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Fiorella Ilario – Mademoiselle Babà
Mademoiselle Babà è il titolo di una performance multisensoriale -progettata da Fiorella Ilario- che vede in mostra un abito realizzato con inserti di veri biscotti -come ironica rilettura dello stereotipo femminile della sweet lady
Comunicato stampa
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Mademoiselle Babà è il titolo di una performance multisensoriale -progettata da Fiorella Ilario- che vede in mostra un abito realizzato con inserti di veri biscotti -come ironica rilettura dello stereotipo femminile della sweet lady; emanazione di una soggiogante "Mistica della femminilità", L'abito, in mostra su un manichino di ferro, è stato indossato e fotografato su donne comuni. Presentazione sabato 30 aprile ore 21. Interverranno Grazia Beverini -presidente del Lyceum e Sergio Givone.
Comunicato stampa
Mademoiselle Babà (ovvero: l’abito è servito!)
" Mademoiselle Babà tornò; portava su un grande vassoio le tazze, la caffettiera, il bricco del latte, il barattolo del miele, le fette di pane imburrate, i biscotti e la torta di mirtilli..."
(G.Apollinaire, Il poeta assassinato.)
Un abito visionario e metafisico, in mostra al Lyceum, per una performance plurisensoriale -progettata da Fiorella Ilario- come ironica rilettura di alcuni tra i più radicati stereotipi femminili. Un vestito (confezionato con inserti di veri biscotti commestibili) come metafora della immagine della sweet lady -retaggio di secoli di condizionamenti culturali -ricreata e con forza persuasiva di nuovo imposta, da quella “Mistica della femminilità” (indagata per prima negli anni cinquanta, da Betty Friedan: The Feminine Mystique) che attraverso riviste, programmi televisivi e pubblicità -ne ha per decenni divulgato iconografie e disvalori. E dai cui condizionamenti -analizzati dai gender studies e dalle ricognizioni sociologiche, psicologiche ed economiche sull’universo femminile- appaiono oggi, deteriori ed inquietanti mutazioni.
Come una malintesa e distorta antropologia della somiglianza, che appiattisce e deforma la percezione esistenziale ed individuale di moltissime donne e silenziosamente contamina la realtà contemporanea -in primis nei mezzi di
comunicazione di massa. L’abito -esposto su un rudimentale manichino di ferro, è stato realmente indossato e fotografato su donne comuni. La deperibilità e la fragilità dei materiali alimentari, diventa una metafora nella metafora. Ciò che, da una funzione positiva e compiuta di nutrimento, muta e si altera. La forma e l’odore che gli sono peculiari, rimandano ad un “tempo dell’infanzia” ma anche a quello della maternità, della cura familiare, della sopravvivenza stessa. La foggia del vestito originale, rievoca epoche passate, rammenta personaggi ed eroine della letteratura e dell’arte, in un gioco di anacronistici rimandi e taciute latenze.
Louise Bourgeois affermava che:“ Vestirsi è anche un esercizio della memoria. I vestiti sono segnali stradali, nella ricerca del passato.” Dunque la ricerca del passato, seppure controverso ed arduo, di quel“secondo sesso”, per cui Simone de Beauvoire scrisse: “Le parole che ci commuovono: dare, conquistarsi, unirsi.” E che appare adesso sempre più chiuso in egoismi, autoreferenzialità, solitudini. Sempre più smarrito, svestito, denudato, privo di parole.
Comunicato stampa
Mademoiselle Babà (ovvero: l’abito è servito!)
" Mademoiselle Babà tornò; portava su un grande vassoio le tazze, la caffettiera, il bricco del latte, il barattolo del miele, le fette di pane imburrate, i biscotti e la torta di mirtilli..."
(G.Apollinaire, Il poeta assassinato.)
Un abito visionario e metafisico, in mostra al Lyceum, per una performance plurisensoriale -progettata da Fiorella Ilario- come ironica rilettura di alcuni tra i più radicati stereotipi femminili. Un vestito (confezionato con inserti di veri biscotti commestibili) come metafora della immagine della sweet lady -retaggio di secoli di condizionamenti culturali -ricreata e con forza persuasiva di nuovo imposta, da quella “Mistica della femminilità” (indagata per prima negli anni cinquanta, da Betty Friedan: The Feminine Mystique) che attraverso riviste, programmi televisivi e pubblicità -ne ha per decenni divulgato iconografie e disvalori. E dai cui condizionamenti -analizzati dai gender studies e dalle ricognizioni sociologiche, psicologiche ed economiche sull’universo femminile- appaiono oggi, deteriori ed inquietanti mutazioni.
Come una malintesa e distorta antropologia della somiglianza, che appiattisce e deforma la percezione esistenziale ed individuale di moltissime donne e silenziosamente contamina la realtà contemporanea -in primis nei mezzi di
comunicazione di massa. L’abito -esposto su un rudimentale manichino di ferro, è stato realmente indossato e fotografato su donne comuni. La deperibilità e la fragilità dei materiali alimentari, diventa una metafora nella metafora. Ciò che, da una funzione positiva e compiuta di nutrimento, muta e si altera. La forma e l’odore che gli sono peculiari, rimandano ad un “tempo dell’infanzia” ma anche a quello della maternità, della cura familiare, della sopravvivenza stessa. La foggia del vestito originale, rievoca epoche passate, rammenta personaggi ed eroine della letteratura e dell’arte, in un gioco di anacronistici rimandi e taciute latenze.
Louise Bourgeois affermava che:“ Vestirsi è anche un esercizio della memoria. I vestiti sono segnali stradali, nella ricerca del passato.” Dunque la ricerca del passato, seppure controverso ed arduo, di quel“secondo sesso”, per cui Simone de Beauvoire scrisse: “Le parole che ci commuovono: dare, conquistarsi, unirsi.” E che appare adesso sempre più chiuso in egoismi, autoreferenzialità, solitudini. Sempre più smarrito, svestito, denudato, privo di parole.
30
aprile 2011
Fiorella Ilario – Mademoiselle Babà
Dal 30 aprile al 30 maggio 2011
arte contemporanea
performance - happening
performance - happening
Location
LYCEUM
Firenze, Via Degli Alfani, 48, (Firenze)
Firenze, Via Degli Alfani, 48, (Firenze)
Vernissage
30 Aprile 2011, ore 21
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