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Flaminia Mantegazza – Amigdala
L’allestimento pensato come installazione è il luogo privato della mente della Mantegazza, che elabora e concretizza pensieri ed emozioni filtrati dall’occhio dell’osservatore, protagonista e partecipe attivo di quest’amigdala universale.
Comunicato stampa
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AMIGDALA
Il lavoro di Flaminia Mantegazza si inserisce come anello di congiunzione tra le due culture, quella scientifica e quella artistica, rielaborando espressioni intime in relazione con l’apparato storico e sociale proprio del nostro secolo. Lo spazio espositivo perde le sue connaturate funzioni, presentandosi come la narrazione scientifica di un percorso cognitivo. È l’amigdala dell’artista nella quale si sviluppa il percorso, un allestimento sinaptico di un procedimento mentale, quello delle emozioni.
L’amigdala è la zona della corteccia celebrale che elabora e gestisce le nostre impressioni traducendole in ira, paura, sconforto, gioia, amore ed entusiasmo scandendo la nostra esistenza in un rapido susseguirsi di suggestioni e turbamenti, in un circolo vizioso di ricordi e virtuosismi, inquietudini e melanconie.
In stretto rapporto con l’esterno, le emozioni non nascono unicamente come risposta ad un evento che stiamo vivendo, ma anche come reazione ad un ricordo emotivamente significante. Sono i segnali in entrata, provenienti dagli organi di senso, a consentire all’amigdala di analizzare ogni esperienza, in continua relazione tra l’interno e l’esterno, tra l’io e l’altro. La memoria fornisce il fondamento della nostra comprensione del mondo e del nostro senso di identità personale: sono l’apprendimento e l’anamnesi che definiscono l’uomo nella sua interezza.
L’allestimento pensato come installazione è il luogo privato della mente della Mantegazza, che elabora e concretizza pensieri ed emozioni filtrati dall’occhio dell’osservatore, protagonista e partecipe attivo di quest’amigdala universale.
Lo spazio diviene etereo, alienato dal tempo dove l’io diviene individuo, il singolo si risolve nel molteplice e il pensiero diviene collettività. Come un meccanismo cellulare, l’artista convoglia gli elementi della propria sensibilità che si risolvono in richiami topografici.
Frammenti di continenti surreali che si completano nella loro unità dando forma alle mappe delle emozioni. Un riflesso ben delineato della condizione umana, sociale e politica nella quale l’individuo contemporaneo è costretto a rapportarsi mosso dalla paura e dall’odio, persuaso nel sentirsi profanato e sospinto a profanare. Sono la violenza urbana e il pregiudizio i temi su cui la Mantegazza riflette, nel suo essere cosmopolita, ponendo l’accento sull’orrore delle migrazioni, ad oggi sinonimo di morte, e delle barriere issate dall’uomo per proteggersi dall’ignoto.
Nella sperimentazione dei materiali, la carta stampata diviene protagonista poiché riflesso dell’animo umano: seppur fragile, custodisce la memoria di eventi passati ma non per questo finiti, dove le parole si trasformano consentendone nuove letture. Così come l’immagine sulla nostra retina delinea figure e confini, inizialmente decostruita in segnali elettrici che descrivono le linee e i contorni, così ciascuno di noi è in grado di creare un’immagine completa e significativa del mondo esterno che differenziandosi per influenze ed impressioni può essere simile all’immagine vista da altri, come una memoria storica di sentimenti condivisi.
Il lavoro di Flaminia Mantegazza si inserisce come anello di congiunzione tra le due culture, quella scientifica e quella artistica, rielaborando espressioni intime in relazione con l’apparato storico e sociale proprio del nostro secolo. Lo spazio espositivo perde le sue connaturate funzioni, presentandosi come la narrazione scientifica di un percorso cognitivo. È l’amigdala dell’artista nella quale si sviluppa il percorso, un allestimento sinaptico di un procedimento mentale, quello delle emozioni.
L’amigdala è la zona della corteccia celebrale che elabora e gestisce le nostre impressioni traducendole in ira, paura, sconforto, gioia, amore ed entusiasmo scandendo la nostra esistenza in un rapido susseguirsi di suggestioni e turbamenti, in un circolo vizioso di ricordi e virtuosismi, inquietudini e melanconie.
In stretto rapporto con l’esterno, le emozioni non nascono unicamente come risposta ad un evento che stiamo vivendo, ma anche come reazione ad un ricordo emotivamente significante. Sono i segnali in entrata, provenienti dagli organi di senso, a consentire all’amigdala di analizzare ogni esperienza, in continua relazione tra l’interno e l’esterno, tra l’io e l’altro. La memoria fornisce il fondamento della nostra comprensione del mondo e del nostro senso di identità personale: sono l’apprendimento e l’anamnesi che definiscono l’uomo nella sua interezza.
L’allestimento pensato come installazione è il luogo privato della mente della Mantegazza, che elabora e concretizza pensieri ed emozioni filtrati dall’occhio dell’osservatore, protagonista e partecipe attivo di quest’amigdala universale.
Lo spazio diviene etereo, alienato dal tempo dove l’io diviene individuo, il singolo si risolve nel molteplice e il pensiero diviene collettività. Come un meccanismo cellulare, l’artista convoglia gli elementi della propria sensibilità che si risolvono in richiami topografici.
Frammenti di continenti surreali che si completano nella loro unità dando forma alle mappe delle emozioni. Un riflesso ben delineato della condizione umana, sociale e politica nella quale l’individuo contemporaneo è costretto a rapportarsi mosso dalla paura e dall’odio, persuaso nel sentirsi profanato e sospinto a profanare. Sono la violenza urbana e il pregiudizio i temi su cui la Mantegazza riflette, nel suo essere cosmopolita, ponendo l’accento sull’orrore delle migrazioni, ad oggi sinonimo di morte, e delle barriere issate dall’uomo per proteggersi dall’ignoto.
Nella sperimentazione dei materiali, la carta stampata diviene protagonista poiché riflesso dell’animo umano: seppur fragile, custodisce la memoria di eventi passati ma non per questo finiti, dove le parole si trasformano consentendone nuove letture. Così come l’immagine sulla nostra retina delinea figure e confini, inizialmente decostruita in segnali elettrici che descrivono le linee e i contorni, così ciascuno di noi è in grado di creare un’immagine completa e significativa del mondo esterno che differenziandosi per influenze ed impressioni può essere simile all’immagine vista da altri, come una memoria storica di sentimenti condivisi.
12
dicembre 2017
Flaminia Mantegazza – Amigdala
Dal 12 dicembre 2017 al 27 gennaio 2018
arte contemporanea
Location
TIBALDI ARTE CONTEMPORANEA
Roma, Via Panfilo Castaldi, 18, (Roma)
Roma, Via Panfilo Castaldi, 18, (Roma)
Orario di apertura
da martedì a sabato ore 17.30 - 20.30
Vernissage
12 Dicembre 2017, ore 18.30
Autore
Curatore