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Fausto Franceschi – Il Paesaggio in punta di pennello
personale
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Inaugurazione della mostra di Fausto Franceschi
Domenica 5 agosto alle 18.00, ex scuola elementare,
Lungomare A.Doria di Porto Ercole.
La mostra, a cura di Carla Longobardi, è patrocinata
dall'Assessorato alla cultura del Comune di Monte
Argentario, in collaborazione con l'associazione culturale il Girotondo.
Biografia
Fausto Franceschi, pittore dei paesaggi di Monteargentario
e Capalbio, nasce a Campoverde di Salò (BS) il 10 ottobre
1920. All'età di 5 anni viene a vivere a Porto Ercole dove
muore il 19 Ottobre 2010. Nella sua lunga carriera ha
esposto in molte località della Maremma, da Manciano a
Scansano, da Porto Ercole a Porto Santo Stefano, e
saprattutto a Capalbio dove ha esposto più volte, in
particolare,con una grande mostra al Castello.
Ha partecipato anche a mostre nazionali di pittura
contemporanea, in particolare nei luoghi di cui era
originario, da Riva del Garda a Gardone Riviera, da Salò a
Desenzano.
Pittore autodidatta e solo apparentemente naif , Franceschi
ha illustrato in modo straordinario e unico i luoghi della
Maremma, luoghi incantati e allegramente colorati, come
apparivano ai suoi occhi di uomo semplice e profondo del
Novecento.
La grazia della vita dentro la cornice
o intorno a Fausto Franceschi
di Gabriella Sica
Pittore di paesaggi immoti e cristallini, Fausto Franceschi ci aggiunge di personale una nota ilare e leggera, solo una nota che riempie di musica vasta, lieve e dolce i suoi scorci ossessivamente iterati. Scorci di mare e di terra, di acque azzurre e di campagne bruciate dal sole, e dunque fatalmente scorci della Maremma, ma soprattutto e sempre scorci dei suoi due luoghi-muse: Porto Ercole e Capalbio.
Il borgo vecchio di Porto Ercole, aggrappato a una collinetta come la prua di una nave, è ritratto con le più varie e squillanti sfumature cromatiche e in tutte le possibili pendenze di luce che diventano a tratti pieghe del tempo sciorinate con flemma scrupolosa e trattenuto dolore. Franceschi dipinge instancabile e con furia implacabile e mai placata lo stesso soggetto in tutte le sue angolature e, dunque, ce le mostra tutte le innumerevoli collinette di Porto Ercole, forme morbide della natura, sempre pronte a salpare come le barche immancabili nel mare da cui vigorosamente sorgono, sempre arpionate da un Forte, più forte e resistente di ogni altra roccia. Eppure il tempo lascia i suoi segni, minimi per chi guarda innocentemente i suoi quadri, ma incisivi e memorabili a ben guardare. Così si scopre che Franceschi, mentre dipingeva solo quello che si trovava davanti agli occhi, ci ha lasciato quadri in cui il tempo compresso in un istante racconta a noi contemporanei di un altro tempo e ci restituisce la memoria sepolta di un luogo. Ecco così bagnanti in piedi o stesi su un asciugamano con il costume rosso o azzurro sulla spiaggia, intorno a quel cerchio meraviglioso e un po’ magico del tempo che ha trasformato una spiaggia di paese nella Cala Galera di oggi, dove non ci sono più ombrelloni ma solo yacht. Ecco nel porto solo qualche barchetta e sul molo donnette che rammendano lunghissime reti da pesca. Non succede niente perchè tutto si ripete.
C’è l’antico borgo che svetta sul mare, come sempre, ma non c’è il Braccio che avrebbero costruito dopo. Oppure irrompe sbuffando ciuffi di fumo e allegria sulla laguna di Orbetello il treno che portava un tempo all’Argentario e che oggi non c’è più. E sfrecciano nel cielo gli aerei essenziali di Italo Balbo. Trenini, barche e aerei solcano il mare e il cielo, entrano nel quadro e velocemente ne escono, straordinarie e fugaci apparizioni della vita.
Un pittore semplice e primitivo Fausto Franceschi, che però osservava anche con gli occhi dei grandi pittori, come posso constatare dai libri della sua biblioteca. Deve averli guardati a lungo, Van Gogh, per esempio, quando dipinge i campi di grano e i contadini di Capalbio, tra covoni e vigne luminose con qualche alberello, tra cavalli e greggi, a picco sotto il sole, quando fa rivivere quell’angolo di paradiso pur sapendo che non esiste paradiso in terra. Anche Franceschi ha la sua Provenza e il suo sole che abbaglia e brucia case e cervelli.
Tra il mare o la terra concavi e il cielo pure concavo Franceschi accoglie docile e gentile la celebrazione di un miracolo che si ripete a ogni istante con la consapevolezza che non si ripeterà più. E spinge tutta la grazia della vita rappresentata dai luoghi amati, guardati e riguardati, dentro un quadro limitato dalla cornice che lui cercava di abbellire colorandola, con tante variazioni fino alle ultime nere, simili a baluardi di un mondo che si fa più carico, quasi espressionista.
Aveva il cuore come l’acqua, mi dice la moglie Michelina. E gli occhi del colore del mare. Forse un po’ ironici, mi pare di capire da un suo autoritratto en artiste, con i capelli ondulati e lunghi calcati da un improbabile cappello. Sicuramente aveva una gran fantasia, gioconda e colorata, come quando si esercita sulle nature morte, su melanzane e zucchine soprattutto, che formano astrusi uomini con le pere al posto delle mani e le carote al posto dei piedi. Nature vive, lui le considerava. Oppure come quando, in un autoritratto, con uno dei suoi frizzi o sberci, lui, in piccolo, tira la coda di una gran sirena o sfinge-chimera, a riprova della sua consapevolezza di artista mai enfatico.
Franceschi, originario delle terre intorno al lago di Garda dove tornava sempre e che ricordava con i suoi quadri, ha vissuto in Maremma per ben ottantadue dei suoi novant’anni, andando da giovane a Capalbio a vendere il pesce di Porto Ercole. Ha dipinto spiagge e monti dell’Argentario, ha dipinto il suo balcone e il chiosco del latte al centro del paese, sempre con lo stesso splendore arioso. Improvvisava mostre sul lungomare o al mercato del pesce, ma io, fino a poco tempo fa, a pochi mesi dalla sua scomparsa, non me ne ero mai accorta. Per mia mancanza, ovviamente. Singolare davvero che a Porto Ercole, dove vado da un pezzo ormai davvero lungo della mia vita, io non l’abbia mai conosciuto, mai visto. Ma certo Franceschi deve pure aver avuto un certo talento nel non mostrarsi o non sapersi mostrare e vendere. Sarà anche per questo che in vita non ha avuto né riconoscimenti né riconoscenza da un paese che lo conosceva da sempre ma non l’ha saputo apprezzare. La ferita non poteva che bruciare a ogni passo, con tanti quadri e quadretti invenduti. Non che non abbia fatto mostre e venduto, moltissimo e di più a Capalbio, e i suoi quadri sono andati per due lire ovunque, varcando mari e terre, fino in America, ma il desiderio cocente di trovare un critico o una galleria che potesse sostenerlo non l’ha mai lasciato, neppure negli ultimi anni, più tormentati e irrequieti del solito ma laboriosissimi e fecondi, come sempre, da quando una malattia l’aveva costretto a smettere di lavorare per mettersi solo a dipingere e dipingere, sempre e soltanto. Imperatore in casa e artista fragile nel mondo. Sotto lo sguardo amorevole di Michelina che non sapeva più dove mettere tutti quei quadri che le riempivano la casa e attorno a cui tutto e tutti, non ultimi i due figli, ruotavano, con poco ritorno economico.
Non so dire quanta tecnica ci sia nei suoi quadri, non so quali siano le logiche spietate del mercato, se è “solo” un pittore naïf, se le sue quotazioni possano lievitare in un sistema dell’arte tanto complicato, comunque sia qualche riconoscimento postumo sta arrivando. E la sua totale adesione alla vita, nel suo aspetto più elementare e ingenuo, che va a riempire magicamente le forme dipinte, a dare luce ai suoi già brillanti colori, non può non apparire commovente e altamente morale. Uno spirito mai sgomento che sgorga da una fontana fresca e segreta magari nascosta nel cuore del Monte Argentario.
Ora possiamo rivedere con i suoi occhi, come lui ce li ha mostrati, il mare e la terra della Maremma d’un tempo e di sempre, e immaginare, come lui, i minuscoli pescatori e contadini che l’animavano e che non ci sono più, e vedere con occhi nuovi la chiarità argentina, senza brividi terrestri e senza deflagrazioni, dei luoghi inseguiti con il pennello da Fausto, luoghi fausti come il suo nome e baciati dalla grazia di un qualche Dio che l’artista Franceschi non ha fatto che allegramente imitare.
Domenica 5 agosto alle 18.00, ex scuola elementare,
Lungomare A.Doria di Porto Ercole.
La mostra, a cura di Carla Longobardi, è patrocinata
dall'Assessorato alla cultura del Comune di Monte
Argentario, in collaborazione con l'associazione culturale il Girotondo.
Biografia
Fausto Franceschi, pittore dei paesaggi di Monteargentario
e Capalbio, nasce a Campoverde di Salò (BS) il 10 ottobre
1920. All'età di 5 anni viene a vivere a Porto Ercole dove
muore il 19 Ottobre 2010. Nella sua lunga carriera ha
esposto in molte località della Maremma, da Manciano a
Scansano, da Porto Ercole a Porto Santo Stefano, e
saprattutto a Capalbio dove ha esposto più volte, in
particolare,con una grande mostra al Castello.
Ha partecipato anche a mostre nazionali di pittura
contemporanea, in particolare nei luoghi di cui era
originario, da Riva del Garda a Gardone Riviera, da Salò a
Desenzano.
Pittore autodidatta e solo apparentemente naif , Franceschi
ha illustrato in modo straordinario e unico i luoghi della
Maremma, luoghi incantati e allegramente colorati, come
apparivano ai suoi occhi di uomo semplice e profondo del
Novecento.
La grazia della vita dentro la cornice
o intorno a Fausto Franceschi
di Gabriella Sica
Pittore di paesaggi immoti e cristallini, Fausto Franceschi ci aggiunge di personale una nota ilare e leggera, solo una nota che riempie di musica vasta, lieve e dolce i suoi scorci ossessivamente iterati. Scorci di mare e di terra, di acque azzurre e di campagne bruciate dal sole, e dunque fatalmente scorci della Maremma, ma soprattutto e sempre scorci dei suoi due luoghi-muse: Porto Ercole e Capalbio.
Il borgo vecchio di Porto Ercole, aggrappato a una collinetta come la prua di una nave, è ritratto con le più varie e squillanti sfumature cromatiche e in tutte le possibili pendenze di luce che diventano a tratti pieghe del tempo sciorinate con flemma scrupolosa e trattenuto dolore. Franceschi dipinge instancabile e con furia implacabile e mai placata lo stesso soggetto in tutte le sue angolature e, dunque, ce le mostra tutte le innumerevoli collinette di Porto Ercole, forme morbide della natura, sempre pronte a salpare come le barche immancabili nel mare da cui vigorosamente sorgono, sempre arpionate da un Forte, più forte e resistente di ogni altra roccia. Eppure il tempo lascia i suoi segni, minimi per chi guarda innocentemente i suoi quadri, ma incisivi e memorabili a ben guardare. Così si scopre che Franceschi, mentre dipingeva solo quello che si trovava davanti agli occhi, ci ha lasciato quadri in cui il tempo compresso in un istante racconta a noi contemporanei di un altro tempo e ci restituisce la memoria sepolta di un luogo. Ecco così bagnanti in piedi o stesi su un asciugamano con il costume rosso o azzurro sulla spiaggia, intorno a quel cerchio meraviglioso e un po’ magico del tempo che ha trasformato una spiaggia di paese nella Cala Galera di oggi, dove non ci sono più ombrelloni ma solo yacht. Ecco nel porto solo qualche barchetta e sul molo donnette che rammendano lunghissime reti da pesca. Non succede niente perchè tutto si ripete.
C’è l’antico borgo che svetta sul mare, come sempre, ma non c’è il Braccio che avrebbero costruito dopo. Oppure irrompe sbuffando ciuffi di fumo e allegria sulla laguna di Orbetello il treno che portava un tempo all’Argentario e che oggi non c’è più. E sfrecciano nel cielo gli aerei essenziali di Italo Balbo. Trenini, barche e aerei solcano il mare e il cielo, entrano nel quadro e velocemente ne escono, straordinarie e fugaci apparizioni della vita.
Un pittore semplice e primitivo Fausto Franceschi, che però osservava anche con gli occhi dei grandi pittori, come posso constatare dai libri della sua biblioteca. Deve averli guardati a lungo, Van Gogh, per esempio, quando dipinge i campi di grano e i contadini di Capalbio, tra covoni e vigne luminose con qualche alberello, tra cavalli e greggi, a picco sotto il sole, quando fa rivivere quell’angolo di paradiso pur sapendo che non esiste paradiso in terra. Anche Franceschi ha la sua Provenza e il suo sole che abbaglia e brucia case e cervelli.
Tra il mare o la terra concavi e il cielo pure concavo Franceschi accoglie docile e gentile la celebrazione di un miracolo che si ripete a ogni istante con la consapevolezza che non si ripeterà più. E spinge tutta la grazia della vita rappresentata dai luoghi amati, guardati e riguardati, dentro un quadro limitato dalla cornice che lui cercava di abbellire colorandola, con tante variazioni fino alle ultime nere, simili a baluardi di un mondo che si fa più carico, quasi espressionista.
Aveva il cuore come l’acqua, mi dice la moglie Michelina. E gli occhi del colore del mare. Forse un po’ ironici, mi pare di capire da un suo autoritratto en artiste, con i capelli ondulati e lunghi calcati da un improbabile cappello. Sicuramente aveva una gran fantasia, gioconda e colorata, come quando si esercita sulle nature morte, su melanzane e zucchine soprattutto, che formano astrusi uomini con le pere al posto delle mani e le carote al posto dei piedi. Nature vive, lui le considerava. Oppure come quando, in un autoritratto, con uno dei suoi frizzi o sberci, lui, in piccolo, tira la coda di una gran sirena o sfinge-chimera, a riprova della sua consapevolezza di artista mai enfatico.
Franceschi, originario delle terre intorno al lago di Garda dove tornava sempre e che ricordava con i suoi quadri, ha vissuto in Maremma per ben ottantadue dei suoi novant’anni, andando da giovane a Capalbio a vendere il pesce di Porto Ercole. Ha dipinto spiagge e monti dell’Argentario, ha dipinto il suo balcone e il chiosco del latte al centro del paese, sempre con lo stesso splendore arioso. Improvvisava mostre sul lungomare o al mercato del pesce, ma io, fino a poco tempo fa, a pochi mesi dalla sua scomparsa, non me ne ero mai accorta. Per mia mancanza, ovviamente. Singolare davvero che a Porto Ercole, dove vado da un pezzo ormai davvero lungo della mia vita, io non l’abbia mai conosciuto, mai visto. Ma certo Franceschi deve pure aver avuto un certo talento nel non mostrarsi o non sapersi mostrare e vendere. Sarà anche per questo che in vita non ha avuto né riconoscimenti né riconoscenza da un paese che lo conosceva da sempre ma non l’ha saputo apprezzare. La ferita non poteva che bruciare a ogni passo, con tanti quadri e quadretti invenduti. Non che non abbia fatto mostre e venduto, moltissimo e di più a Capalbio, e i suoi quadri sono andati per due lire ovunque, varcando mari e terre, fino in America, ma il desiderio cocente di trovare un critico o una galleria che potesse sostenerlo non l’ha mai lasciato, neppure negli ultimi anni, più tormentati e irrequieti del solito ma laboriosissimi e fecondi, come sempre, da quando una malattia l’aveva costretto a smettere di lavorare per mettersi solo a dipingere e dipingere, sempre e soltanto. Imperatore in casa e artista fragile nel mondo. Sotto lo sguardo amorevole di Michelina che non sapeva più dove mettere tutti quei quadri che le riempivano la casa e attorno a cui tutto e tutti, non ultimi i due figli, ruotavano, con poco ritorno economico.
Non so dire quanta tecnica ci sia nei suoi quadri, non so quali siano le logiche spietate del mercato, se è “solo” un pittore naïf, se le sue quotazioni possano lievitare in un sistema dell’arte tanto complicato, comunque sia qualche riconoscimento postumo sta arrivando. E la sua totale adesione alla vita, nel suo aspetto più elementare e ingenuo, che va a riempire magicamente le forme dipinte, a dare luce ai suoi già brillanti colori, non può non apparire commovente e altamente morale. Uno spirito mai sgomento che sgorga da una fontana fresca e segreta magari nascosta nel cuore del Monte Argentario.
Ora possiamo rivedere con i suoi occhi, come lui ce li ha mostrati, il mare e la terra della Maremma d’un tempo e di sempre, e immaginare, come lui, i minuscoli pescatori e contadini che l’animavano e che non ci sono più, e vedere con occhi nuovi la chiarità argentina, senza brividi terrestri e senza deflagrazioni, dei luoghi inseguiti con il pennello da Fausto, luoghi fausti come il suo nome e baciati dalla grazia di un qualche Dio che l’artista Franceschi non ha fatto che allegramente imitare.
05
agosto 2012
Fausto Franceschi – Il Paesaggio in punta di pennello
Dal 05 agosto al 05 settembre 2012
arte contemporanea
Location
PALAZZO EX SCUOLA ELEMENTARE
Porto Ercole, Lungomare Andrea Doria, (Grosseto)
Porto Ercole, Lungomare Andrea Doria, (Grosseto)
Vernissage
5 Agosto 2012, h 18
Autore
Curatore