamo le nostre stesse radici, la nostra cultura. Ma se la tendenza alla permanenza costituisce una sorta di guscio protettivo delle abitudini, è nella mutazione che finisce per coagularsi il sistema di segni che ogni generazione imprime e lascia scritto sul palinsesto.
Guardare e vedere, sentire quella realtà d’attimi e trasformazioni rapide o millenarie, e lasciarsi rapire dal momento. La città vive attraverso apparizioni evanescenti destinate a scomparire di lì a poco e si mostra per sua volontà, nascosta e silenziosa; quasi come se solo lì, attraverso il suo processo anamorfico, essa compisse scelte per mostrare il proprio spirito e apparire di non sola concretezza. La città è nella gente che la abita e nella vita stessa, che sgorga dai pertugi in particelle di intimità risucchiate su strada, lasciate evaporare dalle finestre, capaci di dare sempre nuovi volti all’antico muro. Le forme si mescolano alla vita dalla quale provengono, creando momenti irripetibili, traducendo nello spazio certi movimenti dello spirito. La città è già cambiata. Le emozioni pure. La percezione ormai solo un ricordo.
Lazzaro - Dalmine
Ci sono città, come New York, Pechino, Tokyo, che fanno della congestione il senso stesso della loro esistenza. Uno degli aspetti più evidenti sella società contemporanea è il flusso continuo e inarrestabile con cui sono distribuiti gli eventi nell’arco di una giornata. L’ apnea è diventato il modo tradizionale di respirare. La pittura è in grado di offrire una fuga, una repentina svolta controcorrente, in grado di sovvertire le leggi della caoticità programmata che regolano il mondo. Aprire le braccia al mondo, camminare in senso opposto al traffico non sono segni sovversivi ma momenti, brevi, intensi, veri, di libertà. La pittura deve essere repentina, immediata e sincera per rappresentare queste situazioni e creare uno spazio di riflessione.
Margherita Martinelli
Il tempo, la parola, il segno e l’oggetto sono gli elementi centrali che costantemente ritornano attraverso una figurazione passionale nelle opere dell’artista. Il tempo è un passato da metabolizzare, l’oggetto - una forbice, un tutù senza corpo, una vasca - nasconde ad uno strato semantico profondo il gesto simbolico a cui è collegato che è il medesimo decodificato attraverso la parola presente sulla tela. Il segno è l’impulso delle macchie, colate o puntiformi, della tela lasciata scoperta. Questa continuità degli elementi conduce direttamente ad un inevitabile parallelismo tra opera e rituale. Nel rito, il linguaggio viene fortemente caricato nella sua componente performativa. Diventa cioè parola in grado di produrre effetti immediati e, riprendendo le parole di Austin, auotore della teoria degli atti linguistici, di realizzare cose. In questo modo il rito contribuisce a rafforzare l’ordine sociale e individuale, opponendosi al disordine e all’entropia. Trasformando l’opera stessa in rito l’artista raggiunge letterarmente e simbolicamente il proprio riscatto interiore.
Barbara Martini
Visione frontale, laterale, a trequarti. Visi inclinati, reclinati, sovraesposti o immersi nell’ombra. Occhi che scappano, che giudicano, che inseguono lo spettatore incessantemente. Occhi chiusi, socchiusi, aperti. Eyes wide shut.
Il ritratto fotografico sovrapposto è una rapina a mano armata capace di “asportare” e fissare le caratteristiche fisiche e psichiche di una persona, di indagare cogliendo a fondo l’essenza di una personalità, la rappresentazione soggettiva e oggettiva di sè. Proprio questa capacità di tirare fuori l’intimità del vissuto, le esperienze e la società individuale, è il motivo per cui spesso fuggiamo da qualsiasi forma di rappresentazione di noi stessi, timorosi di esporre il fianco a un lato ignoto o che abbiamo sempre tenuto nascosto. Il viso è la parte più misteriosa del corpo perchè è l’unica irraggiungibile allo sguardo; possiamo solo immaginarla, vederla come riflesso, percepirla. La rappresentazione fotografica sovrapposta permette di mostrare quello che scorre sotto e dentro di sè per disvelare le emozioni e le storie che il viso ha acquisito nella storia e per la storia.
Angelo Morelli
La fotografia digitale è l’unione di due linee parallele che si scontrano all’infinito: il reale e il virtuale. Nell’epicentro della scossa i due vettori opposti si infrangono senza sopraffarsi l’uno con l’altro ma generando un processo cognitivo che permette l’interpretazione attraverso la manipolazione. L’opera artistica è sottoposta a un processo fisico di de-costruzione e ad uno astratto di ri-costruzione. La realtà viene scomposta in un mosaico di 27 fotografie, che giaciono incomplete di significato in una memoria virtuale. Ogni fotografia non è completa se un intervento esterno, quello dall’artista, non le fa compenetrare nelle altre. Solo l’assemblaggio permette una visione piena di senso, ma di un senso mediato, inserito e marchiato dall’artista. L’empasse è apocalittica: la natura della realtà, seppur infinitamente poliedrica, è insufficente. Non è concessa nemmeno l’evoluzione in una Super-Natura, capace di mutare sè stessa per adattarsi al contemporaneo. Il contemporaneo fagocitante non vuole esprimere la sue epoca attraverso la varietà delle rappresentazioni ma attraverso la conquista di nuove rivoluzioni.
La mostra Faces:Places=Art:Emotion, curata da Stefano Raimondi, si inaugura il 7 luglio presso il Chiostro di San Francesco di Bergamo alta. L’evento fa parte dell’ampio programma “Estate Vivi la tua Città” promosso dal Comune di Bergamo e giunto quest’anno alla sua quinta edizione
Come spiega il curatore, “Prendere a prestito il linguaggio delle proporzioni geometriche per riferirsi a una mostra d’arte non significa attribuire alla matematica la capacità di determinare l’arte. Possiamo servirci di formule matematiche per determinare il prezzo di un’opera, oppure per mettere in relazione e in proporzione gli elementi che compongono l’opera stessa. Possiamo, come ha fatto Mario Mertz utilizzando la sequenza di Fibonacci, usare i numeri come parte dell’opera. Ma l’arte, che spesso ricorre a formule matematiche come strumento del proprio farsi, è per sua stessa natura il risultato di elementi indeterminati. Incalcolabile ma decifrabile”.
Faces:Places=Art:Emotion è il risultato di questa processo, la creazione dell’opera d’arte all’interno di sguardi, nei profili di un volto o di una città. L’arte, come generatrice di emozioni, di rimandi e ricerche, può nascere dovunque, ed è in grado, da sola, di mostrare le incognite di un sistema, sia esso una proporzione o la società contemporanea in cui siamo immersi.
Sedici le opere esposte, realizzate da cinque giovani artisti nazionali che hanno saputo distinguersi per il loro uso nella tecnica pittorica e fotografica: Nicola Agazzi, Lazzaro, Margherita Martinelli, Barbara Martini, Angelo Morelli.
La mostra è corredata da un catalogo edito da Ikonos
Artisti e Testi critici:
Agazzi Nicola – Bergamo
La città è scrittura sulla sabbia, è un processo mutevole, continuo di sedimentazioni. Si concretizza per poi svanire e trasformarsi. Le città che viviamo, le loro forme, i loro spazi, sono complessi palinsesti stratificati e di deposito: è nella loro permanenza che ritroviamo le nostre stesse radici, la nostra cultura. Ma se la tendenza alla permanenza costituisce una sorta di guscio protettivo delle abitudini, è nella mutazione che finisce per coagularsi il sistema di segni che ogni generazione imprime e lascia scritto sul palinsesto.
Guardare e vedere, sentire quella realtà d’attimi e trasformazioni rapide o millenarie, e lasciarsi rapire dal momento. La città vive attraverso apparizioni evanescenti destinate a scomparire di lì a poco e si mostra per sua volontà, nascosta e silenziosa; quasi come se solo lì, attraverso il suo processo anamorfico, essa compisse scelte per mostrare il proprio spirito e apparire di non sola concretezza. La città è nella gente che la abita e nella vita stessa, che sgorga dai pertugi in particelle di intimità risucchiate su strada, lasciate evaporare dalle finestre, capaci di dare sempre nuovi volti all’antico muro. Le forme si mescolano alla vita dalla quale provengono, creando momenti irripetibili, traducendo nello spazio certi movimenti dello spirito. La città è già cambiata. Le emozioni pure. La percezione ormai solo un ricordo.
Lazzaro - Dalmine
Ci sono città, come New York, Pechino, Tokyo, che fanno della congestione il senso stesso della loro esistenza. Uno degli aspetti più evidenti sella società contemporanea è il flusso continuo e inarrestabile con cui sono distribuiti gli eventi nell’arco di una giornata. L’ apnea è diventato il modo tradizionale di respirare. La pittura è in grado di offrire una fuga, una repentina svolta controcorrente, in grado di sovvertire le leggi della caoticità programmata che regolano il mondo. Aprire le braccia al mondo, camminare in senso opposto al traffico non sono segni sovversivi ma momenti, brevi, intensi, veri, di libertà. La pittura deve essere repentina, immediata e sincera per rappresentare queste situazioni e creare uno spazio di riflessione.
Margherita Martinelli
Il tempo, la parola, il segno e l’oggetto sono gli elementi centrali che costantemente ritornano attraverso una figurazione passionale nelle opere dell’artista. Il tempo è un passato da metabolizzare, l’oggetto - una forbice, un tutù senza corpo, una vasca - nasconde ad uno strato semantico profondo il gesto simbolico a cui è collegato che è il medesimo decodificato attraverso la parola presente sulla tela. Il segno è l’impulso delle macchie, colate o puntiformi, della tela lasciata scoperta. Questa continuità degli elementi conduce direttamente ad un inevitabile parallelismo tra opera e rituale. Nel rito, il linguaggio viene fortemente caricato nella sua componente performativa. Diventa cioè parola in grado di produrre effetti immediati e, riprendendo le parole di Austin, auotore della teoria degli atti linguistici, di realizzare cose. In questo modo il rito contribuisce a rafforzare l’ordine sociale e individuale, opponendosi al disordine e all’entropia. Trasformando l’opera stessa in rito l’artista raggiunge letterarmente e simbolicamente il proprio riscatto interiore.
Barbara Martini
Visione frontale, laterale, a trequarti. Visi inclinati, reclinati, sovraesposti o immersi nell’ombra. Occhi che scappano, che giudicano, che inseguono lo spettatore incessantemente. Occhi chiusi, socchiusi, aperti. Eyes wide shut.
Il ritratto fotografico sovrapposto è una rapina a mano armata capace di “asportare” e fissare le caratteristiche fisiche e psichiche di una persona, di indagare cogliendo a fondo l’essenza di una personalità, la rappresentazione soggettiva e oggettiva di sè. Proprio questa capacità di tirare fuori l’intimità del vissuto, le esperienze e la società individuale, è il motivo per cui spesso fuggiamo da qualsiasi forma di rappresentazione di noi stessi, timorosi di esporre il fianco a un lato ignoto o che abbiamo sempre tenuto nascosto. Il viso è la parte più misteriosa del corpo perchè è l’unica irraggiungibile allo sguardo; possiamo solo immaginarla, vederla come riflesso, percepirla. La rappresentazione fotografica sovrapposta permette di mostrare quello che scorre sotto e dentro di sè per disvelare le emozioni e le storie che il viso ha acquisito nella storia e per la storia.
Angelo Morelli
La fotografia digitale è l’unione di due linee parallele che si scontrano all’infinito: il reale e il virtuale. Nell’epicentro della scossa i due vettori opposti si infrangono senza sopraffarsi l’uno con l’altro ma generando un processo cognitivo che permette l’interpretazione attraverso la manipolazione. L’opera artistica è sottoposta a un processo fisico di de-costruzione e ad uno astratto di ri-costruzione. La realtà viene scomposta in un mosaico di 27 fotografie, che giaciono incomplete di significato in una memoria virtuale. Ogni fotografia non è completa se un intervento esterno, quello dall’artista, non le fa compenetrare nelle altre. Solo l’assemblaggio permette una visione piena di senso, ma di un senso mediato, inserito e marchiato dall’artista. L’empasse è apocalittica: la natura della realtà, seppur infinitamente poliedrica, è insufficente. Non è concessa nemmeno l’evoluzione in una Super-Natura, capace di mutare sè stessa per adattarsi al contemporaneo. Il contemporaneo fagocitante non vuole esprimere la sue epoca attraverso la varietà delle rappresentazioni ma attraverso la conquista di nuove rivoluzioni.
07
luglio 2006
faces:places=art:emotion
Dal 07 luglio al 15 settembre 2006
arte contemporanea
Location
MUSEO STORICO – EX CONVENTO DI SAN FRANCESCO
Bergamo, Piazza Mercato Del Fieno, 6A, (Bergamo)
Bergamo, Piazza Mercato Del Fieno, 6A, (Bergamo)
Vernissage
7 Luglio 2006, ore 19.30
Sito web
www.facesplaces.it
Autore
Curatore