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Ferruccio D’Angelo
Nuovo appuntamento per il progetto “Moncalieri Porta dell’Arte” a cura di Edoardo Di Mauro
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Sabato 10 novembre 2007 dalle 11 alle 13 presso le Fonderie Teatrali Limone di via Pastrengo 88, con il patrocinio dell'Assessorato alla Cultura del Comune di Moncalieri e della Regione Piemonte, si inaugura l'edizione 2007 di "Moncalieri Porta dell'Arte", a cura di Edoardo Di Mauro.
Testi critici in catalogo di Edoardo Di Mauro e Vincenzo Sanfo.
"Moncalieri Porta dell'Arte" è un progetto partito nel 2001 che si propone l'obiettivo di dotare la città piemontese di opere di artisti contemporanei e di divulgare il loro lavoro con una mostra personale e dei laboratori didattici.
Sono state fino ad oggi collocate nel territorio opere di Enzo Bersezio, Matilde Domestico, Cesario Carena, Piera Legnaghi, Radu Dragomirescu, Carlo Giuliano, Corrado Bonomi, Theo Gallino.
L'edizione 2007 vede protagonista Ferruccio D'Angelo. L'inaugurazione sarà centrata su di uno spettacolare allestimento che si estenderà in vari spazi esterni delle Fonderie Teatrali Limone dove sarà possibile ammirare l'opera che sarà poi collocata in maniera permanente nella rotatoria tra via Juglaris e via Bertero.
Fino al 20 dicembre tutti i giorni senza limiti di orario.
***
Il progetto “Moncalieri Porta dell’Arte” nasce all’insegna di due motivazioni : il mio interesse per l’arte pubblica che fin dai primi anni ’90 mi ha portato ad organizzare numerose iniziative orientate in questa direzione e la sensibilità dimostrata dagli amministratori di Moncalieri, prima l’Assessore alla Cultura Mariagiuseppina Pugliesi ed ora Noemi Gallo che gli è succeduta nell’incarico, rispetto alla volontà di qualificare culturalmente questo importante centro alle porte di Torino. Moncalieri, con quasi sessantamila residenti, è la quinta città del Piemonte ed è dotata di una sua precisa caratterizzazione storica, ambientale ed architettonica. In Italia la tradizione, diffusa da tempo nei paesi nord europei ed anglosassoni, di dotare gli agglomerati urbani di strutture artistiche permanenti, fondamentali da un punto di vista didattico come viatico per una corretta educazione visiva, che renda familiare e non ostica la percezione dell’arte contemporanea incrementando di conseguenza la fruizione di gallerie e musei, è stata per lungo tempo carente di iniziative valide.Le avanzate teorie prodotte negli anni ’50, agli inizi del “boom economico”, da correnti in cui faceva spicco quella dell’Urbanistica Unitaria, in cui si sosteneva un inedito ruolo per l’arte all’interno dei nuovi insediamenti abitativi urbani al fine di rendere l’architettura non solo pratica meramente funzionale ma elemento atto a concorrere ad una migliore qualità della vita in termini sia estetici che di aggregazione sociale rimasero lettera morta. A partire dalla seconda metà degli anni ’80 vi è stato, con modalità sempre più evidenti, un netto risveglio di interesse nei confronti di una dimensione sostenibile dell’architettura affiancato dalla consapevolezza della necessità di salvaguardare i beni culturali ed ambientali. In Italia il territorio piemontese, in particolare Torino e la sua area metropolitana, si è posto all’avanguardia in questa direzione. Come sottolineato dagli stessi amministratori pubblici di Moncalieri si manifesta l’esigenza di un recupero consapevole del rapporto con la tradizione storica dello spazio urbano e l’importanza per una città, al di là delle sue dimensioni, di essere in grado di trasmettere alle generazioni future tracce e segni capaci di permeare tangibilmente di sé il territorio. In più nell’attuale congiuntura, caratterizzata da una globalizzazione non solo economica ma anche culturale, dagli effetti ambivalenti di una comunicazione invasiva e da leggi e regole di mercato sempre più competitive e truccate l’arte può riscoprire, nella dimensione del confronto con il pubblico, l’ambiente e l’architettura, la sua funzione etica. Il progetto “Moncalieri Porta dell’Arte” che sta facendo della città piemontese il luogo, dopo Torino, fatta salva la particolare esperienza del MACAM di Maglione, maggiormente caratterizzato dalla presenza di opere di arte pubblica, ha avuto uno sviluppo articolato in due fasi. La prima, a partire dal 2001, ha visto la collocazione delle opere di Matilde Domestico (Biblioteca), Cesario Carena (giardino centro Zoe), Piera Legnaghi (rotonda statale per Revigliasco), ed Enzo Bersezio nel giardino prospiciente le Fonderie Teatrali Limone dove, nel frattempo, due importanti opere di Riccardo Cordero e Marco Gastini erano state installate grazie ai fondi della legge sul 2%. La seconda fase, a partire dal 2003, vede l’installazione di una nuova opera costantemente accompagnata da una mostra personale corredata da catalogo e da un lavoro didattico sviluppato con le scuole. Così è stato per Radu Dragomirescu e Corrado Bonomi (Fonderie Teatrali Limone), e Carlo Giuliano (Biblioteca). Nel 2006 Theo Gallino, oltre a posizionare un’opera sulla rotonda tra Corso Roma e corso Trieste, si è visto gratificato dalla richiesta del Teatro Stabile, accolta dal Comune di Moncalieri, di rendere permanente la sua installazione all’interno del foyer delle Fonderie. Per l’edizione 2007 la scelta mia e del Comune è caduta su Ferruccio D’Angelo, artista dal consolidato curriculum ma di pari, come molti degli altri che lo hanno preceduto, fortemente radicato nel territorio. Il suo lavoro è sintomatico, non solo per i suoi pregevoli aspetti formali, delle vicende complessive che hanno caratterizzato l’arte contemporanea italiana nell’ultimo ventennio. L’Italia, a partire dalla metà degli anni’80, si trova a vivere, né più né meno, la condizione caratterizzante un universo estetico ormai globalizzato. Quindi, in rispetto di un andamento ciclico presente anche in altre epoche, sebbene con diversi modi e maniere in virtù dei mutati contesti, l’arte di fine secolo affronta una fase di citazione, consapevole dell’importanza e dell’irripetibilità delle rivoluzioni linguistiche che hanno caratterizzato il Novecento. In seguito, dopo alcuni anni di reazione di segno opposto alla stagione del Concettuale, segnati da un massiccio “ritorno alla pittura”, inquadrabile anche come riscoperta delle radici, europee ed italiane, primo novecentesche, il grafo dell’arte ha assunto un andamento tormentato, decisamente diacronico, improntato ad un eclettismo di stili. L’Italia si è inevitabilmente accodata a questa tendenza, fornendone una versione estremamente ricca e fantasiosa, qualitativamente di tutto rispetto e non inferiore, negli aspetti migliori, alla fortunata ondata di Transavanguardia ed affini. Nella seconda metà degli anni’80, fino ai primi anni’90, l’arte italiana dell’ultima generazione porta avanti una rivisitazione intelligente degli stereotipi formali delle avanguardie novecentesche, da quelle storiche fino alle più vicine nel tempo, compresi pop e concettuale, con un multistilismo che vede in quegli anni prevalere ancora la pittura, poi l’installazione e le proposte astratto-geometriche, condite da una buona dose di sagace ironia e da una dovuta immersione nel clima frenetico della post modernità. In quel periodo si forma e prende corpo il progetto artistico di Ferruccio D’Angelo, che si pone all’interno di una linea di rinnovamento del linguaggio della scultura e dell’installazione nei confronti sia dei canoni, ormai superati, del monumentalismo d’avanguardia, che di quelli a suo tempo di rottura dell’Arte Povera. E’ comunque dal quel tracciato che trae inizialmente ispirazione il lavoro di D’Angelo, il quale non accetta, però, sudditanze di tipo formale e ancor meno psicologiche. Nei fatti il rapporto possibile ed idealizzato, tra artificio, inteso come tecnologia, e natura, è stato da D’Angelo invertito nei termini, con un netto predominio formale del primo, in accezione simbolica, rispetto al secondo. I bidoni riciclati, dipinti monocromaticamente con tempere acriliche blu e nere ed altre vernici, rappresentano, ad onta dello spunto iniziale, un superamento delle tematiche classiche dell’installazione concettuale, rivolto in direzione di un funzionalismo provocatoriamente vicino alle forme più recenti del design, come nel caso delle grandi sedie oggetto di una personale nella galleria milanese di Piero Cavellini nel 1991 e poi riproposte, sempre con successo, in varie altre occasioni nel corso degli anni. Anche quando oggetto della proposta è l’evocazione della natura, come nel caso dei tronchi d’albero e di altre soluzioni visive affini, il risultato è quello di un’immagine rigorosa formalmente, come un minimalismo aggiornato ai nostri giorni, ma al tempo stesso ludica, al pari dell’artificio assoluto tipico dei principali esponenti dell’oggettualismo pop italiano, come Gilardi e, soprattutto, Pascali.
Complessivamente lo stile degli anni’90 fino a questa fase centrale del nuovo millennio ha mantenuto inalterate alcune caratteristiche del decennio precedente, con alcune significative varianti, sia sociologiche che formali sempre più marcate ed evidenti in questi anni. Per il primo aspetto il pieno ingresso nella società postindustriale, segnato da una sempre più ampia invasività delle nuove tecnologie, ha innalzato notevolmente, anche in risposta ad una reale esigenza sociale, il numero di coloro che si cimentano in attività estetiche. Dall’altro la crescente immaterialità, se non artificialità, del nostro vivere quotidiano, ha generato due opposte reazioni. Da un lato un avvicinamento, nei casi peggiori un appiattimento, dell’arte sul reale, dall’altro un distacco, un rifugiarsi nei territori dell’allegoria e del simbolo. L’installazione si è sempre più incamminata nei territori dell’oggettualismo, la pittura ha mantenuto la sua centralità, grande successo ha conosciuto l’uso della fotografia e del video. Ferruccio D’Angelo, tra le onde di questo caotico pelago, ha mantenuto salda la barra del timone, indirizzando il suo stile verso approdi sicuri. La passione per l’installazione si è mantenuta costante, ma sono state perlustrate altre anche strade, in coerenza con il suo spirito saggiamente eclettico. Dapprima la fotografia, a colori ed in bianco e nero, in cui si riproducevano le installazioni stesse, con un risultato finale ambiguo e straniante. Successivamente con la proposta di sculture da interno, ancora più vicine all’universo dello stilismo e del design, e fede ne fa la partecipazione a varie rassegne internazionali dedicate alla contaminazione tra l’arte visiva e le sue varie applicazioni funzionali. Negli scorsi anni l’artista si è concesso una pausa di interesse prevalente, con risultati eccellenti da un punto di vista estetico, nei confronti di una pittura dove solo in parte veniva mantenuta la fedeltà alla precedente dimensione minimale. Al contrario si potrebbe semmai parlare di una sorta di “barocco postmoderno”, di una teatralità e ridondanza dell’immagine contestualizzata però in una dimensione presente. Prova né è il richiamo “secondario” nei confronti della tecnologia, in particolare per i fotogrammi di immagini televisive e pubblicitarie che non venivano, però, proiettate sulla tela adoperando il ricalco fotografico ma si reinventavano iconograficamente con una modifica dei toni graduale, prodotta con colori ad olio ed una prassi, dal punto di vista squisitamente formale, fedele ai canoni classici. Nell’ultimo periodo D’Angelo conosce una fase di grande fermento e di felicità creativa supportata anche da un sempre più concreto riconoscimento dei suoi meriti artistici, dato questo che lo accomuna alla urgente e non rinviabile esigenza di storicizzazione della generazione degli anni ’80 di cui egli è certamente esponente tra i più significativi. Mantenendo costante la sua produzione di installazioni sia monumentali che di scala più ridotta, nei lavori recenti D’Angelo è tornato all’antica predilezione per l’utilizzo di reperti oggettuali sferici, coperchi plastificati, materiali di recupero che nobilita con una grafia pittorica asciutta e rigorosa ma dai toni decisamente più caldi rispetto a qualche anno fa. Tracciati di linee ed addensamenti di colore che riecheggiano la tradizione di calligrafia aniconica dell’Informale europeo ed asiatico, ma anche i ritmi pulsanti dei graffiti urbani, con un risultato finale di immanente attualità. La sua personale presso le Fonderie Teatrali Limone sarà tutta in esterno. Nella zona limitrofa al foyer verranno installate due sculture costituite, come da tradizione, da elementi plastici ad incastro e, soprattutto, si potrà ammirare l’opera che sarà successivamente collocata permanentemente sulla rotonda tra via Juglaris e via Bertero, un albero realizzato tramite l’assemblaggio di bidoni e l’ausilio di altri materiali, verniciato con colori blu oltremare, dall’altezza di circa quattro metri. Altro elemento di grande spettacolarità dell’allestimento sarà un telone lungo dieci metri ed alto tre, che sarà disposto sulla grande struttura in cemento che delimita l’ingresso alla zona del teatro, dove farà mostra di se un gigantesco graffito dipinto su un fondale azzurro, dalla forte carica simbolica.
Edoardo Di Mauro, ottobre 2007.
Testi critici in catalogo di Edoardo Di Mauro e Vincenzo Sanfo.
"Moncalieri Porta dell'Arte" è un progetto partito nel 2001 che si propone l'obiettivo di dotare la città piemontese di opere di artisti contemporanei e di divulgare il loro lavoro con una mostra personale e dei laboratori didattici.
Sono state fino ad oggi collocate nel territorio opere di Enzo Bersezio, Matilde Domestico, Cesario Carena, Piera Legnaghi, Radu Dragomirescu, Carlo Giuliano, Corrado Bonomi, Theo Gallino.
L'edizione 2007 vede protagonista Ferruccio D'Angelo. L'inaugurazione sarà centrata su di uno spettacolare allestimento che si estenderà in vari spazi esterni delle Fonderie Teatrali Limone dove sarà possibile ammirare l'opera che sarà poi collocata in maniera permanente nella rotatoria tra via Juglaris e via Bertero.
Fino al 20 dicembre tutti i giorni senza limiti di orario.
***
Il progetto “Moncalieri Porta dell’Arte” nasce all’insegna di due motivazioni : il mio interesse per l’arte pubblica che fin dai primi anni ’90 mi ha portato ad organizzare numerose iniziative orientate in questa direzione e la sensibilità dimostrata dagli amministratori di Moncalieri, prima l’Assessore alla Cultura Mariagiuseppina Pugliesi ed ora Noemi Gallo che gli è succeduta nell’incarico, rispetto alla volontà di qualificare culturalmente questo importante centro alle porte di Torino. Moncalieri, con quasi sessantamila residenti, è la quinta città del Piemonte ed è dotata di una sua precisa caratterizzazione storica, ambientale ed architettonica. In Italia la tradizione, diffusa da tempo nei paesi nord europei ed anglosassoni, di dotare gli agglomerati urbani di strutture artistiche permanenti, fondamentali da un punto di vista didattico come viatico per una corretta educazione visiva, che renda familiare e non ostica la percezione dell’arte contemporanea incrementando di conseguenza la fruizione di gallerie e musei, è stata per lungo tempo carente di iniziative valide.Le avanzate teorie prodotte negli anni ’50, agli inizi del “boom economico”, da correnti in cui faceva spicco quella dell’Urbanistica Unitaria, in cui si sosteneva un inedito ruolo per l’arte all’interno dei nuovi insediamenti abitativi urbani al fine di rendere l’architettura non solo pratica meramente funzionale ma elemento atto a concorrere ad una migliore qualità della vita in termini sia estetici che di aggregazione sociale rimasero lettera morta. A partire dalla seconda metà degli anni ’80 vi è stato, con modalità sempre più evidenti, un netto risveglio di interesse nei confronti di una dimensione sostenibile dell’architettura affiancato dalla consapevolezza della necessità di salvaguardare i beni culturali ed ambientali. In Italia il territorio piemontese, in particolare Torino e la sua area metropolitana, si è posto all’avanguardia in questa direzione. Come sottolineato dagli stessi amministratori pubblici di Moncalieri si manifesta l’esigenza di un recupero consapevole del rapporto con la tradizione storica dello spazio urbano e l’importanza per una città, al di là delle sue dimensioni, di essere in grado di trasmettere alle generazioni future tracce e segni capaci di permeare tangibilmente di sé il territorio. In più nell’attuale congiuntura, caratterizzata da una globalizzazione non solo economica ma anche culturale, dagli effetti ambivalenti di una comunicazione invasiva e da leggi e regole di mercato sempre più competitive e truccate l’arte può riscoprire, nella dimensione del confronto con il pubblico, l’ambiente e l’architettura, la sua funzione etica. Il progetto “Moncalieri Porta dell’Arte” che sta facendo della città piemontese il luogo, dopo Torino, fatta salva la particolare esperienza del MACAM di Maglione, maggiormente caratterizzato dalla presenza di opere di arte pubblica, ha avuto uno sviluppo articolato in due fasi. La prima, a partire dal 2001, ha visto la collocazione delle opere di Matilde Domestico (Biblioteca), Cesario Carena (giardino centro Zoe), Piera Legnaghi (rotonda statale per Revigliasco), ed Enzo Bersezio nel giardino prospiciente le Fonderie Teatrali Limone dove, nel frattempo, due importanti opere di Riccardo Cordero e Marco Gastini erano state installate grazie ai fondi della legge sul 2%. La seconda fase, a partire dal 2003, vede l’installazione di una nuova opera costantemente accompagnata da una mostra personale corredata da catalogo e da un lavoro didattico sviluppato con le scuole. Così è stato per Radu Dragomirescu e Corrado Bonomi (Fonderie Teatrali Limone), e Carlo Giuliano (Biblioteca). Nel 2006 Theo Gallino, oltre a posizionare un’opera sulla rotonda tra Corso Roma e corso Trieste, si è visto gratificato dalla richiesta del Teatro Stabile, accolta dal Comune di Moncalieri, di rendere permanente la sua installazione all’interno del foyer delle Fonderie. Per l’edizione 2007 la scelta mia e del Comune è caduta su Ferruccio D’Angelo, artista dal consolidato curriculum ma di pari, come molti degli altri che lo hanno preceduto, fortemente radicato nel territorio. Il suo lavoro è sintomatico, non solo per i suoi pregevoli aspetti formali, delle vicende complessive che hanno caratterizzato l’arte contemporanea italiana nell’ultimo ventennio. L’Italia, a partire dalla metà degli anni’80, si trova a vivere, né più né meno, la condizione caratterizzante un universo estetico ormai globalizzato. Quindi, in rispetto di un andamento ciclico presente anche in altre epoche, sebbene con diversi modi e maniere in virtù dei mutati contesti, l’arte di fine secolo affronta una fase di citazione, consapevole dell’importanza e dell’irripetibilità delle rivoluzioni linguistiche che hanno caratterizzato il Novecento. In seguito, dopo alcuni anni di reazione di segno opposto alla stagione del Concettuale, segnati da un massiccio “ritorno alla pittura”, inquadrabile anche come riscoperta delle radici, europee ed italiane, primo novecentesche, il grafo dell’arte ha assunto un andamento tormentato, decisamente diacronico, improntato ad un eclettismo di stili. L’Italia si è inevitabilmente accodata a questa tendenza, fornendone una versione estremamente ricca e fantasiosa, qualitativamente di tutto rispetto e non inferiore, negli aspetti migliori, alla fortunata ondata di Transavanguardia ed affini. Nella seconda metà degli anni’80, fino ai primi anni’90, l’arte italiana dell’ultima generazione porta avanti una rivisitazione intelligente degli stereotipi formali delle avanguardie novecentesche, da quelle storiche fino alle più vicine nel tempo, compresi pop e concettuale, con un multistilismo che vede in quegli anni prevalere ancora la pittura, poi l’installazione e le proposte astratto-geometriche, condite da una buona dose di sagace ironia e da una dovuta immersione nel clima frenetico della post modernità. In quel periodo si forma e prende corpo il progetto artistico di Ferruccio D’Angelo, che si pone all’interno di una linea di rinnovamento del linguaggio della scultura e dell’installazione nei confronti sia dei canoni, ormai superati, del monumentalismo d’avanguardia, che di quelli a suo tempo di rottura dell’Arte Povera. E’ comunque dal quel tracciato che trae inizialmente ispirazione il lavoro di D’Angelo, il quale non accetta, però, sudditanze di tipo formale e ancor meno psicologiche. Nei fatti il rapporto possibile ed idealizzato, tra artificio, inteso come tecnologia, e natura, è stato da D’Angelo invertito nei termini, con un netto predominio formale del primo, in accezione simbolica, rispetto al secondo. I bidoni riciclati, dipinti monocromaticamente con tempere acriliche blu e nere ed altre vernici, rappresentano, ad onta dello spunto iniziale, un superamento delle tematiche classiche dell’installazione concettuale, rivolto in direzione di un funzionalismo provocatoriamente vicino alle forme più recenti del design, come nel caso delle grandi sedie oggetto di una personale nella galleria milanese di Piero Cavellini nel 1991 e poi riproposte, sempre con successo, in varie altre occasioni nel corso degli anni. Anche quando oggetto della proposta è l’evocazione della natura, come nel caso dei tronchi d’albero e di altre soluzioni visive affini, il risultato è quello di un’immagine rigorosa formalmente, come un minimalismo aggiornato ai nostri giorni, ma al tempo stesso ludica, al pari dell’artificio assoluto tipico dei principali esponenti dell’oggettualismo pop italiano, come Gilardi e, soprattutto, Pascali.
Complessivamente lo stile degli anni’90 fino a questa fase centrale del nuovo millennio ha mantenuto inalterate alcune caratteristiche del decennio precedente, con alcune significative varianti, sia sociologiche che formali sempre più marcate ed evidenti in questi anni. Per il primo aspetto il pieno ingresso nella società postindustriale, segnato da una sempre più ampia invasività delle nuove tecnologie, ha innalzato notevolmente, anche in risposta ad una reale esigenza sociale, il numero di coloro che si cimentano in attività estetiche. Dall’altro la crescente immaterialità, se non artificialità, del nostro vivere quotidiano, ha generato due opposte reazioni. Da un lato un avvicinamento, nei casi peggiori un appiattimento, dell’arte sul reale, dall’altro un distacco, un rifugiarsi nei territori dell’allegoria e del simbolo. L’installazione si è sempre più incamminata nei territori dell’oggettualismo, la pittura ha mantenuto la sua centralità, grande successo ha conosciuto l’uso della fotografia e del video. Ferruccio D’Angelo, tra le onde di questo caotico pelago, ha mantenuto salda la barra del timone, indirizzando il suo stile verso approdi sicuri. La passione per l’installazione si è mantenuta costante, ma sono state perlustrate altre anche strade, in coerenza con il suo spirito saggiamente eclettico. Dapprima la fotografia, a colori ed in bianco e nero, in cui si riproducevano le installazioni stesse, con un risultato finale ambiguo e straniante. Successivamente con la proposta di sculture da interno, ancora più vicine all’universo dello stilismo e del design, e fede ne fa la partecipazione a varie rassegne internazionali dedicate alla contaminazione tra l’arte visiva e le sue varie applicazioni funzionali. Negli scorsi anni l’artista si è concesso una pausa di interesse prevalente, con risultati eccellenti da un punto di vista estetico, nei confronti di una pittura dove solo in parte veniva mantenuta la fedeltà alla precedente dimensione minimale. Al contrario si potrebbe semmai parlare di una sorta di “barocco postmoderno”, di una teatralità e ridondanza dell’immagine contestualizzata però in una dimensione presente. Prova né è il richiamo “secondario” nei confronti della tecnologia, in particolare per i fotogrammi di immagini televisive e pubblicitarie che non venivano, però, proiettate sulla tela adoperando il ricalco fotografico ma si reinventavano iconograficamente con una modifica dei toni graduale, prodotta con colori ad olio ed una prassi, dal punto di vista squisitamente formale, fedele ai canoni classici. Nell’ultimo periodo D’Angelo conosce una fase di grande fermento e di felicità creativa supportata anche da un sempre più concreto riconoscimento dei suoi meriti artistici, dato questo che lo accomuna alla urgente e non rinviabile esigenza di storicizzazione della generazione degli anni ’80 di cui egli è certamente esponente tra i più significativi. Mantenendo costante la sua produzione di installazioni sia monumentali che di scala più ridotta, nei lavori recenti D’Angelo è tornato all’antica predilezione per l’utilizzo di reperti oggettuali sferici, coperchi plastificati, materiali di recupero che nobilita con una grafia pittorica asciutta e rigorosa ma dai toni decisamente più caldi rispetto a qualche anno fa. Tracciati di linee ed addensamenti di colore che riecheggiano la tradizione di calligrafia aniconica dell’Informale europeo ed asiatico, ma anche i ritmi pulsanti dei graffiti urbani, con un risultato finale di immanente attualità. La sua personale presso le Fonderie Teatrali Limone sarà tutta in esterno. Nella zona limitrofa al foyer verranno installate due sculture costituite, come da tradizione, da elementi plastici ad incastro e, soprattutto, si potrà ammirare l’opera che sarà successivamente collocata permanentemente sulla rotonda tra via Juglaris e via Bertero, un albero realizzato tramite l’assemblaggio di bidoni e l’ausilio di altri materiali, verniciato con colori blu oltremare, dall’altezza di circa quattro metri. Altro elemento di grande spettacolarità dell’allestimento sarà un telone lungo dieci metri ed alto tre, che sarà disposto sulla grande struttura in cemento che delimita l’ingresso alla zona del teatro, dove farà mostra di se un gigantesco graffito dipinto su un fondale azzurro, dalla forte carica simbolica.
Edoardo Di Mauro, ottobre 2007.
10
novembre 2007
Ferruccio D’Angelo
Dal 10 novembre al 30 dicembre 2007
arte contemporanea
Location
FONDERIE TEATRALI LIMONE
Moncalieri, Via Pastrengo, 88, (Torino)
Moncalieri, Via Pastrengo, 88, (Torino)
Orario di apertura
tutti i giorni senza limiti di orario
Vernissage
10 Novembre 2007, ore 11-13
Sito web
www.comune.moncalieri.to.it
Autore
Curatore