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Frammenti di Narrative Art e altre storie
Le “storie” abbozzate proiettano lo spettatore in una dimensione parallela tanto suggestiva quanto intrisa di realismo riservandogli l’esperienza mimetica e catartica a cui ogni testo narrativo da luogo.
Comunicato stampa
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Con l'allestimento realizzato quest'anno alla chiusura della stagione espositiva Studio G7 vuol ricordare un ciclo di mostre realizzate nella propria sede storica tra il 1977 e il 1989. Le tappe di questo percorso documentano la collaborazione tra la galleria e tre protagonisti del fenomeno che a partire dal '73, con la prima mostra alla John Gibson Gallery di New York, fino ai primi anni '80 si afferma in ambito storico artistico come Narrative Art. I tre artisti, diversi tra loro per ricerca, risultano tutti presenti alle più significative rassegne dedicate a questa corrente in Europa e Stati Uniti nell'arco di una decade.
Studio G7 è lieta di presentare le tracce che il passaggio di questi tre autori ha lasciato nel proprio archivio e nella propria collezione; una testimonianza composta soprattutto da lavori fotografici, acquarelli e studi preparatori per installazioni.
L'attenzione per la "Story Art" da parte della galleria ha luogo tra il 1977 e il 1978 sul filo dell'interesse per le ricerche di impronta concettuale che avevano luogo in quegli anni. Atteggiamento che fa seguito alle mostre sulla Pop Art e sull'Iperrealismo realizzate nel periodo vicino all'apertura e all'attenta osservazione del panorama americano in quel momento storico. L'interesse di Studio G7 per il fenomeno già approdato a Roma qualche anno prima, si consolida nel febbraio del 1977 con la personale dedicata a James Collins, artista e critico di origine britannica con sede a New York. Seguiranno nel 1978 le personali di Bill Beckley, con il quale comincerà un rapporto di collaborazione che seguirà nel decennio successivo e la mostra di Mac Adams.
Storicamente legato alla John Gibson Gallery come gli altri due autori, Collins partecipa alla vicenda dell'"arte narrativa" come artista e come teorico. Ricordiamo a tal proposito la sua presentazione della celebre mostra: Narrative Art, An exhibition of works by David Askevold, Didier Bay, Bill Beckley, Robert Cumming, Peter Hutchinson, Jean Le Gac and Roger Welch, with a preface by James Collins, al Palais des Beaux-Arts di Bruxelles, nel 1974. Fin dagli anni che precedono il suo trasferimento negli Stati Uniti (1970) l'artista segue ricerche di linea concettuale privilegiando la fotografia, passerà successivamente all'uso del video del quale può considerarsi a tutti gli effetti uno dei pionieri. Collins utilizza questo mezzo per documentare "messe in scena" intrise di arte comportamentale nel corso delle quali riprende la propria immagine e al contempo le azioni o espressioni improvvisate di soggetti femminili che invita di volta in volta. Dalle sue esecuzioni realizzate in Super 8 ottiene stampe fotografiche di grande formato le cui immagini sono composte da uno o più elementi. I lavori appartenenti a questo ciclo, privi del testo scritto utilizzato invece da altri esponenti della "Story Art" , richiamano l'elemento cronologico, quindi narrativo, attraverso la rappresentazione di distanze spaziali entro le quali viene incastonata la scena. In alternativa immagini poco differenti tra loro vengono disposte in sequenza nell'intento di creare un ordine temporale.
Mac Adams, britannico anche lui con residenza a New York comincia la sua collaborazione con Gibson nel 1976. E' conosciuto tuttavia dal 1974 per la serie "Mystery" alla quale appartiene Home Coming, l'installazione eseguita nella sala al piano interrato dei locali di Studio G7. L'opera di questo artista che si serve principalmente del mezzo fotografico, ha come effetto il coinvolgimento del fruitore: è proprio l'immaginazione di quest'ultimo infatti a proiettare le immagini esposte in una dimensione narrativa. L'atmosfera "thriller" che si collega a generi letterari o cinematografici di largo consumo è evocata da alcuni particolari delle scene riportate e dal criterio utilizzato nella disposizione queste ultime . La fantasia dello spettatore prende avvio, ad esempio, osservando inizialmente la coppia di amanti ripresa nella prima scena dell'opera storica Mystery Nr.5 e, successivamente, la sciarpa di lei tra le onde del mare nella seconda scena. Ciò che resta di questa esposizione alla galleria Studio G7 sono disegni di grandi dimensioni: gli studi preparatori per le installazioni eseguite in galleria e alla Sala Polivalente di Palazzo Dei Diamanti a Ferrara (1978).
Nelle fotografie di Bill Beckley l'elemento di finzione o "messa in scena" non è evidente o marcato come per i due autori precedenti. Beckley si serve in compenso del testo narrativo che accompagna le immagini creando una connessione tra queste ultime. Le foto di Beckley si rapportano soprattutto all'universo quotidiano riportandone elementi o situazioni il cui collocamento nel supporto risulta utile alla fruizione dell'evento "raccontato". Le "storie" abbozzate proiettano lo spettatore in una dimensione parallela tanto suggestiva quanto intrisa di realismo riservandogli l'esperienza mimetica e catartica a cui ogni testo narrativo da luogo.
Di Bill Beckley in questa occasione Studio G7 presenta due acquarelli: The Knee e The Navel, eseguiti entrambi nel 1978: esempi di interazione tra immagine e testo. I due lavori anticipano due opere fotografiche dal medesimo titolo non più presenti in galleria. Ai due acquarelli si aggiungono opere su carta eseguite dall'artista americano nel decennio successivo. Questi lavori testimoniano un ciclo di produzione meno noto di Bill Beckley, dove figura il mezzo pittorico, e documentano allo stesso tempo il lungo sodalizio tra l'autore e la galleria.
In questa occasione sarà pure esposta l'edizione di Peter Hutchinson Alphabet Cottage, opera tirata in 100 esemplari composta da 19 tavole delle quali 17 eseguite con testo e illustrazione. In ciascuna di esse il "racconto" prende avvio a partire da una lettera dell'alfabeto. L'esecuzione di questo lavoro non avviene nell'ambito di una collaborazione diretta tra l'artista e la galleria, la sua esposizione testimonia in tutti i casi l'interesse e l'amicizia che ne hanno caratterizzato il rapporto nel corso degli anni.
Studio G7 è lieta di presentare le tracce che il passaggio di questi tre autori ha lasciato nel proprio archivio e nella propria collezione; una testimonianza composta soprattutto da lavori fotografici, acquarelli e studi preparatori per installazioni.
L'attenzione per la "Story Art" da parte della galleria ha luogo tra il 1977 e il 1978 sul filo dell'interesse per le ricerche di impronta concettuale che avevano luogo in quegli anni. Atteggiamento che fa seguito alle mostre sulla Pop Art e sull'Iperrealismo realizzate nel periodo vicino all'apertura e all'attenta osservazione del panorama americano in quel momento storico. L'interesse di Studio G7 per il fenomeno già approdato a Roma qualche anno prima, si consolida nel febbraio del 1977 con la personale dedicata a James Collins, artista e critico di origine britannica con sede a New York. Seguiranno nel 1978 le personali di Bill Beckley, con il quale comincerà un rapporto di collaborazione che seguirà nel decennio successivo e la mostra di Mac Adams.
Storicamente legato alla John Gibson Gallery come gli altri due autori, Collins partecipa alla vicenda dell'"arte narrativa" come artista e come teorico. Ricordiamo a tal proposito la sua presentazione della celebre mostra: Narrative Art, An exhibition of works by David Askevold, Didier Bay, Bill Beckley, Robert Cumming, Peter Hutchinson, Jean Le Gac and Roger Welch, with a preface by James Collins, al Palais des Beaux-Arts di Bruxelles, nel 1974. Fin dagli anni che precedono il suo trasferimento negli Stati Uniti (1970) l'artista segue ricerche di linea concettuale privilegiando la fotografia, passerà successivamente all'uso del video del quale può considerarsi a tutti gli effetti uno dei pionieri. Collins utilizza questo mezzo per documentare "messe in scena" intrise di arte comportamentale nel corso delle quali riprende la propria immagine e al contempo le azioni o espressioni improvvisate di soggetti femminili che invita di volta in volta. Dalle sue esecuzioni realizzate in Super 8 ottiene stampe fotografiche di grande formato le cui immagini sono composte da uno o più elementi. I lavori appartenenti a questo ciclo, privi del testo scritto utilizzato invece da altri esponenti della "Story Art" , richiamano l'elemento cronologico, quindi narrativo, attraverso la rappresentazione di distanze spaziali entro le quali viene incastonata la scena. In alternativa immagini poco differenti tra loro vengono disposte in sequenza nell'intento di creare un ordine temporale.
Mac Adams, britannico anche lui con residenza a New York comincia la sua collaborazione con Gibson nel 1976. E' conosciuto tuttavia dal 1974 per la serie "Mystery" alla quale appartiene Home Coming, l'installazione eseguita nella sala al piano interrato dei locali di Studio G7. L'opera di questo artista che si serve principalmente del mezzo fotografico, ha come effetto il coinvolgimento del fruitore: è proprio l'immaginazione di quest'ultimo infatti a proiettare le immagini esposte in una dimensione narrativa. L'atmosfera "thriller" che si collega a generi letterari o cinematografici di largo consumo è evocata da alcuni particolari delle scene riportate e dal criterio utilizzato nella disposizione queste ultime . La fantasia dello spettatore prende avvio, ad esempio, osservando inizialmente la coppia di amanti ripresa nella prima scena dell'opera storica Mystery Nr.5 e, successivamente, la sciarpa di lei tra le onde del mare nella seconda scena. Ciò che resta di questa esposizione alla galleria Studio G7 sono disegni di grandi dimensioni: gli studi preparatori per le installazioni eseguite in galleria e alla Sala Polivalente di Palazzo Dei Diamanti a Ferrara (1978).
Nelle fotografie di Bill Beckley l'elemento di finzione o "messa in scena" non è evidente o marcato come per i due autori precedenti. Beckley si serve in compenso del testo narrativo che accompagna le immagini creando una connessione tra queste ultime. Le foto di Beckley si rapportano soprattutto all'universo quotidiano riportandone elementi o situazioni il cui collocamento nel supporto risulta utile alla fruizione dell'evento "raccontato". Le "storie" abbozzate proiettano lo spettatore in una dimensione parallela tanto suggestiva quanto intrisa di realismo riservandogli l'esperienza mimetica e catartica a cui ogni testo narrativo da luogo.
Di Bill Beckley in questa occasione Studio G7 presenta due acquarelli: The Knee e The Navel, eseguiti entrambi nel 1978: esempi di interazione tra immagine e testo. I due lavori anticipano due opere fotografiche dal medesimo titolo non più presenti in galleria. Ai due acquarelli si aggiungono opere su carta eseguite dall'artista americano nel decennio successivo. Questi lavori testimoniano un ciclo di produzione meno noto di Bill Beckley, dove figura il mezzo pittorico, e documentano allo stesso tempo il lungo sodalizio tra l'autore e la galleria.
In questa occasione sarà pure esposta l'edizione di Peter Hutchinson Alphabet Cottage, opera tirata in 100 esemplari composta da 19 tavole delle quali 17 eseguite con testo e illustrazione. In ciascuna di esse il "racconto" prende avvio a partire da una lettera dell'alfabeto. L'esecuzione di questo lavoro non avviene nell'ambito di una collaborazione diretta tra l'artista e la galleria, la sua esposizione testimonia in tutti i casi l'interesse e l'amicizia che ne hanno caratterizzato il rapporto nel corso degli anni.
22
giugno 2015
Frammenti di Narrative Art e altre storie
Dal 22 giugno al 19 settembre 2015
arte contemporanea
Location
GALLERIA STUDIO G7
Bologna, Via Val D'aposa, 4a, (Bologna)
Bologna, Via Val D'aposa, 4a, (Bologna)
Orario di apertura
dal martedì al sabato Mattina, lunedì e festivi per appuntamento. giugno e settembre: dalle 15.30 alle 19.30;
luglio: dalle 16 alle 19.30, Agosto: chiuso per ferie
Autore