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Fernando Pietròpoli – Tra l’attimo e l’eterno
A Malcesine (VR), nel Palazzo dei Capitani, l’artista veronese Fernando Pietròpoli presenta in una personale di pittura le sue opere più recenti di stile lirico informale e materico
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Fernando Pietròpoli - Mostra personale di pittura
Malcesine (VR) - Palazzo dei Capitani - 11-19.9.14
“Tra l’attimo e l’eterno” (Il “disordine naturale”)
“Non ho mai visto così chiaramente in me stesso come ora, in questo momento in cui non vedo
più niente”, scriveva R. Gary. Sono parole consone al vivere di Fernando Pietròpoli. E’ come se
il suo corpo si calasse dentro l’opera che produce rappresentando ciò che non si può vedere ma
che c'è: le forme del suo amore totale per l’arte. Un’arte che egli vive fino a mimarla in una sorta
di penetrazione e libertà intellettuale arrivando a sostenere che si debba essere liberi persino dal
desiderio di piacere.
Nulla ha potuto prevaricare l'intelligenza di questa mano che nel segno di quella libertà ha
tenuto e tiene la propria arte all'altezza del mondo. Mi ha subito colpito la forza e la serietà della
sua riflessione sull'essere artista, consapevole e attento a cogliere le sollecitazioni che storia,
cultura e società gli presentano e sulle quali inequivocabilmente si interroga. Pietròpoli è un
artista che “pensa”, e dunque tutt’altro che istintivo. Il pensiero è il punto di partenza e di arrivo
di ogni sua creazione, volto a dimostrare come la pittura non rappresenti soltanto un'emozione
o un'immagine, o descriva “qualche cosa”, ma piuttosto traduca sempre un “concetto”, e quindi
sempre astratta anche nella sua apparente fisicità.
Pietròpoli è un pittore dal tratto rischioso ed azzardato, dalla pennellata aristocratica e severa,
in apparenza “sgrammaticata” ma assolutamente necessaria perché coincide con la sua vita.
Di fronte ad ognuno dei suoi lavori si respira la sua stessa tensione ed il suo non accontentarsi
mai di una soluzione facile. Tutta la sua opera viene dipinta lì, come dai bordi di un precipizio,
di un pianerottolo senza ringhiera, dal pendio dei tetti o sul filo delle grondaie, in un luogo
da capogiro, un luogo dove salvezza e abbandono sono separati da una manciata di metri.
Come traforata da una hantise ineludibile, la pittura di Pietròpoli palesa scarti continui, continui
sobbalzi, si apre in improvvise feritoie, passaggi di colore e materia a volte minuti e a volte
maestosi, sismici. E in essi l’artista sviluppa la propria abilità nel controllare un innato “disordine
naturale”, dando un assetto logico alla materia umida e fibrosa di ciò che ha concepito. Dalle
sue tele emerge allora tutto il costrutto umano: arcate e ponti, simboli di congiunzioni artificiali
e del compromesso tecnologico fra uomo e macchina, griglie quadrettate che sembrano vuote
occhiaie di palazzi come svuotati da un bombardamento aereo, ardite geometrie che salgono
verso il cielo, linee di orizzonte indistinte eppure pregne di arcane sussistenze. Di rado l’artista
si placa, per distendersi, quando accade, nella memoria di figure d’origine riattinte come in un
bisogno fisico di respiro vitale.
Ogni suo dipinto sembra nato tra l'attimo e l'eterno. I suoi lavori vengono percepiti come
un prolungamento dell'esistenza, una sorta di grido che si incide sulla tela. Una pittura
postmoderna, contemporaneissima, che pare muoversi tra la materia finita e una infinita, umana
ferita, una ferita non preparata ad essere ristorata, né dal proprio passato né dal proprio destino.
Maria Gabriella Morello
Marzo 2014
Malcesine (VR) - Palazzo dei Capitani - 11-19.9.14
“Tra l’attimo e l’eterno” (Il “disordine naturale”)
“Non ho mai visto così chiaramente in me stesso come ora, in questo momento in cui non vedo
più niente”, scriveva R. Gary. Sono parole consone al vivere di Fernando Pietròpoli. E’ come se
il suo corpo si calasse dentro l’opera che produce rappresentando ciò che non si può vedere ma
che c'è: le forme del suo amore totale per l’arte. Un’arte che egli vive fino a mimarla in una sorta
di penetrazione e libertà intellettuale arrivando a sostenere che si debba essere liberi persino dal
desiderio di piacere.
Nulla ha potuto prevaricare l'intelligenza di questa mano che nel segno di quella libertà ha
tenuto e tiene la propria arte all'altezza del mondo. Mi ha subito colpito la forza e la serietà della
sua riflessione sull'essere artista, consapevole e attento a cogliere le sollecitazioni che storia,
cultura e società gli presentano e sulle quali inequivocabilmente si interroga. Pietròpoli è un
artista che “pensa”, e dunque tutt’altro che istintivo. Il pensiero è il punto di partenza e di arrivo
di ogni sua creazione, volto a dimostrare come la pittura non rappresenti soltanto un'emozione
o un'immagine, o descriva “qualche cosa”, ma piuttosto traduca sempre un “concetto”, e quindi
sempre astratta anche nella sua apparente fisicità.
Pietròpoli è un pittore dal tratto rischioso ed azzardato, dalla pennellata aristocratica e severa,
in apparenza “sgrammaticata” ma assolutamente necessaria perché coincide con la sua vita.
Di fronte ad ognuno dei suoi lavori si respira la sua stessa tensione ed il suo non accontentarsi
mai di una soluzione facile. Tutta la sua opera viene dipinta lì, come dai bordi di un precipizio,
di un pianerottolo senza ringhiera, dal pendio dei tetti o sul filo delle grondaie, in un luogo
da capogiro, un luogo dove salvezza e abbandono sono separati da una manciata di metri.
Come traforata da una hantise ineludibile, la pittura di Pietròpoli palesa scarti continui, continui
sobbalzi, si apre in improvvise feritoie, passaggi di colore e materia a volte minuti e a volte
maestosi, sismici. E in essi l’artista sviluppa la propria abilità nel controllare un innato “disordine
naturale”, dando un assetto logico alla materia umida e fibrosa di ciò che ha concepito. Dalle
sue tele emerge allora tutto il costrutto umano: arcate e ponti, simboli di congiunzioni artificiali
e del compromesso tecnologico fra uomo e macchina, griglie quadrettate che sembrano vuote
occhiaie di palazzi come svuotati da un bombardamento aereo, ardite geometrie che salgono
verso il cielo, linee di orizzonte indistinte eppure pregne di arcane sussistenze. Di rado l’artista
si placa, per distendersi, quando accade, nella memoria di figure d’origine riattinte come in un
bisogno fisico di respiro vitale.
Ogni suo dipinto sembra nato tra l'attimo e l'eterno. I suoi lavori vengono percepiti come
un prolungamento dell'esistenza, una sorta di grido che si incide sulla tela. Una pittura
postmoderna, contemporaneissima, che pare muoversi tra la materia finita e una infinita, umana
ferita, una ferita non preparata ad essere ristorata, né dal proprio passato né dal proprio destino.
Maria Gabriella Morello
Marzo 2014
11
settembre 2014
Fernando Pietròpoli – Tra l’attimo e l’eterno
Dall'undici al 19 settembre 2014
arte contemporanea
Location
PALAZZO DEI CAPITANI
Malcesine, Via Capitanato Del Lago, 4, (Verona)
Malcesine, Via Capitanato Del Lago, 4, (Verona)
Orario di apertura
10-20
Vernissage
11 Settembre 2014, h 19
Sito web
www.fernandopietropoli.it
Autore
Curatore