Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Figlia del suo Figlio: icone di maternità
La mostra è l’occasione per ricordare il compianto mons. Giovanni Speciale, scomparso un anno fa, che del Museo è stato l’iniziatore. A lui, difatti, il Museo sarà intitolato proprio nel giorno dell’inaugurazione della mostra. Il cui titolo è una “manipolazione” del famoso verso con cui Dante definisce la Madonna.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Giovedì 2 luglio, alle 18.30, sarà inaugurata a Caltanissetta, presso il Museo Diocesano del Seminario, una mostra intitolata “Figlia del suo Figlio: icone di maternità disegnate e scolpite da Ennio Tesei, Ernesto Lamagna e Silvana Pierangelini Recchioni”. Interverrà mons. Santino Salamone, direttore del Museo Diocesano di Catania. Taglierà il nastro inaugurale il vescovo Russotto. La mostra rimarrà aperta tutti i giorni tranne la domenica sino al 31 luglio.
La mostra è l’occasione per ricordare il compianto mons. Giovanni Speciale, scomparso un anno fa, che del Museo è stato l’iniziatore. A lui, difatti, il Museo sarà intitolato proprio nel giorno dell’inaugurazione della mostra. Il cui titolo è una “manipolazione” del famoso verso con cui Dante definisce la Madonna. Dire “Figlia del suo Figlio” – per gli organizzatori della mostra − significa parlare di una qualità-altra, straordinaria, della maternità. Vale a dire che essere madre implica una relazione strettissima con il figlio, non scontata, non ovvia, fondata sulla misteriosa reciprocità dell’amore dato e ricevuto al contempo: è importante sottolinearlo ai nostri giorni, quando ormai la maternità rischia di essere rifiutata come valore o di essere fraintesa come diritto ad “avere” un figlio. Solo qualche giorno fa i media di mezzo mondo davano positiva eco all’intervista dell’attrice Cameron Diaz, che affermava – come una Medea dei nostri tempi − di voler essere donna e non madre e di sentirsi realizzata proprio in quanto non ha figli. E altre grandi icone femminili dell’odierna cultura diffusa si gloriano di aver avuto figli in provetta, relazionandosi – si fa per dire – solo con la macchina o col donatore di seme di turno: una cantante che porta con ironia il nome della Madre di Gesù – Madonna – è tra le più famose sostenitrici di un tale ideale di maternità. L’ideale di maternità su cui la mostra vuole far riflettere i visitatori è invece quello che si esprime nella complessità della relazione radicata nell’essere e che non si riduce semplicemente all’avere. Un ideale impersonato dalla Madre di Cristo, ma non solo. In realtà le icone di maternità che vengono proposte nella mostra declinano l’esser-madre sia in prospettiva mariana sia in prospettiva ecclesiale: anche la Chiesa è una madre che genera i discepoli di Cristo, ma per esistere essa deve risultare dalla comunione e dalla testimonianza di questi stessi discepoli, figli suoi. D’altra parte anche la maternità intesa in termini umani è messa a tema nella mostra: emblematica è a tal proposito la scultura bronzea di Lamagna, un’opera autobiografica che raffigura una vecchina costretta su una sedia a rotelle e che regge in mano una maschera, di fatto il volto del proprio figlio, che è lo stesso artista. Lamagna ha accudito per anni sua madre ammalata, che così è stata figlia del suo figlio. Questo valore antropologico c’è anche nelle opere degli altri artisti esposti nella mostra, se non nelle loro opere, certamente nel loro vissuto, da cui le loro opere scaturiscono. Silvana Recchioni, per esempio, negli anni ’70 ha perso tragicamente il figlio Stefano: da allora firma le sue opere con una “S.”, identificandosi col figlio morto e divenendo così, a suo modo, figlia del suo figlio. E Tesei è stato il primo artista con cui mons. Speciale ha allacciato stretti legami di amicizia. Un rapporto che è diventato negli anni di mutua “dipendenza” culturale e spirituale: un altro caso di maternità-altra, che Tesei ha saputo scolpire nella suggestiva Madonna di bronzo della cappella del Seminario.
L’intitolazione del Museo a mons. Speciale è il punto d’arrivo di un lungo cammino iniziato circa vent’anni fa. Ma dev’essere pure il punto di partenza di un cammino nuovo. Colpisce il fatto che mons. Speciale abbia a poco a poco ingrandito il Museo, estendendolo difatti in tutto il pianoterra del Seminario che lo ospita. È una lezione importante: se non si cresce, si finisce per esaurirsi, per morire. Ma non si cresce solo quantitativamente. Si deve crescere, nei prossimi anni, a cominciare da subito, anche e soprattutto qualitativamente. Ed è questa la speranza dichiarata per il Museo Diocesano nisseno dagli organizzatori della mostra.
La mostra è l’occasione per ricordare il compianto mons. Giovanni Speciale, scomparso un anno fa, che del Museo è stato l’iniziatore. A lui, difatti, il Museo sarà intitolato proprio nel giorno dell’inaugurazione della mostra. Il cui titolo è una “manipolazione” del famoso verso con cui Dante definisce la Madonna. Dire “Figlia del suo Figlio” – per gli organizzatori della mostra − significa parlare di una qualità-altra, straordinaria, della maternità. Vale a dire che essere madre implica una relazione strettissima con il figlio, non scontata, non ovvia, fondata sulla misteriosa reciprocità dell’amore dato e ricevuto al contempo: è importante sottolinearlo ai nostri giorni, quando ormai la maternità rischia di essere rifiutata come valore o di essere fraintesa come diritto ad “avere” un figlio. Solo qualche giorno fa i media di mezzo mondo davano positiva eco all’intervista dell’attrice Cameron Diaz, che affermava – come una Medea dei nostri tempi − di voler essere donna e non madre e di sentirsi realizzata proprio in quanto non ha figli. E altre grandi icone femminili dell’odierna cultura diffusa si gloriano di aver avuto figli in provetta, relazionandosi – si fa per dire – solo con la macchina o col donatore di seme di turno: una cantante che porta con ironia il nome della Madre di Gesù – Madonna – è tra le più famose sostenitrici di un tale ideale di maternità. L’ideale di maternità su cui la mostra vuole far riflettere i visitatori è invece quello che si esprime nella complessità della relazione radicata nell’essere e che non si riduce semplicemente all’avere. Un ideale impersonato dalla Madre di Cristo, ma non solo. In realtà le icone di maternità che vengono proposte nella mostra declinano l’esser-madre sia in prospettiva mariana sia in prospettiva ecclesiale: anche la Chiesa è una madre che genera i discepoli di Cristo, ma per esistere essa deve risultare dalla comunione e dalla testimonianza di questi stessi discepoli, figli suoi. D’altra parte anche la maternità intesa in termini umani è messa a tema nella mostra: emblematica è a tal proposito la scultura bronzea di Lamagna, un’opera autobiografica che raffigura una vecchina costretta su una sedia a rotelle e che regge in mano una maschera, di fatto il volto del proprio figlio, che è lo stesso artista. Lamagna ha accudito per anni sua madre ammalata, che così è stata figlia del suo figlio. Questo valore antropologico c’è anche nelle opere degli altri artisti esposti nella mostra, se non nelle loro opere, certamente nel loro vissuto, da cui le loro opere scaturiscono. Silvana Recchioni, per esempio, negli anni ’70 ha perso tragicamente il figlio Stefano: da allora firma le sue opere con una “S.”, identificandosi col figlio morto e divenendo così, a suo modo, figlia del suo figlio. E Tesei è stato il primo artista con cui mons. Speciale ha allacciato stretti legami di amicizia. Un rapporto che è diventato negli anni di mutua “dipendenza” culturale e spirituale: un altro caso di maternità-altra, che Tesei ha saputo scolpire nella suggestiva Madonna di bronzo della cappella del Seminario.
L’intitolazione del Museo a mons. Speciale è il punto d’arrivo di un lungo cammino iniziato circa vent’anni fa. Ma dev’essere pure il punto di partenza di un cammino nuovo. Colpisce il fatto che mons. Speciale abbia a poco a poco ingrandito il Museo, estendendolo difatti in tutto il pianoterra del Seminario che lo ospita. È una lezione importante: se non si cresce, si finisce per esaurirsi, per morire. Ma non si cresce solo quantitativamente. Si deve crescere, nei prossimi anni, a cominciare da subito, anche e soprattutto qualitativamente. Ed è questa la speranza dichiarata per il Museo Diocesano nisseno dagli organizzatori della mostra.
02
luglio 2009
Figlia del suo Figlio: icone di maternità
Dal 02 al 31 luglio 2009
arte contemporanea
disegno e grafica
disegno e grafica
Location
MUSEO DIOCESANO DEL SEMINARIO
Caltanissetta, Viale Regina Margherita, 29, (Caltanissetta)
Caltanissetta, Viale Regina Margherita, 29, (Caltanissetta)
Orario di apertura
lunedi - venerdi: 9-12 e 16-19, sabato e domenica: 9-12
Vernissage
2 Luglio 2009, ore 18.30
Autore