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Ferruccio Bortoluzzi – Venezia: legno e ferro si fondono
Autodidatta, sempre restio alle luci della ribalta, ha espresso l’essenza della operatività veneziana dando vita ad opere costituite da reperti in legno e ferro ricavati dai vecchi cantieri.
Bortoluzzi fu ospite alla Biennale di Ve. del 1966 ed a quella di S. Paolo del Brasile del 1969.
Comunicato stampa
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L’esposizione presenta le creazioni dell’artista autodidatta che ha lavorato nella sua città sfruttando materiali che era sua consuetudine reperire presso cantieri e vecchi squeri : porzioni di legno, vecchi ferri, sabbie e detriti.
La personalità artistica di Bortoluzzi è particolarmente interessante perché, pur non avendo avuto una formazione accademica, la Sua profonda sensibilità gli consente di creare composizioni di elevata qualità espressiva partendo dall’uso di materiali non convenzionali distaccandosi nella maniera più assoluta dalle produzioni artistiche che andavano per la maggior nel periodo in cui Venezia era il centro dell’arte internazionale.
Le sue opere sono caratterizzate da un estremo equilibrio della composizione. Esse nascono dall’unione di materiali estremamente poveri: quasi reperti di scavo, che recuperati dall’artista e assemblati acquisiscono un significato più emblematico che simbolico. Le sue composizioni sono sempre il prodotto di un transfert: ciò che manifestano è la condizione di chi crea. L’opera appare umanamente invecchiata e deteriorata; i segni del tempo sono segni della vita. E’, dunque, un oggetto della memoria; e questo, della memoria, è infatti il terreno di scavo in cui lavora Bortoluzzi.
Non è tanto la provenienza degli oggetti dei quali si serve per creare ciò che interessa, quanto il modo del ricordo: il fatto, cioè, che il flusso della memoria non riporti immagini ma frammenti di oggetti, cose delle quali si è perduto il significato originario e che, tuttavia, non sono affatto enigmatiche. Tutta la loro ambiguità si riduce alla duplicità, peraltro ben chiara, della loro natura: non si sa se siano relitti o reliquie, se la ruggine e la muffa siano i segni di una tragica decadenza o di un culto misterico. Bortoluzzi, fosse vissuto in altri tempi, sarebbe stato un “pittore di rovine” di qualità eccezionale; mezzo secolo fa è stato il vedutista di tutto un passato in rovina.
La sua opera è indubbiamente degna di nota tanto da trovare degno accoglimento nei più prestigiosi spazi espositivi nazionali ed internazionali.
A questo proposito vogliamo ricordare le seguenti occasioni espositive: nel 1963 a Londra, nel 1966 alla XXXIII Biennale dei Venezia, nel 1967 presso il Carnegie Museum of Art di Pittsburgh, nel 1969 alla Biennale d’Arte di San Paolo del Brasile. E le più importanti mostre antologiche: nel 1982 e nel 2003 presso il Museo d’Arte Moderna di Ca’Pesaro e nel 2001 presso la Fondazione Querini Stampalia.
E’ bene ricordare che Bortoluzzi fu uno dei fondatori del Centro di Unità della Cultura l’”Arco”, insieme ad artisti e letterati veneziani. L’”Arco” non costituiva un vero e proprio movimento artistico, ma cercava di avvicinare la popolazione all’arte e alla cultura internazionale attraverso svariate iniziative: concerti, mostre e incontri con scrittori e poeti.
Quest’esposizione retrospettiva permette al pubblico di avvicinarsi ad un artista emblematico e poco conosciuto, anche in zone vicine ai luoghi nei quali ha vissuto e operato, in conseguenza della sua ritrosia alla pubblicità e all’apparire.
La personalità artistica di Bortoluzzi è particolarmente interessante perché, pur non avendo avuto una formazione accademica, la Sua profonda sensibilità gli consente di creare composizioni di elevata qualità espressiva partendo dall’uso di materiali non convenzionali distaccandosi nella maniera più assoluta dalle produzioni artistiche che andavano per la maggior nel periodo in cui Venezia era il centro dell’arte internazionale.
Le sue opere sono caratterizzate da un estremo equilibrio della composizione. Esse nascono dall’unione di materiali estremamente poveri: quasi reperti di scavo, che recuperati dall’artista e assemblati acquisiscono un significato più emblematico che simbolico. Le sue composizioni sono sempre il prodotto di un transfert: ciò che manifestano è la condizione di chi crea. L’opera appare umanamente invecchiata e deteriorata; i segni del tempo sono segni della vita. E’, dunque, un oggetto della memoria; e questo, della memoria, è infatti il terreno di scavo in cui lavora Bortoluzzi.
Non è tanto la provenienza degli oggetti dei quali si serve per creare ciò che interessa, quanto il modo del ricordo: il fatto, cioè, che il flusso della memoria non riporti immagini ma frammenti di oggetti, cose delle quali si è perduto il significato originario e che, tuttavia, non sono affatto enigmatiche. Tutta la loro ambiguità si riduce alla duplicità, peraltro ben chiara, della loro natura: non si sa se siano relitti o reliquie, se la ruggine e la muffa siano i segni di una tragica decadenza o di un culto misterico. Bortoluzzi, fosse vissuto in altri tempi, sarebbe stato un “pittore di rovine” di qualità eccezionale; mezzo secolo fa è stato il vedutista di tutto un passato in rovina.
La sua opera è indubbiamente degna di nota tanto da trovare degno accoglimento nei più prestigiosi spazi espositivi nazionali ed internazionali.
A questo proposito vogliamo ricordare le seguenti occasioni espositive: nel 1963 a Londra, nel 1966 alla XXXIII Biennale dei Venezia, nel 1967 presso il Carnegie Museum of Art di Pittsburgh, nel 1969 alla Biennale d’Arte di San Paolo del Brasile. E le più importanti mostre antologiche: nel 1982 e nel 2003 presso il Museo d’Arte Moderna di Ca’Pesaro e nel 2001 presso la Fondazione Querini Stampalia.
E’ bene ricordare che Bortoluzzi fu uno dei fondatori del Centro di Unità della Cultura l’”Arco”, insieme ad artisti e letterati veneziani. L’”Arco” non costituiva un vero e proprio movimento artistico, ma cercava di avvicinare la popolazione all’arte e alla cultura internazionale attraverso svariate iniziative: concerti, mostre e incontri con scrittori e poeti.
Quest’esposizione retrospettiva permette al pubblico di avvicinarsi ad un artista emblematico e poco conosciuto, anche in zone vicine ai luoghi nei quali ha vissuto e operato, in conseguenza della sua ritrosia alla pubblicità e all’apparire.
30
aprile 2011
Ferruccio Bortoluzzi – Venezia: legno e ferro si fondono
Dal 30 aprile al 22 maggio 2011
arte contemporanea
Location
AREA 21
Vittorio Veneto, casoni, 19, (Treviso)
Vittorio Veneto, casoni, 19, (Treviso)
Orario di apertura
giovedì, venerdì, sabato: 17:00/19:00
domenica: 15:30/19:00
Vernissage
30 Aprile 2011, ore 18:30
Autore
Curatore