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FIORI/Fiori
una serie di opere realizzate ad hoc tra cui tre installazioni. In una di queste installazioni sono presenti interventi ‘a due mani’ di 16 artisti
Comunicato stampa
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In concomitanza con l’inizio della primavera e la festa della notte bianca di sabato 25 marzo Quintocortile propone la mostra a tema dal titolo FIORI/Fiori che vede una serie di opere realizzate ad hoc tra cui tre installazioni. In una di queste installazioni sono presenti interventi ‘a due mani’ di 16 artisti.
FIORI/Fiori sono storie di primavera, di colori, di risvegli dal letargo invernale. … Ma sono anche le storie di fiori mostruosi contaminati e mutanti, di quel fiore/aquilone che si innalza interrogante tra Scilla e Cariddi, della coabitazione quieta e indifferente, su un tappetino di legno ricamato, di fiorellini soavi e di fioraschi truci.
____________________
Nascosti nella storia dell’arte un po’ dappertutto, nei capitelli corinzi, gotici, nei fregi, vasellami, prìncipi delle nature morte di fiamminga memoria e, nel palazzo di Cnosso, nelle mani del Principe col giglio, i fiori potrebbero viaggiare su una tappeto volante, essere schiacciati da un turbinio di venti oceanici, imprigionati da gole strette in curvature di monti a strapiombo sul mare e impavidamente superare tutti gli ostacoli per imporre onnipotentemente la propria, magari malaticcia, progenie a ogni sguardo frammentato da semafori rossi.
Chiudere la porta per non udire frastuoni di spopolamenti di scorie azotate che attraversano frontiere inesistenti passando da finestre chiuse per introdursi nei terreni incolti lasciati al sole senza acqua da bere. I fiori, i dolci fiori, chiedono e comandano il loro fabbisogno alimentare tentando di mangiare concimi agli hamburger farciti con salsa rosa pepata che, come a tutti, bloccano digestione e metabolismo. Si trovano ai grandi magazzini in bella mostra accanto alla carne e ai biscotti affettati, presenza viva quasi provocante perché, a differenza degli altri prodotti che giacciono inanimati sugli scaffali solo per essere consumati e distrutti, loro, vero corpo estraneo nei supermercati, ogni giorno crescono e sviluppano nuovi campi di dominio. Belli, carini, indistintamente perfetti nella loro bellezza vegetale, i fiori diventano i gialli girasoli di Van Gogh o i fiori delicatamente rossi di Eduard Manet. Nel 1857 diventano I fiori del male di Charles Baudelaire. E…
Il tema della mostra è solo apparentemente capriccioso. I fiori delle città sono ingabbiati in aiuole con evidenti pubblicità sponsorizzate, nel piccolo lenzuolo di prato diligentemente piantumato, con pannello rettangolare bianco che cerca di coprire, vista l’altezza e la grandezza, la loro bellezza appaiono tristi, furiosi e allineati secondo una volontà che non è la loro. Andy Wharhol nella sua serie ‘Flowers’,1966, ha con una radicale visionarietà fatto del fiore un motivo universale. La forma stereotipata di quattro fiori diversamente colorati e di varia dimensione sullo sfondo d’erba di una superficie quadrata è ossessivamente duplicata fino a modificare la percezione dello spazio e ad alterare ogni qualsivoglia significato naturalistico.
Gli artisti invitati esprimono con le loro opere una privazione contaminante che si è dilagata in tutti gli ambienti e cercano di riproporre una soggettività del fiore che è andata via via scomparendo. Abbiamo imparato a gustare e a provare piacere anche per la sola vista di un fiore finto ma ben colorato, magari inalandone il profumo di vernice. Provocazione, gioco o decomposizione della realtà ?
Digitalis Purpurea, fiore a fiori pendenti disposti su un solo lato del grappolo, le foglie culinarie alterne, le superiori sessili un po’ inguainanti. Con il suo fascino attrae ogni sottile sguardo, ma il destino di chi la dovesse ingerire potrebbe essere narrato in una pellicola assassina di Alfred Hitchcock. Perché è velenosissima. Forse è la novella Arcangela Vendicatrice per chi mangia i tageti in insalata, o i fiori di tarassaco, o le margheritine. E sicuramente si bacerebbe volentieri tutti gli sponsor dei fiori cittadini.
Paul Klee, 1920-30 Notte di luna, opera completamente di verde vestita. Chiaroscuri che regalano una profondità lunare dove protagonisti sono due maestosi fiori in primo piano. Pare che stiano uscendo per un ballo di mezzanotte, il vestito ampio di schiffon dalle ondulature vaporose, mentre attendono la carrozza nera con i cavalli bianchi che li porterà a volare con il vento.
Michele Cannaò, olio su tela. Fiore sullo stretto. Il cielo è un blu intenso in continuo movimento, forse una bufera spinge un vascello d’altri tempi. La bellissima e maestosa nave con curvature e colori accesi, gialli, blu, bianchi, s’intravede virare nello stretto. Non si vedono uomini o marinai, l’unico elemento esile ma forte è un fiore/aquilone attaccato alla prua con un leggero filo. L’impeto delle forze della natura che tramano reti d’imbrigliamento si ammorbidisce nella visione di questo sensibile e vittorioso, quanto fragile, sigillo di pace.
Carla Crosio, sono tre fiori alti 1.80 m. con aperture alari metalliche, vorrebbero essere nati nei paesi tropicali, dove ogni fiore si presenta come un albero maestoso. La contemporaneità li annovera come fiori di una nuova specie, nati da un erbaccia qualunque, fortificati dai diserbanti e capaci di osservare e giudicare, anche di notte, con raggi laser nascosti nell’apertura dei petali. Difensori naturali o accusatori?
Mavi Ferrando presenta piccole opere eseguite a quattro mani con altri 16 artisti collocate su un tappeto di legno (queste opere sono una parte delle 90 realizzate per l’installazione ‘Fiori’ del 2003) che sembra un protagonista delle favole de Le mille e una notte. Senti il calore della sabbia, l’irruenza delle morbide dune e il cielo blu cobalto che si perde negli occhi digitati di scuro. Porta magnificenze e regali al mondo, con le sue frange che sembrano fuoco, capace di lunghi tragitti intercontinentali, in grado di relazionarsi al mondo nella bellezza del movimento e con il profumo dei fiori condivisi.
Caterina Morelli, La maman e la putain. 100cmx100cm, olio, filo e vernice su tela. All’apparenza è uno scorcio di letto a due piazze, una coperta di prato verde grigio decorata con fili d’erba e fiori. Lo spettatore è proiettato in un angolo di visuale dove domina la geometria del materasso a molle composto dalla morbida e vecchia lana e si sente catapultato e visitatore inatteso di una scena in una stanza da letto, privata, dove qualcuno si è appena alzato o deve arrivare. E’ un sapore di antico, di un filo che trapassa la tela con una freddezza contemporanea.
Roberto Origgi, colori che raccontano storie di mondi straripanti di morbidezze vegetali, di prati inondati dal sole e colorati dai fiori. Gli elementi raffigurati sono fantastici e fiabeschi e gli esseri umani potrebbero forse annidarsi nel calice di un fiore o nei grani di un melograno succoso. Le piante sono alte, complesse, con tronchi di luce fatti arrivare apposta da una foresta tropicale. Evidente è la compresenza di una visione lontana che combacia e si sovrappone con la restituzione del particolare. Sono mondi paralleli unificati dall’armonia e dal sogno.
Tina Parotti, tele 20cmx20cm tutte rigorosamente in fila o sovrapposte fino a formare un grande erbario fantastico. Sembrano compagni di scuola, con grembiule nero e fiocco colorato, rosso, giallo, arancione, in posa per la foto-ricordo della classe. Belli, giovani e promettenti hanno le foglie appena accennate quasi fossero piccole ali in fieri e tanta voglia sfacciata di irrompere nella monotonia di una vita ingabbiata. Il futuro sicuramente gli appartiene.
Sergio Sansevrino, olio e carboncino su tela di iuta manoscritto. Tra l’inverno e la primavera si materializzano tanti cavalli gialli e fiori rossi di Cina. Petali di fiori scomposti viaggiano in atmosfere cupe in cerca di luci solari racchiuse in scatole scomposte.
Stefano Sevegnani, installazione costituita da un insieme di pellicole colorate applicate su una grande finestra. Trasparenze di veli plastificati, traiettorie di colori che attraversano la luce richiamando simboli elusivi di fiori impossibili da calpestare.
Paola Venezia, è un tavolo bianco ingessato dal quale inaspettatamente esce un ramo con quattro fiori bianchi, anch’essi ingessati. Tutto sembra immobile con quella patina lucida/opaca che ha coperto anche la polvere che giaceva sul tavolo. Artisti di strada, immobili, ricoperti di un solo colore magmatico che si muovono solo se qualcuno s’avvicina. Una vita artificiosamente trattenuta dal colore. Fermare il tempo, fermare il movimento. Ripartire dal bianco per riscrivere la storia.
a cura di Donatella Airoldi
FIORI/Fiori sono storie di primavera, di colori, di risvegli dal letargo invernale. … Ma sono anche le storie di fiori mostruosi contaminati e mutanti, di quel fiore/aquilone che si innalza interrogante tra Scilla e Cariddi, della coabitazione quieta e indifferente, su un tappetino di legno ricamato, di fiorellini soavi e di fioraschi truci.
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Nascosti nella storia dell’arte un po’ dappertutto, nei capitelli corinzi, gotici, nei fregi, vasellami, prìncipi delle nature morte di fiamminga memoria e, nel palazzo di Cnosso, nelle mani del Principe col giglio, i fiori potrebbero viaggiare su una tappeto volante, essere schiacciati da un turbinio di venti oceanici, imprigionati da gole strette in curvature di monti a strapiombo sul mare e impavidamente superare tutti gli ostacoli per imporre onnipotentemente la propria, magari malaticcia, progenie a ogni sguardo frammentato da semafori rossi.
Chiudere la porta per non udire frastuoni di spopolamenti di scorie azotate che attraversano frontiere inesistenti passando da finestre chiuse per introdursi nei terreni incolti lasciati al sole senza acqua da bere. I fiori, i dolci fiori, chiedono e comandano il loro fabbisogno alimentare tentando di mangiare concimi agli hamburger farciti con salsa rosa pepata che, come a tutti, bloccano digestione e metabolismo. Si trovano ai grandi magazzini in bella mostra accanto alla carne e ai biscotti affettati, presenza viva quasi provocante perché, a differenza degli altri prodotti che giacciono inanimati sugli scaffali solo per essere consumati e distrutti, loro, vero corpo estraneo nei supermercati, ogni giorno crescono e sviluppano nuovi campi di dominio. Belli, carini, indistintamente perfetti nella loro bellezza vegetale, i fiori diventano i gialli girasoli di Van Gogh o i fiori delicatamente rossi di Eduard Manet. Nel 1857 diventano I fiori del male di Charles Baudelaire. E…
Il tema della mostra è solo apparentemente capriccioso. I fiori delle città sono ingabbiati in aiuole con evidenti pubblicità sponsorizzate, nel piccolo lenzuolo di prato diligentemente piantumato, con pannello rettangolare bianco che cerca di coprire, vista l’altezza e la grandezza, la loro bellezza appaiono tristi, furiosi e allineati secondo una volontà che non è la loro. Andy Wharhol nella sua serie ‘Flowers’,1966, ha con una radicale visionarietà fatto del fiore un motivo universale. La forma stereotipata di quattro fiori diversamente colorati e di varia dimensione sullo sfondo d’erba di una superficie quadrata è ossessivamente duplicata fino a modificare la percezione dello spazio e ad alterare ogni qualsivoglia significato naturalistico.
Gli artisti invitati esprimono con le loro opere una privazione contaminante che si è dilagata in tutti gli ambienti e cercano di riproporre una soggettività del fiore che è andata via via scomparendo. Abbiamo imparato a gustare e a provare piacere anche per la sola vista di un fiore finto ma ben colorato, magari inalandone il profumo di vernice. Provocazione, gioco o decomposizione della realtà ?
Digitalis Purpurea, fiore a fiori pendenti disposti su un solo lato del grappolo, le foglie culinarie alterne, le superiori sessili un po’ inguainanti. Con il suo fascino attrae ogni sottile sguardo, ma il destino di chi la dovesse ingerire potrebbe essere narrato in una pellicola assassina di Alfred Hitchcock. Perché è velenosissima. Forse è la novella Arcangela Vendicatrice per chi mangia i tageti in insalata, o i fiori di tarassaco, o le margheritine. E sicuramente si bacerebbe volentieri tutti gli sponsor dei fiori cittadini.
Paul Klee, 1920-30 Notte di luna, opera completamente di verde vestita. Chiaroscuri che regalano una profondità lunare dove protagonisti sono due maestosi fiori in primo piano. Pare che stiano uscendo per un ballo di mezzanotte, il vestito ampio di schiffon dalle ondulature vaporose, mentre attendono la carrozza nera con i cavalli bianchi che li porterà a volare con il vento.
Michele Cannaò, olio su tela. Fiore sullo stretto. Il cielo è un blu intenso in continuo movimento, forse una bufera spinge un vascello d’altri tempi. La bellissima e maestosa nave con curvature e colori accesi, gialli, blu, bianchi, s’intravede virare nello stretto. Non si vedono uomini o marinai, l’unico elemento esile ma forte è un fiore/aquilone attaccato alla prua con un leggero filo. L’impeto delle forze della natura che tramano reti d’imbrigliamento si ammorbidisce nella visione di questo sensibile e vittorioso, quanto fragile, sigillo di pace.
Carla Crosio, sono tre fiori alti 1.80 m. con aperture alari metalliche, vorrebbero essere nati nei paesi tropicali, dove ogni fiore si presenta come un albero maestoso. La contemporaneità li annovera come fiori di una nuova specie, nati da un erbaccia qualunque, fortificati dai diserbanti e capaci di osservare e giudicare, anche di notte, con raggi laser nascosti nell’apertura dei petali. Difensori naturali o accusatori?
Mavi Ferrando presenta piccole opere eseguite a quattro mani con altri 16 artisti collocate su un tappeto di legno (queste opere sono una parte delle 90 realizzate per l’installazione ‘Fiori’ del 2003) che sembra un protagonista delle favole de Le mille e una notte. Senti il calore della sabbia, l’irruenza delle morbide dune e il cielo blu cobalto che si perde negli occhi digitati di scuro. Porta magnificenze e regali al mondo, con le sue frange che sembrano fuoco, capace di lunghi tragitti intercontinentali, in grado di relazionarsi al mondo nella bellezza del movimento e con il profumo dei fiori condivisi.
Caterina Morelli, La maman e la putain. 100cmx100cm, olio, filo e vernice su tela. All’apparenza è uno scorcio di letto a due piazze, una coperta di prato verde grigio decorata con fili d’erba e fiori. Lo spettatore è proiettato in un angolo di visuale dove domina la geometria del materasso a molle composto dalla morbida e vecchia lana e si sente catapultato e visitatore inatteso di una scena in una stanza da letto, privata, dove qualcuno si è appena alzato o deve arrivare. E’ un sapore di antico, di un filo che trapassa la tela con una freddezza contemporanea.
Roberto Origgi, colori che raccontano storie di mondi straripanti di morbidezze vegetali, di prati inondati dal sole e colorati dai fiori. Gli elementi raffigurati sono fantastici e fiabeschi e gli esseri umani potrebbero forse annidarsi nel calice di un fiore o nei grani di un melograno succoso. Le piante sono alte, complesse, con tronchi di luce fatti arrivare apposta da una foresta tropicale. Evidente è la compresenza di una visione lontana che combacia e si sovrappone con la restituzione del particolare. Sono mondi paralleli unificati dall’armonia e dal sogno.
Tina Parotti, tele 20cmx20cm tutte rigorosamente in fila o sovrapposte fino a formare un grande erbario fantastico. Sembrano compagni di scuola, con grembiule nero e fiocco colorato, rosso, giallo, arancione, in posa per la foto-ricordo della classe. Belli, giovani e promettenti hanno le foglie appena accennate quasi fossero piccole ali in fieri e tanta voglia sfacciata di irrompere nella monotonia di una vita ingabbiata. Il futuro sicuramente gli appartiene.
Sergio Sansevrino, olio e carboncino su tela di iuta manoscritto. Tra l’inverno e la primavera si materializzano tanti cavalli gialli e fiori rossi di Cina. Petali di fiori scomposti viaggiano in atmosfere cupe in cerca di luci solari racchiuse in scatole scomposte.
Stefano Sevegnani, installazione costituita da un insieme di pellicole colorate applicate su una grande finestra. Trasparenze di veli plastificati, traiettorie di colori che attraversano la luce richiamando simboli elusivi di fiori impossibili da calpestare.
Paola Venezia, è un tavolo bianco ingessato dal quale inaspettatamente esce un ramo con quattro fiori bianchi, anch’essi ingessati. Tutto sembra immobile con quella patina lucida/opaca che ha coperto anche la polvere che giaceva sul tavolo. Artisti di strada, immobili, ricoperti di un solo colore magmatico che si muovono solo se qualcuno s’avvicina. Una vita artificiosamente trattenuta dal colore. Fermare il tempo, fermare il movimento. Ripartire dal bianco per riscrivere la storia.
a cura di Donatella Airoldi
21
marzo 2006
FIORI/Fiori
Dal 21 al 30 marzo 2006
arte contemporanea
Location
QUINTOCORTILE
Milano, Viale Bligny, 42, (Milano)
Milano, Viale Bligny, 42, (Milano)
Orario di apertura
da lunedì a venerdì 17,30-19,30
sabato 25 marzo dalle 16,30 alle 20,00
Vernissage
21 Marzo 2006, ore 18
Autore
Curatore