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Flavio Tiberti – Still Life D-Esistenze
Still life, nell’interpretazione dell’artista Flavio Tiberti, è energia vitale ridotta a inerzia esistenziale, scarto di umanità che si produce per eccesso di esclusione o inclusione sociale
Comunicato stampa
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Still life, nell’interpretazione dell’artista Flavio Tiberti, è energia vitale ridotta a inerzia esistenziale, scarto di umanità che si produce per eccesso di esclusione o inclusione sociale.
Il fotografo ha fissato l’obiettivo sulle persone, anzi sulla spersonalizzazione degli umani. La fotografia è al tempo stesso antropocentrica e antropologica. Riesce a documentare la simultanea presenza-assenza dell’esserci e dell’essere.
Le case e le cose restano sullo sfondo, o almeno in seconda posizione, ad indicare che si è da qualche parte sul pianeta, ma non importa dove e quando, poichè l’essere umano, che nonostante tutto rimane protagonista della fotografia e forse della vita, è comunque estraneo allo spazio e al tempo, affacciato sul vuoto, sulla soglia dell’abisso, afflitto da un ottuso dolore.
Tiberti è pervenuto all’alta valenza espressiva delle sue opere per progressiva sottrazione di immagini definite e definitive, costrette a cedere campo visivo a emozioni pudiche e sentimenti silenziosi, impressi come un’aura attorno a sagome di corpi accartocciati, sfocati, mossi nei tratti del profilo fino alla dissolvenza, che li restituisce prima come semplici macchie poi come ombre trasparenti e infine come fantasmi di un’umanità negata e tuttavia attesa.
Alle spalle di un approccio e di un esito così significativi - sul piano tecnico fotografico e artistico ma anche filosofico e non solo in senso estetico - ci sono almeno tre fattori, che si aggiungono al talento e all’attitudine dell’artista. Il primo consiste nell’acuta sensibilità percettiva, che Tiberti possiede per aver visto e vissuto intensamente diversi mondi e modi di esistere. Il secondo è dato dal rigore della formazione pittorica ricevuta, che lo ha costretto alla massima precisione sui minimi dettagli fino al punto di una decisa - e quasi violenta - reazione, con la quale ha voluto infrangere le forme date e cercare ulteriori espressività. Il terzo riguarda il confronto virtuoso con uno dei maestri del Novecento fotografico italiano, Mario Giacomelli, del quale meritano di essere ricordati, in rapporto alla condivisione che ne ha fatto Flavio Tiberti, i mossi fotografici ma anche la convizione che la fotografia è data prima di essere fatta e che gli scatti valgono non singolarmente ma nell’insieme, per la capacità che hanno di generare un racconto.
Le opere che Tiberti espone a Torino in Galleria Subalpina costituiscono infatti un racconto intrecciato su percorsi paralleli e sospeso nell’aria come se non ci fosse forza di gravità. E’ la narrazione di due umanità nomadi: quella degli homeless che praticano il vagabondare e quella dei cittadini metropolitani che per vivere e lavorare devono continuamente fare surf. Alla fine del percorso ognuno di loro osserva la vita dal punto di vista dell’altro e il visitatore è portato, come un Diogene postmoderno, a cercare l’altro che sta di fronte ma è anche dentro di sé.
Silvano de Bortoli
Il fotografo ha fissato l’obiettivo sulle persone, anzi sulla spersonalizzazione degli umani. La fotografia è al tempo stesso antropocentrica e antropologica. Riesce a documentare la simultanea presenza-assenza dell’esserci e dell’essere.
Le case e le cose restano sullo sfondo, o almeno in seconda posizione, ad indicare che si è da qualche parte sul pianeta, ma non importa dove e quando, poichè l’essere umano, che nonostante tutto rimane protagonista della fotografia e forse della vita, è comunque estraneo allo spazio e al tempo, affacciato sul vuoto, sulla soglia dell’abisso, afflitto da un ottuso dolore.
Tiberti è pervenuto all’alta valenza espressiva delle sue opere per progressiva sottrazione di immagini definite e definitive, costrette a cedere campo visivo a emozioni pudiche e sentimenti silenziosi, impressi come un’aura attorno a sagome di corpi accartocciati, sfocati, mossi nei tratti del profilo fino alla dissolvenza, che li restituisce prima come semplici macchie poi come ombre trasparenti e infine come fantasmi di un’umanità negata e tuttavia attesa.
Alle spalle di un approccio e di un esito così significativi - sul piano tecnico fotografico e artistico ma anche filosofico e non solo in senso estetico - ci sono almeno tre fattori, che si aggiungono al talento e all’attitudine dell’artista. Il primo consiste nell’acuta sensibilità percettiva, che Tiberti possiede per aver visto e vissuto intensamente diversi mondi e modi di esistere. Il secondo è dato dal rigore della formazione pittorica ricevuta, che lo ha costretto alla massima precisione sui minimi dettagli fino al punto di una decisa - e quasi violenta - reazione, con la quale ha voluto infrangere le forme date e cercare ulteriori espressività. Il terzo riguarda il confronto virtuoso con uno dei maestri del Novecento fotografico italiano, Mario Giacomelli, del quale meritano di essere ricordati, in rapporto alla condivisione che ne ha fatto Flavio Tiberti, i mossi fotografici ma anche la convizione che la fotografia è data prima di essere fatta e che gli scatti valgono non singolarmente ma nell’insieme, per la capacità che hanno di generare un racconto.
Le opere che Tiberti espone a Torino in Galleria Subalpina costituiscono infatti un racconto intrecciato su percorsi paralleli e sospeso nell’aria come se non ci fosse forza di gravità. E’ la narrazione di due umanità nomadi: quella degli homeless che praticano il vagabondare e quella dei cittadini metropolitani che per vivere e lavorare devono continuamente fare surf. Alla fine del percorso ognuno di loro osserva la vita dal punto di vista dell’altro e il visitatore è portato, come un Diogene postmoderno, a cercare l’altro che sta di fronte ma è anche dentro di sé.
Silvano de Bortoli
22
aprile 2007
Flavio Tiberti – Still Life D-Esistenze
Dal 22 aprile al 13 maggio 2007
fotografia
Location
GALLERIA SUBALPINA
Torino, Galleria Subalpina, (TORINO)
Torino, Galleria Subalpina, (TORINO)
Orario di apertura
8-24
Vernissage
22 Aprile 2007, ore 18
Autore
Curatore