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FRAMMENTI UNITARI
La prima tappa dell’intero ciclo di mostre è intitolata “Frammenti unitari”, e vede coinvolti sette protagonisti della cultura artistica e architettonica del secondo ‘900 italiano: Carlo Aymonino, Alighiero Boetti, Alberto Burri, Maurizio Mochetti, Luigi Ontani, Emilio Prini, Studio Azzurro
Comunicato stampa
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La mostra di apertura di questo nuovo anno espositivo, per segnare una vera e propria "Ripartenza", è dedicata, come le prossime mostre che si succederanno nel corso dell'anno, all'individuazione di momenti unitari, all'interno dell'itinerario poetico degli autori volta per volta coinvolti, presentati nella loro articolata sequenza seriale in più elementi, quasi a formare un ideale "Polittico" costituito da molteplici ma autonome parti diverse che lo compongono.
La prima tappa dell'intero ciclo di mostre è intitolata “Frammenti unitari”, e vede coinvolti sette protagonisti della cultura artistica e architettonica del secondo '900 italiano: Carlo Aymonino, Alighiero Boetti, Alberto Burri, Maurizio Mochetti, Luigi Ontani, Emilio Prini, Studio Azzurro. Con loro A.A.M. Architettura Arte Moderna si è trovata a collaborare nell'arco della propria storia espositiva e non solo, ma anche nel proprio ruolo, rivestito spesso, di promotrice di occasioni professionali per alcuni degli stessi autori, affidando loro, quando è stato possibile, committenze esterne.
Una delle opere di Alighiero Boetti esposte in questa mostra, una serie di cartoline, destinate nell'intenzione dell'autore a diverse tipologie professionali quali un gallerista, un collezionista, un intellettuale, uno storico e un architetto, rispecchia esattamente il metodo da sempre perseguito da A.A.M. di contaminare attraverso sguardi incrociati e confronti all'interno del variegato Sistema dell'Arte i percorsi della propria ricerca tra varie discipline e diverse specificità. Attenta a investigare i diversificati campi dell'ampio territorio delle Arti Visive con particolare attenzione agli esiti nel cui profilo fosse sempre percepibile la costante attenzione alla coerenza culturale e filosofica come elemento distintivo unitamente alla irrinunciabile dimensione etica. La poetica dell'elenco di Alighiero Boetti caratterizza anche l'altra opera dell'artista presente in mostra, quella dedicata alle diverse fasi della trasmutazione alchemica della materia pittorica. Ma in una sorta di controcanto di sottolineate "differenze" si affianca il confronto tra Oriente e Occidente della serie di opere di Alberto Burri, dedicata allo sguardo e al rispecchiamento tra la smaterializzazione evocata dal mondo bizantino rispetto a quello ravennate. Anche la sequenza dei disegni di Carlo Aymonino nel suo progetto per Napoli era legata ad un'idea di rispecchiamento, ma, nel suo caso, come ricercata ed equilibrata convivenza tra Contemporaneità e Classicità, con un corto circuito tra le parti che sembrano reciprocamente invertire, ciascuna a favore dell'altra, la propria condizione originaria e che la connotazione ipogeica del progetto rende ancora più sorprendente. La "costrizione" alla staticità, alla fissità di quelle "macchine volanti" di Maurizio Mochetti, squadernate e appiattite in una ricercata bidimensionalità delle loro componenti, fissate su un supporto ligneo, come farfalle nelle teche di un collezionista o come foglie o fiori in un "erbario", sembra rievocare e misurare le distanze tra progetto, immagine, funzione e realtà. Così come il rapporto tra troppo vicino e troppo lontano è il tema di fondo dei primordiali oggetti in bachelite, protagonisti della Serie fotografica di Studio Azzurro ripresi nell'universo della comunicazione, spaesati e spiazzati nelle loro giaciture che rimandano agli azzardi delle avanguardie sovietiche di Dziga Vertov e di Alexandr Rodcenko. Ma è lo stesso collasso visivo che ritroviamo evidenziato nella Serie di Emilio Prini, provocato dallo scollamento tra disegno, impersonale e asettica riproduzione dello stesso con rarefatte parole di accompagnamento, nella sua provocatoria sequenza sulla perdita del senso e sulla perdita di identità. Ma a questa "negatività" senza illusioni consolatorie sembra ergersi come antimurale se non a contrapporsi la sontuosità pirotecnica, pur nella propria artificialità, della Serie di Luigi Ontani.
A costo di rischiare l'eccesso di spiegazioni, ricordiamo che fin dal '78 le mostre di A.A.M. hanno sempre riportato in esergo, nella propria intitolazione, almeno tre elementi: la sezione all'interno della quale è inserita la mostra in corso, in questo caso si tratta della sezione “ATTRAVERSAMENTI”; poi il titolo dell'intero ciclo di mostre, questa volta individuato in "DI SERIE IN SERIE: UN ANNO DI DODICI LUNE"; infine il titolo della mostra stessa, scelto per la prima tappa dell'intero ciclo, “FRAMMENTI UNITARI”, con i nomi degli autori coinvolti nella mostra, di seguito.
In questi ultimi anni A.A.M. Architettura Arte Moderna ha allentato e diluito la propria consueta e serrata attività espositiva nella propria sede e si è dedicata particolarmente a iniziative con Enti e Istituzioni. Ha però privilegiato la realizzazione di una considerevole produzione pubblicistica ed editoriale, attraverso libri e cataloghi, dando cosi continuità ai propri progetti di "lunga durata".
Da Lunedì 24 Ottobre di quest'anno riprende invece la propria attività espositiva abituale negli spazi di via dei Banchi Vecchi 61, dove ha trovato peraltro sistemazione anche l'Archivio cartaceo della propria storia quarantennale. Sullo stesso Archivio è stato condotto un attento lavoro di digitalizzazione e archiviazione, e si presenta ora con una sorprendente e suggestiva collocazione dei diversi materiali che lo compongono, stratificati e ordinati nei propri contenitori, qui custoditi per ora, in attesa di una auspicabile destinazione pubblica futura.
Le mostre troveranno ospitalità nel salone ad esse destinato e conviveranno così con la contigua presenza dell'Archivio. Da ciò discende la nuova ampliata denominazione di FFMAAM | FONDO FRANCESCO MOSCHINI A.A.M. ARCHITETTURA ARTE MODERNA.
Per segnalare questa "Ripartenza" è stato scelto il titolo complessivo per l'intero ciclo di mostre, con l'evidente riferimento al film del 1978 di Rainer Werner Fassbinder, "Un anno con 13 lune" che ripercorreva, sinteticamente, la struggente storia esistenziale di un amico del regista, in un breve arco di giorni, condizionata dagli infausti presagi insiti nell'anomalia delle tredici lune.
Nel nostro caso, invece, intendiamo ribaltarne completamente il senso, attraverso la ripristinata naturalità delle dodici lune, con cui si vuole indicare l'avvio di una nuova stagione, all'insegna dei migliori buoni auspici, ripercorrendo la lunga e significativa storia di A.A.M. Architettura Arte Moderna e dei rapporti intrattenuti con una così folta schiera di personalità all'interno del mondo dell'Arte.
La sequenza di mostre che saranno ospitate all'interno di questa comune denominazione si articolerà attraverso la presentazione di lavori unitari, ma strutturati in diversi elementi, e collezionati nel corso degli anni. Si alterneranno così, cicli di opere di artisti, architetti, fotografi, designer, grafici e illustratori, tra quanti hanno sviluppato, in occasioni particolari, la propria poetica con uno svolgimento in più parti, come si trattasse di un lavoro concepito in una ideale Serie. Nasce da quanto sopra esposto il titolo complessivo dato alle mostre che scandiranno, in tappe successive, l'intero anno espositivo e oltre. Ogni mostra in sequenza avrà una propria riconoscibile caratterizzazione nell'accostamento dei diversi autori e quindi delle diverse poetiche e avrà nel sottotitolo volta per volta differenziato, un ulteriore elemento distintivo e identitario.
Di questa attenzione nei confronti delle opere concepite in Serie, c'erano state le prime avvisaglie già negli anni '80, in particolare, in occasione della mostra Costantino Dardi / Giulio Paolini "Duetto", in cui l'artista e l'architetto si confrontavano attraverso i propri lavori sul tema della serie "In successione temporale". Il tutto trovava poi più compiuta formulazione nel 1982 con alcune opere destinate appositamente da Alighiero Boetti a Francesco Moschini. Ma al di là di questi "Inizi" è andata allora poi sfumando l'idea, oggi invece finalmente ripresa, di ripercorrere un così ampio arco temporale attraverso il concetto di variazione in successione seriale.
Il metodo espositivo adottato per l'intero ciclo sarà quello della "Contaminazione", secondo la tradizione di A.A.M. Architettura Arte Moderna. Gli avvicendamenti offriranno al pubblico non poche sorprese e permetteranno di riscoprire, in cicli già visti, inedite valenze e nuove bellezze anche per il tipo di accostamenti fra le diverse poetiche.
Si alterneranno così puntate espositive omogenee per affinità, pur tra diversi autori, altre invece concentrate su ricercate disidentità, alcune legate poi dall'omogeneità del tema altre invece perchè proprio senza un tema.
Potrà anche verificarsi che nelle diverse tappe espositive, ci possano essere delle variazioni rispetto alla serie iniziale di un autore, scelta per l'esposizione. Quando questo accadrà non sarà certo per sfoggio o esibizione, attraverso gli avvicendamenti, del patrimonio stratificato da A.A.M. nel corso del tempo, quanto piuttosto per sottolineare il multiverso delle sfaccettature che spesso caratterizza lo sviluppo del percorso artistico di ogni singolo autore. Per questo ci permettiamo di suggerire che il pubblico interessato al Sistema dell'Arte dedichi a queste mostre in successione vere e proprie "incursioni", frequenti e cadenzate, per verificare le nuove, impreviste e imprevedibili sequenze con cui prevediamo di arricchire e completare l'offerta espositiva. Lo spazio espositivo troverà cosi una sua nuova e diversa connotazione come luogo in cui stare, sostare e conversare: una diversa idea infine di fruizione, di rapporto con le opere stesse.
Le "Serie" saranno presentate nelle mostre in programma, quanto più possibile, nella loro configurazione completa per come sono state cioè concepite fin dall'inizio dall'autore stesso. Alcune di queste però che per motivi diversi, per dispersione o per avvenute parziali e legittime alienazioni, siano prive di alcune parti che componevano la Serie iniziale, divenute ormai irrintracciabili e non potessero quindi essere presentate in mostra nella loro completezza, saranno comunque esposte, pur nella loro parzialità, in modo tale da permettere di poter sempre ricostruire, attraverso la Parte il Tutto. Senza mai però far perdere alla Serie, sia pur solo virtualmente ricostruibile nella completezza della propria sequenza, quel carattere di cogente necessità e attualità unitamente alla propria forza di evidenza teorico-scientifica per l'unitaria comprensione della mostra stessa.
Vorremmo inoltre, non certo per semplice personale gratificazione, ma per ridare "a Cesare quel che è di Cesare", in nome di una corretta ricostruzione storica, filologicamente ineccepibile, far "riemergere" infine quelle Serie di opere scomparse, subito dopo averle esposte, dal nostro orizzonte, ma che proprio in A.A.M. avevano trovato un significativo esordio e che successivamente hanno avuto esiti commerciali attraverso altre strade. Pensiamo alla Serie degli "Squarci" con i lembi rovesciati in avanti, compulsivamente e fittamente riempiti dall'Horror Vacui della scrittura automatica di Alighiero Boetti, presentati per la prima volta in A.A.M., con un testo straordinario di G.B.Salerno sul quotidiano Il Manifesto, o come la sequenza di grandi carte di Giulio Paolini, esposte nel DUETTO con Costantino Dardi alla A.A.M., non certo per rivendicare pretese autoriali in quel percorso totalmente dell'artista, per arrivare alla definizione formale dell'opera, ma per fissare storicamente tempi, modi e luoghi che hanno segnato la ricerca stessa delle singole poetiche degli artisti.
È evidente, in questa scelta di "Ripartenza" la volontà da parte di A.A.M. Architettura Arte Moderna, di riandare alla ricerca delle proprie radici, rammemorando come già dalla mostra aurorale di "Alcune forme della casa" dedicata al lavoro di Franco Purini, alla mostra "Ritratti di fabbriche" di Gabriele Basilico, alle mostre monografiche dedicate tra gli altri, a Paolo Cotani, Ettore Sordini, Carmengloria Morales, Gianfranco Pardi, per citarne solo alcuni, si è sempre scelto di presentare il lavoro dei diversi autori nella declinazione molto spesso seriale di molteplici sequenze concepite però con una loro perseguita unità. Ma in questa scelta espositiva vi è anche la volontà di riandare alle radici della Storia dell'Arte Moderna Occidentale, in cui l'idea della sequenza è stata sempre molto presente e praticata. Si pensi alla unitaria e concatenata atmosfera tra le diversi parti componenti delle Tavole Barberini, dipinte alla metà del '400, ora disseminate in diversi musei, alla serrata unità delle otto tavolette con le storie di San Bernardino del 1473, della Pinacoteca Nazionale di Perugia, alle tre vedute ideali di città ora conservate a Baltimora, Berlino e Urbino. Ma non si può non ricordare, ricostruendo pur sommariamente l'evolversi del concetto di Serie, la collezione di ritratti ospitata in quella che va certo considerata come la prima formulazione dell'idea di museo al mondo, collocata nella dimora di Paolo Giovio a Borgovico, sul Lago di Como. In questa sua residenza l'umanista rinascimentale aveva raccolto una serie di ritratti di Uomini Illustri che costituirà il punto di riferimento per la Collezione degli Uffizi e non solo, dall'Ambrosiana a quella di Ambras. Anche se Paolo Giovio nel configurare la propria raccolta, per certo doveva aver presente quella serie di ritratti, realizzata nei primi anni settanta del quattrocento, per lo studiolo del Duca Federico da Montefeltro, di cui sicuramente almeno otto realizzati da Giusto di Gand (Joos van Wassenhove), certo memore del perduto ciclo di ritratti dipinti, proprio cento anni prima, a Padova, nel Palazzo dei Carraresi da Altichiero da Zevio. Ma è la stessa varietà diversificata, pur nella perseguita unità, rintracciabile nelle Predelle, da quella del Polittico Stefaneschi di Giotto del 1330, a quelle di tanti capolavori dell'Umanesimo e del Rinascimento. Come non pensare poi, a proposito di unità del molteplice, ai cicli concepiti per gli studioli o ai camerini delle corti rinascimentali, alle tarsie per gli Stalli dei Cori. Per individuare poi gli "specialismi" nelle diversificazioni delle serie bisogna però arrivare alle "Osservazioni Astronomiche" della Pinacoteca Vaticana, di Donato Creti, del 1713, per giungere fino ai Capricci e alle Vedute settecentesche di Canaletto, Bellotto e altri, in ambito veneto. Ma per avvicinarci al nostro modo di sentire, alle nostre nuove modalità di percezione, più adeguate ai nostri tempi, bisogna però giungere a quelle sequenze di immagini in movimento, elaborate dal 1872, dal fotografo Eadweard Muybridge, a Max Klinger con la sua serie "Storia di un guanto" del 1881, o alla Serie delle Teste Mistiche del 1917, con la loro semplicità iconica, ottenuta con veri e propri schemi geometrici di Alexej von Jawlensky, fino alla deflagrazione del fenomeno seriale del '900, culminante nelle "Coazioni a Ripetere" di Andy Warhol.
In un momento come questo, almeno fino ad oggi, il settore pubblico-istituzionale sembra concentrarsi, sul piano delle scelte espositive sull'ovvio consolidato, limitandosi a operazioni di pura "Celebrazione e Consacrazione", come succedeva già negli anni ottanta con la politica culturale dei grandi gruppi industriali quali la Olivetti, o la Fiat con la sua serie di mostre realizzate a Venezia, a Palazzo Grassi, che enfatizzavano ciò che era già universalmente noto, anziché porsi come conclusivo esito di anni di studi e approfondimenti. Oggi addirittura le scelte sembrano basarsi su quanto è garantito economicamente e finanziariamente, secondo gli interessi dei grandi gruppi di investimento multinazionale o di vere e proprie potenze museali consorziate che decidono di scommettere su alcuni artisti destinati a diventare veri e propri brand, puri e semplici marchi di fabbrica, i cui risultati sul piano del mercato hanno dato luogo a vere e proprie bolle finanziarie. Si è rinunciato a fare ricerca su cui fondare il proprio essere propositivi e innovativi, attraverso mostre di scavo stratigrafico in profondità, per offrire proposte culturali quasi sempre preconfezionate, facilmente commestibili e adatte a tutti i gusti, senza turbare, senza provocare o porre domande, ma per offrire invece edulcorate, tranquillizzanti, rappacificanti soluzioni.
D'altra parte, per troppo tempo si è tollerato che assumessero ruoli apicali, nella conduzione dei musei, figure manageriali, sia pur con manifesta inadeguatezza se non incompetenza, all'interno dei delicati equilibri del mondo dell'Arte, che un tempo sarebbero stati definite come "boiardi di stato". Si è ottenuto al massimo uno scivolamento nella marginalità se non nell'irrilevanza delle nostre migliori forze intellettuali, con scarse contropartite bilanciate, in nome delle scelte sempre più segnate da connotati internazionali. Si sono così rischiati gli esiti già a suo tempo paventati da Alberto Arbasino, a proposito delle incursioni degli intellettuali italiani a Chiasso, per uscire dal ristretto ambito provinciale del proprio paese. Si è pensato che il ricorso a manager potesse fornire la soluzione a tutti i problemi come il ricorso ai commissari scelti nelle emergenze nazionali. I risultati nella loro pochezza sono sotto gli occhi di tutti. Ulteriore problema certo non di poco conto è poi l'incentivata propensione alla definizione di "cerchi magici" di stretta osservanza dell'ortodossia dei capi cordata, scivolata nel tempo dalla deprecabile definizione della circoscritta ma garantita cerchia di appartenenza, al malaffare come sistema di spartizione con conseguenti scelte opache e gelatinose sul piano direttivo. Spesso poi, si sono fatte spudorate scelte espositive attente a compiacere figure che contano nel Sistema dell'Arte o della Comunicazione. Una volta, le mostre dedicate a persone legate alla propria storia personale privata, costituivano l'eccezione, oggi sono invece operazioni ormai praticate senza remore. Spesso vengono proposte inoltre mostre su figure già celebrate anche in occasioni non così distanti nel tempo, o mostre che servono come trampolino per poterne realizzare altre, o mostre che potremmo indicare come "spezzatini espositivi" secondo una logica di "disseminazione collezionistica", con la speranza di conseguire ritorni più remunerativi in strutture sempre più importanti. Con pari disinvoltura si realizzano mostre legate a cerchie ristrette di personalità che per "trascinamento" continueranno a far galleggiare sullo stesso piano, per pura convenienza strategico-politica, miserie e grandezze, ma in grado con la loro capacità di depistaggio di fare terra bruciata nei confronti di chi non appartiene alla stessa scuderia. Da un po' di tempo poi è invalso l'uso, per accaparrarsi sia pur parziali spezzoni di archivio, di organizzare patetiche mostre in appositi sottoscala o, al contrario, in "soprascala", in ballatoi appositamente dedicati, selezioni di scarso livello. Si ripresenta così lo spettro di quelle cadute nell'universo "concentrazionario" che spesso è stato alla base dello smantellamento delle relative capillarità territoriali, istituzionali, in nome di un delirante disegno totalizzante che ha significato la fine delle singolarità e delle specificità archivistiche. Alla fine, per quanto sopra esposto, verrebbe spontaneo chiedersi chi ci possa salvare ... prima che sia troppo tardi.
Solo la dimensione espositiva privata può così concentrarsi sugli approfondimenti senza condizionamenti, pur rischiando lo specialismo esasperato contro il generico-generalista dell'Istituzione Pubblica.
Su questo piano andrebbe per lo meno recuperato quel filo rosso di continuità tra le pur diverse esperienze private ma diventate propositive e propulsive a livello internazionale proprio nella loro sottolineata dimensione privata ricoperta nel secondo dopoguerra italiano. Si pensi a figure come quella di Mario Tazzoli, di Liliana Dematteis e Giuliano Martano, fino a Luciano Pistoi in ambito piemontese, a Francesco Masnata, con la sua mitica "La Bertesca" a Genova, dai fratelli Carlo e Renato Cardazzo a Luciano Inga Pin a Milano, a Marilena Bonomo a Bari, a Plinio De Martiis o a Fabio Sargentini e a Ugo Ferranti a Roma, infine, a Lia e Marcello Rumma, o a Lucio Amelio a Napoli. Personalità che hanno fatto la storia della migliore tradizione espositiva italiana, certo inconfrontabile con l'attuale proliferare di spazi espositivi senza Storia e Memoria protesi soltanto all'effimera trovata, alla stranezza espositiva, all'esibizione di ogni sorta di incontrollata incontinenza creativa.
Continui pure allora l'istituzione pubblica con le sue generiche e generalizzanti esposizioni monografiche purchè il privato sappia sempre più confrontarsi con gli azzardi della trasmigrazione tra gli specialismi delle diverse discipline. Si otterrà così quella salutare dimensione propria degli "sguardi rubati" che è l'unica che contribuisce alla reciproca crescita, proprio nel rispecchiamento e nella sottolineatura comunque delle mantenute singole autonomie. La contaminazione tra di loro e le apparenti derive verso il reciproco "scivolamento" non possono che consolidare le diverse discipline con la loro specificità e con i loro percorsi diversificati nel corso della Storia. Come non richiamare allora l'esigenza di una continuità tra Classicità e Contemporaneità, che solo nei momenti più alti della Storia stessa, si è verificata e attuata, facendosi garante di ogni sorta di impossibilità di caduta nel gratuito della trovata, nella dimensione mondana e modaiola della stessa ricerca artistica. Bisognerà rintracciare questa necessità di altrove in territori diversi come nel rapporto tra Storia e Contemporaneità, tra Classicità e Modernità. Già nel 1522, Tiziano, nel Polittico dei Santi Nazario e Celso, a Brescia, riusciva a coniugare la Classicità del movimento della figura del Cristo Trionfante, confrontandola con l’azzardo della modernità della figura di San Sebastiano di evidente derivazione dai Prigioni di Michelangelo per la tomba di Giulio II del 1512. Si pensi a quanto sarebbe stato importante, a questo proposito, nella recente mostra dedicata ai Farnese a Parma, nel Palazzo della Pilotta, se il percorso espositivo si fosse esteso fino al mitico concorso svoltosi nel secondo dopoguerra, che nel 1964 ha costituito uno snodo apicale ed epocale. Proprio quel concorso ha costituito il punto di partenza per la riflessione sul rapporto tra Forma Urbis e Analisi Tipologica, tra la Forma della Città e l'Architettura che la connota, che è stata il fondamento della ripartenza della cultura della città nel secondo novecento e che ha condizionato il dibattito architettonico e non solo, in senso davvero universale almeno per quanto riguarda la centralità ritrovata dalla cultura italiana. Ma questo è un altro e successivo capitolo che andrà affrontato.
Abbiamo ritenuto necessario avviare questa sequenza di mostre, a partire da questa prima tappa intitolata "Frammenti unitari", a quelle che si avvicenderanno, senza segnalarle con le consuete "inaugurazioni" del primo giorno di apertura al pubblico. Questa risoluzione è derivata non solo dalla ovvia esigenza di massima sicurezza più che mai oggi da tutti avvertita, ma per evidenziare la volontà di una perseguita intensa condivisione delle mostre stesse e per sottolineare altresì la necessità di un rapporto più diretto e di stretto contatto con le opere, quasi si trattasse di viverne a ritroso, per il tempo trascorso, la loro prima formulazione e conseguente apparizione pubblica. Opere sulle quali proprio per il loro essere state concepite in serie, si è stratificato, nel corso del tempo, una pluralità di sensi e di nessi, di interconnessioni e di rifrazioni, proprio per come sono state pensate all'interno di particolari momenti di svolta nei personali itinerari poetico-artistici dei singoli autori. Il tutto teso a favorire una sorta di ripercorso esperienziale di valore plurisensoriale. Si è scelto pertanto di evitare qualsiasi occasione di mondano assembramento, con le sue inevitabili distrazioni e distorsioni che distogliesse l'attenzione dalla centralità delle opere e dalla puntuale rilettura delle loro trame segrete. Si è pensato di adeguare e diluire, attraverso le cadenzate visite alle mostre, la presenza del pubblico nella stessa galleria e rinnovare così la dimensione intimista e privata delle Chambres d'Amis, ricreandone lo stesso carattere di riservatezza, con la speranza di far rivivere e ritrovare quel "raccoglimento" necessario che solo i singoli committenti degli "Studioli" o dei "Camerini rinascimentali" si potevano concedere il lusso di ottenere.
ELENCO DELLE PROSSIME MOSTRE DELL'INTERO CICLO CON RELATIVI TITOLI, BREVI NOTE ESPLICATIVE DI OGNUNA E PRIME INDICAZIONI DEGLI ARTISTI COINVOLTI ALL'INTERNO DELLE SINGOLE SESSIONI ESPOSITIVE
1. FRAMMENTI UNITARI
Carlo Aymonino, Alighiero Boetti, Alberto Burri, Maurizio Mochetti, Luigi Ontani, Emilio Prini, Studio Azzurro
2. VARIAZIONI: L'INFINITO INTRATTENIMENTO
3. MUTAZIONI: RIPETIZIONI DIFFERENTI
4. SERIE DI SERIE: LA COAZIONE A RIPETERE
5. START/RESTART: SERIALITÀ CONSECUTIVE E VARIAZIONI PARALLELE
6. RELOADED: IL SENSO DELLE SERIE E METAMORFOSI DELL'UGUALE
7. TEMPORALITÀ SERIALI E CICLICITÀ SERIALI
8. IN SEQUENZA: LA PERMANENZA DELLE MUTAZIONI. LA SERIALITÀ METAMORFICA COME DOMINIO SUL TEMPO
9. SERIE DI RIPARTENZE: LA SERIE COME CAMMINO DETERMINATO E INCESSANTE
10. IN SUCCESSIONE: LA SERIE COME DIAGRAMMA TEMPORALE
11. À REBOURS: LA SERIE SPECCHIATA COME SERIE A RITROSO
12. NUOVI INIZI: COLLEZIONARE IL TEMPO. LA SERIE COME SOVRAPPOSIZIONE DI MOMENTI GRAMMATICALI E SINTATTICI
La prima tappa dell'intero ciclo di mostre è intitolata “Frammenti unitari”, e vede coinvolti sette protagonisti della cultura artistica e architettonica del secondo '900 italiano: Carlo Aymonino, Alighiero Boetti, Alberto Burri, Maurizio Mochetti, Luigi Ontani, Emilio Prini, Studio Azzurro. Con loro A.A.M. Architettura Arte Moderna si è trovata a collaborare nell'arco della propria storia espositiva e non solo, ma anche nel proprio ruolo, rivestito spesso, di promotrice di occasioni professionali per alcuni degli stessi autori, affidando loro, quando è stato possibile, committenze esterne.
Una delle opere di Alighiero Boetti esposte in questa mostra, una serie di cartoline, destinate nell'intenzione dell'autore a diverse tipologie professionali quali un gallerista, un collezionista, un intellettuale, uno storico e un architetto, rispecchia esattamente il metodo da sempre perseguito da A.A.M. di contaminare attraverso sguardi incrociati e confronti all'interno del variegato Sistema dell'Arte i percorsi della propria ricerca tra varie discipline e diverse specificità. Attenta a investigare i diversificati campi dell'ampio territorio delle Arti Visive con particolare attenzione agli esiti nel cui profilo fosse sempre percepibile la costante attenzione alla coerenza culturale e filosofica come elemento distintivo unitamente alla irrinunciabile dimensione etica. La poetica dell'elenco di Alighiero Boetti caratterizza anche l'altra opera dell'artista presente in mostra, quella dedicata alle diverse fasi della trasmutazione alchemica della materia pittorica. Ma in una sorta di controcanto di sottolineate "differenze" si affianca il confronto tra Oriente e Occidente della serie di opere di Alberto Burri, dedicata allo sguardo e al rispecchiamento tra la smaterializzazione evocata dal mondo bizantino rispetto a quello ravennate. Anche la sequenza dei disegni di Carlo Aymonino nel suo progetto per Napoli era legata ad un'idea di rispecchiamento, ma, nel suo caso, come ricercata ed equilibrata convivenza tra Contemporaneità e Classicità, con un corto circuito tra le parti che sembrano reciprocamente invertire, ciascuna a favore dell'altra, la propria condizione originaria e che la connotazione ipogeica del progetto rende ancora più sorprendente. La "costrizione" alla staticità, alla fissità di quelle "macchine volanti" di Maurizio Mochetti, squadernate e appiattite in una ricercata bidimensionalità delle loro componenti, fissate su un supporto ligneo, come farfalle nelle teche di un collezionista o come foglie o fiori in un "erbario", sembra rievocare e misurare le distanze tra progetto, immagine, funzione e realtà. Così come il rapporto tra troppo vicino e troppo lontano è il tema di fondo dei primordiali oggetti in bachelite, protagonisti della Serie fotografica di Studio Azzurro ripresi nell'universo della comunicazione, spaesati e spiazzati nelle loro giaciture che rimandano agli azzardi delle avanguardie sovietiche di Dziga Vertov e di Alexandr Rodcenko. Ma è lo stesso collasso visivo che ritroviamo evidenziato nella Serie di Emilio Prini, provocato dallo scollamento tra disegno, impersonale e asettica riproduzione dello stesso con rarefatte parole di accompagnamento, nella sua provocatoria sequenza sulla perdita del senso e sulla perdita di identità. Ma a questa "negatività" senza illusioni consolatorie sembra ergersi come antimurale se non a contrapporsi la sontuosità pirotecnica, pur nella propria artificialità, della Serie di Luigi Ontani.
A costo di rischiare l'eccesso di spiegazioni, ricordiamo che fin dal '78 le mostre di A.A.M. hanno sempre riportato in esergo, nella propria intitolazione, almeno tre elementi: la sezione all'interno della quale è inserita la mostra in corso, in questo caso si tratta della sezione “ATTRAVERSAMENTI”; poi il titolo dell'intero ciclo di mostre, questa volta individuato in "DI SERIE IN SERIE: UN ANNO DI DODICI LUNE"; infine il titolo della mostra stessa, scelto per la prima tappa dell'intero ciclo, “FRAMMENTI UNITARI”, con i nomi degli autori coinvolti nella mostra, di seguito.
In questi ultimi anni A.A.M. Architettura Arte Moderna ha allentato e diluito la propria consueta e serrata attività espositiva nella propria sede e si è dedicata particolarmente a iniziative con Enti e Istituzioni. Ha però privilegiato la realizzazione di una considerevole produzione pubblicistica ed editoriale, attraverso libri e cataloghi, dando cosi continuità ai propri progetti di "lunga durata".
Da Lunedì 24 Ottobre di quest'anno riprende invece la propria attività espositiva abituale negli spazi di via dei Banchi Vecchi 61, dove ha trovato peraltro sistemazione anche l'Archivio cartaceo della propria storia quarantennale. Sullo stesso Archivio è stato condotto un attento lavoro di digitalizzazione e archiviazione, e si presenta ora con una sorprendente e suggestiva collocazione dei diversi materiali che lo compongono, stratificati e ordinati nei propri contenitori, qui custoditi per ora, in attesa di una auspicabile destinazione pubblica futura.
Le mostre troveranno ospitalità nel salone ad esse destinato e conviveranno così con la contigua presenza dell'Archivio. Da ciò discende la nuova ampliata denominazione di FFMAAM | FONDO FRANCESCO MOSCHINI A.A.M. ARCHITETTURA ARTE MODERNA.
Per segnalare questa "Ripartenza" è stato scelto il titolo complessivo per l'intero ciclo di mostre, con l'evidente riferimento al film del 1978 di Rainer Werner Fassbinder, "Un anno con 13 lune" che ripercorreva, sinteticamente, la struggente storia esistenziale di un amico del regista, in un breve arco di giorni, condizionata dagli infausti presagi insiti nell'anomalia delle tredici lune.
Nel nostro caso, invece, intendiamo ribaltarne completamente il senso, attraverso la ripristinata naturalità delle dodici lune, con cui si vuole indicare l'avvio di una nuova stagione, all'insegna dei migliori buoni auspici, ripercorrendo la lunga e significativa storia di A.A.M. Architettura Arte Moderna e dei rapporti intrattenuti con una così folta schiera di personalità all'interno del mondo dell'Arte.
La sequenza di mostre che saranno ospitate all'interno di questa comune denominazione si articolerà attraverso la presentazione di lavori unitari, ma strutturati in diversi elementi, e collezionati nel corso degli anni. Si alterneranno così, cicli di opere di artisti, architetti, fotografi, designer, grafici e illustratori, tra quanti hanno sviluppato, in occasioni particolari, la propria poetica con uno svolgimento in più parti, come si trattasse di un lavoro concepito in una ideale Serie. Nasce da quanto sopra esposto il titolo complessivo dato alle mostre che scandiranno, in tappe successive, l'intero anno espositivo e oltre. Ogni mostra in sequenza avrà una propria riconoscibile caratterizzazione nell'accostamento dei diversi autori e quindi delle diverse poetiche e avrà nel sottotitolo volta per volta differenziato, un ulteriore elemento distintivo e identitario.
Di questa attenzione nei confronti delle opere concepite in Serie, c'erano state le prime avvisaglie già negli anni '80, in particolare, in occasione della mostra Costantino Dardi / Giulio Paolini "Duetto", in cui l'artista e l'architetto si confrontavano attraverso i propri lavori sul tema della serie "In successione temporale". Il tutto trovava poi più compiuta formulazione nel 1982 con alcune opere destinate appositamente da Alighiero Boetti a Francesco Moschini. Ma al di là di questi "Inizi" è andata allora poi sfumando l'idea, oggi invece finalmente ripresa, di ripercorrere un così ampio arco temporale attraverso il concetto di variazione in successione seriale.
Il metodo espositivo adottato per l'intero ciclo sarà quello della "Contaminazione", secondo la tradizione di A.A.M. Architettura Arte Moderna. Gli avvicendamenti offriranno al pubblico non poche sorprese e permetteranno di riscoprire, in cicli già visti, inedite valenze e nuove bellezze anche per il tipo di accostamenti fra le diverse poetiche.
Si alterneranno così puntate espositive omogenee per affinità, pur tra diversi autori, altre invece concentrate su ricercate disidentità, alcune legate poi dall'omogeneità del tema altre invece perchè proprio senza un tema.
Potrà anche verificarsi che nelle diverse tappe espositive, ci possano essere delle variazioni rispetto alla serie iniziale di un autore, scelta per l'esposizione. Quando questo accadrà non sarà certo per sfoggio o esibizione, attraverso gli avvicendamenti, del patrimonio stratificato da A.A.M. nel corso del tempo, quanto piuttosto per sottolineare il multiverso delle sfaccettature che spesso caratterizza lo sviluppo del percorso artistico di ogni singolo autore. Per questo ci permettiamo di suggerire che il pubblico interessato al Sistema dell'Arte dedichi a queste mostre in successione vere e proprie "incursioni", frequenti e cadenzate, per verificare le nuove, impreviste e imprevedibili sequenze con cui prevediamo di arricchire e completare l'offerta espositiva. Lo spazio espositivo troverà cosi una sua nuova e diversa connotazione come luogo in cui stare, sostare e conversare: una diversa idea infine di fruizione, di rapporto con le opere stesse.
Le "Serie" saranno presentate nelle mostre in programma, quanto più possibile, nella loro configurazione completa per come sono state cioè concepite fin dall'inizio dall'autore stesso. Alcune di queste però che per motivi diversi, per dispersione o per avvenute parziali e legittime alienazioni, siano prive di alcune parti che componevano la Serie iniziale, divenute ormai irrintracciabili e non potessero quindi essere presentate in mostra nella loro completezza, saranno comunque esposte, pur nella loro parzialità, in modo tale da permettere di poter sempre ricostruire, attraverso la Parte il Tutto. Senza mai però far perdere alla Serie, sia pur solo virtualmente ricostruibile nella completezza della propria sequenza, quel carattere di cogente necessità e attualità unitamente alla propria forza di evidenza teorico-scientifica per l'unitaria comprensione della mostra stessa.
Vorremmo inoltre, non certo per semplice personale gratificazione, ma per ridare "a Cesare quel che è di Cesare", in nome di una corretta ricostruzione storica, filologicamente ineccepibile, far "riemergere" infine quelle Serie di opere scomparse, subito dopo averle esposte, dal nostro orizzonte, ma che proprio in A.A.M. avevano trovato un significativo esordio e che successivamente hanno avuto esiti commerciali attraverso altre strade. Pensiamo alla Serie degli "Squarci" con i lembi rovesciati in avanti, compulsivamente e fittamente riempiti dall'Horror Vacui della scrittura automatica di Alighiero Boetti, presentati per la prima volta in A.A.M., con un testo straordinario di G.B.Salerno sul quotidiano Il Manifesto, o come la sequenza di grandi carte di Giulio Paolini, esposte nel DUETTO con Costantino Dardi alla A.A.M., non certo per rivendicare pretese autoriali in quel percorso totalmente dell'artista, per arrivare alla definizione formale dell'opera, ma per fissare storicamente tempi, modi e luoghi che hanno segnato la ricerca stessa delle singole poetiche degli artisti.
È evidente, in questa scelta di "Ripartenza" la volontà da parte di A.A.M. Architettura Arte Moderna, di riandare alla ricerca delle proprie radici, rammemorando come già dalla mostra aurorale di "Alcune forme della casa" dedicata al lavoro di Franco Purini, alla mostra "Ritratti di fabbriche" di Gabriele Basilico, alle mostre monografiche dedicate tra gli altri, a Paolo Cotani, Ettore Sordini, Carmengloria Morales, Gianfranco Pardi, per citarne solo alcuni, si è sempre scelto di presentare il lavoro dei diversi autori nella declinazione molto spesso seriale di molteplici sequenze concepite però con una loro perseguita unità. Ma in questa scelta espositiva vi è anche la volontà di riandare alle radici della Storia dell'Arte Moderna Occidentale, in cui l'idea della sequenza è stata sempre molto presente e praticata. Si pensi alla unitaria e concatenata atmosfera tra le diversi parti componenti delle Tavole Barberini, dipinte alla metà del '400, ora disseminate in diversi musei, alla serrata unità delle otto tavolette con le storie di San Bernardino del 1473, della Pinacoteca Nazionale di Perugia, alle tre vedute ideali di città ora conservate a Baltimora, Berlino e Urbino. Ma non si può non ricordare, ricostruendo pur sommariamente l'evolversi del concetto di Serie, la collezione di ritratti ospitata in quella che va certo considerata come la prima formulazione dell'idea di museo al mondo, collocata nella dimora di Paolo Giovio a Borgovico, sul Lago di Como. In questa sua residenza l'umanista rinascimentale aveva raccolto una serie di ritratti di Uomini Illustri che costituirà il punto di riferimento per la Collezione degli Uffizi e non solo, dall'Ambrosiana a quella di Ambras. Anche se Paolo Giovio nel configurare la propria raccolta, per certo doveva aver presente quella serie di ritratti, realizzata nei primi anni settanta del quattrocento, per lo studiolo del Duca Federico da Montefeltro, di cui sicuramente almeno otto realizzati da Giusto di Gand (Joos van Wassenhove), certo memore del perduto ciclo di ritratti dipinti, proprio cento anni prima, a Padova, nel Palazzo dei Carraresi da Altichiero da Zevio. Ma è la stessa varietà diversificata, pur nella perseguita unità, rintracciabile nelle Predelle, da quella del Polittico Stefaneschi di Giotto del 1330, a quelle di tanti capolavori dell'Umanesimo e del Rinascimento. Come non pensare poi, a proposito di unità del molteplice, ai cicli concepiti per gli studioli o ai camerini delle corti rinascimentali, alle tarsie per gli Stalli dei Cori. Per individuare poi gli "specialismi" nelle diversificazioni delle serie bisogna però arrivare alle "Osservazioni Astronomiche" della Pinacoteca Vaticana, di Donato Creti, del 1713, per giungere fino ai Capricci e alle Vedute settecentesche di Canaletto, Bellotto e altri, in ambito veneto. Ma per avvicinarci al nostro modo di sentire, alle nostre nuove modalità di percezione, più adeguate ai nostri tempi, bisogna però giungere a quelle sequenze di immagini in movimento, elaborate dal 1872, dal fotografo Eadweard Muybridge, a Max Klinger con la sua serie "Storia di un guanto" del 1881, o alla Serie delle Teste Mistiche del 1917, con la loro semplicità iconica, ottenuta con veri e propri schemi geometrici di Alexej von Jawlensky, fino alla deflagrazione del fenomeno seriale del '900, culminante nelle "Coazioni a Ripetere" di Andy Warhol.
In un momento come questo, almeno fino ad oggi, il settore pubblico-istituzionale sembra concentrarsi, sul piano delle scelte espositive sull'ovvio consolidato, limitandosi a operazioni di pura "Celebrazione e Consacrazione", come succedeva già negli anni ottanta con la politica culturale dei grandi gruppi industriali quali la Olivetti, o la Fiat con la sua serie di mostre realizzate a Venezia, a Palazzo Grassi, che enfatizzavano ciò che era già universalmente noto, anziché porsi come conclusivo esito di anni di studi e approfondimenti. Oggi addirittura le scelte sembrano basarsi su quanto è garantito economicamente e finanziariamente, secondo gli interessi dei grandi gruppi di investimento multinazionale o di vere e proprie potenze museali consorziate che decidono di scommettere su alcuni artisti destinati a diventare veri e propri brand, puri e semplici marchi di fabbrica, i cui risultati sul piano del mercato hanno dato luogo a vere e proprie bolle finanziarie. Si è rinunciato a fare ricerca su cui fondare il proprio essere propositivi e innovativi, attraverso mostre di scavo stratigrafico in profondità, per offrire proposte culturali quasi sempre preconfezionate, facilmente commestibili e adatte a tutti i gusti, senza turbare, senza provocare o porre domande, ma per offrire invece edulcorate, tranquillizzanti, rappacificanti soluzioni.
D'altra parte, per troppo tempo si è tollerato che assumessero ruoli apicali, nella conduzione dei musei, figure manageriali, sia pur con manifesta inadeguatezza se non incompetenza, all'interno dei delicati equilibri del mondo dell'Arte, che un tempo sarebbero stati definite come "boiardi di stato". Si è ottenuto al massimo uno scivolamento nella marginalità se non nell'irrilevanza delle nostre migliori forze intellettuali, con scarse contropartite bilanciate, in nome delle scelte sempre più segnate da connotati internazionali. Si sono così rischiati gli esiti già a suo tempo paventati da Alberto Arbasino, a proposito delle incursioni degli intellettuali italiani a Chiasso, per uscire dal ristretto ambito provinciale del proprio paese. Si è pensato che il ricorso a manager potesse fornire la soluzione a tutti i problemi come il ricorso ai commissari scelti nelle emergenze nazionali. I risultati nella loro pochezza sono sotto gli occhi di tutti. Ulteriore problema certo non di poco conto è poi l'incentivata propensione alla definizione di "cerchi magici" di stretta osservanza dell'ortodossia dei capi cordata, scivolata nel tempo dalla deprecabile definizione della circoscritta ma garantita cerchia di appartenenza, al malaffare come sistema di spartizione con conseguenti scelte opache e gelatinose sul piano direttivo. Spesso poi, si sono fatte spudorate scelte espositive attente a compiacere figure che contano nel Sistema dell'Arte o della Comunicazione. Una volta, le mostre dedicate a persone legate alla propria storia personale privata, costituivano l'eccezione, oggi sono invece operazioni ormai praticate senza remore. Spesso vengono proposte inoltre mostre su figure già celebrate anche in occasioni non così distanti nel tempo, o mostre che servono come trampolino per poterne realizzare altre, o mostre che potremmo indicare come "spezzatini espositivi" secondo una logica di "disseminazione collezionistica", con la speranza di conseguire ritorni più remunerativi in strutture sempre più importanti. Con pari disinvoltura si realizzano mostre legate a cerchie ristrette di personalità che per "trascinamento" continueranno a far galleggiare sullo stesso piano, per pura convenienza strategico-politica, miserie e grandezze, ma in grado con la loro capacità di depistaggio di fare terra bruciata nei confronti di chi non appartiene alla stessa scuderia. Da un po' di tempo poi è invalso l'uso, per accaparrarsi sia pur parziali spezzoni di archivio, di organizzare patetiche mostre in appositi sottoscala o, al contrario, in "soprascala", in ballatoi appositamente dedicati, selezioni di scarso livello. Si ripresenta così lo spettro di quelle cadute nell'universo "concentrazionario" che spesso è stato alla base dello smantellamento delle relative capillarità territoriali, istituzionali, in nome di un delirante disegno totalizzante che ha significato la fine delle singolarità e delle specificità archivistiche. Alla fine, per quanto sopra esposto, verrebbe spontaneo chiedersi chi ci possa salvare ... prima che sia troppo tardi.
Solo la dimensione espositiva privata può così concentrarsi sugli approfondimenti senza condizionamenti, pur rischiando lo specialismo esasperato contro il generico-generalista dell'Istituzione Pubblica.
Su questo piano andrebbe per lo meno recuperato quel filo rosso di continuità tra le pur diverse esperienze private ma diventate propositive e propulsive a livello internazionale proprio nella loro sottolineata dimensione privata ricoperta nel secondo dopoguerra italiano. Si pensi a figure come quella di Mario Tazzoli, di Liliana Dematteis e Giuliano Martano, fino a Luciano Pistoi in ambito piemontese, a Francesco Masnata, con la sua mitica "La Bertesca" a Genova, dai fratelli Carlo e Renato Cardazzo a Luciano Inga Pin a Milano, a Marilena Bonomo a Bari, a Plinio De Martiis o a Fabio Sargentini e a Ugo Ferranti a Roma, infine, a Lia e Marcello Rumma, o a Lucio Amelio a Napoli. Personalità che hanno fatto la storia della migliore tradizione espositiva italiana, certo inconfrontabile con l'attuale proliferare di spazi espositivi senza Storia e Memoria protesi soltanto all'effimera trovata, alla stranezza espositiva, all'esibizione di ogni sorta di incontrollata incontinenza creativa.
Continui pure allora l'istituzione pubblica con le sue generiche e generalizzanti esposizioni monografiche purchè il privato sappia sempre più confrontarsi con gli azzardi della trasmigrazione tra gli specialismi delle diverse discipline. Si otterrà così quella salutare dimensione propria degli "sguardi rubati" che è l'unica che contribuisce alla reciproca crescita, proprio nel rispecchiamento e nella sottolineatura comunque delle mantenute singole autonomie. La contaminazione tra di loro e le apparenti derive verso il reciproco "scivolamento" non possono che consolidare le diverse discipline con la loro specificità e con i loro percorsi diversificati nel corso della Storia. Come non richiamare allora l'esigenza di una continuità tra Classicità e Contemporaneità, che solo nei momenti più alti della Storia stessa, si è verificata e attuata, facendosi garante di ogni sorta di impossibilità di caduta nel gratuito della trovata, nella dimensione mondana e modaiola della stessa ricerca artistica. Bisognerà rintracciare questa necessità di altrove in territori diversi come nel rapporto tra Storia e Contemporaneità, tra Classicità e Modernità. Già nel 1522, Tiziano, nel Polittico dei Santi Nazario e Celso, a Brescia, riusciva a coniugare la Classicità del movimento della figura del Cristo Trionfante, confrontandola con l’azzardo della modernità della figura di San Sebastiano di evidente derivazione dai Prigioni di Michelangelo per la tomba di Giulio II del 1512. Si pensi a quanto sarebbe stato importante, a questo proposito, nella recente mostra dedicata ai Farnese a Parma, nel Palazzo della Pilotta, se il percorso espositivo si fosse esteso fino al mitico concorso svoltosi nel secondo dopoguerra, che nel 1964 ha costituito uno snodo apicale ed epocale. Proprio quel concorso ha costituito il punto di partenza per la riflessione sul rapporto tra Forma Urbis e Analisi Tipologica, tra la Forma della Città e l'Architettura che la connota, che è stata il fondamento della ripartenza della cultura della città nel secondo novecento e che ha condizionato il dibattito architettonico e non solo, in senso davvero universale almeno per quanto riguarda la centralità ritrovata dalla cultura italiana. Ma questo è un altro e successivo capitolo che andrà affrontato.
Abbiamo ritenuto necessario avviare questa sequenza di mostre, a partire da questa prima tappa intitolata "Frammenti unitari", a quelle che si avvicenderanno, senza segnalarle con le consuete "inaugurazioni" del primo giorno di apertura al pubblico. Questa risoluzione è derivata non solo dalla ovvia esigenza di massima sicurezza più che mai oggi da tutti avvertita, ma per evidenziare la volontà di una perseguita intensa condivisione delle mostre stesse e per sottolineare altresì la necessità di un rapporto più diretto e di stretto contatto con le opere, quasi si trattasse di viverne a ritroso, per il tempo trascorso, la loro prima formulazione e conseguente apparizione pubblica. Opere sulle quali proprio per il loro essere state concepite in serie, si è stratificato, nel corso del tempo, una pluralità di sensi e di nessi, di interconnessioni e di rifrazioni, proprio per come sono state pensate all'interno di particolari momenti di svolta nei personali itinerari poetico-artistici dei singoli autori. Il tutto teso a favorire una sorta di ripercorso esperienziale di valore plurisensoriale. Si è scelto pertanto di evitare qualsiasi occasione di mondano assembramento, con le sue inevitabili distrazioni e distorsioni che distogliesse l'attenzione dalla centralità delle opere e dalla puntuale rilettura delle loro trame segrete. Si è pensato di adeguare e diluire, attraverso le cadenzate visite alle mostre, la presenza del pubblico nella stessa galleria e rinnovare così la dimensione intimista e privata delle Chambres d'Amis, ricreandone lo stesso carattere di riservatezza, con la speranza di far rivivere e ritrovare quel "raccoglimento" necessario che solo i singoli committenti degli "Studioli" o dei "Camerini rinascimentali" si potevano concedere il lusso di ottenere.
ELENCO DELLE PROSSIME MOSTRE DELL'INTERO CICLO CON RELATIVI TITOLI, BREVI NOTE ESPLICATIVE DI OGNUNA E PRIME INDICAZIONI DEGLI ARTISTI COINVOLTI ALL'INTERNO DELLE SINGOLE SESSIONI ESPOSITIVE
1. FRAMMENTI UNITARI
Carlo Aymonino, Alighiero Boetti, Alberto Burri, Maurizio Mochetti, Luigi Ontani, Emilio Prini, Studio Azzurro
2. VARIAZIONI: L'INFINITO INTRATTENIMENTO
3. MUTAZIONI: RIPETIZIONI DIFFERENTI
4. SERIE DI SERIE: LA COAZIONE A RIPETERE
5. START/RESTART: SERIALITÀ CONSECUTIVE E VARIAZIONI PARALLELE
6. RELOADED: IL SENSO DELLE SERIE E METAMORFOSI DELL'UGUALE
7. TEMPORALITÀ SERIALI E CICLICITÀ SERIALI
8. IN SEQUENZA: LA PERMANENZA DELLE MUTAZIONI. LA SERIALITÀ METAMORFICA COME DOMINIO SUL TEMPO
9. SERIE DI RIPARTENZE: LA SERIE COME CAMMINO DETERMINATO E INCESSANTE
10. IN SUCCESSIONE: LA SERIE COME DIAGRAMMA TEMPORALE
11. À REBOURS: LA SERIE SPECCHIATA COME SERIE A RITROSO
12. NUOVI INIZI: COLLEZIONARE IL TEMPO. LA SERIE COME SOVRAPPOSIZIONE DI MOMENTI GRAMMATICALI E SINTATTICI
24
ottobre 2022
FRAMMENTI UNITARI
Dal 24 ottobre 2022 al 20 gennaio 2023
collettiva
Location
A.A.M. – ARCHITETTURA ARTE MODERNA
Roma, Via Dei Banchi Vecchi, 61, (Roma)
Roma, Via Dei Banchi Vecchi, 61, (Roma)
Orario di apertura
da lunedì a venerdì, ore 15.00-19.00
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