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Ferruccio Pecchioni – Dynamiser
Dynamiser – fotografie di Ferruccio Pecchioni è una personale che inquadra l’interessantissimo lavoro di un fotografo di grande talento che con la sua prima personale mantovana ci presenta l’elevata qualità di esecuzione delle sue fotografie, frutto di un innato impulso verso una sperimentazione.
Comunicato stampa
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Ferruccio Pecchioni, classe 1957 e figlio dell’indimenticabile Mario, con la sua prima personale mantovana ci presenta l’elevata qualità di esecuzione delle sue fotografie, frutto di un innato impulso verso una sperimentazione che si rapprende in immagini dinamiche che scaturiscono dalla sua incessante ricerca. Trenta stampe fotografiche con effetti plastico-cromatici originalissimi e di estrema forza espressiva dichiarano di una operazione estetica che, per qualità, appartiene al territorio dell’arte.
La mostra si avvale dell’intervento critico di Gianfranco Ferlisi di cui si riporta uno stralcio per cercare di tratteggiare meglio la dimensione qualitativa della rassegna:
«[…]Le sue fotografie, tramite scatti rapsodici eppure sempre attentamente mirati, parlano innanzitutto della prodigale creatività dello sguardo e della sua interazione mirabile con l’azione tecnico-costruttiva per immagini che esaltano teatrini di posa in cui avviene la rimozione della riconoscibilità dell’oggetto dell’inquadratura. L'interesse fotografico di Ferruccio Pecchioni è lontano anni luce da qualsiasi tentativo di congelanti e gelidi reportage. Le sue inquadrature cercano improvvisi movimenti e inaspettati dinamismi per mettere costantemente alla prova cosa accade quando la fotografia, interrompendo bruscamente il continuum percettivo, coglie la frazione di secondo in cui il caos si organizza all’interno di un’inquadratura che stravolge la banalità del rapporto dettaglio/sfocatura per far emergere un ché di irreale che porta, appunto, oltre la realtà oggettiva e retinica. Nel caos le luci ( e le ombre) si specchiano e si manifestano nella loro capacità di creare innumerevoli e cangianti riflessi, bagliori speciali che danno conto delle ore del cuore e dei colori dell’immaginazione.
Le immagini che ne derivano oggettivano, in una riscoperta dell’astrazione, forme decontestualizzate e movimenti atti ad alimentare deformazioni cromatiche ed effetti luministici imprevedibili.
Giorgio de Chirico, in Zeusi l’esploratore, uno scritto del 1918, faceva affermare al filosofo greco Eraclito che in ogni cosa si nasconde un demone che vale la pena di scoprire. Ebbene il demone nascosto in queste immagini ci suggerisce di spostare la nostra attenzione dal dato puro visibilista della percezione verso l’ammaliante bellezza di una tridimensionalità accesa da monocromatismi timbrici, da letti di contrasti difformi, da sagome sinuose e irregolari e poi da piani differenti e da accumuli di colori evanescenti e cangianti volti a movimentare superfici in cui sembra di avvertire un improbabile bradisismo vulcanico.
L’artista ci invita, perciò, a cogliere innanzitutto le varie potenzialità evocative delle sue fotografie, i loro valori esistenziali ed estetici. L’ambiguità della fotografia, il superamento di ciò che è stato osservato e analizzato in fase progettuale, riesce a condurci oltre la soglia della rappresentazione, sui limiti del vedere, ci spinge ad oltrepassarli, ad andare oltre il confine tra pensiero e artificio. Si apre perciò una riflessione su ciò che vogliamo e su ciò che possiamo vedere, su ciò che sappiamo e su ciò che potremmo sapere e percepire.
Ferruccio Pecchioni, è evidente, è affascinato dai coaguli di luce degli spazi piani, dalle ombre oscure degli anfratti, da un amore per la pittura che lui traduce in fotografie, in un desiderio di utilizzare il medium tecnologico per dipingere con la luce, con uno strumento alternativo alla pratica stereotipata e arcaica del pennello e del colore.
Nei suoi scatti analogici, nei diversi passaggi della vecchia pellicola, si materializza, nel frattempo, un racconto ad alta temperatura poetica ed elevato contenuto immaginifico, legato, dunque, assai concretamente alla memoria della pittura, ai segni dei maestri con l’arte hanno costruito, nel corso tempo, orizzonti e testi iconici intrisi di una straordinaria capacità creativa e in cui l’immagine era in grado di offrire più senso e significato rispetto alla parola. Realtà e immaginazione si intrecciano, così, portandoci sempre di più oltre il concreto dato degli oggetti di partenza estratti dalla più vile quotidianità. E intanto l’attento studio dell’inquadratura e della composizione, l’equilibrio cromatico ed estetico che caratterizza le sue opere ci riportano inevitabilmente alle luci e alle chimere della contemporaneità, ai molteplici riferimenti colti che alimentano il retroterra dell’autore […]».
La mostra si avvale dell’intervento critico di Gianfranco Ferlisi di cui si riporta uno stralcio per cercare di tratteggiare meglio la dimensione qualitativa della rassegna:
«[…]Le sue fotografie, tramite scatti rapsodici eppure sempre attentamente mirati, parlano innanzitutto della prodigale creatività dello sguardo e della sua interazione mirabile con l’azione tecnico-costruttiva per immagini che esaltano teatrini di posa in cui avviene la rimozione della riconoscibilità dell’oggetto dell’inquadratura. L'interesse fotografico di Ferruccio Pecchioni è lontano anni luce da qualsiasi tentativo di congelanti e gelidi reportage. Le sue inquadrature cercano improvvisi movimenti e inaspettati dinamismi per mettere costantemente alla prova cosa accade quando la fotografia, interrompendo bruscamente il continuum percettivo, coglie la frazione di secondo in cui il caos si organizza all’interno di un’inquadratura che stravolge la banalità del rapporto dettaglio/sfocatura per far emergere un ché di irreale che porta, appunto, oltre la realtà oggettiva e retinica. Nel caos le luci ( e le ombre) si specchiano e si manifestano nella loro capacità di creare innumerevoli e cangianti riflessi, bagliori speciali che danno conto delle ore del cuore e dei colori dell’immaginazione.
Le immagini che ne derivano oggettivano, in una riscoperta dell’astrazione, forme decontestualizzate e movimenti atti ad alimentare deformazioni cromatiche ed effetti luministici imprevedibili.
Giorgio de Chirico, in Zeusi l’esploratore, uno scritto del 1918, faceva affermare al filosofo greco Eraclito che in ogni cosa si nasconde un demone che vale la pena di scoprire. Ebbene il demone nascosto in queste immagini ci suggerisce di spostare la nostra attenzione dal dato puro visibilista della percezione verso l’ammaliante bellezza di una tridimensionalità accesa da monocromatismi timbrici, da letti di contrasti difformi, da sagome sinuose e irregolari e poi da piani differenti e da accumuli di colori evanescenti e cangianti volti a movimentare superfici in cui sembra di avvertire un improbabile bradisismo vulcanico.
L’artista ci invita, perciò, a cogliere innanzitutto le varie potenzialità evocative delle sue fotografie, i loro valori esistenziali ed estetici. L’ambiguità della fotografia, il superamento di ciò che è stato osservato e analizzato in fase progettuale, riesce a condurci oltre la soglia della rappresentazione, sui limiti del vedere, ci spinge ad oltrepassarli, ad andare oltre il confine tra pensiero e artificio. Si apre perciò una riflessione su ciò che vogliamo e su ciò che possiamo vedere, su ciò che sappiamo e su ciò che potremmo sapere e percepire.
Ferruccio Pecchioni, è evidente, è affascinato dai coaguli di luce degli spazi piani, dalle ombre oscure degli anfratti, da un amore per la pittura che lui traduce in fotografie, in un desiderio di utilizzare il medium tecnologico per dipingere con la luce, con uno strumento alternativo alla pratica stereotipata e arcaica del pennello e del colore.
Nei suoi scatti analogici, nei diversi passaggi della vecchia pellicola, si materializza, nel frattempo, un racconto ad alta temperatura poetica ed elevato contenuto immaginifico, legato, dunque, assai concretamente alla memoria della pittura, ai segni dei maestri con l’arte hanno costruito, nel corso tempo, orizzonti e testi iconici intrisi di una straordinaria capacità creativa e in cui l’immagine era in grado di offrire più senso e significato rispetto alla parola. Realtà e immaginazione si intrecciano, così, portandoci sempre di più oltre il concreto dato degli oggetti di partenza estratti dalla più vile quotidianità. E intanto l’attento studio dell’inquadratura e della composizione, l’equilibrio cromatico ed estetico che caratterizza le sue opere ci riportano inevitabilmente alle luci e alle chimere della contemporaneità, ai molteplici riferimenti colti che alimentano il retroterra dell’autore […]».
11
aprile 2015
Ferruccio Pecchioni – Dynamiser
Dall'undici aprile al 03 maggio 2015
fotografia
Location
GALLERIA ARTEARTE
Mantova, Via Galana, 9, (Mantova)
Mantova, Via Galana, 9, (Mantova)
Orario di apertura
dal martedì al sabato dalle 10.00 alle 12.30 e dalle 15.30 alle 19.30. La domenica e il lunedì solo su appuntamento.
tel. 3332121988
Vernissage
11 Aprile 2015, ore 18,00
Autore
Curatore