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Filippo de Pisis – Il colore e la parola
Un’esposizione dinamica e coinvolgente che racconta l’opera e la vita dell’artista e sottolinea la sua importanza a livello internazionale
Comunicato stampa
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Luigi Filippo de Pisis è uno dei protagonisti della scena artistica italiana della prima metà del Novecento.Arti- sta di rara sensibilità, notissimo per la propria produzione pittorica, de Pisis è stato anche un uomo di lettere, autore di testi e poesie di straordinaria intensità. “Alcune mie opere non sono che una specie di canovaccio delle mie poesie”, scriveva lui stesso. Per questo in mostra, accanto ai dipinti e ai disegni dell’artista saranno esposti stralci dai suoi testi e alcune sue poesie e riflessioni scritte, parte essenziale della sua ricerca artistica. Il percorso espositivo, però, presterà un occhio di riguardo agli aspetti più umani e personali della figura di de Pisis, uomo dal pensiero moderno, folle nella sua atipicità e creatività, coltissimo e aggiornato alle culture d’avanguardia di tutta Europa. Un personaggio che ci insegna con la sua opera e con la sua biografia quanto importante sia la libertà creativa e d’espressione, con un atteggiamento contemporaneo che certo interesse- rà anche i visitatori più giovani.Tra dipinti, parole, fotografie e testi didattici che racconteranno l’opera e la vita dell’artista e sottolineeranno la sua importanza a livello internazionale, la mostra sarà dunque un’esposizione dinamica e coinvolgente, lontana dal concetto classico di antologica.
L’arte italiana del Novecento ha conosciuto maestri straordinari, dalle forti personalità. Alcuni hanno per- corso per tutta l’esistenza una strada autonoma e indipendente, talvolta difficile da inquadrare negli schemi precostituiti della storia dell’arte. Filippo de Pisis è uno di loro. Artista originale, unico nel suo linguaggio di difficile definizione, poeta eccellente e personalità complessa e fuori dal comune, de Pisis è un uomo, ancor prima che un intellettuale e un artista, tutto da riscoprire. La città di Brugherio, che lo ha ospitato nei suoi ultimi anni di vita, gli ha già reso omaggio in passato, ma oggi, al ricorrere dei centoncinquant’anni della fon- dazione del Comune e dopo vent’anni dall’ultima grande retrospettiva a lui dedicata, torna sulla sua figura, per sottolinearne il ruolo nella scena culturale italiana del Novecento ma anche per riscoprirne il carattere e l’unicità. La mostra acquisisce un senso tutto particolare e non si limita a voler ripercorrere la produzione artistica dell’artista attraverso l’esposizione di una serie di dipinti raccolti tra collezioni ed enti pubblici e pri- vati, ma intende anche e soprattutto fare luce sull’uomo de Pisis, alla scoperta di una personalità unica, diversa nel senso più moderno e complesso del termine.
“Spesso mi è venuto di dire che non amo che i quadri che non ho dipinto. Amo viceversa, lasciatemelo dire, alcune mie liriche pressoché inedite e che son sicuro troveranno un giorno il loro critico e esegeta”, così scrive Filippo de Pisis nel 1951, tornando su un tema a lui molto caro: il ruolo della scrittura nella sua vita.“Si ostinano a considerarmi un pittore (…), ma in realtà sono meglio come poeta”, confessa a Massimo Carrà e quando, nel 1953, fa la sua ultima apparizione pubblica alla sua retrospettiva alla Galleria Ghiringhelli di Milano ostenta indifferenza per i dipinti appesi alla pareti emozionandosi invece per la lettura di alcuni suoi versi gio- vanili.“Sono le migliori poesie, dopo quelle di Pascoli e di Gozzano, in lingua italiana”, pare abbia commentato, pieno di entusiasmo. Da sempre de Pisis si sente poeta più che pittore, ambisce alla fama nelle lettere ben più che a quella nelle arti visive. Eppure, strano a dirsi, nonostante gli studiosi abbiano più volte ribadito il ruolo sostanziale della parola scritta nella sua creatività, egli è ben più famoso per le sue tele, i suoi acquerelli, i suoi disegni che per le sue liriche. Questa esposizione nasce con l’intenzione di riproporre, anche nel percorso espositivo, l’intreccio indissolubile che lega i versi e i testi di Filippo de Pisis alla sua opera pittorica, in un continuo gioco di rimandi, tra la penna e il pennello, la parola e il colore, lo stesso gioco di rimandi che carat- terizzò tutta la vita di questo straordinario personaggio, complesso e indefinibile nella personalità e nello stile, nelle lettere e nella pittura. Un uomo curioso, egocentrico, inquieto, un uomo che conosceva la leggerezza e la futilità ma frequentava il dubbio e la sofferenza, costantemente in cerca di qualcosa, in cerca di una bellezza assoluta, fuori dagli schemi imposti eppure universale. Come scrive Valecchi, le sue poesie “emanano un senso di vita veramente felice, che è qualcosa di più che goduta, nelle pieghe di uno spirito amante e sensualmente delicato. Con questo, la sua singolare ed amorosa pietà per le creature e le cose è pari al nitore del modo di dirla; e non importerà aggiungere per nessuno, insomma, che la sincerità delle sue commozioni, tale e quale è nella sua pittura, è anche nei versi”. La pittura e la parola di de Pisis, insieme, compongono e raccontano la “storia di un’anima”, come la definiva de Pisis stesso, un’anima capace di vedere il bello e rappresentare la sensualità di un attimo di gioia, ma anche di riflettere sul fugace, l’effimero, il dolore.
(Estratto dal testo in catalogo di Simona Bartolena)
L’arte italiana del Novecento ha conosciuto maestri straordinari, dalle forti personalità. Alcuni hanno per- corso per tutta l’esistenza una strada autonoma e indipendente, talvolta difficile da inquadrare negli schemi precostituiti della storia dell’arte. Filippo de Pisis è uno di loro. Artista originale, unico nel suo linguaggio di difficile definizione, poeta eccellente e personalità complessa e fuori dal comune, de Pisis è un uomo, ancor prima che un intellettuale e un artista, tutto da riscoprire. La città di Brugherio, che lo ha ospitato nei suoi ultimi anni di vita, gli ha già reso omaggio in passato, ma oggi, al ricorrere dei centoncinquant’anni della fon- dazione del Comune e dopo vent’anni dall’ultima grande retrospettiva a lui dedicata, torna sulla sua figura, per sottolinearne il ruolo nella scena culturale italiana del Novecento ma anche per riscoprirne il carattere e l’unicità. La mostra acquisisce un senso tutto particolare e non si limita a voler ripercorrere la produzione artistica dell’artista attraverso l’esposizione di una serie di dipinti raccolti tra collezioni ed enti pubblici e pri- vati, ma intende anche e soprattutto fare luce sull’uomo de Pisis, alla scoperta di una personalità unica, diversa nel senso più moderno e complesso del termine.
“Spesso mi è venuto di dire che non amo che i quadri che non ho dipinto. Amo viceversa, lasciatemelo dire, alcune mie liriche pressoché inedite e che son sicuro troveranno un giorno il loro critico e esegeta”, così scrive Filippo de Pisis nel 1951, tornando su un tema a lui molto caro: il ruolo della scrittura nella sua vita.“Si ostinano a considerarmi un pittore (…), ma in realtà sono meglio come poeta”, confessa a Massimo Carrà e quando, nel 1953, fa la sua ultima apparizione pubblica alla sua retrospettiva alla Galleria Ghiringhelli di Milano ostenta indifferenza per i dipinti appesi alla pareti emozionandosi invece per la lettura di alcuni suoi versi gio- vanili.“Sono le migliori poesie, dopo quelle di Pascoli e di Gozzano, in lingua italiana”, pare abbia commentato, pieno di entusiasmo. Da sempre de Pisis si sente poeta più che pittore, ambisce alla fama nelle lettere ben più che a quella nelle arti visive. Eppure, strano a dirsi, nonostante gli studiosi abbiano più volte ribadito il ruolo sostanziale della parola scritta nella sua creatività, egli è ben più famoso per le sue tele, i suoi acquerelli, i suoi disegni che per le sue liriche. Questa esposizione nasce con l’intenzione di riproporre, anche nel percorso espositivo, l’intreccio indissolubile che lega i versi e i testi di Filippo de Pisis alla sua opera pittorica, in un continuo gioco di rimandi, tra la penna e il pennello, la parola e il colore, lo stesso gioco di rimandi che carat- terizzò tutta la vita di questo straordinario personaggio, complesso e indefinibile nella personalità e nello stile, nelle lettere e nella pittura. Un uomo curioso, egocentrico, inquieto, un uomo che conosceva la leggerezza e la futilità ma frequentava il dubbio e la sofferenza, costantemente in cerca di qualcosa, in cerca di una bellezza assoluta, fuori dagli schemi imposti eppure universale. Come scrive Valecchi, le sue poesie “emanano un senso di vita veramente felice, che è qualcosa di più che goduta, nelle pieghe di uno spirito amante e sensualmente delicato. Con questo, la sua singolare ed amorosa pietà per le creature e le cose è pari al nitore del modo di dirla; e non importerà aggiungere per nessuno, insomma, che la sincerità delle sue commozioni, tale e quale è nella sua pittura, è anche nei versi”. La pittura e la parola di de Pisis, insieme, compongono e raccontano la “storia di un’anima”, come la definiva de Pisis stesso, un’anima capace di vedere il bello e rappresentare la sensualità di un attimo di gioia, ma anche di riflettere sul fugace, l’effimero, il dolore.
(Estratto dal testo in catalogo di Simona Bartolena)
12
novembre 2016
Filippo de Pisis – Il colore e la parola
Dal 12 novembre all'undici dicembre 2016
arte contemporanea
Location
BIBLIOTECA CIVICA – PALAZZO GHIRLANDA SILVA
Brugherio, Via Italia, 27, (Milano)
Brugherio, Via Italia, 27, (Milano)
Orario di apertura
dal martedì alla domenica 15.00-19.00 la domenica anche 10.00-12.30 / giovedì 8 dicembre 15.00-19.00 lunedì chiuso
Vernissage
12 Novembre 2016, ore 17.00
Autore
Curatore