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Filoconduttore
mostra di arti visive
Comunicato stampa
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Progetto di Azzurra Cecchini e FrancescaSperanza
Artisti:
Speranza Francesca
Azzurra Cecchini
Giuseppe Maietta
Annalisa Macagnino
Loredana Cascione
Marzia Quarta
Testo Critico: Tommaso Ariemma
Contributi tecnici
Gilvia Rollo_sound
Dario Rizzello_luci
Non bisogna perdere il filo
A volte, quando più artisti si mettono insieme, è difficile trovare il filo conduttore. Soprattutto quando le loro opere sono così diverse per stili, tecniche, materiali utilizzati.
In questo caso, il filo conduttore non bisogna affatto trovarlo.
L’intervento artistico filoconduttore ci indica piuttosto che la questione è un’altra.
Il filo, piuttosto che trovarlo, non bisogna perderlo.
Perché tutto, invece, sembra invitarci a farlo. A perdere il filo delle cose.
L’ultima evoluzione della tecnologia è il wireless, il senza fili.
Molta parte del nostro tempo oggi si svolge sul Web, parola che in inglese, più che per rete, sta per ragnatela, quella del ragno.
Questo insetto familiare siamo abituati a pensarlo tessitore, ma non potremmo sbagliarci di più. Come ha scritto la poetessa Patrizia Cavalli, il ragno non tesse, incolla.
Copiare e incollare, del resto, sono i gesti più comuni degli utenti connessi in rete.
Nessuna tessitura, nessun filo, nessun vero legame.
La nostra società odia i fili, quello che possono fare. Ci fa perdere il filo – dei discorsi, degli eventi. Siamo sempre più incapaci di ricordare.
Su questa scena gli artisti di filoconduttore esercitano il loro dissenso evidenziando fili, proponendo fili. Un posto suggestivo, come quello della secolare Porta Mesagne di Brindisi, accoglie le loro opere.
Loredana Cascione espone con la sua bambola, Maia, il tema della fecondità e della nascita. Il riferimento implicito è al mondo antico, e in special modo al mondo greco, perché Maia è una ninfa simbolo della fertilità, e tale mondo è anche quell’universo culturale che lega la vita al filo e alla tessitura del destino.
Ma il filo non è unico, bensì molteplice. Vivere, infatti, è anche rendersi conto di vivere, intrecciare delle relazioni. Senza il filo della memoria, la nostra vita non avrebbe consistenza e non potrebbe nemmeno avere il senso dell’avvenire.
Francesca Speranza aggiunge dei singolari ricami alle sue foto, come a voler sottolineare che le foto non bastano da sole a ricodare. Senza quel lavorio dell’anima intorno alle foto, esse non avrebbero senso.
Con l’anima ricamiamo, con il cuore, che è filo anch’esso. Proprio ciò sembra sottolineare l’opera di Annalisa Maccagnino. L’etimo latino della parola “cuore” (cor, cordis) ci rimanda alla corda, al ricordo, al filo. E come un filo, un cuore è davvero tale perché può essere spezzato. Come un filo vibra, produce risonanze, fili ancora una volta.
Come quelli dell’energia, che legano individuo e ambiente, rappresentati nei disegni di Azzurra Cecchini, ed esplicitamente indicanti l’elettricità. Brindisina di origine, si rivolge così anche all’attività dominante della sua città, sottolineando un altro legame, un altro filo.
E ancora fili, che dall’elettricità dei cavi, attraverso gli accattivanti oggetti di design di Giuseppe Maietta, si trasformano nelle elaborazioni sonore di Gilvia Rollo. Fili che diventano altri fili. E magari anche cose che fili non lo sono mai state.
Come i fili di tappi di Marzia Quarta, ormai divenuti dei veri e propri “controtappi”, perché il tappo apre e chiude, ma non collega mai. È fatto per isolare e non per intrecciare.
Ormai dovrebbe essero chiaro, una volta per tutte: il filoconduttore non potete, non dovete cercarlo. Si tratta sempre, piuttosto, e per più ragioni a questo punto, di non perderlo.
Tommaso Ariemma
Artisti:
Speranza Francesca
Azzurra Cecchini
Giuseppe Maietta
Annalisa Macagnino
Loredana Cascione
Marzia Quarta
Testo Critico: Tommaso Ariemma
Contributi tecnici
Gilvia Rollo_sound
Dario Rizzello_luci
Non bisogna perdere il filo
A volte, quando più artisti si mettono insieme, è difficile trovare il filo conduttore. Soprattutto quando le loro opere sono così diverse per stili, tecniche, materiali utilizzati.
In questo caso, il filo conduttore non bisogna affatto trovarlo.
L’intervento artistico filoconduttore ci indica piuttosto che la questione è un’altra.
Il filo, piuttosto che trovarlo, non bisogna perderlo.
Perché tutto, invece, sembra invitarci a farlo. A perdere il filo delle cose.
L’ultima evoluzione della tecnologia è il wireless, il senza fili.
Molta parte del nostro tempo oggi si svolge sul Web, parola che in inglese, più che per rete, sta per ragnatela, quella del ragno.
Questo insetto familiare siamo abituati a pensarlo tessitore, ma non potremmo sbagliarci di più. Come ha scritto la poetessa Patrizia Cavalli, il ragno non tesse, incolla.
Copiare e incollare, del resto, sono i gesti più comuni degli utenti connessi in rete.
Nessuna tessitura, nessun filo, nessun vero legame.
La nostra società odia i fili, quello che possono fare. Ci fa perdere il filo – dei discorsi, degli eventi. Siamo sempre più incapaci di ricordare.
Su questa scena gli artisti di filoconduttore esercitano il loro dissenso evidenziando fili, proponendo fili. Un posto suggestivo, come quello della secolare Porta Mesagne di Brindisi, accoglie le loro opere.
Loredana Cascione espone con la sua bambola, Maia, il tema della fecondità e della nascita. Il riferimento implicito è al mondo antico, e in special modo al mondo greco, perché Maia è una ninfa simbolo della fertilità, e tale mondo è anche quell’universo culturale che lega la vita al filo e alla tessitura del destino.
Ma il filo non è unico, bensì molteplice. Vivere, infatti, è anche rendersi conto di vivere, intrecciare delle relazioni. Senza il filo della memoria, la nostra vita non avrebbe consistenza e non potrebbe nemmeno avere il senso dell’avvenire.
Francesca Speranza aggiunge dei singolari ricami alle sue foto, come a voler sottolineare che le foto non bastano da sole a ricodare. Senza quel lavorio dell’anima intorno alle foto, esse non avrebbero senso.
Con l’anima ricamiamo, con il cuore, che è filo anch’esso. Proprio ciò sembra sottolineare l’opera di Annalisa Maccagnino. L’etimo latino della parola “cuore” (cor, cordis) ci rimanda alla corda, al ricordo, al filo. E come un filo, un cuore è davvero tale perché può essere spezzato. Come un filo vibra, produce risonanze, fili ancora una volta.
Come quelli dell’energia, che legano individuo e ambiente, rappresentati nei disegni di Azzurra Cecchini, ed esplicitamente indicanti l’elettricità. Brindisina di origine, si rivolge così anche all’attività dominante della sua città, sottolineando un altro legame, un altro filo.
E ancora fili, che dall’elettricità dei cavi, attraverso gli accattivanti oggetti di design di Giuseppe Maietta, si trasformano nelle elaborazioni sonore di Gilvia Rollo. Fili che diventano altri fili. E magari anche cose che fili non lo sono mai state.
Come i fili di tappi di Marzia Quarta, ormai divenuti dei veri e propri “controtappi”, perché il tappo apre e chiude, ma non collega mai. È fatto per isolare e non per intrecciare.
Ormai dovrebbe essero chiaro, una volta per tutte: il filoconduttore non potete, non dovete cercarlo. Si tratta sempre, piuttosto, e per più ragioni a questo punto, di non perderlo.
Tommaso Ariemma
21
dicembre 2010
Filoconduttore
Dal 21 dicembre 2010 all'otto gennaio 2011
arte contemporanea
Location
PORTA NAPOLI
Brindisi, Via Bastioni San Giorgio, (Brindisi)
Brindisi, Via Bastioni San Giorgio, (Brindisi)
Orario di apertura
ore 17.00/21.00
Vernissage
21 Dicembre 2010, ore 20
Autore