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Francesca de Cesare – Di segni
Lo spazio espositivo della libreria Altroquando presenta Di segni, la prima mostra personale di Francesca de Cesare, giovane autrice pugliese.
Cinque le serie esposte per quest’occasione, per lo più inedite, ma anche un’opera di grande formato e un quaderno Moleskine a fisarmonica…
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Da giovedì 17 novembre a mercoledì 9 dicembre lo spazio espositivo della libreria Altroquando presenta Di segni, la prima mostra personale della giovane autrice pugliese Francesca de Cesare.
Cinque le serie esposte per quest’occasione, per lo più inedite, ma anche un’opera di grande formato e un quaderno Moleskine a fisarmonica, lavori scelti per dare risalto alla vasta gamma di sfumature dell’attuale ricerca dell’autrice.
A fronte delle diverse tecniche utilizzate, ciò che si avverte immediatamente guardando questi lavori è la predominanza del segno che di-segna: segni che pur susseguendosi in modo eterogeneo, tra una serie e l’altra, esprimono una poetica ed uno stile riconoscibili. Dal puntinismo in bianco e nero al collage e al ricamo, dalla linea delicata al tratto incisivo, dal gioco dei pieni e vuoti alle campiture colorate, dalla dimensione narrativa a quella aforistica. Mantenendo sempre una “sintesi corposa” Francesca varia i suoi processi creativi concependo il disegno come gioco liberatorio, che le permette di esorcizzare paure, incertezze, disagi, ma anche come una sorta di anamnesi conscia e inconscia tesa a decostruire e ricostruire frammenti di memoria, di sogno e di realtà, dando la possibilità, a chi osserva, di arrivare a sfiorarla più di quanto ci si aspetti di fare leggendo un’autobiografia.
Nella serie realizzata attraverso il puntinismo in bianco e nero, dove la scomposizione del tratto in punti non ha lo scopo di destrutturare la luce nei colori dello spettro, presentandosi come una nebulosa di segni in-potenza (potenzialità infinita del disegno e impossibilità di restituire il dato), l'anamnesi chiama in causa ricordi epifanici d’infanzia. All’osservatore non vengono dati i mezzi per comprendere nell’immediato ciò che sottende l’opera, ma Francesca preferisce lasciarlo galleggiare nel limbo della curiosità, come se si trovasse davanti ad un album di istantanee di uno sconosciuto, dove in primo piano vi è solo un particolare avulso dal contesto.
Una pratica autoriflessiva e concettuale che si fonda sul processo di crescita e mutamento del proprio sé, sull’allontanamento e sulla riscoperta delle proprie origini e sulla genesi indicibile e cieca dell’ispirazione; ma anche sull’acquisizione di una libertà di espressione estetica che indaga la sessualità prendendo le distanze dal quotidiano e culturale ordine del dire, per varcare la soglia di quello dell’immaginare e del rappresentare sotto nuove spoglie, come per la serie dei fiori. In questi disegni l’analogia/ambiguità tra il fiore e la vagina, eletta a simbolo del piacere più che a quello della riproduzione - un piacere che non celebra la necessità dell’altro ma l’individualità e la specificità femminile - viene resa palese attraverso l’evidenza di un atto creativo che si fonda su un’esperienza visiva complessa che rimanda al “vedere come” wittgensteiniano.
Questo e molto altro ancora nei disegni di Francesca de Cesare, che da vita ad una dimensione muta, ma non silenziosa, dove ad essere celebrato è un constante ritorno alle note intonate di un’introspettiva composizione d’insieme, orchestrata dall’autrice e danzata dalle sue mani.
Testo critico di Valentina Piccinni
Cinque le serie esposte per quest’occasione, per lo più inedite, ma anche un’opera di grande formato e un quaderno Moleskine a fisarmonica, lavori scelti per dare risalto alla vasta gamma di sfumature dell’attuale ricerca dell’autrice.
A fronte delle diverse tecniche utilizzate, ciò che si avverte immediatamente guardando questi lavori è la predominanza del segno che di-segna: segni che pur susseguendosi in modo eterogeneo, tra una serie e l’altra, esprimono una poetica ed uno stile riconoscibili. Dal puntinismo in bianco e nero al collage e al ricamo, dalla linea delicata al tratto incisivo, dal gioco dei pieni e vuoti alle campiture colorate, dalla dimensione narrativa a quella aforistica. Mantenendo sempre una “sintesi corposa” Francesca varia i suoi processi creativi concependo il disegno come gioco liberatorio, che le permette di esorcizzare paure, incertezze, disagi, ma anche come una sorta di anamnesi conscia e inconscia tesa a decostruire e ricostruire frammenti di memoria, di sogno e di realtà, dando la possibilità, a chi osserva, di arrivare a sfiorarla più di quanto ci si aspetti di fare leggendo un’autobiografia.
Nella serie realizzata attraverso il puntinismo in bianco e nero, dove la scomposizione del tratto in punti non ha lo scopo di destrutturare la luce nei colori dello spettro, presentandosi come una nebulosa di segni in-potenza (potenzialità infinita del disegno e impossibilità di restituire il dato), l'anamnesi chiama in causa ricordi epifanici d’infanzia. All’osservatore non vengono dati i mezzi per comprendere nell’immediato ciò che sottende l’opera, ma Francesca preferisce lasciarlo galleggiare nel limbo della curiosità, come se si trovasse davanti ad un album di istantanee di uno sconosciuto, dove in primo piano vi è solo un particolare avulso dal contesto.
Una pratica autoriflessiva e concettuale che si fonda sul processo di crescita e mutamento del proprio sé, sull’allontanamento e sulla riscoperta delle proprie origini e sulla genesi indicibile e cieca dell’ispirazione; ma anche sull’acquisizione di una libertà di espressione estetica che indaga la sessualità prendendo le distanze dal quotidiano e culturale ordine del dire, per varcare la soglia di quello dell’immaginare e del rappresentare sotto nuove spoglie, come per la serie dei fiori. In questi disegni l’analogia/ambiguità tra il fiore e la vagina, eletta a simbolo del piacere più che a quello della riproduzione - un piacere che non celebra la necessità dell’altro ma l’individualità e la specificità femminile - viene resa palese attraverso l’evidenza di un atto creativo che si fonda su un’esperienza visiva complessa che rimanda al “vedere come” wittgensteiniano.
Questo e molto altro ancora nei disegni di Francesca de Cesare, che da vita ad una dimensione muta, ma non silenziosa, dove ad essere celebrato è un constante ritorno alle note intonate di un’introspettiva composizione d’insieme, orchestrata dall’autrice e danzata dalle sue mani.
Testo critico di Valentina Piccinni
17
novembre 2011
Francesca de Cesare – Di segni
Dal 17 novembre al 09 dicembre 2011
arte contemporanea
disegno e grafica
disegno e grafica
Location
LIBRERIA ALTROQUANDO
Roma, Via Del Governo Vecchio, 80, (Roma)
Roma, Via Del Governo Vecchio, 80, (Roma)
Orario di apertura
da lunedì a domenica ore 11.00-1.00
Vernissage
17 Novembre 2011, ore 19.00
Autore
Curatore