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Federica Marangoni – La danza del fuoco
Federica Marangoni protagonista al Museo del Vetro di Murano con l’opera “La Danza del Fuoco”
Comunicato stampa
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Visto il grande successo della Glass Week che vantava tra i protagonisti anche Federica Marangoni, il Museo del Vetro accoglie e presenta al pubblico fino a fine Ottobre 2017 la grande opera "La Danza del Fuoco" della Marangoni.
"La trasparenza del vetro ha fatto sparire la presenza fisica dei segni a favore del loro ricordo, della loro immanenza immateriale. Questo VUOTO, incarna il grado zero di tutti i possibili significati. Magia del Vetro, magia dell’Arte. Analizzando i termini del Linguaggio di Federica Marangoni, mi rendo conto di aver descritto le fondamenta stesse della sua grande Opera: il giardino incantato di farfalle…non è un po’ il grande vetro di Duchamp santificato dal vuoto di Klein? Marcel Duchamp aveva 32 anni all’inizio del grande vetro, Yves Klein 30 anni quando ha concepito il vuoto, c’è voluto poco di più a Federica Marangoni per smaterializzare la trasparenza...miracolo del talento, della volontà e dell’energia intuitiva…Federica Marangoni sta realizzando sotto i nostri occhi uno strano prodigio: far oscillare la storia formale della vetreria nel regno aleatorio del concetto, l’artigianato più vecchio del mondo nella più attuale poesia.
Miracolo a Murano: Angelo Barovier e Domenico Miotti hanno raggiunto Marcel Duchamp e Yves Klein sull’altra faccia dell’Arte, nella trasparenza dello spazio e del tempo, nel giardino di vetro, il giardino incantato di farfalle"
Pierre Restany
Parigi, 1988
Serena Mormino intervista Federica Marangoni
Milano, mi accingo ad intervistare la cara amica e grande artista Federica Marangoni con l’entusiasmo che ci caratterizza ed unisce e con gli sguardi pieni di intensità e luce, quella luce che solo chi ama l’Arte distingue…
L’Artista italiana per eccezione, colei che ancora giovanissima negli anni ’70 approda in America; giovane donna artista accanto ai grandi nomi internazionali…
SM: “L’impatto con l’America…”
FM: “Era il 1977 lavoravo già da molto tempo per la New York University a Venezia, abbiamo fatto delle grandi mostre a Palazzo Grassi tra cui “Venerezia-Revenice” con Pierre Restany, momenti storici, epici, con pochi fondi e grandi idee… Poi la Direttrice del NYU mi ha proposto di lavorare anche nella sede a New York per periodi infra annuali (Federica era già madre, ndr).
Ho capito che era un cavallo da cavalcare subito… ho accettato e da allora ogni anno per 40 anni, ho sempre fatto avanti e indietro almeno due volte all’anno… mostre, lectio magistralis in Università…
Negli anni ’80 ho disegnato i vetri per Tiffany che allora non concepiva il colore, si può dire che sia stato il mio primo lavoro internazionale anche come Designer.
Tante gallerie, molti amici e nuovi stimoli.. mi sono subito ambientata, come se fossi nata lì anche perché l’America è diversa, ci sono sempre dei miracoli che si compiono ed io ne sono stata protagonista!
Io, giovane artista che venivo dal nulla, senza particolari protezioni, un giorno nel 1979 creai una mostra tutta di Vetro sul tema della natura; vetri con geometrie e forme armoniche, nuvole, pioggia ed arcobaleni. Eravamo nella 57sima Strada alla galleria Theo Portnoy Gallery; quella raccolta fu comprata da un grande collezionista americano che la volle fortemente presentare a New York per la mostra “Thinking in Glass”, esposizione di sculture e piccoli gioielli d’artista che avevo appena realizzato. Era il periodo di Natale e una volta arrivate in porto, le opere sparirono; tutto rubato, perché avevo ingenuamente indicato “Vetro di Murano e Tiffany”…
Mi ritrovai con 5.000 invitati, la Galleria e pochi gioielli, una tragedia, ma ho fatto mia la filosofia del grande amico e artista Vincenzo Agnetti… sai anche Tu Serena che gli amici sono quegli ingredienti in più della vita, vere fortune!
Vincenzo mi sgrida, spronandomi come un fratello a reagire: “questo non lo accetto, tu sei un’Artista, non sei una che fa oggetti, quindi fai qualcosa d’altro, crea, inventa!!!”
Aveva ragione, sono un’artista completa, ho sempre fatto anche performance (la prima donna italiana, ndr) e ho avuto il coraggio di proporre una performance che mi sono inventata sul momento, in una galleria classica, con clienti tradizionali che cercavano vetri…
Ma non potevo chiudere la porta ed andarmene!
“Life is Time” sulla vita, il tempo, la morte… così posai su delle pietre tante rose in cera che si scioglievano, come una via crucis in una performance ritualistica “The Ritual of Life”
(nello stesso anno espone in Ohio Museum of Art, a Toronto e in Italia ad Ancona, Torino e Venezia, ndr).
Nel pubblico c’era il giovane curatore per la sezione video e performance del MoMA… vedi i miracoli di NYC… stava studiando di invitare tre personaggi europei che operassero già nella capitale. Mi coinvolge subito e a Febbraio nel 1980 mi trasferisco a NY per un mese con una delle mie due figlie e presento il film “The Box of Life” e la performance “The Interrogation” al MoMA!
Erano anni in cui anche la mia coetanea Marina Abramovic era a New York, faceva performance, ma arrivare a farla per prima al MoMA è un’altra cosa…
L’opera si scioglieva e diventava una nuova opera, nuova luce, nuova vita (istallazione performance e proiezione del film in 16mm “The Box of Life” acquisito dall’Archivio d’arte mediale del MoMA).
Dopo le performance mi sentivo anche io consumata, e decisi di fare attivare le mie opere. Arrivai in una piccola Galleria di Soho (Inroads-Multimedia Art Center) e feci un lavoro molto underground - “Straphangers” - un lungo corridoio di tubi, stretti con la plastica. C’erano delle mani pendenti di cera attaccate alle maniglie della subway e il filo di elettricità… tutto fatto in modo molto artigianale, con pochi soldi ma grade spirito e anima…
E poi Washington, New York al Metropolitan, San Francisco, Milano a Palazzo Reale e a La Triennale, Spagna, Parigi, Tokio…
SM: “Giovane performer in tempi ancora più difficili per la donna essere artista. Hai creato video quando ancora quasi nessuno lo faceva nel mondo dell’arte. Com’è stato vivere questo momento artistico da giovane donna?”
FM: “Femminista sì ma non politicizzata e aggressiva e, forse per questo, spesso non coinvolta…
La Donna è sempre divisa almeno in due, se non più pezzetti, e tutta la vita cerca ricomporli per trovare il suo spazio.
In questa carambola che è la vita, io ho creduto molto, forse da incosciente, a quello che facevo; nessuno immaginava che i video sarebbero diventati davvero forma d’Arte, oggi spesso addirittura abusata. Ma noi abbiamo creduto molto nella sperimentazione, nella ricerca dei nuovi materiali. E questa forza è stata fondamentale. Ci siamo inventati il passaggio dell’immagine da un video all’altro a catena, qualcosa che allora non esisteva, perché non esisteva certo il digitale. E’ stata un’impresa da visionari!
Alla Biennale del 1997 presentai in Arsenale il grandioso “Arcobaleno elettronico” in vetro policromo, installato con una torre di quindici monitor della Sony che colavano i colori dell’arcobaleno spezzato e trasformavano la materia in nuova materia, la tecnologia. Una centralina dava i comandi ai vhs per generare il concetto di colata. Siamo stati visionari nell’Arte ma anche nella tecnologia. Vetro che esplode e, in tempo reale, la video camera riprende 4.000 fotogrammi al secondo…
Allora fare ricerca era poesia!
SM: “Veniamo alla Luce, elemento fondamentale della vita di flora e fauna, diventa punto focale della Tua Arte”
FM: “La Luce è nata con me quando non si usava dire che la materia è luce. Lavorando il vetro non potevo fare a meno della luce; le miei opere in vetro senza luce sono morte, così come quelle in plexi inciso, tipiche del mio percorso degli anni ’60, le scatole con luce… se ci pensi lo schermo tv è luce. Se lo fai vivere all’interno di un’installazione diventa la terza dimensione che noi artisti abbiamo sempre cercato perché genera movimento”.
SM: “ Lo schermo è luce, ma va modificato, controllato perché non prenda il sopravvento…”
FM: “Certamente, infatti i miei video sono colpi di immagine, era già un modo diverso di fare video”.
SM: “Ma la luce cosa rappresenta per Te davvero? Prima hai detto una cosa bellissima: la Luce è la mente…”
FM: “Eh sì la luce è la mente, perché se non c’è luce è tutto piatto, non c’è energia. Non è la dimensione a fare l’arte, ma la luce in senso proprio e nel senso di genialità, di poesia, di emozione. E’ quello spirito vitale che fa vivere e illumina le opere, se queste hanno lo spirito dell’Arte. Spesso prevale la luce del denaro nei grandi nomi commerciali e mediatici, ma non c’è la luce vera dell’Arte”.
SM: “La Luce è elemento essenziale di vita, è natura; però l’Arte, come nel Tuo caso e pochi altri, riesce a generare nuova luce…”
FM: “Sì, è quella forma, quel tocco che la rende luce dell’arte, quella poesia che fa la differenza. Le opere devono vibrare e se riescono generano, come dici Tu, nuova luce.
La Scala ad esempio, quella alta 15 metri a Basilea (così come le mie altre), o ancor più la grande bobina de “Il Filo Conduttore” di Ca’ Pesaro della Biennale 2015 che illumina senza offendere, esalta ma non copre. E’ la Luce dell’Arte che illumina il contenitore dell’Arte.
Illuminante e che genera un pensiero, perché il filo che si arrotola sulla bobina è e diventa energia per l’umanità”.
SM: “Io leggo anche il sangue che scorre nelle vene”
FM: “Vero!!!”
SM: “Hai trasformato la luce nell’essere umano…”
FM: “I tubi riempiti di sfere di vetro massiccio fanno sì che il gas del neon che entra, per uscire dall’altra parte, deve cercare la sua strada, creando il moto perpetuo. La luce non si espande fuori, non presenta aloni, si concentra e si rinforza dentro quasi come un led e crea il sangue che scorre nelle vene!”
SM: “Come il pensiero delle generazioni degli esseri umani che continua a vivere, si riallaccia a quello che è il passato e quello che sarà il futuro…”
FM: “Il segno della matita che si anima d’Arte, il foglio in bianco e nero con il disegno preparatorio ha acquisito luce nel momento stesso in cui ho tracciato il segno rosso”.
SM: “La Tua bobina potrebbe essere il simbolo della Storia dell’Arte, un filo conduttore che genera arte e che crea nuove energie”
FM: “La bobina è un grande simbolo, perché è sempre energia. Come le farfalle, le mie farfalle di vetro. Ricordo che le prime le comprò tutte Krizia per il suo bestiario - 1980.
O come la Scala, tutti simboli di come la vita sia luce e la luce sia vita; senza la luce non c’è vita e non c’arte.
O ancora come il mio “Albero della Vita” che ho fatto a New York (alto 10 mt, ndr) con la luce che corre tra due lastre, l’albero vive. Un albero tecnologico, un albero metropolitano”.
SM: “Il ribaltamento, l’artificio; l’Arte che riesce a generare natura”
FM: “Noi artisti siamo giocolieri, facciamo artificio!”
SM: “Voi pochi veri artisti, avete un dono divino che ai comuni mortali non è dato avere e con la Vostra Arte riuscite a creare ciò che Dio stesso non ha saputo creare con la natura”
FM: “Io ho usato la natura per stimolare l’uomo a salvaguardarla, ma la metto sotto vetro; come la definiva Pierre Restany la mia è una “natura congelata”.
SM: “La Tua luce è spesso anche monito di presa di coscienza dell’essere Donna e di difesa nei confronti di abusi e violenze quotidiane e a livello politico-economico mondiale”
FM: “E’ importante ricordarlo. Ho vissuto con il mondo sempre in guerra e sono nata durante la guerra, anche se a volte siamo inconsapevoli. Quando ho fatto il primo quadro meditativo - perché c’è sempre una prima opera di un ciclo, che è il momento della meditazione – nel ’76 i giornali parlavano delle stesse guerre, degli stessi bambini morti di fame, delle stesse tragedie nel mondo: Corea, Indocina, Vietnam… fino ad oggi. Non è mai finita la guerra e ora sono loro a fare la performance e a gettarcela in faccia ogni giorno.
Il mio film “Tollerance – Intollerance” ora è “Endless movie”, perché non saremo mai capaci di contenere la violenza, l’uomo ne inventerà sempre di più terribile. L’uomo per fortuna però mantiene la speranza, senza la quale non ci sarebbe vita.
SM: “Affermo sempre che l’Arte è Vitamina essenziale di Vita. La Tua arte ne è dimostrazione concreta”
FM: “Che bella questa Tua idea, affermazione! Spero di dare un po’ di vitamine alla gente!”
SM: “Sicuramente con la Tua luce! Dà energia anche a chi magari non la comprende immediatamente, perché non tutti conoscono l’arte, ma l’arte è per tutti!”
FM: “C’è chi dice che ho rilanciato anche i Musei Civici Veneziani con la mia bobina “Filo Conduttore”. Anche la Cultura ha profondamente bisogno di nuova linfa vitale”.
SM: “Due caratteristiche: Luce e Vetro generato da energia e forme di luce, un binomio perfetto ingrediente della grande Federica Marangoni”
FM: “Lavoravo i materiali come ricerca, noi siamo i dopo Duchamp, per cui tutto andava bene. Facevo molti lavori con il plexi, ma un giorno ho fatto una riflessione “Io sono veneziana, ho i piedi sulle mie radici ed il vetro è il più bel materiale del mondo”. All’epoca non esistevano le “stanze del vetro” o spazi d’arte dedicati; uno che faceva vetro faceva oggetti decorativi, non era voluto nel mondo dell’arte. Sono la prima che ha fatto vetro portandolo in gallerie importantissime tra cui la Holly Solomon Gallery di New York con una mostra tutta di vetri e video - “Fragments” nel 1995 - con anche pezzi gigantissimi tra cui una sfera di due metri di diametro. Però era Arte, non era più vetro, non bisogna confondere con il bel vaso; bisogna riuscire a capire che esiste un’altra forma e io ho combattuto tanto per questo e con la materia vetro che, però, è ancora qui con i miei lavori”.
SM: “Vetro e Luce che continuano a contaminarsi; vetro con il neon dentro; le Tue mani illuminate, una perfetta e una vissuta…”
FM: “Sei una brava osservatrice: una l’ho rifatta 30 anni dopo e così ho datato il tempo della mia vita. Ovviamente brilla con la luce blu”.
SM: “Come scegli i colori delle Tue luci?”
FM: “Dipende dal pensiero del momento, da ciò che voglio esprimere. Uso molto il rosso, la forza, la determinazione e violenza; il blu colore più spirituale e della natura; il bianco e il verde solo per l’albero della vita e per la bobina bianca, rossa e verde che ho intitolato “Italy-Italy” perché si rimane sempre allo stesso punto, un Paese che non va avanti…
L’azzurro per la Scala di Giacobbe del 2001; doveva essere azzurra per essere più ieratica possibile, non doveva fare schiamazzo. L’arte non deve schiamazzare, l’arte lascia qualcosa dentro! Quell’anno feci una scala alta 10 metri ai piedi della Chiesa della Salute e gli angeli di Giacobbe erano lì, stavano seduti, non avevo bisogno di farne altri, dialogavano benissimo con la scala azzurra, sotto cui c’erano schegge di vetro blu che si riflettevano con la luce del Canal Grande alla sera, una magia.
Il rosso l’ho utilizzato per la “Go UP” di Basilea.
SM: “Al Museo del Parco a Portofino abbiamo la scala bianca che sembra incidere il monte”
FM: “Sì bianca, molto severa, forte, determinata, la scala del lavoro. Il mio neon è importante, perché lo leggo come l’energia dell’uomo, la poesia della natura, la mescolanza dei pensieri”.
SM: “La Tua luce è la Tua luce interiore”
FM: “Ne ho bisogno per quella che sarà la mia antologica… e mi sa che ti terrò informata perché voglio curatori bravi e giovani”.
SM: “Con enorme orgoglio e piacere”
SM: “ Il confine tra arte e design. Il design può essere considerato forma d’arte?”
FM: “Certamente lo è! Ti pare che Ettore Sottsass non sia una forma d’arte? Anche perché se il design arriva ad un livello di purezza ed eccellenza ha diritto di essere definito arte!
SM: “Tu hai scritto tante pagine di storia; la Tua prossima luce?”
FM: “Ora sono multo impegnata, a dire il vero, a portare in giro quelle che ho”
SM: “Ma se chiudi gli occhi, la Tua luce?”
FM: “Ho appena fatto un lavoro tutto sulle mani di vetro - Totem of Hope - alto 2,5 metri per l’America. Non ha luce viva, ha la luce dell’anima, della speranza. Sono tante mani bianche e nere dell’umanità. E poi continuerò su progetti per l’umanità, producendo nuove opere in varie dimensioni.
Le mie prossime luci saranno quelle del mondo che mi vuole, perché se mi dici che questa piazza è mia, io immediatamente creo l’idea, perché l’idea nasce dal rapporto con lo spazio che ti circonda, che ti viene dato e con la sua storia. Quando mi invitarono alla Piazza Grande di Arezzo, quel palazzo del Trecento spaventosamente bello con la stratificazione della storia - la Fraternita dei Laici – con alla sue spalle la torre del 500 con l’orologio meccanico che batte ancora e la piazza che sembra un salotto… io ho capito subito quello che dovevo fare!
La Clessidra di filo giallo alta tre metri, dorata perché quella è la Luce dorata della grande Arte, è come accendere una candela davanti ad un tempio votivo.”
SM: “La Tua antologica di che colore sarà?”
FM: “Multicolore, perché la vita è multicolore, un arcobaleno! Parlerà da sola: partirà da quella ragazzina che cammina sulle strisce pedonali - On the Road – e andrà avanti con tutte le idee…
Serena Mormino
Curatrice e Critica d'Arte
Curatrice Museo del Parco di Portofino
Presidente Associazione Culturale AMARTE
"La trasparenza del vetro ha fatto sparire la presenza fisica dei segni a favore del loro ricordo, della loro immanenza immateriale. Questo VUOTO, incarna il grado zero di tutti i possibili significati. Magia del Vetro, magia dell’Arte. Analizzando i termini del Linguaggio di Federica Marangoni, mi rendo conto di aver descritto le fondamenta stesse della sua grande Opera: il giardino incantato di farfalle…non è un po’ il grande vetro di Duchamp santificato dal vuoto di Klein? Marcel Duchamp aveva 32 anni all’inizio del grande vetro, Yves Klein 30 anni quando ha concepito il vuoto, c’è voluto poco di più a Federica Marangoni per smaterializzare la trasparenza...miracolo del talento, della volontà e dell’energia intuitiva…Federica Marangoni sta realizzando sotto i nostri occhi uno strano prodigio: far oscillare la storia formale della vetreria nel regno aleatorio del concetto, l’artigianato più vecchio del mondo nella più attuale poesia.
Miracolo a Murano: Angelo Barovier e Domenico Miotti hanno raggiunto Marcel Duchamp e Yves Klein sull’altra faccia dell’Arte, nella trasparenza dello spazio e del tempo, nel giardino di vetro, il giardino incantato di farfalle"
Pierre Restany
Parigi, 1988
Serena Mormino intervista Federica Marangoni
Milano, mi accingo ad intervistare la cara amica e grande artista Federica Marangoni con l’entusiasmo che ci caratterizza ed unisce e con gli sguardi pieni di intensità e luce, quella luce che solo chi ama l’Arte distingue…
L’Artista italiana per eccezione, colei che ancora giovanissima negli anni ’70 approda in America; giovane donna artista accanto ai grandi nomi internazionali…
SM: “L’impatto con l’America…”
FM: “Era il 1977 lavoravo già da molto tempo per la New York University a Venezia, abbiamo fatto delle grandi mostre a Palazzo Grassi tra cui “Venerezia-Revenice” con Pierre Restany, momenti storici, epici, con pochi fondi e grandi idee… Poi la Direttrice del NYU mi ha proposto di lavorare anche nella sede a New York per periodi infra annuali (Federica era già madre, ndr).
Ho capito che era un cavallo da cavalcare subito… ho accettato e da allora ogni anno per 40 anni, ho sempre fatto avanti e indietro almeno due volte all’anno… mostre, lectio magistralis in Università…
Negli anni ’80 ho disegnato i vetri per Tiffany che allora non concepiva il colore, si può dire che sia stato il mio primo lavoro internazionale anche come Designer.
Tante gallerie, molti amici e nuovi stimoli.. mi sono subito ambientata, come se fossi nata lì anche perché l’America è diversa, ci sono sempre dei miracoli che si compiono ed io ne sono stata protagonista!
Io, giovane artista che venivo dal nulla, senza particolari protezioni, un giorno nel 1979 creai una mostra tutta di Vetro sul tema della natura; vetri con geometrie e forme armoniche, nuvole, pioggia ed arcobaleni. Eravamo nella 57sima Strada alla galleria Theo Portnoy Gallery; quella raccolta fu comprata da un grande collezionista americano che la volle fortemente presentare a New York per la mostra “Thinking in Glass”, esposizione di sculture e piccoli gioielli d’artista che avevo appena realizzato. Era il periodo di Natale e una volta arrivate in porto, le opere sparirono; tutto rubato, perché avevo ingenuamente indicato “Vetro di Murano e Tiffany”…
Mi ritrovai con 5.000 invitati, la Galleria e pochi gioielli, una tragedia, ma ho fatto mia la filosofia del grande amico e artista Vincenzo Agnetti… sai anche Tu Serena che gli amici sono quegli ingredienti in più della vita, vere fortune!
Vincenzo mi sgrida, spronandomi come un fratello a reagire: “questo non lo accetto, tu sei un’Artista, non sei una che fa oggetti, quindi fai qualcosa d’altro, crea, inventa!!!”
Aveva ragione, sono un’artista completa, ho sempre fatto anche performance (la prima donna italiana, ndr) e ho avuto il coraggio di proporre una performance che mi sono inventata sul momento, in una galleria classica, con clienti tradizionali che cercavano vetri…
Ma non potevo chiudere la porta ed andarmene!
“Life is Time” sulla vita, il tempo, la morte… così posai su delle pietre tante rose in cera che si scioglievano, come una via crucis in una performance ritualistica “The Ritual of Life”
(nello stesso anno espone in Ohio Museum of Art, a Toronto e in Italia ad Ancona, Torino e Venezia, ndr).
Nel pubblico c’era il giovane curatore per la sezione video e performance del MoMA… vedi i miracoli di NYC… stava studiando di invitare tre personaggi europei che operassero già nella capitale. Mi coinvolge subito e a Febbraio nel 1980 mi trasferisco a NY per un mese con una delle mie due figlie e presento il film “The Box of Life” e la performance “The Interrogation” al MoMA!
Erano anni in cui anche la mia coetanea Marina Abramovic era a New York, faceva performance, ma arrivare a farla per prima al MoMA è un’altra cosa…
L’opera si scioglieva e diventava una nuova opera, nuova luce, nuova vita (istallazione performance e proiezione del film in 16mm “The Box of Life” acquisito dall’Archivio d’arte mediale del MoMA).
Dopo le performance mi sentivo anche io consumata, e decisi di fare attivare le mie opere. Arrivai in una piccola Galleria di Soho (Inroads-Multimedia Art Center) e feci un lavoro molto underground - “Straphangers” - un lungo corridoio di tubi, stretti con la plastica. C’erano delle mani pendenti di cera attaccate alle maniglie della subway e il filo di elettricità… tutto fatto in modo molto artigianale, con pochi soldi ma grade spirito e anima…
E poi Washington, New York al Metropolitan, San Francisco, Milano a Palazzo Reale e a La Triennale, Spagna, Parigi, Tokio…
SM: “Giovane performer in tempi ancora più difficili per la donna essere artista. Hai creato video quando ancora quasi nessuno lo faceva nel mondo dell’arte. Com’è stato vivere questo momento artistico da giovane donna?”
FM: “Femminista sì ma non politicizzata e aggressiva e, forse per questo, spesso non coinvolta…
La Donna è sempre divisa almeno in due, se non più pezzetti, e tutta la vita cerca ricomporli per trovare il suo spazio.
In questa carambola che è la vita, io ho creduto molto, forse da incosciente, a quello che facevo; nessuno immaginava che i video sarebbero diventati davvero forma d’Arte, oggi spesso addirittura abusata. Ma noi abbiamo creduto molto nella sperimentazione, nella ricerca dei nuovi materiali. E questa forza è stata fondamentale. Ci siamo inventati il passaggio dell’immagine da un video all’altro a catena, qualcosa che allora non esisteva, perché non esisteva certo il digitale. E’ stata un’impresa da visionari!
Alla Biennale del 1997 presentai in Arsenale il grandioso “Arcobaleno elettronico” in vetro policromo, installato con una torre di quindici monitor della Sony che colavano i colori dell’arcobaleno spezzato e trasformavano la materia in nuova materia, la tecnologia. Una centralina dava i comandi ai vhs per generare il concetto di colata. Siamo stati visionari nell’Arte ma anche nella tecnologia. Vetro che esplode e, in tempo reale, la video camera riprende 4.000 fotogrammi al secondo…
Allora fare ricerca era poesia!
SM: “Veniamo alla Luce, elemento fondamentale della vita di flora e fauna, diventa punto focale della Tua Arte”
FM: “La Luce è nata con me quando non si usava dire che la materia è luce. Lavorando il vetro non potevo fare a meno della luce; le miei opere in vetro senza luce sono morte, così come quelle in plexi inciso, tipiche del mio percorso degli anni ’60, le scatole con luce… se ci pensi lo schermo tv è luce. Se lo fai vivere all’interno di un’installazione diventa la terza dimensione che noi artisti abbiamo sempre cercato perché genera movimento”.
SM: “ Lo schermo è luce, ma va modificato, controllato perché non prenda il sopravvento…”
FM: “Certamente, infatti i miei video sono colpi di immagine, era già un modo diverso di fare video”.
SM: “Ma la luce cosa rappresenta per Te davvero? Prima hai detto una cosa bellissima: la Luce è la mente…”
FM: “Eh sì la luce è la mente, perché se non c’è luce è tutto piatto, non c’è energia. Non è la dimensione a fare l’arte, ma la luce in senso proprio e nel senso di genialità, di poesia, di emozione. E’ quello spirito vitale che fa vivere e illumina le opere, se queste hanno lo spirito dell’Arte. Spesso prevale la luce del denaro nei grandi nomi commerciali e mediatici, ma non c’è la luce vera dell’Arte”.
SM: “La Luce è elemento essenziale di vita, è natura; però l’Arte, come nel Tuo caso e pochi altri, riesce a generare nuova luce…”
FM: “Sì, è quella forma, quel tocco che la rende luce dell’arte, quella poesia che fa la differenza. Le opere devono vibrare e se riescono generano, come dici Tu, nuova luce.
La Scala ad esempio, quella alta 15 metri a Basilea (così come le mie altre), o ancor più la grande bobina de “Il Filo Conduttore” di Ca’ Pesaro della Biennale 2015 che illumina senza offendere, esalta ma non copre. E’ la Luce dell’Arte che illumina il contenitore dell’Arte.
Illuminante e che genera un pensiero, perché il filo che si arrotola sulla bobina è e diventa energia per l’umanità”.
SM: “Io leggo anche il sangue che scorre nelle vene”
FM: “Vero!!!”
SM: “Hai trasformato la luce nell’essere umano…”
FM: “I tubi riempiti di sfere di vetro massiccio fanno sì che il gas del neon che entra, per uscire dall’altra parte, deve cercare la sua strada, creando il moto perpetuo. La luce non si espande fuori, non presenta aloni, si concentra e si rinforza dentro quasi come un led e crea il sangue che scorre nelle vene!”
SM: “Come il pensiero delle generazioni degli esseri umani che continua a vivere, si riallaccia a quello che è il passato e quello che sarà il futuro…”
FM: “Il segno della matita che si anima d’Arte, il foglio in bianco e nero con il disegno preparatorio ha acquisito luce nel momento stesso in cui ho tracciato il segno rosso”.
SM: “La Tua bobina potrebbe essere il simbolo della Storia dell’Arte, un filo conduttore che genera arte e che crea nuove energie”
FM: “La bobina è un grande simbolo, perché è sempre energia. Come le farfalle, le mie farfalle di vetro. Ricordo che le prime le comprò tutte Krizia per il suo bestiario - 1980.
O come la Scala, tutti simboli di come la vita sia luce e la luce sia vita; senza la luce non c’è vita e non c’arte.
O ancora come il mio “Albero della Vita” che ho fatto a New York (alto 10 mt, ndr) con la luce che corre tra due lastre, l’albero vive. Un albero tecnologico, un albero metropolitano”.
SM: “Il ribaltamento, l’artificio; l’Arte che riesce a generare natura”
FM: “Noi artisti siamo giocolieri, facciamo artificio!”
SM: “Voi pochi veri artisti, avete un dono divino che ai comuni mortali non è dato avere e con la Vostra Arte riuscite a creare ciò che Dio stesso non ha saputo creare con la natura”
FM: “Io ho usato la natura per stimolare l’uomo a salvaguardarla, ma la metto sotto vetro; come la definiva Pierre Restany la mia è una “natura congelata”.
SM: “La Tua luce è spesso anche monito di presa di coscienza dell’essere Donna e di difesa nei confronti di abusi e violenze quotidiane e a livello politico-economico mondiale”
FM: “E’ importante ricordarlo. Ho vissuto con il mondo sempre in guerra e sono nata durante la guerra, anche se a volte siamo inconsapevoli. Quando ho fatto il primo quadro meditativo - perché c’è sempre una prima opera di un ciclo, che è il momento della meditazione – nel ’76 i giornali parlavano delle stesse guerre, degli stessi bambini morti di fame, delle stesse tragedie nel mondo: Corea, Indocina, Vietnam… fino ad oggi. Non è mai finita la guerra e ora sono loro a fare la performance e a gettarcela in faccia ogni giorno.
Il mio film “Tollerance – Intollerance” ora è “Endless movie”, perché non saremo mai capaci di contenere la violenza, l’uomo ne inventerà sempre di più terribile. L’uomo per fortuna però mantiene la speranza, senza la quale non ci sarebbe vita.
SM: “Affermo sempre che l’Arte è Vitamina essenziale di Vita. La Tua arte ne è dimostrazione concreta”
FM: “Che bella questa Tua idea, affermazione! Spero di dare un po’ di vitamine alla gente!”
SM: “Sicuramente con la Tua luce! Dà energia anche a chi magari non la comprende immediatamente, perché non tutti conoscono l’arte, ma l’arte è per tutti!”
FM: “C’è chi dice che ho rilanciato anche i Musei Civici Veneziani con la mia bobina “Filo Conduttore”. Anche la Cultura ha profondamente bisogno di nuova linfa vitale”.
SM: “Due caratteristiche: Luce e Vetro generato da energia e forme di luce, un binomio perfetto ingrediente della grande Federica Marangoni”
FM: “Lavoravo i materiali come ricerca, noi siamo i dopo Duchamp, per cui tutto andava bene. Facevo molti lavori con il plexi, ma un giorno ho fatto una riflessione “Io sono veneziana, ho i piedi sulle mie radici ed il vetro è il più bel materiale del mondo”. All’epoca non esistevano le “stanze del vetro” o spazi d’arte dedicati; uno che faceva vetro faceva oggetti decorativi, non era voluto nel mondo dell’arte. Sono la prima che ha fatto vetro portandolo in gallerie importantissime tra cui la Holly Solomon Gallery di New York con una mostra tutta di vetri e video - “Fragments” nel 1995 - con anche pezzi gigantissimi tra cui una sfera di due metri di diametro. Però era Arte, non era più vetro, non bisogna confondere con il bel vaso; bisogna riuscire a capire che esiste un’altra forma e io ho combattuto tanto per questo e con la materia vetro che, però, è ancora qui con i miei lavori”.
SM: “Vetro e Luce che continuano a contaminarsi; vetro con il neon dentro; le Tue mani illuminate, una perfetta e una vissuta…”
FM: “Sei una brava osservatrice: una l’ho rifatta 30 anni dopo e così ho datato il tempo della mia vita. Ovviamente brilla con la luce blu”.
SM: “Come scegli i colori delle Tue luci?”
FM: “Dipende dal pensiero del momento, da ciò che voglio esprimere. Uso molto il rosso, la forza, la determinazione e violenza; il blu colore più spirituale e della natura; il bianco e il verde solo per l’albero della vita e per la bobina bianca, rossa e verde che ho intitolato “Italy-Italy” perché si rimane sempre allo stesso punto, un Paese che non va avanti…
L’azzurro per la Scala di Giacobbe del 2001; doveva essere azzurra per essere più ieratica possibile, non doveva fare schiamazzo. L’arte non deve schiamazzare, l’arte lascia qualcosa dentro! Quell’anno feci una scala alta 10 metri ai piedi della Chiesa della Salute e gli angeli di Giacobbe erano lì, stavano seduti, non avevo bisogno di farne altri, dialogavano benissimo con la scala azzurra, sotto cui c’erano schegge di vetro blu che si riflettevano con la luce del Canal Grande alla sera, una magia.
Il rosso l’ho utilizzato per la “Go UP” di Basilea.
SM: “Al Museo del Parco a Portofino abbiamo la scala bianca che sembra incidere il monte”
FM: “Sì bianca, molto severa, forte, determinata, la scala del lavoro. Il mio neon è importante, perché lo leggo come l’energia dell’uomo, la poesia della natura, la mescolanza dei pensieri”.
SM: “La Tua luce è la Tua luce interiore”
FM: “Ne ho bisogno per quella che sarà la mia antologica… e mi sa che ti terrò informata perché voglio curatori bravi e giovani”.
SM: “Con enorme orgoglio e piacere”
SM: “ Il confine tra arte e design. Il design può essere considerato forma d’arte?”
FM: “Certamente lo è! Ti pare che Ettore Sottsass non sia una forma d’arte? Anche perché se il design arriva ad un livello di purezza ed eccellenza ha diritto di essere definito arte!
SM: “Tu hai scritto tante pagine di storia; la Tua prossima luce?”
FM: “Ora sono multo impegnata, a dire il vero, a portare in giro quelle che ho”
SM: “Ma se chiudi gli occhi, la Tua luce?”
FM: “Ho appena fatto un lavoro tutto sulle mani di vetro - Totem of Hope - alto 2,5 metri per l’America. Non ha luce viva, ha la luce dell’anima, della speranza. Sono tante mani bianche e nere dell’umanità. E poi continuerò su progetti per l’umanità, producendo nuove opere in varie dimensioni.
Le mie prossime luci saranno quelle del mondo che mi vuole, perché se mi dici che questa piazza è mia, io immediatamente creo l’idea, perché l’idea nasce dal rapporto con lo spazio che ti circonda, che ti viene dato e con la sua storia. Quando mi invitarono alla Piazza Grande di Arezzo, quel palazzo del Trecento spaventosamente bello con la stratificazione della storia - la Fraternita dei Laici – con alla sue spalle la torre del 500 con l’orologio meccanico che batte ancora e la piazza che sembra un salotto… io ho capito subito quello che dovevo fare!
La Clessidra di filo giallo alta tre metri, dorata perché quella è la Luce dorata della grande Arte, è come accendere una candela davanti ad un tempio votivo.”
SM: “La Tua antologica di che colore sarà?”
FM: “Multicolore, perché la vita è multicolore, un arcobaleno! Parlerà da sola: partirà da quella ragazzina che cammina sulle strisce pedonali - On the Road – e andrà avanti con tutte le idee…
Serena Mormino
Curatrice e Critica d'Arte
Curatrice Museo del Parco di Portofino
Presidente Associazione Culturale AMARTE
18
settembre 2017
Federica Marangoni – La danza del fuoco
Dal 18 settembre al 31 ottobre 2017
arte contemporanea
Location
MUSEO DEL VETRO DI MURANO
Venezia, Fondamenta Giustinian, 8, (Venezia)
Venezia, Fondamenta Giustinian, 8, (Venezia)
Biglietti
intero 12 euro
ridotto 9,50 euro
Orario di apertura
dalle 10 alle 18
Vernissage
18 Settembre 2017, ore 10
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