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Federica Gonnelli – Tonalità del Velo
Oltre le suggestioni che la sua arte sa creare, Gonnelli offre allo spettatore l’invito a compiere un viaggio, per tornare alle origini e ritrovare se stesso, attraverso il medium che predilige e in cui eccelle, l’installazione
Comunicato stampa
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TESTO di ADRIANA MARIA SOLDINI
Nella desolazione di un’epoca dove tutto è in discussione su fondamenta traballanti, l’uomo
procede come in un videogame, cercando di sopravvivere ai tranelli disseminati sul percorso.
Andando oltre le suggestioni che la sua arte sa creare, Federica Gonnelli offre allo spettatore
l’invito a compiere un viaggio iniziatico, per tornare alle origini e ritrovare se stesso, attraverso
il medium espressivo che predilige e in cui eccelle, l’installazione.
“La mente è come un paracadute. Funziona solo se si apre”, diceva Albert Einstein. Così,
lo spettatore deve prima liberarsi dai parametri consueti, dai contorni nitidi delle forme
conosciute, compreso se stesso, per lasciarsi trasportare nelle opere e riuscire a raccogliere i
messaggi che l’artista ha lasciato dietro di sé. Con fiducia, deve accettare l’aiuto che Federica
gli offre attraverso il suo alter ego: il velo d’organza, la pelle dell’opera. La sua interposizione
non è di ostacolo, ma è il tramite che porta alla conoscenza e all’archiviazione del sapere.
Costringe il visitatore a fermarsi e ad avvicinarsi; lo rende attivo, capace di leggere e
oltrepassare il lieve drappo per vedere e comprendere in profondità la natura di ciò che cela.
Dalla luce al buio alla luce. È la strada scelta, tutta in discesa.
Basta girare l’angolo per intravedere la nuova dimensione che attende l’arrivo dello spettatore.
Davanti, si dispiegano in opere di luce la Memoria e la Natura, i due pilastri della nostra
esistenza, da cui far ripartire ogni ricostruzione. Mondi fantastici, dettagli intimi di ricordi che la
memoria conserva; tracce di vissuto annidate nei meandri dell’inconscio che l’arte di Federica
fa emergere e rende visibili all’interno di contenitori-case-rifugi, come tesori da preservare.
Spesso non tangibili, per la loro fragilità o perché non ci si fermi alla loro corporeità.
Il Tempo – passato/presente/futuro – si svolge in un’atmosfera evanescente. Il Corpo
– contenuto/contenitore, presente/assente, parvenza – si mostra attraverso il tessuto
nell’interezza o nella frammentarietà. Le suddivisioni di Tempo e Corpo non vanno considerate
compartimenti stagni del sommergibile chiamato Vita, ma costituiscono la moltiplicazione delle
possibilità. È come una trasmutazione continua dello stato della materia e dell’antimateria,
della sostanza e dell’essenza, dove sono rilevanti i luoghi dal confine sfumato e dalla natura
labile che si pongono nei punti di contatto tra diversi stadi e tra stati.
Ci sono parole riferite a emozioni o a riflessioni intime in cerca di eternità, come nelle due
installazioni dedicate ai personaggi della raccolta di poesie “Antologia di Spoon River” di Edgar
Lee Master.
In Louise & Herbert, lo spettatore si addentra nell’intimità del ricordo doloroso di una relazione
amorosa. Effimera come la vita. Il simbolismo dei colori espresso dai veli sottolinea il senso dei
versi poetici e il loro incrocio allude all’incontro e alla morte; insieme, formano i petali di un
fiore intriso del profumo di una memoria struggente. Nell’installazione, Federica ha celebrato la
metafora del sogno infranto.
I volti che Federica ha dato a loro, sovrapponendo il suo a quello di persone legate a lei per
affinità o per affetto sono: l’artista Frida Kahlo e il nonno materno Goretto. Nell’installazione
Francis (Il Cuore Malato), lo stendardo del protagonista è in piedi appoggiato al muro e vi si
ravvisa Antonio Gramsci, il cui cuore malato è il dolore di oggi per gli ideali traditi dalla società
contemporanea. Inserita all’interno di una teca, la coppa di vetro nera è il fulcro dell’opera.
Foriera di presagi funerei, la sua fragilità vieta di toccarla e gli aculei neri scoraggiano a farlo.
Appese, quattordici immagini a doppia esposizione ricreano il clima di quel pomeriggio di
giugno in giardino, mescolati ai rimandi biografici dello stesso Masters: le sue case, il fiume
Spoon, il cimitero sulla collina.
Federica ricorre sempre di più alla luce artificiale per fare strada allo spettatore tra le finissime
trame del tessuto d’organza. Una guida mai definibile che si avvale della collaborazione
dell’ombra, che esiste perché proviene da lei, la luce. L’artista sa giocare sapientemente con
la realtà vista nel binomio luce-ombra, donando due visioni possibili a luce spenta e a luce
accesa. Mentre, sottolinea il concetto di transizione e la possibilità di presenza dei corpi con la
proiezione fissa o mobile.
Questo è il modo di predisporsi alla vita e all’arte di Federica Gonnelli. Un linguaggio artistico
che si sviluppa in una molteplicità di significati e di varianti di significato. È al contempo
raffinato e ironicamente pop. Sa essere maestoso senza essere urlato e sa essere convincente
anche nell’infinitamente piccolo.
Uno sguardo positivo che punta alla qualità dei sogni che aspira a realizzare.
ADRIANA SOLDINI narratrice d’arte
Nella desolazione di un’epoca dove tutto è in discussione su fondamenta traballanti, l’uomo
procede come in un videogame, cercando di sopravvivere ai tranelli disseminati sul percorso.
Andando oltre le suggestioni che la sua arte sa creare, Federica Gonnelli offre allo spettatore
l’invito a compiere un viaggio iniziatico, per tornare alle origini e ritrovare se stesso, attraverso
il medium espressivo che predilige e in cui eccelle, l’installazione.
“La mente è come un paracadute. Funziona solo se si apre”, diceva Albert Einstein. Così,
lo spettatore deve prima liberarsi dai parametri consueti, dai contorni nitidi delle forme
conosciute, compreso se stesso, per lasciarsi trasportare nelle opere e riuscire a raccogliere i
messaggi che l’artista ha lasciato dietro di sé. Con fiducia, deve accettare l’aiuto che Federica
gli offre attraverso il suo alter ego: il velo d’organza, la pelle dell’opera. La sua interposizione
non è di ostacolo, ma è il tramite che porta alla conoscenza e all’archiviazione del sapere.
Costringe il visitatore a fermarsi e ad avvicinarsi; lo rende attivo, capace di leggere e
oltrepassare il lieve drappo per vedere e comprendere in profondità la natura di ciò che cela.
Dalla luce al buio alla luce. È la strada scelta, tutta in discesa.
Basta girare l’angolo per intravedere la nuova dimensione che attende l’arrivo dello spettatore.
Davanti, si dispiegano in opere di luce la Memoria e la Natura, i due pilastri della nostra
esistenza, da cui far ripartire ogni ricostruzione. Mondi fantastici, dettagli intimi di ricordi che la
memoria conserva; tracce di vissuto annidate nei meandri dell’inconscio che l’arte di Federica
fa emergere e rende visibili all’interno di contenitori-case-rifugi, come tesori da preservare.
Spesso non tangibili, per la loro fragilità o perché non ci si fermi alla loro corporeità.
Il Tempo – passato/presente/futuro – si svolge in un’atmosfera evanescente. Il Corpo
– contenuto/contenitore, presente/assente, parvenza – si mostra attraverso il tessuto
nell’interezza o nella frammentarietà. Le suddivisioni di Tempo e Corpo non vanno considerate
compartimenti stagni del sommergibile chiamato Vita, ma costituiscono la moltiplicazione delle
possibilità. È come una trasmutazione continua dello stato della materia e dell’antimateria,
della sostanza e dell’essenza, dove sono rilevanti i luoghi dal confine sfumato e dalla natura
labile che si pongono nei punti di contatto tra diversi stadi e tra stati.
Ci sono parole riferite a emozioni o a riflessioni intime in cerca di eternità, come nelle due
installazioni dedicate ai personaggi della raccolta di poesie “Antologia di Spoon River” di Edgar
Lee Master.
In Louise & Herbert, lo spettatore si addentra nell’intimità del ricordo doloroso di una relazione
amorosa. Effimera come la vita. Il simbolismo dei colori espresso dai veli sottolinea il senso dei
versi poetici e il loro incrocio allude all’incontro e alla morte; insieme, formano i petali di un
fiore intriso del profumo di una memoria struggente. Nell’installazione, Federica ha celebrato la
metafora del sogno infranto.
I volti che Federica ha dato a loro, sovrapponendo il suo a quello di persone legate a lei per
affinità o per affetto sono: l’artista Frida Kahlo e il nonno materno Goretto. Nell’installazione
Francis (Il Cuore Malato), lo stendardo del protagonista è in piedi appoggiato al muro e vi si
ravvisa Antonio Gramsci, il cui cuore malato è il dolore di oggi per gli ideali traditi dalla società
contemporanea. Inserita all’interno di una teca, la coppa di vetro nera è il fulcro dell’opera.
Foriera di presagi funerei, la sua fragilità vieta di toccarla e gli aculei neri scoraggiano a farlo.
Appese, quattordici immagini a doppia esposizione ricreano il clima di quel pomeriggio di
giugno in giardino, mescolati ai rimandi biografici dello stesso Masters: le sue case, il fiume
Spoon, il cimitero sulla collina.
Federica ricorre sempre di più alla luce artificiale per fare strada allo spettatore tra le finissime
trame del tessuto d’organza. Una guida mai definibile che si avvale della collaborazione
dell’ombra, che esiste perché proviene da lei, la luce. L’artista sa giocare sapientemente con
la realtà vista nel binomio luce-ombra, donando due visioni possibili a luce spenta e a luce
accesa. Mentre, sottolinea il concetto di transizione e la possibilità di presenza dei corpi con la
proiezione fissa o mobile.
Questo è il modo di predisporsi alla vita e all’arte di Federica Gonnelli. Un linguaggio artistico
che si sviluppa in una molteplicità di significati e di varianti di significato. È al contempo
raffinato e ironicamente pop. Sa essere maestoso senza essere urlato e sa essere convincente
anche nell’infinitamente piccolo.
Uno sguardo positivo che punta alla qualità dei sogni che aspira a realizzare.
ADRIANA SOLDINI narratrice d’arte
05
aprile 2014
Federica Gonnelli – Tonalità del Velo
Dal 05 al 22 aprile 2014
arte contemporanea
Location
SAAM – SPAZIO D’ARTE ALBERTO MORETTI – SCHEMA POLIS
Carmignano, Via Borgo, 4, (Prato)
Carmignano, Via Borgo, 4, (Prato)
Orario di apertura
mer./dom. 15.30-19.00
Vernissage
5 Aprile 2014, ore 17
Autore
Curatore