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Felipe Cardena – Memorie dal Sottosuolo
Felipe Carderà installerà nei cunicoli sotterranei di Napoli come fulcro ed elemento cardine della mostra Memorie dal Sottosuolo, decine di stoffe che pendono dai muri e dai soffitti, opere, quadri, collages, ricami, sculture.
Comunicato stampa
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MEMORIE DAL SOTTOSUOLO
A cura di Christian Leperino
Napoli Sotterranea
Dal 14 al 30 luglio 2016
Una tenda nomade nel cuore della Napoli Sotterranea. È quella che il misterioso artista spagnolo Felipe Cardeña, “niño de flor, mimo y trotamundos”, come viene definito a Cuba, dove ha vissuto per anni senza mai mostrare il suo vero volto (e dove persino una targa su un vecchio edificio storico de L’Avana ne ricorda le gesta), installerà nei cunicoli sotterranei di Napoli come fulcro ed elemento cardine della mostra Memorie dal Sottosuolo, accanto a decine di stoffe che pendono dai muri e dai soffitti, e a opere, quadri, collages, ricami, sculture rappresentanti divinità indiane e cattoliche, supereroi, personaggi dei fumetti, lattine di zuppa Campbell’s, vasi greci, divinità indiane, ganesha, personaggi di Star Wars, loghi di aziende, teschi, misteriose scritte, ideogrammi cinesi, simboli esoterici, mandala; e soprattutto, e naturalmente, un’infinità di coloratissimi fiori, da sempre soggetto prediletto e tema ricorrente nelle opere dell’artista.
La grande tenda nomade, intitolata “The Temple of the Spirit”, è la stessa che l’artista espose tra l’estate e l’autunno del 2015, per bene sette mesi, nei giardini dell’Isola di San Servolo, a Venezia, all’interno del Padiglione della Repubblica di Siria, realizzata con la collaborazione degli studenti dell’Accademia di Venezia, con centinaia di stoffe provenienti di ogni paese (arabe, indiane, africane, berbere, mongoliche), oltre a un’infinità di parole ricamate con slogan di chiara matrice beat, quali “Peace”, “Love”, “Flowers”, “Revolution”, “Flower
Power”; e ancora perline, strass, gioielli, e più in generale riferimenti all’iconografia indiana, araba, africana e sciamanica (divinità indù, mandala, disegni tradizionali africani, simboli esoterici etc.), come un bizzarro ed eccentrico simbolo di fratellanza e di pace universali, di condivisione di culture e identità differenti e solo apparentemente antitetiche, in realtà in grado di coesistere in un mix caleidoscopico ed esuberante, gioioso e folle, popolare e sofisticatissimo, nel quale le iconografie tradizionali si mescolano con le icone del contemporaneo, della società dei consumi e dello spettacolo integrato.
Come ha scritto Gillo Dorfles a proposito del lavoro di Cardeña, si tratta di un’operazione artistica che si situa nella tradizione e nel solco del “kitsch elitario”, dal momento che “il kitsch si nutre e vive sempre e soltanto all'interno dei meccanismi della cultura di massa”. “La sovrapposizione di elementi provenienti da ambiti diversi”, scrive Dorfles, “è una pratica tipica del kitsch. Per non parlare dei gioielli, degli strass e perline che svettano dalle opere di Cardeña, o delle ricche cornici dal sapore orientale: fa tutto parte del rimescolamento e riposizionamento di generi e di culture che è la quintessenza del kitsch, uno dei suoi connotati fondamentali e distintivi”: il che rende il lavoro dell’artista spagnolo un esempio perfetto di quel “kitsch elitario, aulico, ricercato”, detto anche “kitsch concettuale”, che a parere del grande storico dell’arte è una delle tendenze più interessanti della scena artistica contemporanea.
A latere della mostra, è previsto anche un intervento di arte pubblica attraverso la partecipazione di un gruppo di ragazzi nella realizzazione di una o più opere collettive. L’opera di Felipe Cardeña appare infatti, sempre di più, un progetto partecipato e aperto, spesso anche con intenti e finalità sociali, come una sorta di “laboratorio permanente” che è diventato parte integrante del lavoro dell’artista (così è avvenuto in Cina, nel 2013, con workshop realizzati in collaborazione con le scuole d’arte di molte città cinesi, a Rio de Janeiro nel 2014, con la realizzazione di un immenso quadro realizzato con l’aiuto dei ragazzi della favela del Morro do Alemão; in Italia, con la crew dei “Cardeña Boys”, che realizzano opere di arte pubblica, sempre nell’ambito di iniziative sociali e di arte urbana).
Tra le icone “destrutturate” e ricostruite dal “laboratorio permanente” di Felipe Cardeña per la mostra napoletana, c’è un Super San Gennaro, realizzato a stencil, che unisce la figura del Santo patrono della città con quella dell’eroe dei fumetti Superman, come a indicare una chiave di lettura moderna e ironicamente ed eternamente “imbattibile” della figura del santo più amato dai napoletani.
A rendere particolarmente stimolante e dinamico il progetto delle Memorie del Sottosuolo di Felipe Cardeña c’è poi la scelta del curatore: non un critico o un curatore di professione, ma uno dei più vitali e interessanti giovani artisti napoletani, Christian Leperino, anch’egli da tempo impegnato in progetti arte condivisa e con finalità sociali, come l’installazione The Other_Myself, vincitrice del concorso del Museo Madre e acquisita in permanenza dalla collezione del museo napoletano.
In collaborazione con Co.R.E.Gallery
Per l’occasione sarà presentato anche il catalogo edito da Fondazione Maimeri con un testo introduttivo di Angelo Crespi e antologia critica e testi di: Vittorio Sgarbi, Philippe Daverio, Gillo Dorfles, Edward Lucie-Smith, Yoss, Chiara Canali, Duccio Trombadori, Ji Shaofeng, Lorenzo Viganò, Gaetano Cappelli.
A cura di Christian Leperino
Napoli Sotterranea
Dal 14 al 30 luglio 2016
Una tenda nomade nel cuore della Napoli Sotterranea. È quella che il misterioso artista spagnolo Felipe Cardeña, “niño de flor, mimo y trotamundos”, come viene definito a Cuba, dove ha vissuto per anni senza mai mostrare il suo vero volto (e dove persino una targa su un vecchio edificio storico de L’Avana ne ricorda le gesta), installerà nei cunicoli sotterranei di Napoli come fulcro ed elemento cardine della mostra Memorie dal Sottosuolo, accanto a decine di stoffe che pendono dai muri e dai soffitti, e a opere, quadri, collages, ricami, sculture rappresentanti divinità indiane e cattoliche, supereroi, personaggi dei fumetti, lattine di zuppa Campbell’s, vasi greci, divinità indiane, ganesha, personaggi di Star Wars, loghi di aziende, teschi, misteriose scritte, ideogrammi cinesi, simboli esoterici, mandala; e soprattutto, e naturalmente, un’infinità di coloratissimi fiori, da sempre soggetto prediletto e tema ricorrente nelle opere dell’artista.
La grande tenda nomade, intitolata “The Temple of the Spirit”, è la stessa che l’artista espose tra l’estate e l’autunno del 2015, per bene sette mesi, nei giardini dell’Isola di San Servolo, a Venezia, all’interno del Padiglione della Repubblica di Siria, realizzata con la collaborazione degli studenti dell’Accademia di Venezia, con centinaia di stoffe provenienti di ogni paese (arabe, indiane, africane, berbere, mongoliche), oltre a un’infinità di parole ricamate con slogan di chiara matrice beat, quali “Peace”, “Love”, “Flowers”, “Revolution”, “Flower
Power”; e ancora perline, strass, gioielli, e più in generale riferimenti all’iconografia indiana, araba, africana e sciamanica (divinità indù, mandala, disegni tradizionali africani, simboli esoterici etc.), come un bizzarro ed eccentrico simbolo di fratellanza e di pace universali, di condivisione di culture e identità differenti e solo apparentemente antitetiche, in realtà in grado di coesistere in un mix caleidoscopico ed esuberante, gioioso e folle, popolare e sofisticatissimo, nel quale le iconografie tradizionali si mescolano con le icone del contemporaneo, della società dei consumi e dello spettacolo integrato.
Come ha scritto Gillo Dorfles a proposito del lavoro di Cardeña, si tratta di un’operazione artistica che si situa nella tradizione e nel solco del “kitsch elitario”, dal momento che “il kitsch si nutre e vive sempre e soltanto all'interno dei meccanismi della cultura di massa”. “La sovrapposizione di elementi provenienti da ambiti diversi”, scrive Dorfles, “è una pratica tipica del kitsch. Per non parlare dei gioielli, degli strass e perline che svettano dalle opere di Cardeña, o delle ricche cornici dal sapore orientale: fa tutto parte del rimescolamento e riposizionamento di generi e di culture che è la quintessenza del kitsch, uno dei suoi connotati fondamentali e distintivi”: il che rende il lavoro dell’artista spagnolo un esempio perfetto di quel “kitsch elitario, aulico, ricercato”, detto anche “kitsch concettuale”, che a parere del grande storico dell’arte è una delle tendenze più interessanti della scena artistica contemporanea.
A latere della mostra, è previsto anche un intervento di arte pubblica attraverso la partecipazione di un gruppo di ragazzi nella realizzazione di una o più opere collettive. L’opera di Felipe Cardeña appare infatti, sempre di più, un progetto partecipato e aperto, spesso anche con intenti e finalità sociali, come una sorta di “laboratorio permanente” che è diventato parte integrante del lavoro dell’artista (così è avvenuto in Cina, nel 2013, con workshop realizzati in collaborazione con le scuole d’arte di molte città cinesi, a Rio de Janeiro nel 2014, con la realizzazione di un immenso quadro realizzato con l’aiuto dei ragazzi della favela del Morro do Alemão; in Italia, con la crew dei “Cardeña Boys”, che realizzano opere di arte pubblica, sempre nell’ambito di iniziative sociali e di arte urbana).
Tra le icone “destrutturate” e ricostruite dal “laboratorio permanente” di Felipe Cardeña per la mostra napoletana, c’è un Super San Gennaro, realizzato a stencil, che unisce la figura del Santo patrono della città con quella dell’eroe dei fumetti Superman, come a indicare una chiave di lettura moderna e ironicamente ed eternamente “imbattibile” della figura del santo più amato dai napoletani.
A rendere particolarmente stimolante e dinamico il progetto delle Memorie del Sottosuolo di Felipe Cardeña c’è poi la scelta del curatore: non un critico o un curatore di professione, ma uno dei più vitali e interessanti giovani artisti napoletani, Christian Leperino, anch’egli da tempo impegnato in progetti arte condivisa e con finalità sociali, come l’installazione The Other_Myself, vincitrice del concorso del Museo Madre e acquisita in permanenza dalla collezione del museo napoletano.
In collaborazione con Co.R.E.Gallery
Per l’occasione sarà presentato anche il catalogo edito da Fondazione Maimeri con un testo introduttivo di Angelo Crespi e antologia critica e testi di: Vittorio Sgarbi, Philippe Daverio, Gillo Dorfles, Edward Lucie-Smith, Yoss, Chiara Canali, Duccio Trombadori, Ji Shaofeng, Lorenzo Viganò, Gaetano Cappelli.
14
luglio 2016
Felipe Cardena – Memorie dal Sottosuolo
Dal 14 al 30 luglio 2016
arte contemporanea
Location
CO.R.E. GALLERY – CONTEMPORARY ROOM EXHIBIT
Napoli, Piazza San Gaetano, 69, (Napoli)
Napoli, Piazza San Gaetano, 69, (Napoli)
Biglietti
Ingresso libero giovedì 14 luglio alle ore 19.30 e alle ore 20.30, gli altri giorni dal lunedì alla domenica sarà possibile visitare la mostra acquistando il ticket di ingresso al sito Napoli Sotterranea. Intero € 10; ridotto € 8
Vernissage
14 Luglio 2016, ore 19.30
Autore
Curatore