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Fotografi di scena
le immagini di 15 fotografi di scena raccontano la storia del cinema italiano
Comunicato stampa
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Fermare il movimento della macchina da presa e trasferire lo scorrere delle immagini, di storie e personaggi nell’immobilità della carta. Questo è il difficile compito dei fotografi di scena che sono chiamati a raccontare l’anima di un film attraverso sequenze “senza movimento”. L’affascinante storia della fotografia di scena - e del cinema italiano - è illustrata nella mostra “Fotografi di scena. L’occhio INdiscreto del cinema italiano”, ospitata dal Museo di Roma in Trastevere dal 10 febbraio al 1° aprile e promossa dall’Assessorato alle Politiche Culturali del Comune di Roma in collaborazione con l’Associazione Italiana Fotografi di Scena (AFS).
L’esposizione presenta circa 90 immagini in bianco e nero e a colori di 15 fotografi di scena che fanno parte dell’Associazione Italiana Fotografi di Scena, in un interessante confronto fra tre generazioni di fotografi professionisti.
Un ruolo, quello del fotografo di scena, spesso trascurato nonostante il suo sguardo abbia sempre accompagnato la storia del cinema italiano.
Uno sguardo puntato sul set ma lontano dalle luci della ribalta, occhi in grado di guardare dove anche altri guardano ma con una propria, particolarissima autonomia, lontano dall’essere una semplice riproduzione di ciò che il direttore della fotografia ha illuminato, il regista deciso, gli attori rappresentato.
Il fotografo di scena, infatti, compie scelte indipendenti rispetto al resto della troupe, scegliendo tempi, inquadrature e tecniche proprie. Diventa, così, il primo interprete di un’opera e con il suo guardare discreto rivela le storie nascoste dietro i film e dietro i volti degli attori che gli confidano emozioni, contrasti, disagi, amori.
Le sue fotografie testimoniano l’intera storia di un film, registrando la complessità del suo nascere, del suo divenire e del suo tradursi in opera finita.
Ma il valore di una foto di scena non è dato solo dalla sua portata creativa e dalla sua capacità di documentare la preziosa storia di un film. Una foto di scena ha soprattutto un forte valore commerciale perché è il primo contatto del film con l’esterno, il primo tramite per costruire il lancio pubblicitario, i manifesti e la visibilità sui giornali di tutto il mondo. Un mezzo indispensabile, quindi, per favorire la visibilità delle produzioni cinematografiche e degli attori, in grado di tenere viva l’attenzione di un vasto pubblico con le sue immagini fisse, sempre presenti.
In questo gioco-confronto generazionale, aprono la mostra le immagini della prima generazione di cui fanno parte i professionisti nati fino ai primi anni ’40. Mario Tursi, fotografo prediletto da Visconti, che ha lavorato su importanti set italiani (Petri, Pasolini, Troisi, tra gli altri) ed internazionali (Polanski, Annaud fino al recentissimo Gangs of New York di Scorsese). Sergio Strizzi, fotografo di importanza internazionale per cui è sufficiente ricordare le produzioni più recenti: l’acclamatissimo La vita è bella di Benigni e il sensuale Malena di Tornatore; quindi si passa ai lavori di Umberto Montiroli “occhio” fedele dei fratelli Taviani e di Moretti (con cui ha lavorato anche per il commovente La stanza del figlio); infine Emilio Lari, che fotografò i mitici film dei Beatles, la saga de Il padrino e L’intervista di Fellini.
Alla generazione centrale appartengono i fotografi nati negli anni ’40, tra i quali spicca il nome di Gianfranco Salis raffinato ritrattista delle grandi dive (suoi i ritratti di Laura Morante per Armani) e fotografo personale di Tinto Brass. Incontriamo Roberto Calabrò, eclettico allievo di Angelo Novi, che ha lavorato, tra gli altri, ai set di Giù la testa di Leone e de Il piccolo diavolo di Benigni; poi Giovanni Caramanico fotografo di scena per Bellocchio e Brusati; Romolo Eucalitto che ha firmato Harem Suarè e Le Fate ignoranti di Ozpetek, Marrakech express di Salvatores e, ancora, Adriano Giordanella e Bruno Rukauer.
Infine l’ultima generazione della fotografia di scena, con i nati negli anni ’50 e ’60: Angelo Raffaele Turetta (nel 2001 vincitore del World Press Photo, Sezione Arte) e fotografo di film come I cento passi e La meglio gioventù di Giordana e L’ultimo bacio di Muccino; Alberto Ludovico Dionisi fotografo di scena per Lizzani, De Sica e Neri Parenti; Fabio Lovino che ha all’attivo circa 30 film; Philippe Antonello che ha seguito Pane e tulipani e Ieri di Soldini e le regie di Ciprì e Maresco; infine Claudio Iannone che ha firmato l’ultimo film di Francesca Archibugi Renzo e Lucia.
Immagini diverse per stili, sensibilità e tecniche che testimoniano quanto la foto di scena abbia saputo adattarsi ai cambiamenti del mondo cinematografico, ai suoi ritmi di lavoro sempre più frenetici, alle trasformazioni introdotte dai nuovi mezzi tecnici (scatti più veloci, riprese in digitale) pur mantenendo le sue peculiarità: fermare l’attimo ed enfatizzarlo per restituire sulla carta il senso di un’opera.
Completano l’iniziativa due incontri sulla fotografia di scena: il 7 marzo alle 17.30 con il prof. Dario Reteuna e il 21 marzo alle 17.30 con il prof. Gianfranco Arciero.
L’esposizione presenta circa 90 immagini in bianco e nero e a colori di 15 fotografi di scena che fanno parte dell’Associazione Italiana Fotografi di Scena, in un interessante confronto fra tre generazioni di fotografi professionisti.
Un ruolo, quello del fotografo di scena, spesso trascurato nonostante il suo sguardo abbia sempre accompagnato la storia del cinema italiano.
Uno sguardo puntato sul set ma lontano dalle luci della ribalta, occhi in grado di guardare dove anche altri guardano ma con una propria, particolarissima autonomia, lontano dall’essere una semplice riproduzione di ciò che il direttore della fotografia ha illuminato, il regista deciso, gli attori rappresentato.
Il fotografo di scena, infatti, compie scelte indipendenti rispetto al resto della troupe, scegliendo tempi, inquadrature e tecniche proprie. Diventa, così, il primo interprete di un’opera e con il suo guardare discreto rivela le storie nascoste dietro i film e dietro i volti degli attori che gli confidano emozioni, contrasti, disagi, amori.
Le sue fotografie testimoniano l’intera storia di un film, registrando la complessità del suo nascere, del suo divenire e del suo tradursi in opera finita.
Ma il valore di una foto di scena non è dato solo dalla sua portata creativa e dalla sua capacità di documentare la preziosa storia di un film. Una foto di scena ha soprattutto un forte valore commerciale perché è il primo contatto del film con l’esterno, il primo tramite per costruire il lancio pubblicitario, i manifesti e la visibilità sui giornali di tutto il mondo. Un mezzo indispensabile, quindi, per favorire la visibilità delle produzioni cinematografiche e degli attori, in grado di tenere viva l’attenzione di un vasto pubblico con le sue immagini fisse, sempre presenti.
In questo gioco-confronto generazionale, aprono la mostra le immagini della prima generazione di cui fanno parte i professionisti nati fino ai primi anni ’40. Mario Tursi, fotografo prediletto da Visconti, che ha lavorato su importanti set italiani (Petri, Pasolini, Troisi, tra gli altri) ed internazionali (Polanski, Annaud fino al recentissimo Gangs of New York di Scorsese). Sergio Strizzi, fotografo di importanza internazionale per cui è sufficiente ricordare le produzioni più recenti: l’acclamatissimo La vita è bella di Benigni e il sensuale Malena di Tornatore; quindi si passa ai lavori di Umberto Montiroli “occhio” fedele dei fratelli Taviani e di Moretti (con cui ha lavorato anche per il commovente La stanza del figlio); infine Emilio Lari, che fotografò i mitici film dei Beatles, la saga de Il padrino e L’intervista di Fellini.
Alla generazione centrale appartengono i fotografi nati negli anni ’40, tra i quali spicca il nome di Gianfranco Salis raffinato ritrattista delle grandi dive (suoi i ritratti di Laura Morante per Armani) e fotografo personale di Tinto Brass. Incontriamo Roberto Calabrò, eclettico allievo di Angelo Novi, che ha lavorato, tra gli altri, ai set di Giù la testa di Leone e de Il piccolo diavolo di Benigni; poi Giovanni Caramanico fotografo di scena per Bellocchio e Brusati; Romolo Eucalitto che ha firmato Harem Suarè e Le Fate ignoranti di Ozpetek, Marrakech express di Salvatores e, ancora, Adriano Giordanella e Bruno Rukauer.
Infine l’ultima generazione della fotografia di scena, con i nati negli anni ’50 e ’60: Angelo Raffaele Turetta (nel 2001 vincitore del World Press Photo, Sezione Arte) e fotografo di film come I cento passi e La meglio gioventù di Giordana e L’ultimo bacio di Muccino; Alberto Ludovico Dionisi fotografo di scena per Lizzani, De Sica e Neri Parenti; Fabio Lovino che ha all’attivo circa 30 film; Philippe Antonello che ha seguito Pane e tulipani e Ieri di Soldini e le regie di Ciprì e Maresco; infine Claudio Iannone che ha firmato l’ultimo film di Francesca Archibugi Renzo e Lucia.
Immagini diverse per stili, sensibilità e tecniche che testimoniano quanto la foto di scena abbia saputo adattarsi ai cambiamenti del mondo cinematografico, ai suoi ritmi di lavoro sempre più frenetici, alle trasformazioni introdotte dai nuovi mezzi tecnici (scatti più veloci, riprese in digitale) pur mantenendo le sue peculiarità: fermare l’attimo ed enfatizzarlo per restituire sulla carta il senso di un’opera.
Completano l’iniziativa due incontri sulla fotografia di scena: il 7 marzo alle 17.30 con il prof. Dario Reteuna e il 21 marzo alle 17.30 con il prof. Gianfranco Arciero.
09
febbraio 2007
Fotografi di scena
Dal 09 febbraio al primo aprile 2007
fotografia
Location
MUSEO DI ROMA IN TRASTEVERE
Roma, Piazza Di Sant'egidio, 1B, (Roma)
Roma, Piazza Di Sant'egidio, 1B, (Roma)
Biglietti
biglietto integrato Mostra+Museo: intero € 5,50 - ridotto € 4,00
la biglietteria chiude un’ora prima – lunedì chiuso
Orario di apertura
da martedì a domenica 10-20
Vernissage
9 Febbraio 2007, ore 18
Editore
PALOMBI
Ufficio stampa
ZETEMA
Autore