Francesca Magnani ha fatto da “spettatrice” all’’ultima edizione (nell’ Agosto del 2003) del grande rituale identitario nel corso del quale la comunità di Guardia Sanframondi (sui monti dell’Appennino meridionale in provincia di Napoli) ogni sette anni, ormai da secoli, riafferma con forza il vincolo di appartenenza che ha nell’Assunta il suo simbolo. Non a caso i riti settennali richiamano sempre migliaia di emigranti, che tornano al paese dei padri, spesso per sciogliere un voto segreto. L’evento, uno dei più spettacolari dell’intero Occidente, coinvolge tutta la popolazione: ci sono i flagellanti che avanzano al ritmo inquietante e disciplinato dei colpi inferti, i Misteri che costituiscono veri e propri quadri viventi di straordinaria teatralità raffigurando episodi biblici e dell’epopea cittadina, i battenti dal volto incappucciato. L’incontro con la grande Madre segna la fase conclusiva del rito. In tempi di identità rinascenti e di tradizioni risorgenti questo rito rappresenta un caso esemplare di localismo spinto. Ed è proprio questa metamorfosi della modernità nell’arcaismo e ritorno, che Francesca Magnani riesce a rivelare con i suoi scatti. Un’opera che arriva a svelare nella sua stessa essenza il suo dritto e il suo rovescio. Come in quell’immagine che ritrae una ragazza divisa tra il suo costume e il suo sorriso, sullo sfondo di un gruppo di uomini dal volto coperto. L’allusione a questo singolare rovesciamento è in realtà l’emblema dello sguardo errante di Francesca Magnani che sembra volersi nascondere dietro la ragazza della foto, e farci cenno che la verità dell’immagine è sempre di natura enigmatica, doppia.

In collaborazione con l’Archivio Giovani Artisti delle Politiche Giovanili del Comune di Venezia.