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Femminilità
40 opere che hanno per soggetto una donna, o un rimando indiscutibile al mondo femminile
Comunicato stampa
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Il 2 maggio Arnaldo Pavesi inaugura la mostra “Femminilità”, prima e un po’ speciale occasione per presentare ufficialmente al pubblico la Galleria aperta da alcuni mesi in via Guido D’Arezzo 17 a Milano.
La mostra, che resterà aperta dal 3 al 31 maggio, propone circa 40 opere che hanno per soggetto una donna, o un rimando indiscutibile al mondo femminile. Più propriamente sono raffigurazioni di donne che, meglio di altre, comunicano quell’essenza un po’ misteriosa, velata ma non celata, di femminilità: una condizione dell’essere, ma di fatto una sensazione del tutto soggettiva.
La soggettività d’interpretazione, nella lettura di ogni opera, ha stimolato la “curiosità intellettuale” di Arnaldo Pavesi spingendolo a riunire l’intero e cospicuo gruppo di opere attinenti al mondo femminile da lui raccolte in una mostra complessa e allusiva, che non si ferma al solo proporre, ma spinge all’indagine, all’analisi, allo sviluppo di un concetto che le opere stesse rendono concreto, visibile. Il testo critico è stato affidato a Marina Mojana, storica d’arte e giornalista specializzata, che torna ora sul tema della donna, sorgente di vita e di ogni desiderio, dopo aver pubblicato con Federico Motta Il vizio dipinto. La lussuria nei secoli (2004).
In mostra oggetti, dipinti, ma su tutto sculture in marmo, bronzo, terracotta, dal ’500 agli anni ’20-’30 del secolo scorso, esposte non seguendo un percorso storico-artistico, ma come immagini di una essenza mutevole che varia con le epoche, riconoscendosi di volta in volta nel mito, nella religione, e nel concetto espresso dalla società, la cui comprensione non è immutabile, ma legata alla personalità, alla sensibilità e alla condizione psicologica di chi guarda.
“Femminilità” è ritratti di donne che nell’immaginario sono legati indissolubilmente alla sensualità, al bello, alla seduzione, alla grazia e al fascino, intesi non come sinonimi, ma come sfaccettature di un’unica gemma, come arte finalizzata a produrre attrazione.
Quanto di tutto ciò è realmente legato alla femminilità?
Quanto di ciò può essere trasfigurato in un’opera d’arte?
Quanto, nella sua lettura, dipende dall’immaginario collettivo e personale?
E quanto cambia la percezione, se ad osservare l’opera d’arte è una donna piuttosto che un uomo?
La raccolta d’opere d’arte cresceva, “Femminilità” prendeva corpo e queste domande urgevano di pari passo, fino a diventare questioni non certo irrilevanti e criteri di fondo con cui tracciare i contorni della mostra.
La risposta, sicuramente non univoca, verrà da coloro che visiteranno la mostra, dai commenti, dagli atteggiamenti mentali, dall’occhio con cui le opere saranno ammirate, con la consapevolezza che l’unica cosa certa è l’essenza dell’opera d’arte: offrire la possibilità di suscitare un sogno e concedere a chiunque l’opportunità di fruire di una fantasia, appagante o stimolante.
Femminilità è un viaggio nell’essenza del femminile, non della femmina; è una mostra che rivela come questo atteggiamento sia in parte spontaneo e in parte indotto dalla cultura del momento. Ogni secolo esprime il suo: fragilità, dolcezza, sensualità recondita… atteggiamenti del femminile di cui certo aveva consapevolezza l’anonimo pittore fiammingo, della meta del XVI secolo, quando dipinse la “Susanna e i Vecchioni” presente in mostra.
La femminilità è una condizione intima - esteriorizzata dal carattere e dall’indole personale - talvolta così intensa che si percepisce anche di fronte al bronzo “La fumatrice” che raffigura una “giovane androgina” modellato e fuso da Edgardo Simone nel 1925.
Una donna può essere femminile anche quando è sola, lontana da sguardi indiscreti, perché il suo è un atteggiamento spontaneo e naturale, implicito nella sua essenza, non finalizzato, e fortemente percepito: una donna che si arriccia una ciocca di capelli mentre è assorta nella lettura di un libro o che prova il vestito nuovo per la serata che l’aspetta, come nel dipinto in tecnica divisionista “Il Nastro Nero” di Camillo Innocenti.
Ugualmente un’immagine può prescindere dalla presenza della figura della donna per connotarsi come femminile: un taglio di luce su una toilette con spazzole, ampolle di profumo e un nastro per capelli, riesce ad evocare la femminilità. Analogamente, nella vita come nell’arte, è sufficiente un solo indizio, un particolare, per associare alla persona o all’opera un tratto di femminilità. E’ il caso di alcune sculture in gesso dell’inizio dell’800, che si rifanno ai modelli dell’antichità, proposte da Arnaldo Pavesi per la loro “naturale ricercatezza”: trecce mollemente trattenute e ciocche ribelli di capelli che – volontariamente – scappano dall’acconciatura, fanno percepire l’innata femminilità della donna ritratta.
Al contrario la donna c’è, ma la sua femminilità è recondita e si legge solo nell’eleganza e nella distaccata dignità con cui ci guarda; come nella “Gentildonna rinascimentale” vicina ai modelli di Desiderio da Settignano.
Ancora, la femminilità non dipende dall’età, cambia solo la percezione che se ne ha: nell’età matura prima, negli anni della vecchiezza poi, esiste un modo di essere donna in armonia con l’esistenza; o al contrario un indurirsi del cuore, oltre che dei lineamenti; lo si vede nel ritratto di “Maria Tebaldi Marchesa di Villareggio”, magistralmente tratteggiata dallo scalpello di Abbondio Sangiorgio. “La donna mostra il suo lato austero, dalla femminilità irrisolta - commenta Marina Mojana – mentre la nobildonna sembra trovare nella freddezza del marmo la migliore corrispondenza alle sue forme rigide, severe ed eleganti”.
La mostra, che resterà aperta dal 3 al 31 maggio, propone circa 40 opere che hanno per soggetto una donna, o un rimando indiscutibile al mondo femminile. Più propriamente sono raffigurazioni di donne che, meglio di altre, comunicano quell’essenza un po’ misteriosa, velata ma non celata, di femminilità: una condizione dell’essere, ma di fatto una sensazione del tutto soggettiva.
La soggettività d’interpretazione, nella lettura di ogni opera, ha stimolato la “curiosità intellettuale” di Arnaldo Pavesi spingendolo a riunire l’intero e cospicuo gruppo di opere attinenti al mondo femminile da lui raccolte in una mostra complessa e allusiva, che non si ferma al solo proporre, ma spinge all’indagine, all’analisi, allo sviluppo di un concetto che le opere stesse rendono concreto, visibile. Il testo critico è stato affidato a Marina Mojana, storica d’arte e giornalista specializzata, che torna ora sul tema della donna, sorgente di vita e di ogni desiderio, dopo aver pubblicato con Federico Motta Il vizio dipinto. La lussuria nei secoli (2004).
In mostra oggetti, dipinti, ma su tutto sculture in marmo, bronzo, terracotta, dal ’500 agli anni ’20-’30 del secolo scorso, esposte non seguendo un percorso storico-artistico, ma come immagini di una essenza mutevole che varia con le epoche, riconoscendosi di volta in volta nel mito, nella religione, e nel concetto espresso dalla società, la cui comprensione non è immutabile, ma legata alla personalità, alla sensibilità e alla condizione psicologica di chi guarda.
“Femminilità” è ritratti di donne che nell’immaginario sono legati indissolubilmente alla sensualità, al bello, alla seduzione, alla grazia e al fascino, intesi non come sinonimi, ma come sfaccettature di un’unica gemma, come arte finalizzata a produrre attrazione.
Quanto di tutto ciò è realmente legato alla femminilità?
Quanto di ciò può essere trasfigurato in un’opera d’arte?
Quanto, nella sua lettura, dipende dall’immaginario collettivo e personale?
E quanto cambia la percezione, se ad osservare l’opera d’arte è una donna piuttosto che un uomo?
La raccolta d’opere d’arte cresceva, “Femminilità” prendeva corpo e queste domande urgevano di pari passo, fino a diventare questioni non certo irrilevanti e criteri di fondo con cui tracciare i contorni della mostra.
La risposta, sicuramente non univoca, verrà da coloro che visiteranno la mostra, dai commenti, dagli atteggiamenti mentali, dall’occhio con cui le opere saranno ammirate, con la consapevolezza che l’unica cosa certa è l’essenza dell’opera d’arte: offrire la possibilità di suscitare un sogno e concedere a chiunque l’opportunità di fruire di una fantasia, appagante o stimolante.
Femminilità è un viaggio nell’essenza del femminile, non della femmina; è una mostra che rivela come questo atteggiamento sia in parte spontaneo e in parte indotto dalla cultura del momento. Ogni secolo esprime il suo: fragilità, dolcezza, sensualità recondita… atteggiamenti del femminile di cui certo aveva consapevolezza l’anonimo pittore fiammingo, della meta del XVI secolo, quando dipinse la “Susanna e i Vecchioni” presente in mostra.
La femminilità è una condizione intima - esteriorizzata dal carattere e dall’indole personale - talvolta così intensa che si percepisce anche di fronte al bronzo “La fumatrice” che raffigura una “giovane androgina” modellato e fuso da Edgardo Simone nel 1925.
Una donna può essere femminile anche quando è sola, lontana da sguardi indiscreti, perché il suo è un atteggiamento spontaneo e naturale, implicito nella sua essenza, non finalizzato, e fortemente percepito: una donna che si arriccia una ciocca di capelli mentre è assorta nella lettura di un libro o che prova il vestito nuovo per la serata che l’aspetta, come nel dipinto in tecnica divisionista “Il Nastro Nero” di Camillo Innocenti.
Ugualmente un’immagine può prescindere dalla presenza della figura della donna per connotarsi come femminile: un taglio di luce su una toilette con spazzole, ampolle di profumo e un nastro per capelli, riesce ad evocare la femminilità. Analogamente, nella vita come nell’arte, è sufficiente un solo indizio, un particolare, per associare alla persona o all’opera un tratto di femminilità. E’ il caso di alcune sculture in gesso dell’inizio dell’800, che si rifanno ai modelli dell’antichità, proposte da Arnaldo Pavesi per la loro “naturale ricercatezza”: trecce mollemente trattenute e ciocche ribelli di capelli che – volontariamente – scappano dall’acconciatura, fanno percepire l’innata femminilità della donna ritratta.
Al contrario la donna c’è, ma la sua femminilità è recondita e si legge solo nell’eleganza e nella distaccata dignità con cui ci guarda; come nella “Gentildonna rinascimentale” vicina ai modelli di Desiderio da Settignano.
Ancora, la femminilità non dipende dall’età, cambia solo la percezione che se ne ha: nell’età matura prima, negli anni della vecchiezza poi, esiste un modo di essere donna in armonia con l’esistenza; o al contrario un indurirsi del cuore, oltre che dei lineamenti; lo si vede nel ritratto di “Maria Tebaldi Marchesa di Villareggio”, magistralmente tratteggiata dallo scalpello di Abbondio Sangiorgio. “La donna mostra il suo lato austero, dalla femminilità irrisolta - commenta Marina Mojana – mentre la nobildonna sembra trovare nella freddezza del marmo la migliore corrispondenza alle sue forme rigide, severe ed eleganti”.
02
maggio 2007
Femminilità
Dal 02 al 31 maggio 2007
arte antica
arte contemporanea
arte contemporanea
Location
GALLERIA ARNALDO PAVESI
Milano, Via Guido D'arezzo, 17, (Milano)
Milano, Via Guido D'arezzo, 17, (Milano)
Orario di apertura
da martedì a sabato: dalle ore 10.30 alle 13 e dalle 15 alle 19.30
Vernissage
2 Maggio 2007, ore 18-21
Autore
Curatore