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Fantasmata
Le opere degli artisti in mostra testimoniano questa natura particolare del fantasmata, suggerendo immagini, ricordi e percezioni, ma senza elaborare compiutamente nessuno degli elementi rappresentati. In questi lavori le immagini diventano un luogo mentale di riflessione, un’approssimazione visiva situata al confine tra il mondo della sensibilità, intesa come percezione, e quello del pensiero e dall’elaborazione concettuale.
Comunicato stampa
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FANTASMATA
08.11. – 20.12.2008
Vernissage Samstag / Sabato 08.11.2008 ore 19 Uhr
Becky Beasley
Susanne Bürner
Alice Guareschi
Mel O’Callaghan
Niamh O’Malley
Ana Prvacki
Magnus Thierfelder
Kuratiert von / curate da Luigi Fassi
Fantasmata è una parola chiave del linguaggio filosofico occidentale. Strettamente legato alla riflessione sul ruolo dell’immaginazione e della fantasia, il significato di questo termine ha costituito un complesso problema filosofico, dalle sue origini nella storia del pensiero greco sino alla contemporaneità.
Aristotele nel De Anima definisce l’immaginazione (in greco fantasia, fantasia) come un luogo medio situato a metà strada tra percezione e pensiero, che rende pertanto possibile la fluida connessione tra i due momenti, rimanendo tuttavia da entrambi distinta. Per Aristotele la facoltà immaginativa o fantasia è capace di generare liberamente fantasmata, immagini create partendo dai ricordi di ciò che si è percepito, dunque dall’esperienza di percezioni sensibili di singoli oggetti ed eventi. Tali fantasmata giocano un ruolo di primaria importanza nello sviluppo del pensiero, in quanto, nella psicologia aristotelica, ogni operazione mentale e concettuale può aver luogo solo a partire da essi. Di conseguenza, così come non possono esserci immagini senza percezione, non possono neanche esserci pensieri senza immagini. I fantasmata sono così un ponte tra percezione e pensiero, ponendosi come il vero motore della conoscenza ma al tempo stesso come enti ambivalenti e sfuggenti, proprio in quanto privi di una identità ontologica precisa. Non hanno infatti la concretezza chiara e limpida della percezione e d’altra parte non partecipano alla natura concettuale del pensiero. Il fantasmata è così un ente ambiguo, diafano e variabile, non più solo sensibile ma non ancora compiutamente intellettuale, capace pertanto di rappresentare esemplarmente la regione del possibile e delle sue evoluzioni.
La mostra intende recuperare sinteticamente la complessità del significato filosofico originario di fantasmata, cogliendone le sfumature e le ambivalenze.
Le opere degli artisti in mostra testimoniano questa natura particolare del fantasmata, suggerendo immagini, ricordi e percezioni, ma senza elaborare compiutamente nessuno degli elementi rappresentati. In questi lavori le immagini diventano un luogo mentale di riflessione, un’approssimazione visiva situata al confine tra il mondo della sensibilità, intesa come percezione, e quello del pensiero e dall’elaborazione concettuale. Viene così sottolineato il ruolo fondamentale dell’immaginazione e del fanstamata nell’arte, mostrando tutta l’attualità e l’importanza che la riflessione filosofica classica ancora ricopre nella definizione delle strutture del pensiero artistico contemporaneo.
Artisti e opere:
Calchi, forme e immagini deprivate della loro consueta riconoscibilità sono il centro del lavoro di Beacky Beasley (UK, 1975). I suoi oggetti e le sue sculture diventano rappresentazioni minime e inaccessibili, costrette ad un livello di inespressione totale, come Sleep, Night (II) (2007) e Buan, Night (2006). Tutta la sua arte si muove per dettagli appena accennati e faticosamente scanditi, calati nel buio di un’immaginazione soffocata e densa di ricordi misteriosi, dominata da un’idea di scomparsa e di oblio.
Il lavoro di Susanne Bürner (Germania, 1970) è un radicale esercizio di dissoluzione e spaesamento, operato muovendo da semplici situazioni quotidiane, dove le figure umane appaiono rappresentate nel mezzo di paesaggi sorprendentemente vuoti e irriconoscibili. In Finistère (2005), qualcosa forse è successo, qualcuno si sporge per osservare, ma non sappiamo né cosa né perché e la narrazione rimane azzerata sul filo di una paradossale inazione. La difficoltà di cogliere la reale natura degli accadimenti viene accompagnata da una colonna sonora lieve e suadente, un espediente narrativo destinato a rendere ancora più paradossale e indecifrabile tutta la scena.
Il lavoro di Alice Guareschi (Italia, 1976) tende a combinare un attento minimalismo geometrico con un intensa carica emotiva. L’artista mira a creare dualismi e contrapposizioni per spostare prospettive usuali e moltiplicare i punti di vista. In Local time at destination (Tower), 2005 la sagoma della Tour Eiffel parigina appare un vago bagliore quasi irriconoscibile, immerso nella nebbia fitta di un giorno invernale. L’immagini creata dall’artista oscilla così in uno spazio indefinito, al limite tra messa a fuoco e svanimento nell’indistinzione, suggerendo una sintesi tanto misteriosa quanto vertiginosa nella sua essenzialità.
Mel O’Callaghan (Australia, 1975) rivisita luoghi, paesaggi e oggetti indefiniti, cercando di restituire allo spettatore un’esperienza immaginativa intensamente concentrata. In Over lines, 2007, il tessuto di un paracadute militare, tesa lungo una parete, viene animato da due venitilatori sottostanti, creando un effetto di movimento e instabilità, che genera costantemente forme nuove e inattese nelle pieghe del panneggio. Il paracadute si trasfigura così in un’immagine astratta e irrisolta, dove la fluttuazione imprevedibile della sua struttura finisce per acquisire una forte carica meditativa.
Tutto il lavoro di Niamh O’Malley (Irlanda, 1975) è una riflessione sulla percezione del reale, filtrata mediante l’uso dell’illusione e dell’immaginazione. In particolare, l’artista ha dedicato molta attenzione al tema del paesaggio, inteso come ricostruzione culturale dell’ambiente naturale.
She closes her eyes when she sings (2006) è una videoproiezione su una tela dipinta, che svela lo scenario di un giardino attraverso l’illuminazione di singole parti di esso. Il focus ristretto della luce proiettata sulla tela costringe l’opera ad una dimensione allusiva e non completamente decifrabile, suscitando una sguardo sospeso tra meraviglia e mistero.
Ana Prvacki (Serbia, 1976)
L’artista, fondatrice di una casa di produzione creativa, Ananatural Production, lavora all’interno di un contesto performativo, in cui vengono ribaltate prospettive consolidate e proposte sperimentazioni linguistiche per rinnovare il nostro approccio quotidiano verso oggetti, emozioni e relazioni interpersonali, con un’attenzione precisa alla storia, alla cronaca e agli eventi contemporanei.
Tent, Quartet, Bows and Elbows (2006) si presenta come un oggetto inizialmente indecifrabile che disvela poco per volta la sua reale natura e l’evento di cui si fa manifestazione.
Magnus Thierfelder (Svezia, 1976) opera all’interno di un’estetica essenziale e metaforica, costruita mediante accenni e nascondimenti. In tutti i lavori dell’artista, il rapporto tra il soggetto che conosce e l’oggetto della conoscenza è sottoposto a black-out percettivi e interruzioni di senso, sino a perdere ogni possibilità di una consequenzialità logica precisa. In Who here among us still believs in choice, 2007, alcune sedie vengono parzialmente coperte con dei drappi neri, smarrendo una chiara riconoscibilità e diventando degli enigmi visivi, inutilizzabili secondo una logica funzionale e aperti a molteplici interpretazioni.
08.11. – 20.12.2008
Vernissage Samstag / Sabato 08.11.2008 ore 19 Uhr
Becky Beasley
Susanne Bürner
Alice Guareschi
Mel O’Callaghan
Niamh O’Malley
Ana Prvacki
Magnus Thierfelder
Kuratiert von / curate da Luigi Fassi
Fantasmata è una parola chiave del linguaggio filosofico occidentale. Strettamente legato alla riflessione sul ruolo dell’immaginazione e della fantasia, il significato di questo termine ha costituito un complesso problema filosofico, dalle sue origini nella storia del pensiero greco sino alla contemporaneità.
Aristotele nel De Anima definisce l’immaginazione (in greco fantasia, fantasia) come un luogo medio situato a metà strada tra percezione e pensiero, che rende pertanto possibile la fluida connessione tra i due momenti, rimanendo tuttavia da entrambi distinta. Per Aristotele la facoltà immaginativa o fantasia è capace di generare liberamente fantasmata, immagini create partendo dai ricordi di ciò che si è percepito, dunque dall’esperienza di percezioni sensibili di singoli oggetti ed eventi. Tali fantasmata giocano un ruolo di primaria importanza nello sviluppo del pensiero, in quanto, nella psicologia aristotelica, ogni operazione mentale e concettuale può aver luogo solo a partire da essi. Di conseguenza, così come non possono esserci immagini senza percezione, non possono neanche esserci pensieri senza immagini. I fantasmata sono così un ponte tra percezione e pensiero, ponendosi come il vero motore della conoscenza ma al tempo stesso come enti ambivalenti e sfuggenti, proprio in quanto privi di una identità ontologica precisa. Non hanno infatti la concretezza chiara e limpida della percezione e d’altra parte non partecipano alla natura concettuale del pensiero. Il fantasmata è così un ente ambiguo, diafano e variabile, non più solo sensibile ma non ancora compiutamente intellettuale, capace pertanto di rappresentare esemplarmente la regione del possibile e delle sue evoluzioni.
La mostra intende recuperare sinteticamente la complessità del significato filosofico originario di fantasmata, cogliendone le sfumature e le ambivalenze.
Le opere degli artisti in mostra testimoniano questa natura particolare del fantasmata, suggerendo immagini, ricordi e percezioni, ma senza elaborare compiutamente nessuno degli elementi rappresentati. In questi lavori le immagini diventano un luogo mentale di riflessione, un’approssimazione visiva situata al confine tra il mondo della sensibilità, intesa come percezione, e quello del pensiero e dall’elaborazione concettuale. Viene così sottolineato il ruolo fondamentale dell’immaginazione e del fanstamata nell’arte, mostrando tutta l’attualità e l’importanza che la riflessione filosofica classica ancora ricopre nella definizione delle strutture del pensiero artistico contemporaneo.
Artisti e opere:
Calchi, forme e immagini deprivate della loro consueta riconoscibilità sono il centro del lavoro di Beacky Beasley (UK, 1975). I suoi oggetti e le sue sculture diventano rappresentazioni minime e inaccessibili, costrette ad un livello di inespressione totale, come Sleep, Night (II) (2007) e Buan, Night (2006). Tutta la sua arte si muove per dettagli appena accennati e faticosamente scanditi, calati nel buio di un’immaginazione soffocata e densa di ricordi misteriosi, dominata da un’idea di scomparsa e di oblio.
Il lavoro di Susanne Bürner (Germania, 1970) è un radicale esercizio di dissoluzione e spaesamento, operato muovendo da semplici situazioni quotidiane, dove le figure umane appaiono rappresentate nel mezzo di paesaggi sorprendentemente vuoti e irriconoscibili. In Finistère (2005), qualcosa forse è successo, qualcuno si sporge per osservare, ma non sappiamo né cosa né perché e la narrazione rimane azzerata sul filo di una paradossale inazione. La difficoltà di cogliere la reale natura degli accadimenti viene accompagnata da una colonna sonora lieve e suadente, un espediente narrativo destinato a rendere ancora più paradossale e indecifrabile tutta la scena.
Il lavoro di Alice Guareschi (Italia, 1976) tende a combinare un attento minimalismo geometrico con un intensa carica emotiva. L’artista mira a creare dualismi e contrapposizioni per spostare prospettive usuali e moltiplicare i punti di vista. In Local time at destination (Tower), 2005 la sagoma della Tour Eiffel parigina appare un vago bagliore quasi irriconoscibile, immerso nella nebbia fitta di un giorno invernale. L’immagini creata dall’artista oscilla così in uno spazio indefinito, al limite tra messa a fuoco e svanimento nell’indistinzione, suggerendo una sintesi tanto misteriosa quanto vertiginosa nella sua essenzialità.
Mel O’Callaghan (Australia, 1975) rivisita luoghi, paesaggi e oggetti indefiniti, cercando di restituire allo spettatore un’esperienza immaginativa intensamente concentrata. In Over lines, 2007, il tessuto di un paracadute militare, tesa lungo una parete, viene animato da due venitilatori sottostanti, creando un effetto di movimento e instabilità, che genera costantemente forme nuove e inattese nelle pieghe del panneggio. Il paracadute si trasfigura così in un’immagine astratta e irrisolta, dove la fluttuazione imprevedibile della sua struttura finisce per acquisire una forte carica meditativa.
Tutto il lavoro di Niamh O’Malley (Irlanda, 1975) è una riflessione sulla percezione del reale, filtrata mediante l’uso dell’illusione e dell’immaginazione. In particolare, l’artista ha dedicato molta attenzione al tema del paesaggio, inteso come ricostruzione culturale dell’ambiente naturale.
She closes her eyes when she sings (2006) è una videoproiezione su una tela dipinta, che svela lo scenario di un giardino attraverso l’illuminazione di singole parti di esso. Il focus ristretto della luce proiettata sulla tela costringe l’opera ad una dimensione allusiva e non completamente decifrabile, suscitando una sguardo sospeso tra meraviglia e mistero.
Ana Prvacki (Serbia, 1976)
L’artista, fondatrice di una casa di produzione creativa, Ananatural Production, lavora all’interno di un contesto performativo, in cui vengono ribaltate prospettive consolidate e proposte sperimentazioni linguistiche per rinnovare il nostro approccio quotidiano verso oggetti, emozioni e relazioni interpersonali, con un’attenzione precisa alla storia, alla cronaca e agli eventi contemporanei.
Tent, Quartet, Bows and Elbows (2006) si presenta come un oggetto inizialmente indecifrabile che disvela poco per volta la sua reale natura e l’evento di cui si fa manifestazione.
Magnus Thierfelder (Svezia, 1976) opera all’interno di un’estetica essenziale e metaforica, costruita mediante accenni e nascondimenti. In tutti i lavori dell’artista, il rapporto tra il soggetto che conosce e l’oggetto della conoscenza è sottoposto a black-out percettivi e interruzioni di senso, sino a perdere ogni possibilità di una consequenzialità logica precisa. In Who here among us still believs in choice, 2007, alcune sedie vengono parzialmente coperte con dei drappi neri, smarrendo una chiara riconoscibilità e diventando degli enigmi visivi, inutilizzabili secondo una logica funzionale e aperti a molteplici interpretazioni.
08
novembre 2008
Fantasmata
Dall'otto novembre al 20 dicembre 2008
arte contemporanea
Location
AR/GE KUNST GALLERIA MUSEO
Bolzano, Via Museo, 29, (Bolzano)
Bolzano, Via Museo, 29, (Bolzano)
Orario di apertura
Ma–Ve ore 10-13 e 15-19 Sa 10-13 Do e Lu chiuso
Vernissage
8 Novembre 2008, ore 19
Autore
Curatore