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Francesca Bonanni – Architetture di Venere
Inserendosi nella linea della grande tradizione pittorica italiana, che, andando a ritroso, arriva fin al Quattrocento, Francesca Bonanni afferma e riconferma la sua eredità culturale, rinnovandone i contenuti e lo spirito compositivo.
Comunicato stampa
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Anziché ingombranti termini di paragone, le radici culturali italiane sono per la Bonanni un fertile terreno in cui coltivare la propria ricerca pittorica.
“Architetture di Venere” nasce come progetto unitario, sviluppatosi intorno alla riflessione sul rapporto tra natura e architettura, e che si propone, pur nella sua ricchezza, come una sintesi del tessuto narrativo che ha caratterizzato la produzione pittorica precedente.
La natura è qui vista, ma soprattutto sentita, come grande architetto delle “cose” del mondo.
In questo senso, le conchiglie, complesse, antichissime, affascinanti presenze che racchiudono nelle loro fantasiose forme la vita, sono un esempio emblematico poiché rimandano immediatamente all’idea di costruzione, di elaborazione, di creazione.
La Bonanni vede la natura come “architetto al femminile” e dunque, sulla scia di questo sottile gioco intellettuale, la natura diventa Venere, la dea che più di ogni altra rappresenta la femminilità.
Da questa idea di fondo è iniziata la ricerca dell’artista, che ha portato alla realizzazione delle opere presenti in questa mostra.
Al rigore formale, al segno estremamente curato, alla pulizia della pittura (per la quale la Bonanni ha guardato ai maestri del Quattrocento), alla raffinatezza cromatica, si contrappone un’organizzazione dello spazio compositivo, una “messa in scena”, che propone artifici barocchi, tali da arrivare all’ironia, al gioco, ad una forma di leggerezza (nel senso che Calvino ci ha insegnato).
I molti piani di lettura offerti da questi lavori hanno l’effetto di attrarre lo sguardo dello spettatore in un intrigante “gioco di scoperte”, mantenendone viva l’attenzione.
“Architetture di Venere” nasce come progetto unitario, sviluppatosi intorno alla riflessione sul rapporto tra natura e architettura, e che si propone, pur nella sua ricchezza, come una sintesi del tessuto narrativo che ha caratterizzato la produzione pittorica precedente.
La natura è qui vista, ma soprattutto sentita, come grande architetto delle “cose” del mondo.
In questo senso, le conchiglie, complesse, antichissime, affascinanti presenze che racchiudono nelle loro fantasiose forme la vita, sono un esempio emblematico poiché rimandano immediatamente all’idea di costruzione, di elaborazione, di creazione.
La Bonanni vede la natura come “architetto al femminile” e dunque, sulla scia di questo sottile gioco intellettuale, la natura diventa Venere, la dea che più di ogni altra rappresenta la femminilità.
Da questa idea di fondo è iniziata la ricerca dell’artista, che ha portato alla realizzazione delle opere presenti in questa mostra.
Al rigore formale, al segno estremamente curato, alla pulizia della pittura (per la quale la Bonanni ha guardato ai maestri del Quattrocento), alla raffinatezza cromatica, si contrappone un’organizzazione dello spazio compositivo, una “messa in scena”, che propone artifici barocchi, tali da arrivare all’ironia, al gioco, ad una forma di leggerezza (nel senso che Calvino ci ha insegnato).
I molti piani di lettura offerti da questi lavori hanno l’effetto di attrarre lo sguardo dello spettatore in un intrigante “gioco di scoperte”, mantenendone viva l’attenzione.
03
dicembre 2003
Francesca Bonanni – Architetture di Venere
Dal 03 dicembre 2003 al primo febbraio 2004
arte contemporanea
Location
TEATRO SALA UMBERTO – SPAZIO ARTE
Roma, Via Della Mercede, 50, (Roma)
Roma, Via Della Mercede, 50, (Roma)
Orario di apertura
LUNEDÌ – SABATO H 11-20 DOMENICA H 15-20
Vernissage
3 Dicembre 2003, H 19.00